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degno. Se non che Beatrice era lontana da Dante men ch'ei non credesse: e la Filosofia consolazione cercata dopo la perdita di Beatrice

pur sempre da lei gli derivava; come Virgilio simbolo storico ed umano della Sapienza è maestro e duce nella Commedia durante l'assenza di Beatrice, ma da lei mandato a soccorso. I son Beatrice che ti faccio andare, parla la celeste donna scesa nel Limbo ad implorare Virgilio. Così Beatrice, per tutto questo lungo tratto del poema, è ispirazione e memoria non prossima, ma remota; è speranza (1) insieme e promessa (); tutto proviene da lei, ma ella ancora non giunge. Dante per tutto questo tempo, è sotto la guida altrui sotto la guida della Filosofia, impersonata in una donna, nel Convito: sotto quella di Virgilio nella Commedia. Beatrice non riappare ancora alla fantasia del poeta in quella forma nella quale ei la scorse fugacemente nell'ultima visione della Vita Nuova: nella sua seconda (3) ed intera bellezza. Essa non accompagna ancora i passi di Dante, benchè li diriga, anche quando meno ei sel pensa e in altri si affida: non viene, ma manda.

Se non che nel xxx canto del Purgatorio, dopo che Dante ha visto e notato tutto ciò che mente d'uomo colla scorta della umana sapienza, può conoscere sulla natura finita, Virgilio di repente lo abbandona, e Beatrice ricomparisce. Qui termina il lungo lavoro intellettuale di Dante affine di dir degnamente della sua donna: Beatrice ritorna a Dante, e Dante ritorna tutto a Beatrice. Cessa qui ogni dubbio, ogni incertezza, ogni errore: la dualità si ricompone ad unità indissolubile: Beatrice assume la parte di Virgilio accompagnando essa sola il poeta, e illuminandone l'intelletto: le due immagini che governavano la vita di lui, si confondono in una immagine sola che gli rammenta, coi noti segni del volto e della persona, i primi dolci affetti della puerizia, e insieme gli infonde virtù di innalzarsi alla contemplazione delle cose divine ed infinite. Egli non segue più due impulsi diversi che a sè lo attraggano con alterna vicenda: la memoria non è più in lotta coll' intelligenza, nè l'affetto in contrasto col pensiero: le rimembranze dell'età giovanile si immedesimano coi diletti dell' età matura, e nella pargoletta che lo fe' sospirare e piangere d'amore ei riconosce ed ama anche la Filosofia, che, più tardi, lo fe' lieto nel possesso del vero.

(1) « Quando sarai dinanzi al dolce raggio Di quella il cui bell'occhio tutto vede ». Inf. x. 131 «E serbolo a chiosar con altro testo A donna che 'l saprà, se a lei arrivo ». xv. 90 Tanto dice di farmi sua compagna Ch'io sarò là dove sia Beatrice ». Purg. XXII. 128.

(2) Se quella nol ti dice Che lume fia tra l vero e l'intelletto; Non so se intendi: io dico di Beatrice: Tu la vedrai di sopra, in su la vetta

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Anzi Beatrice è qualchecosa di più eccelso ancora che l'umana sapienza non sia, perchè essa sola compie quell'itinerario della mente verso il termine ultimo della contemplazione, a cui Virgilio non sà nè può condurre Dante. Così Beatrice è l'identificazione e, come a dire, l'ipostasi di un tipo sensibile, che ha stanza nella memoria ed è avvivato dall' affetto, con un tipo intelligibile di morale bellezza e di perfezione infinita: Beatrice è simbolo che, sotto umana parvenza riconoscibile dal cuore innamorato, adembra un' alta e divina virtù che solo l'intelletto contemplativo può tutta comprendere.

VI.

Nell'anima e nella fantasia di Dante si compie per tal modo quella forma ideale della donna amata ch'ei, quasi sognando (1), aveva già intraveduta prima del voto solenne. Ora il voto è sciolto; e ciò che l'affetto aveva giurato nel momento del dolore, viene, dopo lunga fatica intellettuale, operato dall'affetto e dall'arte. La Commedia, dal xxx Canto del Purgatorio in poi, è l'Apoteosi di Beatrice.

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Che Beatrice sia da questo momento un personaggio storico insieme ed ideale, un immagine che in sè comprende in intimo accordo unite e compenetrate, non sovrapposte l'una all' altra due nature, l'umana e la divina, chiaro si manifesta da tutto ciò ch'ella opera o dice. Non vi è altro luogo in tutti gli scritti di Dante, ove meglio che qui si vegga come i due aspetti di Beatrice, l'umano e il divino, il reale e il simbolico, il caduco e l'eterno si uniscano e si confondano in concreta unità. A darne prova basti rammemorare qual è l'apparizione di lei sulla vetta di quel monte ove soffrono e sperano le anime dei purganti. Beatrice è la donna amata e pianta, allorquando rivolge a Dante acerbi rimproveri, allorquando gli rammenta l'amore degli anni suoi giovanili; ma, perchè è insieme simbolo di un alta idea, procede trionfante sul mistico carro, attorniata da santi e dottori, inneggiata e invitata come la sposa del Libano.

Dell'esser quì Beatrice rappresentata come donna simbolica nessuno ha dubitato mai, se anco possa esservi divergenza fra gli interpreti nell'assegnare al simbolo il suo vero significato. Ma poichè dell' esser Beatrice una donna viva e vera fu mosso dubbio da molti che diedero esclusivo valore al concetto allegorico ricordinsi e questo è quanto ho principalmente in mira di confutare -

(1) Conv. II. 13.

i versi che qui Dante a lei consacra, e veggasi se ad altra persona mai che a donna viva e vera possano appropriarsi gli atti e le parole che vi si contengono, e se altrimenti intesi avrebbero senso.

Sovra candido vel cinta d'oliva

Donna m'apparve sotto verde manto,
Vestita di color di fiamma viva.
E lo spirito mio, che già cotanto
Tempo era stato che alla sua presenza
Non era di stupor tremando affranto,
Senza dagli occhi aver più conoscenza,
Per occulta virtù che da lei mosse,
D'antico amor sentì la gran potenza.
Tosto che nella vista mi percosse

L'alta virtù, che già m'avea trafitto
Prima ch'io fuor di puerizia fosse,
Volsimi alla sinistra, col rispitto

Col quale il fantolin corre alla mamma,
Quando ha paura o quando egli è afflitto,
Per dicere a Virgilio: «Men che dramma
Di sangue m'è rimasa, che non tremi :
Conosco i segni dell'antica fiamma. »
Ma Virgilio n' avea lasciati scemi

Di sè, Virgilio dolcissimo padre,
Virgilio, a cui per mia salute dièmi.

« Dante, perchè Virgilio se ne vada,

Non piangere anco, non piangere ancora;
Chè pianger ti convien per altra spada.

Regalmente nell'atto ancor proterva
Continuò, come colui che dice

E' più caldo parlar dietro riserva:
<< Guardami ben; ben son, ben son Beatrice.
Come degnasti d'accedere al monte?

Non sapei tu che qui è l'uom felice? »
Gli occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;
Ma veggendomi in esso, io trassi all'erba;
Tanta vergogna mi gravò la fronte.

Ella, pur ferma in su la destra coscia
Del carro stando, alle sustanze pie
Volse le sue parole così poscia:

« Questi fu tal nella sua vita nuova
Virtualmente, ch'ogni abito destro
Fatto averebbe in lui mirabil pruova.
Ma tanto più maligno e più silvestro

Si fa ' terren col mal seme e non colto,
Quant' egli ha più di buon vigor terrestro.
Alcun tempo 'I sostenni col mio volto:
Mostrando gli occhi giovinetti a lui,
Meco 'l menava in dritta parte vôlto.
Si tosto come in su la soglia fui

Di mia seconda etade, e mutai vita,
Questi si tolse a me, e diessi altrui.
Quando di carne a spirto era salita,
E bellezza e virtù cresciuta m'era,
Fu' io a lui men cara e men gradita;
E volse i passi suoi per via non vera,
Immagini di ben seguendo false
Che nulla promission rendono intera;
Nè l'impetrare spirazion mi valse,

Con le quali ed in sogno ed altrimenti
Lo rivocai; si poco a lui ne calse.
Tanto giù cadde, che tutti argomenti
Alla salute sua eran già corti,
Fuor che mostrargli le perdute genti.
Per questo visitai l'uscio de' morti,

Ed a colui che l'ha quassù condotto
Li prieghi miei piangendo furon pôrti.
L'alto fato di Dio sarebbe rotto,

Se Lete si passasse, e tal vivanda Fosse gustata, senza alcuno scotto Di pentimento che lagrime spanda. »

Onde ell'a me: « Perentro i miei disiri,
Che ti menavano ad amar lo bene,
Di là dal qual non è a che s'aspiri,
Quai fosse attraversate o quai catene
Trovasti, perchè del passare innanzi
Dovessiti così spogliar la spene?
E quali agevolezze o quali avanzi

Nella fronte degli altri si mostraro,
Perchè dovessi lor passeggiare anzi? »
Dopo la tratta d'un sospiro amaro,

A pena ebbi la voce che rispose,
E le labbra a fatica la formaro.
Piangendo dissi: « Le presenti cose
Col falso lor piacer volser miei passi,
Tosto che 'l vostro viso si nascose. »
Ed ella: « Se tacessi o se negassi

Ciò che confessi, non fòra men nota
La colpa tua; da tal Giudice sâssi.
Ma quando scoppia dalla propria gota
L'accusa del peccato, in nostra corte
Rivolge sè contra 'l taglio la ruota.
Tuttavia, perchè me' vergogna porte
Del tuo errore, e perchè altra volta,
Udendo le Sirene, sie più forte,

Pon giù seme del piangere, ed ascolta:
Si udirai come in contraria parte
Muover doveati mia carne sepolta.
Mai non t'appresentò natura od arte
Piacer, quanto le belle membra in ch'io
Rinchiusa fui, che sono in terra sparte.
E se 'l sommo piacer sì ti fallio

Per la mia morte, qual cosa mortale
Dovea poi trarre te nel suo disio?
Ben ti dovevi, per lo primo strale
Delle cose fallaci, levar suso

Diretro a me, che non era più tale.
Non ti dovea gravar le penne in giuso
Ad aspettar più colpi, o pargoletta,
O altra vanità con sì breve uso.

Nuovo augelletto due o tre aspetta;
Ma dinanzi dagli occhi de' pennuti

Rete si spiega indarno, o si saetta. »> (1)

Resterebbe ora ad investigare qual sia l'ascosa verità (2), il concetto spirituale adombrato nella corporea immagine di Beatrice. È noto quanto in questo proposito sieno discordanti le opinioni degli interpreti: nè la ragione speciale del mio discorso, mi concede di trattenermi ad esporre ed esaminare tritamente le varie sentenze. Per taluni Beatrice è la Teologia, per altri la Filosofia rivelata, la Somma Sapienza, la Contemplazione, la Cognizione di Dio, o anco,

(1) Purg. XXX 31-51, 55-57, 70-78, 100-102, 115-145, XXXI 22-63.

(2) Conv. II. 1.

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