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Queste le promesse tacite, o imaginate del sentimento giovanile che si abbandona al piacere: ma, quando la passione montò, gli occhi soavi

Con le insegne d'amor dieder la volta

Si che la lor vittoriosa vista

Non si rivide poi una fiata.

Ond' è rimasa trista

L'anima mia che n' attendea conforto;

Ed ora quasi morto

Vede lo core a cui era sposata,

E partir le conviene innamorata.

Che pienezza di fantasia e d'armonia elegiaca! e come riprende, e con che larghezza di rappresentazione e di volte sonore, nella stanza appresso!

Innamorata se ne va piangendo
Fuora di questa vita

La sconsolata, ché la caccia amore.
Ella si move quinci, si dolendo
Ch' anzi la sua partita

L'ascolta con pietate il suo fattore.
Ristretta s'è entro il mezzo del core

Con quella vita che rimane spenta

Solo in quel punto ch'ella se'n va via:

E quivi si lamenta

D'amor, che fuor d' esto mondo la caccia;
E spesse volte abbraccia

Gli spiriti che piangon tuttavia

Però che perdon la lor compagnia.

E sopra tanto contorcersi lamentoso della vita interna del poeta, la bellezza pura, e, nella sua purità, fredda, insensibile, crudele, sorride e regna:

L'immagine di questa donna siede

Su nella mente ancora,

Ove la pose amor ch' era sua guida:
E non le pesa del mal ch' ella vede,
Anzi è vie più bella ora

Che mai, e vie più lieta par che rida;
Ed alza gli occhi micidiali e grida
Sopra colei che piange il suo partire

Vatten, misera, fuor, vattene omai!

La canzone si termina poi con questa apostrofe alle donne, di cosí soave e pensosa eleganza:

Io ho parlato a voi, giovini donne,
Che avete gli occhi di bellezze ornati
E la mente d'amor vinta e pensosa,
Perché raccomandati

Vi sien gli detti miei dovunque sono:

E innanzi a voi perdóno

La morte mia a quella bella cosa

Che me n'ha colpa e non fu mai pietosa

Il richiamo non poteva essere più gentile, né piú spirituale la manifestazione del desiderio che conduce il poeta al disfacimento. E pure la canzone fu esclusa dalla Vita Nuova, perchè in quella prevaleva il sentimento soggettivo, e il poeta si era proposto omai dire in questa solo ciò che fosse lode di quella gentilissima.

Ora di cotesto passaggio dalla poesia dei sensi e degli affetti umani a un ideale religioso e quasi mistico una ragione v' ha da essere. Cerchiamola anzi tutto nella natura propria di tale anima. In quelle anime, nelle quali piú può lo sdegno e l'odio, suole meglio che nelle altre l'amore esser gentile e profondo, verecondo e pensoso: anche la sensa

zione per loro idealizzasi. Cotesti leoni pare che nel bisogno sentito e presentito di riposo si abbandonino, declinando il capo nel grembo dell' amore, a sognare, cercando nel sognato paradiso degli occhi cari un refugio o un refrigerio al deserto o all' inferno che gli circonda e gli tormenta. Con tale anima cotest' uomo che amò, come cantava il Byron (1), avanti di conoscere il nome dell' amore, che nutricò per forza intima l'amor suo primo senz'altro incentivo o appagamento dei sensi, dové in questa stessa privazione d'ogni soddisfazion sensuale esaltarsi. Aggiungasi il presentimento del prossimo fine di Beatrice su cui frequente ritorna: forse la persona troppo alta e sottile e la gracilità e il pallore dell'amata donna glie ne dové dar cagione. Credereste ch' ei vedesse a poco a poco spuntare dall' omero della bella fiorentina le ale d'angelo, che la vedesse levarsi lenta lenta da terra: ond'è ch' egli guarda trepidando al cielo. E quell' anima sua, che astraevasi dal reale cosí facilmente, come sapeva apprenderlo e rappresentarlo, tanto più volentieri si lasciò. andare alle meditazioni, alle fantasie, alle visioni indefinite; e le facoltà intellettuali ne contrassero una tal quale mobilità e lucidità che non è morbosa, ma quasi. Il vocabolo di frenetico messo fuori, benché con certa cautela, a questo punto dal Villemain (2), il quale anche propende a scorgere in Dante un genio germanico, è un po' avventato; e io per me non credo al detto di Seneca da lui arrecato, non v'es

(1) Profezia di Dante, 1 (2) Litter. du moyen âge, 1, leç. xi.

sere grande ingegno senza mistura di demenza. Ma credo per altro che la sensibilità nervosa esaltata e la mobilità e lucidità delle facoltà intellettuali che ne deriva conferiscano a formare i grandissimi tra i poeti, quelli che sono oggettivi a un tempo e sog. gettivi.

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Né mancavano le ragioni estrinseche. Questa esaltazione dell' amore nell' idea soprannaturale in vano la cerchereste nei provenzali. Essi non han sentimento religioso; e, se ricorrono a qualche rimembranza di religione, lo fanno con ridicola ingenuità o con grossolano oltraggio. "Di core Dio intendea in voi quando formò il vostro corpo amoroso dirà Giraldo il Rosso con senso ed espressione ben mondana (1). Il da bene Ugo de la Bacalaria vi farà sorridere confessando che " Da poi che il mio cuor le donai, non dico mai Pater noster che, innanzi di giungere al Qui es in cælis, i miei spiriti non sieno a lei tutti rivolti se scuserete l'audacia enfatica a Bernardo di Ventadorn che canta "Bene se ne dové Dio meravigliare quando mi potei da madonna partire, e bene me ne dové in grado avere quando per lui la volli lasciare, però ch' egli sa bene che, ov' io la perdessi, non avrei mai più gioia né potrebbe compensarmene egli stesso „,; e a Rambaldo d' Aurenga che dice "In sogno la mia donna mi ride sí dolcemente, che ben parmi vedere il bel viso di Dio. E quel suo riso mi fa piú lieto che se

Non so

(1) Per questa e le segg. cfr. RAYNOUARD. Choix des poésies des troubadours. III, 12, 342, 83, 16 197, e II, XXXVIII.

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mi arridessero quattrocento angeli A ogni modo parranno scandalosamente buffoni agli animi ben timorati Guglielmo Adhemar e il visconte di Sant' Antonino; il primo dei quali cantava "Se il re Alfonso, cui temono i maomettani, e i migliori conti della cristianità mandassero oste sopra i saracini pagani traditori, al nome di Dio e' farebbono gran bontà. Pur che l'uno d'essi menasse seco un marito geloso che tien serrata la sua donna, non han peccato che non fosse loro rimesso "; e il secondo "Se di súbito mi si presentasse la morte, non tanto dimanderei a Dio di accogliermi in paradiso quanto ch' ei mi concedesse la grazia e l'agio di passare intera una notte nelle braccia della mia donna „. Anche un trovatore francese conforta i suoi ascoltatori a pregare il cielo che a tutti coloro i quali amarono come il figliuolo del castellano di Aupais conceda quel piacere ch' ei provò intrattenendosi una notte con Ogina; e al visconte di Beaucaire minacciante l'inferno a suo figlio Aucassino ove non abbandonasse Niccoletta sua amanza il damigello risponde, poco calergli del paradiso pieno zeppo com'è di poltroni monaci mezzinudi e di vecchi romiti cenciosi, all' inferno vuole andare ove re grandi e paladini e baroni tengon lor corti plenarie e dove riscontrerà le belle dame che fecero all' amore con menestrelli e giullari amici del vino e della gioia (1). Nei siciliani poi gli accenni a idee religiose sono

(1) App. CHATEAUBRIAND, Analyse raisonnée de l'hist. de France (Maurs générales des XII, XIII e XIV siècles).

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