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Per quell' amor che i mena;' e quei verranno.
Si tosto come il vento a noi li piega,

Mossi la voce: O anime affannate,

Venite a noi parlar, s' altri nol niega.'
Quali colombe dal disio chiamate,

Con l'ali aperte e ferme, al dolce nido
Vengon per l'aer dal voler portate;
Cotali uscir della schiera ov'è Dido,*
A noi venendo per l'aer maligno;
Si forte fu l'affettuoso grido.
O animal grazioso e benigno 6

Che visitando vai per l'aer perso

7

Noi che tignemmo il mondo di sanguigno; "
Se fosse amico il Re dell' universo,
Noi pregheremmo lui per la tua pace,
Poichè hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel ch' udire e che parlar ti piace
Noi udiremo e parleremo a vui,10

10

Mentrechè il vento, come fa, si taco.

11

Siede la terra, dove nata fui,11

Su la marina dove il Po discende

Per aver pace co' seguaci sui.12

Amor che al cor gentil 13 ratto s' apprende

1 Per quell' amor che i (li) mena; che è cagione a loro di essere così portati dalla bufera.

2 Venite a parlare (a) noi, se legge o forza superiore no vieta.
3 Con l'ali ec. Così volano gli uccelli d'alto in basso.

Vuol farci pensare all' amore compassionevole di Didone anzichè alle dissolutezze di Semiramide o di Cleopatra, alle quali crederebbe ingiusto paragonare Francesca.

Si forte. Di tanta efficacia. Possiamo arguire quali fossero le parole di Dante considerando che Virgilio lo consigliò a pregarli per quell'amore che fu cagione del loro martirio.

6 Aristotele chiama l'uomo animal civile; e Dante stesso dice che anima sensibile e corpo chiamasi animale. Gli epiteti grazioso e benigno ci fanno vie meglio intendere quali dovettero essere le parole di Dante. 7 Perso è misto di purpureo e di nero, ma vince il nero. Cosi Dante nel Convito.

8 Tignemmo ec. Morendo di morte violenta.

9 Se fosse amico a noi.

10 Vui per Voi s'è trovato già anche in prosa.

11 La terra dove nacque Francesca è Ravenna in vicinanza del mare; ma suol dirsi da Rimini dove andò a marito e dove miseramente finì. Da queste parole si fa manifesto che Dante pregò i due amanti a volergli dar notizia di sè e dei loro casi.

12 Per aver pace. Per riposarsi dal lungo corso insieme coi fiumi che in lui mettono foce e lo seguono al mare.

18 Al cor. Altri a cor gentil; e significa Ad ogni cuore gentile.

Prese costui della bella persona

Che mi fu tolta, e il modo ancor m' offende."
Amor, che a nullo amato amar perdona,3

Mi prese del coştui piacer sì forte

Che, come vedi, ancor non m' abbandona.
Amor condusse noi ad una morte."

6

Caina attende chi 'n vita ci spense.
Queste parole da lor ci fur porte.
Da che io intesi quelle anime offense,"
Chinai il viso, e tanto il tenni basso,
Finchè il poeta mi disse: Che pense? 9
Quando risposi cominciai: Oh lasso?
Quanti dolci pensier, quanto disio
Menò costoro al doloroso passo !
Poi mi rivolsi a loro e parlai io,
E cominciai: Francesca, i tuoi martiri
A lagrimar mi fanno tristo e pio.10
Ma dimmi: Al tempo de' dolci sospiri,
A che, e come concedette Amore
Che conosceste i dubbiosi desiri?
Ed ella a me: Nessun maggior dolore,
Che ricordarsi del tempo felice

11

Nella miseria; e ciò sa il tuo dottore.12
Ma se a conoscer la prima radice

Del nostro amor tu hai cotanto affetto,"
Farò come colui che piange e dice.1
Noi leggevamo un giorno per diletto 15

1 Prese. Innamorò.

2 M' offende. Per la cattiva fama dell' essere stata colta in errore. 3 A nullo amato ec. Non esenta alcuno amato dal riamare.

Mi prese ec. Mi fece piacer tanto il piacere a costui.

Ad una morte. Ad essere uccisi insieme.

Caina è un luogo dell' Inferno dove Dante imagina che siano puniti

i fratricidi. Altri legge: chi vita ci spense.

7 Offense. Travagliate.

8 Che pense? Che cosa pensi?

• Quando risposi. Mostra che non rispose subito, assorto com'era

ne' suoi pensieri.

10 Mi fanno ec. Mi spirano doglia e pietà fino alle lagrime.

11 A che ec. A qual segno, e in qual modo.

12 Il tuo dottore. Virgilio; o forse Boezio (del quale Dante professa di essere stato studiosissimo), ove dice: Infelicissima sorte d'infortunio è essere stato felice.

13 Cotanto affetto. Cosi intenso desiderio.

1 Farò come ec. Te la dirò piangendo.

15 Leggevamo la storia del cavaliere Lancilotto, come s' innamorò di Ginevra.

AMBROSOLI. — I.

7

Di Lancilotto, come amor io strinse:
Soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fïate gli occhi ci sospinse1
Quella lettura, e scolorocci il viso:
Ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso 2
Esser baciato da cotanto amante,
Questi, che mai da me non fia diviso,
La bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.*
Quel giorno più non vi leggemmo avante."
Mentre che l'uno spirto questo disse,
L'altro piangeva sì, che di pietade

Io venni men così com' io morisse;
E caddi come corpo morto cade.

6

Al tornar della mente, chiusa per la compassione dei due cognati, ritrovasi il Poeta nel terzo cerchio. Ivi son puniti i golosi sotto una pioggia fredda, mista con grossa grandine e neve; vi sta Cerbero che latra caninamente e strazia i dannati. Virgilio gli getta in gola una manata di terra; e così passan oltre calcando le ombre che giacciono sul suolo. Una si leva con desiderio di esser riconosciuta da Dante. Il quale non ricordandosi d'averla mai veduta, la domanda del suo nome; ed essa risponde (Canto VI, v. 49):

La tua città ch'è piena

D'invidia sì, che già trabocca il sacco,'
Seco mi tenne in la vita serena.8
Voi, cittadini, mi chiamaste Ciacco : "

1 Gli occhi ci sospinse. Quasi ci obbligò a guardarci l'un l'altro.

2 Il disiato riso. La bocca ridente di Ginevra. Da cotanto amante. Da Lancilotto.

3 Questi ec. Addita Paolo suo cognato, il quale dee stare eternamente con lei; perchè (secondo alcuni teologi) il tormento dei condannati è accresciuto dal veder patire le persone con le quali peccarono.

Galeotto fu ec. Il libro e il suo autore fu mezzano tra noi, come Galeotto era stato già tra Lancilotto e Ginevra.

5 Non vi leggemmo. Non leggemmo più oltre nel libro.

6 Morisse. Morissi.

7 Già trabocca il sacco. Fassa la misura comportabile.

8 In la vita ec. Mentre fui vivo. E chiama serena questa vita rispetto

alla sua condizione presente.

9 Ciacco vale Porco. Il Boccaccio e l'Anonimo lo dicono uomo di leggiadri costumi e piacevoli motti, solito a vivere coi ricchi e coi grandi dei quali potè conoscere i vizi e le opinioni.

1

Per la dannosa colpa della gola,
Come tu vedi, alla pioggia mi fiacco.
Ed io anima trista non son sola;

Chè tutte queste a simil pena stanno
Per simil colpa. E più non fe parola.
Io gli risposi Ciacco, il tuo affanno

Mi pesa sì, che a lagrimar m' invita;
Ma dimmi, se tu sai, a che verranno
Li cittadin della città partita? 3

S'alcun v'è giusto; e dimmi la cagione
Per che l'ha tanta discordia assalita.
Ed egli a me: Dopo lunga tenzone *

7

6

Verranno al sangue; e la parte selvaggia
Caccerà l'altra con molta offensione.
Ed appresso convien che questa caggia
Infra tre soli, e che l'altra sormonti
Con la forza di tal che testè piaggia.
Alto terrà lungo tempo le fronti,"
Tenendo l'altra sotto gravi pesi,

Come che di ciò pianga e che ne adonti.10
Giusti son duo, ma non vi sono intesi.11
Superbia, invidia e avarizia sono

Le tre faville c' hanno i cuori accesi.

Qui pose fine al lacrimabil suono.

3

Dante domanda di alcuni illustri fiorentini che Ciacco potè aver conosciuti vivendo; ed egli risponde che potrà vederli vie giù per l' Inferno dove stanno aggra

1 Dannosa colpa. La gola nuoce alla salute, all' avere, alla riputazione. 2 Mi facco. Mi consumo, sono affranto.

3 Città partita. Firenze divisa dalle fazioni.

Dopo lunga tenzone. Dopo lungo contendere di parole.

5 La parte selvaggia. Così chiama i Bianchi perchè n'era capo Vieri de' Cerchi venuto di Val di Nievole. La casa de' Cerchi fu detta rustica e proterva; e, come nobiltà nuova, era disprezzata da Dante.

6 Caccerà la parte Nera (ciò che avvenne l'anno 1301) con danni e oltraggi eccessivi.

7 Questa. La parte Bianca già detta.

8 Tre soli. Tre anni. Dante finge la sua visione nel marzo del 1300: i Bianchi (tra loro anche Dante) furono sbanditi nell'aprile del 1302: dunque dopo men che tre anni. Allora la parte Nera sormontò, prevalse con la forza di tal (di Carlo di Valois) che testè, ora, piaggia, lusinga Firenze. Altri intende di Bonifazio VIII.

9 Le fronti, al plur., per essere parte un nome collettivo.

10 Ne adonti. Se lo rechi ad onta.

11 Duo. Credesi che il poeta allud al suo amico Guido Cavalcanti e ¡ sè stesso.

612407B

vati da diverse colpe. Domanda eziandio se i tormenti dei condannati cresceranno o diminuiranno dopo il giudizio finale; al che Ciacco risponde che cresceranno: e con questi discorsi arrivano dov'è la discesa dal terzo cerchio al quarto. Su quel pendio sta Pluto, e mostra di volersi opporre al loro viaggio: ma Virgilio lo fa tacere, dicendogli che così è stabilito in cielo. Nel quarto cerchio sono puniti i prodighi e gli avari: tra i quali scorge Dante molti papi e cardinali in cui usa avarizia il suo soperchio, ma non può riconoscerne alcuno: la colpa, che li fece sozzi mentre vissero, rende impossibile il raffigurarli dopo morte. Virgilio prende occasione di qui a ragionare della Fortuna ordinata da Dio ministra é duce dei beni mondani, permutandoli di gente in gente e d'uno in altro sangue senza tregua e irresistibilmente. I due poeti discendono poi nel quinto cerchio, dove sono puniti gl' iracondi nel fango della palude Stige. Essi percoteansi non pur con mano, Ma con la testa e col petto e co' piedi, Troncandosi le membra a brano a brano. Camminando per un gran tratto intorno alla palude tra la ripa secca e il mezzo (o il fradicio del padule) arrivano appiè d' una torre, sulla quale vedono apparire due fiammette; ed altre fiammette rispondere a quel segnale da un'altra torre (dove stanno alla vedetta le Furie) sulla opposta riva di Stige. Dante domanda che cosa significhino quei fuochi; e Virgilio gli dice che spinga lo sguardo su per le onde del fiume (Canto VIII, v. 13):

Corda non pinse1 mai da sè saetta,

Che si corresse via per l'aere snella,
Com' io vidi una nave piccioletta

Venir per l'acqua verso noi in quella *
Sotto 'l governo d'un sol galeoto,

Che gridava Or se' giunta, anima fella? 3

Flegias, Flegiàs, tu gridi a vôto,*

Disse lo mio signore, a questa volta:

Più non ci avrai, se non passando il loto."

1 Pinse. Spinse.

2 In quella. In quel punto.

3 Fella. Malvagia.

A voto. Iufruttuosamente. Flegias, secondo le favole, fu condannato nell' Averno perchè incendiò il tempio d'Apollo. Il nome viene da hey,

ardo.

Il loto. Il fango di questa palude.

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