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lacune delle cognizioni con gli slanci del pathos o nazionale o religioso o civile; questa critica che gorgheggia come una prima donna e ha la mutria d'una marchesa del seicento, che è solleticosa come una cameriera, leggera come una ballerina e dogmatica quanto il papa; questa critica che mi ricorda, non so perché, i bei tempi dell' Italia musicale, che è l'ultimo e il meno invidiabile avanzo di quella letteratura ch' ebbe ragion d' essere poco prima del quarantotto e s'incoronò con la Introduzione e il Primato del Gioberti; questa critica vogliamo noi averla ancora per buona e bella?

Non avendo autorità da movere tali domande, almeno, tanto per ridere, perché so a che valgano le proteste, io ho protestato.

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voi prima, per i quali specialmente è questa festa, a voi si rivolga salutando la mia parola, o popolani della

città e della campagna, che oggi dai vostri fratelli delle società collegate aveste un segno di stima e d'incoraggiamento per gli avanzamenti da voi in picciol tempo fatti nella istruzione della quale volontari approfittaste. E la istruzione non fu per voi la sola occupazione un po' più seria o un po' meno fatua della vita oziosa: dopo lunghe ore di fatiche, voi veniste a cercare la istruzione in un' altra fatica, nella fatica, nuova per voi, dello spirito allo studio deste quel tempo che solo vi avanzava dal lavoro, la sera e la festa. Dopo l'opera dell' intiera giornata, di tutta una settimana, il corpo chiedeva riposo, e distrazione lo spirito; e pure

studiaste. Operai, coloni, ortolani, lavandai, dovevate sorgere con la prima luce della mattina, o anche innanzi alla luce, svegliati dalla inesorabile necessità al duro e continuo travaglio; e pure deste allo studio una parte delle vostre notti. E sí che lo studio, anche di solo leggere, per intelligenze non esercitate al raffronto subitaneo dei giudizii, per animi dalle condizioni e dalle circostanze richia mati tuttavia al mondo di fuori, per facoltà preoc cupate dagli oggetti e dalle forme materiali, per vite tutte di sensi, lo studio, dico, è vera e dura fatica. La lettura, il più difficile degli studi ed esercizi mentali, se bene o a punto perché primordiale: difficile ed aspro anche alle menti dei fanciulli che si aprono e svolgonsi ceree tra le cure della educazione, alle quali, non so se utilmente, vuolsi mostrare, anzi che insegnare, quasi un trastullo, giocando; la lettura, voi la conquistaste col sudore della vostra fronte virile. Sí, la fronte, usa agli ardori del sole e alle intemperie del verno, si rigò di nobil sudore sotto il lavorio nuovo della fecondità penosa che agitavasi nel cervello; e la mano indurata e callosa dai santi arnesi del lavoro tremò di gentil commozione seguendo su 'l libro di lettura le vittorie e le conquiste che l'occhio e lo spirito andavano tuttavia facendo di nuove parole ed idee.

Mestieranti, artigiani ed operai della città; agricoltori, giornalieri, lavoranti della campagna; che frequentaste le scuole serali e le festive con quel fermo volere, con quella costante applicazione, con quel nobile amore del bene che vi si rivelava nel

sentito bisogno di perfezionare l'essere vostro e del quale riportate oggi il premio; io vi saluto e vi ringrazio in nome del popolo, che per mezzo delle società collegate vi ha conferito quel premio e che è contento di voi; io vi saluto e vi ringrazio in nome della patria, la quale vie piú sempre cresce e si augusta del perfezionamento cosí di tutti i suoi figli come di ciascun suo figlio per sé. Operai ed operaie, voi faceste bene. E il vostro premio non è, voi lo sapete, o bravi cuori, in quella poca moneta che vi fu data, non è nel foglio che l'accompagna, e né meno è in questa eletta adunanza di cittadini che vi festeggia: cose codeste che brillano, risuonano e passano. Il vostro premio, nobile, saldo, immancabile, è in voi stessi; nella coscienza la quale vi dice a ciascuno: Tu hai fatto bene.

Questa verità si addimostra nel fatto di uno che fu come voi premiato. È un pastore, un guardiano di pecore, il quale, calato quest' inverno con la greggia alla pianura, si vantaggiò della scuola serale del paesetto di Calamosco tanto bene che fu giudicato degno del premio. E il premio noi non possiamo né consegnarglielo né mandarglielo, da poi che il buon pastore se ne tornò con la nuova stagione alla montagna, non lasciando traccia di sé o indizio del luogo ove dimori. Ma tra le ombre estive del monte o nei pascoli invernali del piano gli ozi del pastore non saranno piú, giova sperare, tristi e brutali come forse una volta, se lo conforti la compagnia d'un libro ove egli s'industrii a leggere cose buone.

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