SONETTO. Veduto ho la lucente stellà Diana Che appare anzi che 'l giorno renda albore, Sovr' ogni altra mi par che dea splendore. Occhi lucenti, gai e pien' d' amore; Non credo che nel mondo sia cristiana 2 Sì piena di beltate e di valore. Ed io dal suo valor sono assalito Chè, senza dir, di lei sarei servito,3 GUIDO CAVALCANTI. SONETTO. Avete in voi li fiori e la verdura, E ciò che luce o è bello a vedere. Sì piena di beltà nè di piacere: 1 Grana. Coccola che tinge in rosso. 2 Cristiano e Cristiana per Uomo e Donna ora si userebbe sold nelle scritture famigliari. 3 Sarei servito. Avrei il mio desiderio, sarei riamato. Non può valere. Non può acquistar valore, virtù ec. BALLATA. Perch'io no spero di tornar giammai, Ballatetta, in Toscana, Va' tu leggiera e piana 2 Ti farà molto onore. Tu porterai novelle de' sospiri Tanto da lei ripresa, Che mi sarebbe angoscia; Dopo la morte poscia Pianto e novel dolore. Tu senti, Ballatetta, che la morte Se tu mi vuoi servire, (Molto di ciò ti preco), Quando uscirà del core. Quest' anima che triema raccomando: Menala teco nella sua pietate A quella bella Donna a cui ti mando: Quando le sei presente: Questa nostra servente Partita da colui, 1 No per Non, a fuggir la durezza che verrebbe da non spero. Piana. Dimessa, modesta. 8 Per quel ec. Per la tempesta che fanno dentro gli affetti. Vui, per voi; e così tui, nui, sui, per tuoi, noi, suoi, sono voci frequenti, presso gli antichi, anche in prosa, ANDROSOLI. — J. Che fu servo d' Amore. Che vi sarà diletto Sempre nel suo valore. Molto più forse che in tutti i versi fin qui riferiti può presentirsi la squisita eleganza toscana di un'età posteriore nel principio di un'altra canzone del Cavalcanti: In un boschetto trovai pastorella Più che la stella - bella al mio parere. E gli occhi pien' d' amor, cera rosata. E disse ecc. Ma stimo avere citato oramai tanto che basti a far conoscere la poesia italiana del secolo XIII. Or come la poesia, così anche la prosa di quel secolo presso alcuni è scomposta ed incolta, presso altri apparisce già ordinata e quasi potrebbe dirsi esemplare. Da tutti può lo studioso raccogliere voci e locuzioni che, dirugginite alcun poco, entreranno con buon effetto anche nelle scritture della nostra età; e massimamente da Bono Giamboni: ma io devo attenermi a quei soli nei quali troviamo, oltre una lingua men rozza, anche una composizione del periodo abbastanza regolare, una prosa propriamente detta. 19 RICORDANO MALISPINI. Ricordano Malispini, fiorentino, fu di nobile e illustre famiglia, venuta (come dice egli stesso) anticamente da Roma. Non conosciamo con sicurezza nè l'anno della sua nascita, nè quello della sua morte; solo possiamo affermare che visse fino al 1281; giacchè fino a_quell'anno condusse la storia della città di Firenze. E può dirsi che fosse il primo scrittore di cose italiane in lingua italiana; giacchè i Diurnali di Matteo Spinello pugliese, che lo precedette in questo nobile officio, sono estremamente rozzi ed incolti. La Storia Fiorentina del Malispini comincia dall'origine della città di Firenze, e continua fino all'anno 1281. Suole nondimeno esser citato soltanto pei fatti della sua età o dei tempi a quella vicini; perchè circa alle cose antiche segue non di rado tradizioni favolose ed assurde. Rispetto poi allo scrivere, non conosce quasi grammatica, ha molti vocaboli ora caduti in disuso, molte uscite di nomi e di verbi dure o goffe per noi, e nessun artifizio di stile: ma è ricco di voci e locuzioni proprie, schiette, espressive; e nel suo libro comincia notabilmente a sentirsi la vera indole della prosa italiana. Come in Firenze si cominciò battaglia cittadina tra gli Uberti e la signoria de' Consoli. Nel detto anno (1177) s'incominciò dissensione e guerra grande in Firenze tra' cittadini, che mai più non era stata e ciò fu per troppa grassezza e riposo, con superbia e ingratitudine. Chè quelli della casa degli Uberti (ch' erano i più possenti cittadini) co' loro seguaci nobili e popolari cominciarono guerra co' consoli, ch'erano signori e guidatori del comune e della città a certo tempo con certi ordini; e ciò fu per l'invidia della signoria che non era a loro volere. E fu si diversa e aspra guerra, che quasi ogni dì, o de' due (di) l'uno, si combatteano insieme in più parti della città, da vicinanza a vici. nanza, com'erano le parti. E aveano armate le torri e quasi tutte le nobili famiglie erano chi coll' una parte e chi coil' al A certo tempo. Per un tempo determinato. Con certi ordini. Governando in conformità di leggi e istituz oni stabilite; non di loro arbitrio. 2 Non era a loro volere. Non era quale essi l'avrebbero voluta, tra; e assai di popolo, chi coll' una e chi coll'altra. E di queste torri avea grande numero nella città, l'una alta cento e venti braccia. E tutti i nobili, o la maggiore parte, aveano in quel tempo torri: e quelli che non ve ne aveano, ve ne feciono assai. E in sulle dette torri faceano mangani e manganelle 2 per gittare l'uno all' altro; ed era asserragliata la terra in più parti. E durò questa pestilenza più di due anni: onde molta gente ne morì, e molti pericoli e danni ne seguì alla città. Ma tanto venne poi in su quello gittare tra' cittadini, che l'un di combatteano, e l'altro mangiavano e beveano insieme, novellando delle virtù e prodęzze l'uno dell'altro che si facea a quelle battaglie. E quasi per istraccamento e rincrescimento si rimasero per loro medesimi del combattere, e si pacificarono: e rimasero i consoli in loro signoria. Ma in fine pure crearono le maladette parti che furono poi in Firenze. Come gli ambasciadori fiorentini e pisani ebbero quistione in Roma. Alla incoronazione dello imperadore Federigo sì ebbe grandi e ricchi ambasciadori di tutte le città di Talia, e di Fiorenza vi fue molta buona gente, e simile di Pisa. Avvenne che uno grande signore romano, ch' era cardinale, convitò mangiare i detti ambasciadori di Fiorenza; e andati al suo convito, uno di loro, veggendo uno bello catellino di camera, il domandò.8 Dissegli mandasse per esso a sua volontà. Poi il detto cardinale convitò l'altro di appresso gli ambasciadori di Pisa; e per lo simile modo invaghi uno di loro del detto catellino, e sì gliele" domandò: ed egli gliele donò, e disse mandasse per esso a sua volontà; non ricordandosi 10 l'avesse donato all' ambasciadore fio 1 L'una. Ciascuna. 2 Mangani c Manganelle. Macchine per iscagliar pietre od altro. 3 La terra, la città di Firenze, era asserragliata, aveva qua e là serragli o barricate. ↳ Venne_in_su_ec. G. Villani, che spesse volte trascrive il Malispini, dice venne in uso. Di Talia, D'Italia. 6 Fue, andoe, hae e simili scrissero gli antichi; ora appena i poeti usano qualche volta fue per fu; e questa nota valga per molti altri luoghi. 7 Catellino; ora diciamo cagnolino. 8 Il domandò. Pregò il cardinale che glielo desse. 9 Gliele, usasi indeclinabilmente, in vece di glielo e gliela. -- 10 Non ricordandosi l'avesse. La sintassi piena sarebbe: Non ricordan dosi che l'avesse ec. Di questa elissi trovansi molti esempi negli anti chi; ma guardi, chi vuole adoperarla, di non riuscire oscuro. |