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Siete pur voi quell' unica Luce de' giorni miei ?

Gli affetti ch' io perdei

Nella novella età ?

Se al ciel, s' ai verdi margini, Ovunque il guardo mira,

Tutto un dolor mi spira,
Tutto un piacer mi dà.

Meco ritorna a vivere

La piaggia, il bosco, il monte;
Parla al mio core il fonte
Meco favella il mar.

Chi mi ridona il piangere
Dopo cotanto obblio ?
E come al guardo mio
Cangiato il mondo appar?

Forse la speme o povero
Mio cor ti volse un riso?
Ahi della speme il viso
Io non vedrò mai più.

Proprii mi diede i palpiti,
Natura, e i dolci inganni,
Sopiro in me gli affanni
L' ingenita virtù ;

Non l'annullar: non vinsela

Il fato e la sventura ;

Non con la vista impura
L'infausta verità.

Dalle mie vaghe immagini
So ben ch'ella discorda:
So che natura è sorda >
Che miserar non sa.

Che non del ben sollecita
Fu, ma dell' esser solo:
Purchè ci serbi al duolo,
Or d'altro a lei non cal.
So che pietà fra gli uomini
Il misero non trova;
Che lui, fuggendo, a prova
Schernisce ogni mortal.

Che ignora il tristo secolo
Gl' ingegni e le virtudi;
Che manca ai degni studi
L' ignuda gloria ancor.

E voi, pupille tremule,
Voi, raggio sovrumano,
So che splendete invano,
Che in voi non brilla amor.

Nessuno ignoto ed intimo Affetto in voi non brilla : Non chiude una favilla Quel bianco petto in se. Anzi d'altrui le tenere Cure suol porre in gioco ; E d'un celeste foco Disprezzo è la mercè.

Pur sento in me rivivere Gl' inganni aperti e noti; E de' suoi proprii moti

Si maraviglia il sen.

Da te, mio cor, quest' ultimo Spirto e l'ardor natio, Ogni conforto mio

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Solo da te mi vien.

Mancano, il sento, all' anima

Alta, gentile e pura,

La sorte, la natura

Il mondo e la beltà.

Ma se tu vivi, o misero,

Se non concedi al fato,
Non chiamerò spietato
Chi lo spirar mi dà.

XXI.

A SILVIA.

Silvia, rammenti ancora

Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea

Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?

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Al tuo perpetuo canto,

Allor che all' opre femminili intenta

Sedevi, assai contenta

Di quel vago avvenir che in mente avevi.

Era il maggio odoroso e tu solevi

Così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri

Talor lasciando e le sudate carte

Ove il tempo mio primo

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E di me si spendea la miglior parte,

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