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XXIII.

XXIV.

Canto notturno di un pastore errante

dell' Asia.

La quiete dopo la tempesta.

XXV. Il sabato del villaggio. .

XXVI. Il pensiero dominante.

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XXX.

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Sopra un basso rilievo antico sepolcra-
le, dove una giovane morta è rap-
presentata in atto di partire, accom-
miatandosi da' suoi...

139

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XXXVIII. Dal greco di Simonide.

XXXIX. Dello stesso.

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. 164

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INTORNO ALLE EDIZIONI DI QUESTI CANTI.

I due primi furono pubblicati in Roma nel

1818, con una lettera a Vincenzo Monti. Il terzo con una lettera al conte Leonardo Trissino, nel 1820 in Bologna. Dieci Canti, cioè i nove primi e il diciottesimo, in Bologna nel 1824, con ampie Annotazioni, e copia d'esempi antichi, in difesa di voci e maniere dei medesimi Canti accusate di novità. Altri Canti pure in Bologna nel 1826 i quali coi sopraddetti dieci, e con altri nuovi, in tutto ventitre, furono dati ultimamente dall' autore in Firenze nel 1831. Diverse ristampe di questi Canti, o tutti o parte, fatte dalle edizioni di Bolo

:

1

gua o dalla fiorentina, in diverse città d'I talia, essendo state senza concorso dell' autore, non hanno nulla di proprio. Nella presente sono aggiunti undici componimenti non più stampati, e gli altri riveduti dall'autore e ritocchi in più e più luoghi. Dei Frammenti, i primi due sono già divul gati, gli altri non ancora. Le poche note poste appiè del volume, sono cavate quasi tutte dalle edizioni precedenti.

I.

ALL' ITALIA.

O patria mia

patria mia, vedo le mura e gli archi

E le colonne e i simulacri e l'erme

Torri degli avi nostri,

Ma la gloria non vedo,

Non vedo il lauro e il ferro ond' eran carchi

I nostri padri antichi. Or fatta inerme,

Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,

Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite ;

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Chi la ridusse a tale? E questo è peggio
Che di catene ha carche ambe le braccia ;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia

Tra le ginocchia, e piange.

Piangi, che ben hai donde, Italia mia,

Le genti a vincer nata

E nella fausta sorte e nella ria.

Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto

Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno ;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,

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Che, rimembrando il tuo passato vanto
Non dica già fu grande, or non è quella?
Perchè, perchè? dov'è la forza antica
Dove l'armi e il valore e la costanza?

Chi ti discinse il brando?

Chi ti tradì? qual arte o qual fatica

O qual tanta possanza

Valse a spogliarti il manto e l' auree bende?

Come cadesti o quando

Da tanta altezza in così basso loco?

Nessun pugna per te? non ti difende

Nessun de' tuoi ? L'armi, qua l'armi: io solo

Combatterò, procomberò sol io.

Dammi, o ciel, che sia foco

Agl' italici petti il sangue mio.

Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi

E di carri e di voci e di timballi :

In estranie contrade

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