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ELLA nazione affermare i diritti, gli interessi, la dignità; nella verità etnografica, secondo la tradizione storica, col sentimento patrio; sempre, per tutti, contro tutti:

Allo svolgimento delle libertà politiche non altro limite segnare che la volontà del popolo manifestata co 'l suffragio:

Alla energia della vita nazionale allargare e sgombrare il terreno, rafforzare i muscoli, moltiplicare gli strumenti, con le riforme economiche, amministrative, sociali, richieste insieme dalla equità umana e dall' interesse civile:

Interprete di questi bisogni, emanazione di questi sentimenti, luce di questi pensieri un'arte libera e franca, che dal vero attinga la forza, che dell' idea rifletta lo splendore:

E accettando tutto il meglio dei tempi nuovi nulla rinunziare della tradizione nazionale.

Noi abbiamo bisogno anzi tutto di affermarci fortemente e gloriosamente come nazione. La civiltà italiana non ha lacune e non vuole tagli o strappi barbarici. Instauriamo e restauriamo la vita antica e nuova, gittando il tedio e purgando la lebbra dei tempi oscuri e dei contatti servili.

Aria e luce alla giovine Italia! Libero campo alle battaglie pe 'l vero! Fede nei grandi ideali della patria e della umanità!

Questo chiede, questo vuole il Don Chisciotte, povero cavaliere dell' idea, perduto tra gli opportunisti e i trasformisti.

A noi, o giovani!

C'è da combattere ancora! c'è ancora da amare! e c'è anche da patire e da morire e da vivere, per la patria, per la libertà, per la giustizia!

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E' Levia Gravia, che a richiesta.

dell' editore signor Nicola Zanichelli

ho rivisto e riordinato, il titolo non cuopre più quella merce un po' mi

sta che all' ombra sua navigava e naviga nell' edizione pistoiese del 1868 e in quelle poi del Barbèra, ma raccoglie insieme soli i versi composti da me tra il 1861 e la fine del '67.

II.

Breve corso di tempo, e pure grande spazio della vita e tutta una storia a chi allora era giovine. Oh anni eternamente memorabili, quando l'Italia invasata dell' uno non vedeva nell' aritmetica piú né il dieci né lo zero! Oh età travagliosamente gloriosa

del brigantaggio e delle strade ferrate meridionali, delle corporazioni religiose soppresse e della banca sarda levata a parte dello stato. Oh mesi eroici di Roma o morte, quando un mio amico allora moderato urlava mostro al generale Garibaldi e lo rendeva in colpa del non essere stato ammazzato, e con le braccia tese dimandava a tutte le colonne dei portici di Bologna: - Ma perché non lo fucilano? Oh stagioni di splendore, quando i commendatori appariano venerabili come una gerarchia di Eloími, e i petti dei droghieri si gonfiavano sotto la croce de' due santi cavallereschi! Quelli che allora li bestemmiavano, oggi devono contentarsi della corona d' Italia, ordine minorum gentium, meditato dalla vendetta presaga del marchese Gualterio (i colpiti nella ragione, superbia umana, sono alle volte divini) contro le orde minaccianti dei progressisti. Oh giorni d' epopea, quando il generale Cialdini cavalcando dal palazzo Albergati correva la città per sua e faceva scapitozzare il campanile di San Michele in bosco, acciò la bandiera tricolore potesse meglio annunziare di lassú ai venti dell' Adria e delle Alpi come sopra quel colle di longobarda e papale memoria si compiacesse villeggiare Sua Eccellenza vittoriosa il duca di Gaeta! Chi non credeva allora, o chi avrebbe tollerato non si credesse, il duca di Gaeta essere il primo generale d'Europa? Mi ricordo la pietà grande, che, al rompere della guerra austriaca, i nostri buoni borghesi teneri di cuore avevano per quei poveri prussiani. Fortuna che il general Cialdini, spazzando come una procella il

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