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L'Ariosto trasse l' Orlando furioso dalle canzoni di gesta? Ma che! Trovate, se vi dà il cuore, Angelica e Medoro, Brandimarte e Fiordiligi o Alcina o Logistilla o qualcosa di simile nella canzone di Rolando o in tutt' altra dei cicli feudali. I Furioso e prima l' Innamorato sono per sé la fusione della materia germanica mista di celtica con la più puramente celtica, e dell' eroismo nazionale e religioso con l'individualismo avventuroso e passionale, compiuta per necessità di tempo, da gente affine, sotto l'influenza del Rinascimento, nelle forme d'una poesia complessa tra popolare e gentilizia. Del resto poi l'imitare dal greco e dal latino al minuto e ne' particolari fu nel Rinascimento e nelle letterature che ne procederono, non pur un diritto, ma un dovere di coltura, come fu per altro verso dimostrazione di nobiltà e di forza il foraggiare predando su quel de' barbari; si doveva rifare, ricostruire, tesaurizzare del vecchio e del novo. Ma non fu solo degl' italiani: che altro fecero Corneille e Racine, La Fontaine e Boileau e perfino Andrea Chénier? che altro Chaucer e Dryden e Pope, e per fino il massimo Milton? Auf! basta. Discorrere del l'ecletticismo accademico a proposito della storia e dell' epopea antica e de' plagiati nei procedimenti estetici del Rinascimento a proposito delle monellerie e porcheriuole nostre è proprio un imbandire a merenda i soliti e vecchi ma sempre puzzolenti cavoli riscaldati.

VI.

Auf, e basta; ancora una volta. Questo secolo pedante andrà a finire che anche i lattanti in cattedra su le poppe delle balie si sbracceranno a far lezione del come debbano essere condizionati e fazionati i capezzoli per un miglior succiamento; ma niente v' ha che metta di mala voglia gli uomini seri e ben nati quanto il pericolo d'aver aria di dar lezione. Conchiudo.

Per apparere ognun s'ingegna e face
Sue invenzioni.

E la nuova generazione ha il diritto di farsi avanti e che non gli s'impedisca il terreno alle prove, tanto più che parecchi di quei gagliardi hanno valore e destrezza al maneggio più che non vogliasi o non s'infinga credere dai mal disposti. Ahi triste cosa l' invidia alla gioventú e brutto segno di piccolo e pigro animo nelle persone e di vecchiezza degenerante ne' popoli l'odio a ciò che è o vuole o pare esser nuovo! Ma le mosche, per altro, le mosche cocchiere sono pur le male bestie e noiose! Si fermano alla prima osteria e van ronzando negli orecchi alla gente Vedete là quella carrozzaccia tutta stinta e sdrucita e sgangherata, co' sedili che paiono schiene d'asini pelati, con una rota sola e mezzo timone? Quella è la carrozza del nostro paese. Ma ora veniamo in questo paese a rifarla, e

e ci abbiamo attaccato un Pegaso Pacolet, e sono io che guido. Zu, zu, zu. A un viaggiatore scappa la pazienza e tira una cenciata Va via, brutta

bestia.

16 marzo 1897

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Fu pubblicata con questa nota: "Questa prosa era finita già nella primavera dell' anno passato; ma fra tanti danni e dolori pubblici parvemi indegno d' attendere a simili ciance; e neanche quest' anno forse dovrei farne nulla: Nam neque nos agere hoc patriai tempore iniquo Possumus aequo animo.

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UANDO sparisce dallo spazio e dal tempo uno di questi uomini che operarono a ricomporre la patria, io non so ciò che avvenga negli animi dei nuovi venuti, ma quelli che videro compiersi la mirabile opera sentono, s' io posso giudicare da me, sentono come un vuoto nella vita propria e si abbracciano dolorosamente sí ma fortemente ai ricordi del passato. Onde io innanzi alla bara di Lodovico Berti non parlo come senatore di senatore, se bene io so ch' egli chiamato più tardi che me alla dignità di cui fu tanto più degno, mi aveva onorato di pensare a me per la sua presentazione all' alto consesso; ma parlo come un umile italiano che poco fece e molto amò dee parlare d'un vecchio e forte italiano che molto amò e fece molto.

Dall' assemblea costituente della Repubblica romana al senato del Regno d'Italia, qual passaggio di storia che Lodovico Berti seguí con passo fermo,

costante, eguale! E come nel 1849, pur non vedendo egli nella forma repubblicana l'avvenire di Roma e dell' Italia, sostenne il governo di Mazzini e partecipò alla difesa della città; cosí ora egli fautore antico e devoto di monarchia e conservatore non parteggiava con quei monarchisti varicolori che paiono aver diminuito il concetto della patria e han ritorto il cammino dai principii su cui la patria fu fondata (Applausi).

L'Italia sempre e avanti tutto, l'Italia grande e rispettata; e in questa fede della patria e alla patria è tutta l'anima e la vita di Lodovico Berti: di questa va meritamente lodato il modesto e forte uomo e vuole essere onorato e imitato dai superstiti il buon cittadino. E come egli fu sopra ogni consola. zione umana contento quando nel 1870 vide per forza di fati benigni e di senno civile compiersi dalla monarchia quello che parve sogno della repubblica e l'Italia riassisa per diritto nazionale e plebiscitario in Campidoglio promettersi alle genti aiutatrice di progresso e promotrice di libertà, cosi egli era a questi ultimi giorni dispettosamente addolorato che questa stessa Italia, troppo sollecita ad aver orrore della sventura con dignità e a fuggire dal pericolo con onore, corresse poi, contro tutte le tradizioni, contro i principii su cui ebbero fermato il diritto italico Mazzini e Cavour, corresse con altrettanta furia e piú lusso di forza a pigliar parte tra i prepotenti addosso gli oppressi e i deboli. Dispetto ebbe e dolore, ma non disperò: la disperazione non è dei forti.

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