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di tratto in tratto molti antichi uomini, ingannati da trasformazioni e da diverse frodi del fantasma chiamato collo stesso nome, si pensarono avere non dubbi segni della presenza di questo iddio. Ma esso non prima si volse a visitare i mortali, che eglino fossero sottoposti all'imperio della Verità. Dopo il qual tempo, non suo❤ le anco scendere se non di rado, e poco si ferma; così per la generale indegnità della gente umana, come che gli Dei sopportano molestissimamente la sua lontananza. Quando viene in sulla terra, sceglie i cuori più teneri e più gentili delle persone più generose e magnanime; e quivi siede per breve spazio; diffondendovi si pellegrina e mirabile soavità, ed empiendoli di effetti si nobili e di tanta virtù e fortezza, che eglino allora provano, cosa al tutto nuova nel genere umano, piuttosto verità che rassomiglianza di beatitudine. Rarissimamente congiunge due cuori insieme, abbracciando l'uno e l'altro a un medesimo tempo, e inducendo scambievole ardore e desiderio in ambedue ; beuchè pregatone con grandissima instanza da tutti coloro che egli occupa ma Giove non gli consente di compia. cerli, trattone alcuni pochi; perchè la felicità che nasce da tale beneficio, è di troppo breve intervallo superata dalla divina. A ogni modo, l'es

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sere pieni del suo nume vince per se qualunque più fortunata condizione fosse in alcun uomo ai migliori tempi. Dove egli si posa, dintorno a quello si aggirano, invisibili a tutti gli altri, le stupende larve, già segregate dalla consuetudine umana; le quali esso Dio riconduce per questo effetto in sulla terra, permettendolo Giove, nè potendo essere vietato dalla Verità, quantunque inimicissima a quei fantasmi, e nell'animo grandemente offesa del loro ritorno: ma non è dato alla natura dei geni di contrastare agli Dei. E siccome i fati lo dotarono di fanciullezza eterna " quindi esso, convenientemente a questa sua natura, adempie per qualche modo quel primo voto degli uomini, che fu di essere tornati alla condizione della puerizia. Perciocchè negli animi che egli si elegge ad abitare, suscita e rinverdisce per tutto il tempo che egli vi siede, l'infinita speranza e le belle e care immaginazioni degli anni teneri. Molti mortali, inesperti e incapaci de' suoi diletti, lo scherniscono e mordono tutto giorno, sì lontano oome presente, con isfrenatissima audacia: ma esso non ode i costoro obbrobri ; e quando gli udisse niun supplizio ne prenderebbe ; tanto è da natura magnanimo e mansueto. Oltre che gl'immortali, contenti della vendetta che prendono di tutta la stirpe, e dell' insanabile miseria che la gastiga,

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nou curano le singolari offese degli uomini ; nè d'altro in particolare sono puniti i frodolenti e gl'ingiusti e i dispregiatori degli Dei, che di essere alieni anche per proprio nome dalla grazia di quelli.

Leop. op. mor. Vol. I.

DIALOGO

D' ERCOLE E DI ATLANTE.

FRC. Padre Atlante, Giove mi ma nda

e

vuole che io ti saluti da sua parte, e in caso che tu fossi stracco di cotesto peso, che io me. lo addossi per qualche ora come feci non mi ricordo quanti secoli sono tanto che tu pigli fiato e ti riposi un poco.

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ATL. Ti ringrazio, caro Ercolino, e mi chiamo anche obbligato alla maestà di Giove. Ma il mondo (2) è fatto così leggero, che questo mantello che porto per custodirmi dalla neve, mi pesa più; e se non fosse che la volontà di Giove mi sforza di stare qui fermo e tenere questa pallottola sulla schiena, io me la porrei sotto l'ascella o in tasca o me l'attaccherei ciondolone a un pelo della barba, e me n'andrei per le mie faccende.

ERC. Come può stare che sia tanto alleggerita? Mi accorgo bene che ha mutato figura, e che è diventata a uso delle pagnotte, e non è più tonda, come era al tempo che io studiai la

cosmografia per fare quella grandissima navigazione cogli Argonauti: ma con tutto questo non trovo come abbia a pesare meno di prima.

ATL. Della causa non so. Ma della leggerezza ch'io dico te ne puoi certificare adesso adesso, solo che tu voglia torre questa sulla mano per un momento e provare il peso.

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ERC. In fe d'Ercole, se io non avessi provato, io non poteva mai credere. Ma che è quest' altra novità che vi scuopro? L'altra volta che io la portai, mi batteva forte sul dosso " come fa il cuore degli animali; e metteva un certo rombo continuo, che pareva un vespaio. Ma ora quanto al battere, si rassomiglia a un oriuolo che abbia rotta la molla ; e quanto al

ronzare io non vi odo un zitto.

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ATL. Anche di questo non ti so dire altro, se non ch'egli è già gran tempo, che il mondo fini di fare ogni moto e ogni romore sensibile: e io per me stetti con grandissimo sospetto che fosse morto, aspettandomi di giorno, in giorno che m' infettasse col puzzo; e pensava come e in che luogo lo potessi seppellire, e l'epitaffio che gli dovessi porre. Ma poi veduto che non marciva, mi risolsi che di animale che prima era, si fosse convertito in pianta, come Dafne e tanti altri; e che da questo nascesse che non si

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