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PROSE

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dove ed a chi potremmo oggi domandare, come già i poeti pellegrini del Purgatorio,

Mostratene la via di gire al monte?

Alle appendici forse de' giornali politici o a' placiti delle riviste? Meschina critica, in cui dovremmo ammirare la burbanza barbogia accoppiata al vagito dell' infante, se più lunga vita le fosse data del tempo che corre tra il variare delle tazze e tra li sgombri dei tavolini di lettura. Ai pochi illustri omini che sopravvivono alla loro scuola dispersa non oseremmo rivolgerci. Essi, o tacendo da lungo tempo, o rado e breve parlando, chiaro dimostrano che il loro spirito non è piú con la generazione presente. Lasciaste, ne potrebbon rispondere, il

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CARDUCCI.

I

cammino che noi vi tracciammo, e non potete o non sapete aprirvene un nuovo. Tal sia di voi.

Perocché, dissimularlo è vano e pericoloso, l' incerto e timido eclettismo co 'l quale noi andiamo come a tastone per le vie dell' arte è segno di scadimento, è argomento dell' aver noi smarrito il fine e i modi della grande letteratura. Vero è che il decadimento cominciò ben da più alto. Ma in tempi a noi vicini una sósta nella ruina ci fu. Due scuole, con intendimenti e forze diverse, o ricongiungendosi alla tradizione antica o credendo d' inaugurarne una nuova, s' accompagnarono agli ultimi movimenti del secolo scorso ed ai primi di questo. Ora quelle scuole si tacquero, que' maestri l'un dopo l'altro disparvero: rimangono i templi, ma la divinità n'è fuggita. La nuova generazione corre con vana ricerca dall' uno all' altro; e il tempo e le forze disperdonsi, i passi sono incerti e sempre più stanchi, e discordanti e disanimate le voci. Che sarà dunque il futuro? e come ci governeremo al presente? Prima di avventurar congetture, riguardiamo per un poco al passato, massime alle due scuole a cui pur ora accennammo.

II.

Delle quali la prima precedé di poco e s' accompagnò e seguí poi alla rivoluzione dell' 89; e, tra l'Alfieri che cantò Parigi sbastigliata e il Niccolini che in Nabucco adombrò Napoleone, ella ebbe poeti il Parini il Monti il Foscolo il Leopardi,

oratore il Giordani, filologo il Perticari, filosofi e statisti il Gioia ed il Romagnosi, storici il Botta e il Colletta. Nata questa scuola dal proprio seno del secolo decimottavo e cresciuta sotto l'ascendente di quella filosofia che fu denominata dagli enciclo pedisti, ebbe di tal secolo e di tal dottrina tutti i pregi ed i meriti mal voluti disconoscere dai filosofi di sagrestia e dai liberi pensatori delle riforme, ma ne ebbe anche certi difetti e certe angustie. Fu, quanto poté, banditrice di libertà e di ragione: a molte tirannie fece guerra, perseverante, animosa, superba: rilevò da molti lati la dignità umana giacente sotto i colpi del feudalismo e della superstizione: ma ben ritrasse dai tempi suoi, dai tempi dico della dittatura repubblicana e imperiale, anche in questo, che ella adorò la forza, per diverse guise e sotto diverse forme, ma sempre e anzi tutto la forza, e riconobbe per entro la società umana una fatal necessità dalla quale credé emanare con evoluzioni periodiche il progresso, più tosto che no'l ravvisasse nel libero e intellettivo procedimento delle generazioni per diritta linea alla giustizia. E del progredimento sociale non oltrepassò il limite in cui sta l'individualismo. Anche dispregiò o me glio disconobbe quello che è prima forza della rivoluzione, il popolo: e non di meno questo per sua innata attitudine accettò in sé l'opera della scuola superba, che ne raddrizzò il sentimento nazionale, gli restituí con la rabbia co 'l dolore con l'ira, per poco non dissi violentemente, la coscienza d'una patria, lo scosse in fine dal torpore in cui la chiesa

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