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pri bisogni; lo smisurato accrescimento della disparità di condizioni e di uffici constituita da Giove tra gli uomini quando fondò e dispose le prime repubbliche; l'oziosità e la vanità che per queste cagioni, di nuovo, dopo antichissimo esilio, occuparono la vita; l'essere, non solo per la sostanza delle cose ma ancora da altra parte per l'estimazione degli uomini, venuta a scemarsi in essa vita la grazia della varietà come sempre suole per la lunga consuetudine; e finalmente le altre cose più gravi, le quali per essere già descritte e dichiarate da molti, non accade ora distinguere. Certo negli uomini si rinnovellò quel fastidio delle cose loro che gli aveva travagliati avanti il diluvio, e rinfrescossi quell' amaro desiderio di felicità ignota ed aliena dalla natura dell' universo.

Ma il totale rivolgimento della loro fortuna e l'ultimo esito di quello stato che oggi siamo soliti di chiamare antico, venne principalmente da una cagione diversa dalle predette: e fu questa. Era tra quelle larve, tanto apprezzate dagli antichi, una chiamata nelle costoro lingue Sapienza; la quale onorata universalmente come tutte le sue compagne, e seguita in particolare da molti, aveva altresì al pari di quelle conferito per la sua parte alla prosperità dei

secoli scorsi. Questa più e più volte, anzi quotidianamente, aveva promesso e giurato ai seguaci suoi di voler loro mostrare la Verità, la quale diceva ella essere un genio graudissimo, e sua propria signora, nè mai venuta in sulla terra, ma sedere cogli Dei nel cielo; donde essa prometteva che coll' autorità e grazia propria intendeva di trarla, e di ridurla per qualche spazio di tempo a peregrinare tra gli uomini per l'uso e per la familiarità della quale, dovere il genere umano venire in sì fatti termini, che di altezza di conoscimento, eccellenza d'instituti e di costumi, e felicità di vita, per poco fosse comparabile al divino. Ma come poteva una pura ombra ed una sembianza vota mandare ad effetto le sue promesse, non che menare in terra la Verità? Sicchè gli uomini, dopo lunghissimo credere e confidare, avvedutisi della vanità di quelle profferte; e nel medesimo tempo famelici di cose nuove, massime per l'ozio in cui vivevano; e stimolati parte dall' ambizione di pareggiarsi agli Dei, parte dal desiderio di quella beatitudine che per le parole del fantasma si riputavano, conversando colla Verità, essere per conseguire; si volsero con instantissime e presuntuose voci dimandando a Giove che per alcun tempo concedesse

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alla terra quel nobilissimo genio, rimproverandogli che egli invidiasse alle sue creature l'u. tilità infinita che dalla presenza di quello riporterebbero; e insieme si rammaricavano con lui della sorte umana rinnovando le antiche e odiose querele della piccolezza e della povertà delle cose loro. E perchè quelle speciosissime larve, principio di tanti beni alle età passate, ora si tenevano dalla maggior parte in poca stima ; non che già fossero note per quelle che veramente erano, ma la comune viltà dei pensieri e l' ignavia dei costumi facevano. che quasi niuno oggimai le seguiva; perciò gli uomini bestemmiando scelleratamente il maggior dono che gli eterni avessero fatto e potuto fare ai mortali, gridavano che la terra non era degnata se non dei minori geni; ed ai superiori, ai quali la stirpe umana più condecentemente s'inchinerebbe, non essere degno nè lecito di porre il piede in questa infima parte dell' universo.

Molte cose avevano già da gran tempo alienata novamente dagli uomini la volontà di Giove; e tra le altre gl' incomparabili vizi e misfatti i quali per numero e per tristezza si avevano di lunghissimo intervallo lasciate addietro le malvagità vendicate dal diluvio. Stomacavalo del tutto, dopo tante esperienze prese, l' inquieta, in

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saziabile, immoderata natura umana; alla tranquillità della quale, non che alla felicità, vedeva oramai per certo, niun provvedimento condurre, niuno stato convenire, niun luogo essere bastante; perchè quando bene egli avesse voluto in mille doppi aumentare gli spazi e i diletti della terra, e l'università delle cose, quella e queste agli uomini, parimente incapaci e cupidi dell'infinito, fra breve tempo erano per parere strette, disamene e di poco pregio. Ma in ultimo quelle stolte e superbe domande commossero talmente l'ira del Dio, che egli si risolse, posta da parte ogni pietà, di punire in perpetuo la specie umana, condannandola per tutte le età future a miseria molto più grave che le passate. Per la qual cosa deliberò non solo mandare la Verità fra gli uomini a stare, come essi chiedevano, per alquanto di tempo, ma dandole eterno domicilio tra loro, ed esclusi di quaggiù quei vaghi fantasmi che egli vi avea collocati, farla perpetua moderatrice e signora della gente umana.

E maravigliandosi gli altri Dei di questo consiglio, come quelli ai quali pareva che egli avesse a ridondare in troppo innalzamento dello Stato nostro e in pregiudizio della loro maggioranza, Giove li rimosse da questo concetto mostrando loro, oltre che non tutti i geni, ezian

che

dio grandi, sono di proprietà benefici, non essere tale l'ingegno della Verità, che ella dovesse fare gli stessi effetti negli uomini che negli Dei. Perocchè laddove agl'immortali ella dimostrava la loro beatitudine, discoprirebbe agli uomini interamente e proporrebbe ai medesimi del continuo dinanzi agli occhi la loro infelicità; rappresentandola oltre a questo, non come opera solamente della fortuna, ma come tale che per niuno accidente e niuno rimedio non la possano campare, nè mai, vivendo, interrompere. Ed avendo la più parte dei loro mali questa natura in tanto sieno mali in quanto sono creduti essere da chi li sostiene, e più o meno gravi secondo che esso gli stima; si può giudicare di quanto grandissimo nocumento sia per essere agli uomini la presenza di questo genio. Ai quali niuna cosa apparirà maggiormente vera che la falsità di tutti i beni mortali; e niuna solida se non la vanità di ogni cosa fuorchè dei propri dolori. Per queste cagioni saranno eziandio privati della speranza; colla quale dal principio insino al presente, più che con altro diletto o conforto alcuno, sostentarono la vita. E nulla sperando,nè veggendo alle imprese e fatiche loro alcun degno fine, verranno in tale negligenza ed abborrimento da ogni opera industriosa, non che magnanima, che la co

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