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Non furon leonine ma di volpe.1
Gli accorgimenti e le coperte vie
lo seppi tutte, e si menai lor arte
Ch' al fine della terra il suono uscíe.*
Quando mi vidi giunto in quella parte

Di mia età, dove ciascun dovrebbe
Calar le vele e raccoglier le sarte,"
Ciò che pria mi piaceva allor m' increbbe;
E pentuto e confesso mi rendei,

Ahi miser lasso e giovato sarebbe.

Ma Bonifazio (soggiunge) mi chiamò a sè, e doman dommi come potesse cacciare i Colonnesi da Palestrina (l'antico Preneste che il poeta chiama poi Penestrino) ciò che disperava di poter conseguire per guerra aperta e leale. Le sue parole mi parvero d' uomo briaco e fuor di ragione: però non risposi, ed egli allora continuò: .......... Tuo cor non sospetti:

Fin or t'assolvo; e tu m'insegna fare
Si come Penestrino in terra getti.
Lo ciel poss' io serrare e disserrare,

Come tu sai; però son due le chiavi
Che 'l mio antecessor non ebbe care."
Allor mi pinser gli argomenti gravi 8

Là 've il tacer mi fu avviso il peggio,"
E dissi Padre, da che tu mi lavi
Di quel peccato ov' io mo cader deggio,
Lunga promessa con l'attender corto "
Ti farà trionfar nell' alto seggio.

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10

1 Non furono d' uomo forte e generoso come il leone, ma d'uomo astuto e fraudolento come la volpe.

2 Gli accorgimenti ec. Le astuzie e le frodi.

3 Si menai cc. Le adoperai per tal modo.

Ch' al fine ec. La fama andò per tutto il mondo.

Le sarte. Le corde della vela; e vuol dire figuratamente Darsi a Dio.
Fin or. Fin d'ora.

7 Che 'l mio antecessor ec. Dante attribuisce qui a Bonifazio VIII una diabolica ironia; giacchè Celestino V, secondo il nostro poeta, rinunziò al papato per le male arti di Bonifazio stesso.

8 Gravi per la dignità di chi li proferiva.

9 Mi fu avviso ec. Mi recarono a credere che fosse peggio il disobbedire tacendo, che il parlare.

10 Lunga promessa ec. Prometter molto e non mantenere la promessa, E così fu.

11 Francesco. Il fondatore dell' Ordine de' Francescani, al quale Guido appartenne.

1

Per me; ma un de' neri Cherubini
Gli disse: Nol portar, non mi far torto.
Venir se ne dee giù tra' miei meschini,3
Perchè diede il consiglio frodolente,

Dal quale in qua stato gli sono a' crini.
Ch' assolver non si può chi non si pente;
Ne pentere e volere insieme puossi,5
Per la contradizion che nol consente.

Ciò detto, soggiunge, mi prese e mi portò a Minosse dal quale fui dannato a questa ottava bolgia, dove mi dolgo andando, come vedi, vestito di fuoco.

Finite queste parole la fiamma se ne va dolorando, e i poeti entrano nella nona bolgia. Quivi son puniti í seminatori di civili discordie e di religiose divisioni. Un diavolo li taglia e li fende più o meno a misura delle loro colpe; e i corpi così fessi riunisconsi per essere poi fessi di nuovo, con tormento incessante. Tra costoro incontrano Bertrando o Bertramo dal Bornio, trovatore illustre, dannato a pena singolarissima per avere co' suoi perversi consigli eccitato Enrico (detto il re giovane) contra il fratello Riccardo conte del Poitù e di Gujenna, e poi altresì contra il padre (Canto XXVIII, v. 118):

'vidi certo, ed ancor par ch' io 'l veggia,
Un busto senza capo andar, sì come
Andavan gli altri della trista greggia.
E'l capo tronco tenea per le chiome

6

Pesol con mano, a guisa di lanterna;
E quei mirava noi e dicea: O me!
Di sè faceva a sè stesso lucerna;7

Ed eran due in uno ed uno in due;
Com' esser può, Quei sa che si governa.®
Quando diritto appiè del ponte fue,"

1 Per me. Per prendermi e condurmi al paradiso.

2 Un de' neri ec. Uno dei demoni.

3 Meschini. Servi.

Stato gli sono ec. Come se dicesse: Lo tenni sempre pei capelli affinchè non mi fuggisse.

Ne pentere ec. Non v'è perdono senza pentimento; e non può l'uomo pentirsi della colpa e volerla nel medesimo tempo.

6 Pesol. Penzolone.

7 Di sè ec. Valevasi degli occhi del capo che portava in mano come

di lucerna per camminare.

8 Quei sa cc. Lo sa Dio, che queste cose così ha ordinate.

• Quando fu appie del ponte sul quale noi stavamo.

Levò 'l braccio alto con tutta la testa,1
Per appressarne le parole sue,

Che furo: Or vedi la pena molesta

Tu che, spirando, vai veggendo i morti:
Vedi se alcuna è grande come questa.
E perchè tu di me novella porti,

Sappi ch' io son Bertram dal Bornio, quelli

Ch' al Re giovane diedi i mal conforti.

Io feci 'l padre e 'l figlio in sè ribelli.

Arrivati dipoi sul ponte che sovrasta alla decima bolgia sentono un puzzo quale uscir suol delle marcite membre, e sì dolorosi lamenti, che Dante si copre colle mani gli orecchi. In quella bolgia stanno i falsificatori d'ogni genere, tormentati da fetide piaghe, diverse secondo la diversità della colpa, ma tutte fastidiosissime. Vedono in questa bolgia gli alchimisti, poi coloro che falsificarono in sè un' altra persona, e i falsificatori di monete. Tra questi ultimi è Maestro Adamo bresciano, che richiesto dai conti di Romena (sui colli del Casentino) falsificò il fiorino d'oro; di che fu preso ed abbruciato nel 1280 (Canto XXX, v. 49):

I' vidi un fatto a guisa di liuto

Pur ch'egli avesse avuta l'anguinaia

Tronca dal lato che l' uomo ha forcuto.

La grave idropisia che si dispaia 3

3

Le membra con l'umor che mal converte,
Che 'l viso non risponde alla ventraia,
Faceva lui tener le labbra aperte,

Come l'etico fa, che per la sete

L'un verso il mento e l'altro in su riverte."

O voi che senza alcuna pena siete,

(E non so io perchè) nel mondo gramo,
Diss' egli a noi, guardate ed attendete

Alla miseria del maestro Adamo:

Io ebbi, vivo, assai di quel ch' io volli,

1 Con tutta la testa. Per modo che tutta la testa soprastesse al suo tronco e s'avvicinasse a noi. Ma forse la voce tutta è aggiunta solo per maggior evidenza.

2 vidi ec. Vidi uno col volto e il collo scarni e piccioli rispetto alla pancia e perciò simile ad un liuto (strumento a corde colla cassa sonora assai larga) s' egli fosse stato tronco nell'anguinaia, dove comincian le cosce. 8 Dispaia. Sproporziona.

Faceva a lui.

L'un labbro riverte, rivolge ec.

Ed ora, lasso! un gocciol d'acqua bramo.
Li ruscelletti che de' verdi colli

1

Del Casentin discendon giuso in Arno
Facendo i lor canali e freddi e molli,
Sempre mi stanno innanzi, ' e non indarno;
Chè l' imagine lor via più m' asciuga 2
Che 'l male onde nel volto mi discarno.
La rigida giustizia che mi fruga

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Tragge cagion del luogo ov' io peccai
A metter più gli miei sospiri in fuga.*
Ivi è Romena, là dov'io falsai

La lega sugellata del Battista,"
Perch' io il corpo suso arso lasciai.
Ma s' io vedessi qui l'anima trista

Di Guido, o d' Alessandro, o di lor frate,"
Per fonte Branda non darei la vista."
Dentro ci è l' una già, se l' arrabbiate
Ombre che vanno intorno dicon vero;
Ma che mi val, c' ho le membra legate? 10
S'io fossi pur di tanto ancor leggiero,

Ch'i' potessi in cent' anni andare un'oncia,
I' sarei messo già per lo sentiero,
Cercando lui tra questa gente sconcia,

Con tutto ch' ella volge undici miglia,
E men d'un mezzo di traverso non ci ha,"
I' son per lor tra si fatta famiglia;

Ei m' indussero a battere i fiorini

Ch' avevan tre carati di mondiglia.18

1 Innanzi al pensiero; mi par sempre vederli.

2 M' asciuga. L'assetato ha sempre le fauci asciutte.

3 Mi fruga. Mi castiga con questo tormento.

A mettere ec. A rendere più frequenti i miei sospiri.

La lega ec. Il fiorino d'oro che aveva improntato da una parte il

giglio, dall' altra l'imagine di san Giovanni Battista.

6 Lor frate. Aghinolfo, terzo dei conti di Romena.

7 Per fonte cc. Preferirei il piacere di vederli qui puniti a quello di possedere tant' acqua quanta ne ha fonte Branda di Siena.

8 L'una. L' anima di Guido.

9 L'arrabbiate ombre. Eranvi ombre che giravano mordendo rabbiosamente i dannati.

10 Legate dall' idropisia.

11 P (mi) sarei già messo ec.

Sconcia, deformata.

12 Con tutto ec. Non ostante che essa su questo girone si stenda per un tratto lungo undici miglia e largo non meno di mezzo miglio.

13 Carato è la ventiquattresima parte di un' oncia. - Mondiglia, feccia; qui il rame mescolato all'oro per frode.

Finalmente i due poeti escono di Malebolge avviandosi verso il centro dell' ottavo cerchio, dove è aperto (vaneggia) un gran pozzo pel quale si discende nel nono. Intorno intorno alla gola del pozzo stanno parecchi giganti di sì smisurata grandezza, che Dante li crede torri, benchè abbiano i piedi sul fondo e sporgano dalla bocca del pozzo stesso soltanto con metà della persona. Uno di costoro (Nembrotto) grida verso i poeti: Rafel, mai, amech, zabi, almi: forse per metter loro paura; ma Virgilio arditamente ne lo rimbrotta; e dice a Dante di non curarsi di lui, il quale nè intende nè può essere inteso. Procedendo arrivano ad Anteo che, pregato da Virgilio, li prende e li posa al fondo. Questo basso ed orribil luogo è formato da quattro giri concentrici. Nel primo, detto Caina, stanno i traditori dei propri congiunti; nel secondo i traditori della patria, e chiamasi Antenora da Antenore troiano che tradì (secondo alcuni) la città di Troia ai Greci; nel terzo i traditori degli amici, e prende il nome di Tolomea da Tolomeo re d'Egitto traditor di Pompeo; nel quarto, detto Giudecca da Giuda, i traditori dei loro benefattori. Tutti costoro, stanno confitti nel ghiaccio (Canto XXXII, v. 76):

Se voler fu, o destino, o fortuna

Non so; ma passeggiando tra le teste,
Forte percossi 'l piè nel viso ad una.
Piangendo mi sgridò: Perchè mi peste?

Se tu non vieni a crescer la vendetta
Di Mont' Aperti,' perchè mi moleste?
Ed io: Maestro mio, or qui m' aspetta,
Si ch' i'esca d' un dubbio per costui:
Poi mi farai, quantunque vorrai, fretta.
Lo duca stette. Ed io dissi a colui,

Che bestemmiava duramente ancora:
Qual se' tu, che così rampogni altrui? —
Or tu chi se', che vai per l' Antenora
Percotendo, rispose, altrui le gote
Sì che, se vivo fossi, troppo fora? 3
Vivo son io; e caro esser ti puote

3

1 Di Mont' Aperti. Chi parla è il fiorentino Bocca degli Abati; il quale, benchè fosse Guelfo, nella battaglia di Mont' Aperti mozzo la mano al ban deraio, cagionando così la rovina di quattro mila Guelfi.

2 Quantunque. Quanto mai, quanto.

3 Se vivo fossi ec. Le percosse che dài, sarebbero troppo forti, anche se tu non fossi spirito ma corpo vivente.

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