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in Italia la legittima depositaria della rappresentanza della Sovranità popolare; ma la Sovranità popolare sta su tutto e su tutti, indiscutibile principio d'ogni autorità e d'ogni funzione politica; la Sovranità popolare che non abdica mai, che nessuna forza può sequestrare, che nessun uomo può imperso

nare.

Giuseppe Mazzini nei mesi ultimi della sua vita profetò, che, da poi che la monarchia s'era trasportata a Roma, la ci durerebbe per piú genera zioni: il che certo non arrideva al gran triumviro; ma il vero vinceva con la sua forza storica il banditore e l'assertore supremo dell'idea unitaria. lo dirò di più. All'Italia resta ancora da vincere il papato. Questa è suprema questione dinanzi alla quale non giova indebolirsi e spendersi in questioni minori di forma. Un re d'Italia al Quirinale. preme già con la mirabilità del fatto quindici secoli di Roma cosmopolita e di negazione d'Italia, e avvezza gli occhi dell' Europa monarchica e cattolica alla irradiazione della terza Roma. Ma triste quel giorno che si parlasse di conciliazioni ed accordi! che una fantasticheria medievale intendesse a trasmutare i cittadini in sudditi! che una politica dissennata credesse rafforzare il principio monarchico con rassettamenti orleanesi! La base della monarchia italiana è democratica, il plebiscito: il vertice è l'idealità della patria una. E io credo di rendere al re d'Italia il massimo onore, quando io lo veggo in fantasia su l'Alpi giulie a cavallo, capo del suo popolo, segnare con la spada i na

turali confini della piú gran nazione latina [Lunghi ed entusiastici applausi].

E qui, o elettori, o cittadini di Pisa, o italiani, lasciate che nel nome santo d'Italia io rechi a questa mia prima patria toscana il saluto della mia seconda patria, la forte, la buona, la generosa Romagna [applausi]. Or sono dieci anni al parlamnto italiano mandavami la Romagna; oggi intendono mandarmivi molti di voi. Dalle rive dell'Adriatico ove morí Dante alle rive del Mediterraneo ove nacque Galileo siamo tutti cittadini d'una grande patria. Viva l'Italia! sempre e su tutto l'Italia! l'Italia nell'irraggiamento delle due grand' idee ond' ella informò la civiltà del mondo, giustizia e libertà! l'Italia incoronata con segno di vittoria su le Alpi! l'Italia sospingente i suoi pacifici o tonanti navigli su 'l Mediterraneo! l'Italia co'l suo popolo di agricoltori quali diè il Lazio il Sannio la Sabina e l'Etruria! l'Italia co'l suo popopolo d'industriali quali li dierono i comuni del medio evo! l'Italia co'l suo popolo d'artisti, quali gli diè il Rinascimento! Viva l'Italia una, indivisibile, eterna, come Roma sua madre! E come il poeta latino cantava volgendosi al sole, a questo nume antichissimo di nostra gente che guidò la emigrazione dei nostri maggiori su la fatale penisola ove la civiltà del mondo fu costituita, cosí oggi io su'l nobile fiume d'Arno che risuona ancora le armonie della più alta poesia umana, in conspetto del Mediterraneo che fu via della civiltà, ripeto - O sole, tu non possa veder mai nulla più grande

e più bello d'Italia e di Roma! [Seguono applausi

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pare che V. S. abbia gusto alla mia prosa, sí spesso me ne chiede. Oh stampi un po' questo, se ha il coraggio.

Nel numero 5 gennaio del giornale da Lei diretto lessi come Angelo Sommaruga abbia scritto ad amici di Roma ch' egli è per riprendere in Buenos Ayres la pubblicazione della Cronaca Bizantina, e tra i collaboratori sarei anch' io. Io ho caro che Angelo Sommaruga, molto migliore dei moralisti che gli sorsero giudici addosso mentr' egli cadeva vittima politica delle Forche Caudine, delle quali per altro fece male a speculare su la divulgazione, sia per rifarsi in America, con l'ingegno che ha molto e co 'l lavoro, una condizione buona. Che a ciò sia un buon avviamento il ricominciare la Cro

CARDUCCI.

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naca Bizantina, io non credo né anche per l'interesse: se non che il Sommaruga è nel caso suo giudice e padrone. Ma egli non può avere affermato, che io sia collaboratore della nuova Bizantina, almeno per la ragione che né egli ne scrisse a me né io a lui. No, io non sono e non sarò; solo per questo, che, stufo come mi sento dei giornali del vecchio mondo, non ci mancherebbe altro che quelli del nuovo per finir la

cottura.

E anzi, da poi che altre dichiarazioni private e pubbliche non valsero e non valgono, mi permetta, signor Direttore, di protestare novellamente nel suo giornale, ch' io non posso affatto partecipare con scritti miei a giornali politici o letterari, a riviste, a raccolte, a strenne, a numeri unici.

Non posso. I troppo buoni estimatori dell' opera mia mi fanno l'onore di credere ch'io stia tutto il giorno soavemente affaticato a delibare, pecchia e calabrone dell' arte, il poetico miele dai giardini dell'ideale e del reale, o a lanciare per la cerbottana dell' eloquenza i campanili dell' enfasi, o a faccettare il vetro della frase per incastonarlo nel brillantato discorso, o a rattoppare d'ignoranza e presunzione, di bugie e di formole robivecchie, la vil ciabatteria della critica. Ma questi signori mostrano di non ricordare che io sono pagato dallo stato per offici d'istruzione pubblica. Come quei denari, pochi o molti, lo stato non me gli dà per il mio bel muso, ché io so di non aver diritti e non voglio avere favori, cosí non voglio e non posso riguardare l'in

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