Siete pur voi quell' unica Luce de' giorni miei ? Gli affetti ch' io perdei Nella novella età ? Se al ciel, s' ai verdi margini, Ovunque il guardo mira, Tutto un dolor mi spira, Meco ritorna a vivere La piaggia, il bosco, il monte; Chi mi ridona il piangere Forse la speme o povero Proprii mi diede i palpiti, Non l'annullar: non vinsela Il fato e la sventura ; Non con la vista impura Dalle mie vaghe immagini Che non del ben sollecita Che ignora il tristo secolo E voi, pupille tremule, Nessuno ignoto ed intimo Affetto in voi non brilla : Non chiude una favilla Quel bianco petto in se. Anzi d'altrui le tenere Cure suol porre in gioco ; E d'un celeste foco Disprezzo è la mercè. Pur sento in me rivivere Gl' inganni aperti e noti; E de' suoi proprii moti Si maraviglia il sen. Da te, mio cor, quest' ultimo Spirto e l'ardor natio, Ogni conforto mio Solo da te mi vien. Mancano, il sento, all' anima Alta, gentile e pura, La sorte, la natura Il mondo e la beltà. Ma se tu vivi, o misero, Se non concedi al fato, XXI. A SILVIA. Silvia, rammenti ancora Quel tempo della tua vita mortale, Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, Al tuo perpetuo canto, Allor che all' opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso e tu solevi Così menare il giorno. Io gli studi leggiadri Talor lasciando e le sudate carte Ove il tempo mio primo E di me si spendea la miglior parte, |