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I. Colla lettera a minuscola indichiamo il CODICE FIORENTINO RICCARDIANO N.o 1050. È desso cartaceo, in fol., scritto fino a pag. 86 di mano del secolo XIV., ma verso il finire, e sino all'ult. pag., che è la 119a, di mano del sec. xv. Il cod. è mal legato, ma non mutilo: e la V. N. vi stà da pag. 25 a 42.

II. Collab minuscola indichiamo il COD. FIORENTINO MAGLIABECHIANO, CL. VI. N.o 143, membranaceo, in fol., del sec. XIV., di lettera grande e chiara, con iniziali rosse, e di ottima conservazione. È un miscellaneo, appartenuto già al Senat. Carlo Strozzi, fra i codd. del quale aveva il n° 259. È di carte 25, e la V. N. vi stà da c. 1 a 15.

III. Colla lettera c minuscola indichiamo il CoD. FIOR. MAGLIABECHIANO CL. VII. N.o 187, cartaceo, in 8.o, del sec. XV., appartenuto anch'esso alla Strozziana col n.o 250. È di buona scrittura, ben conservato, con iniziali azzurre; ed ha carte 76; la V. N. vi stà da c. 1 a 46.

IV. Colla lettera d minuscola indichiamo il COD. FIOR. MAGLIABECHIANO 1267, B 2, proveniente dalla SS. Annunziata, cartaceo, in 8.o, del sec. xv. incip. È di buona lettera e ben conservato, con iniziali rosse ed azzurre. Ha carte 201, e la V. N. le occupa fino alla 34a. V. Colla lettera e minuscola indichiamo il COD. FIOR. MAGLIABECHIANO CL. VII. N.o 1103, cartaceo, in 4.o, del sec. xv. È miscellaneo, di buona scrittura e ben conservato, con iniziali azzurre: di carte 116, delle quali la V. N. occupa quelle da 45 a 80.

VI. Finalmente, colla f minuscola indichiamo il COD. ROMANO CHIGIANO L. V. 176, membranaceo, in 4.o, del sec. xv. È di pag. 78, e la V. N. vi stà da c. 13 a 28. Sulla risguardia anteriore è notato colla matita di mano di p. Alessandro vi: Lassato per legato a Papa Alessandro VII. dal conte Federigo Ubaldino, et l'acquistò da Parigi, ove l'haveva portato seco Iacobo Corbinelli fiorentino, autore delle postille moderne, e come fuoruscito era andato in Francia a ricoverarsi dalla regina Caterina de' Medici. Questo codice fu per noi spogliato dal chiariss. Prof. Giuseppe Cugnoni, bibliotecario della Chigiana, al quale sentiamo il debito di professar qui la nostra riconoscenza per tanta gentilezza.

Di queste stampe diremo che quella del S., oltre essere, anche a giudizio del Gamba, assai scorretta, lascia qua e là travedere non poche lezioni introdotte forse di suo capo, dall'editore. Più autorevole è certo l'ediz. B., condotta sopra maggior numero di manoscritti; e per l'aggiunta dei trivulziani, si vantaggia su di essa l'altra degli Edd. Mil. Molto ostentata fu dagli Edd. Pes. la lezione del cod. da essi esemplato; ma nè l'età nè la bontà intrinseca di esso corrispondono alle lodi eccessive: anzi in moltissime parti il testo di codesto ms. è corrotto, sebbene gli edd. si sforzino di difenderne a spada tratta anche le più manifeste assurdità. Gli editori seguenti ebbero torto di credere un poco troppo all'autorità del cod. pes., specialmente

il Fr. che ci ricorse troppe volte: e, sebbene benemerito degli studi danteschi, rimutò anch' egli qualche volta la lezione senza appoggiarsi a nessun manoscritto. Il T. tentò far primo una edizione critica, ricorrendo sopra tutto alle anteriori stampe e ad alcuni codici inesplorati. Il G. e l'ediz. V. seguono il testo del Fr., salvo che il primo ammette alcune varianti, dovute nella massima parte al Witte, e l'altra reca in fine tutte le varianti del cod. marciano no CXCI. cl. IX. mss. ital.

Senza pretendere di dare una edizione critica, noi forniamo qualche materiale non spregevole a chi vorrà finalmente raccogliere e porre a confronto tutte le varie lezioni dei codici della V. N.

Fra questi sei codici il primo posto spetta senza dubbio al cod. b, più antico di tutti per la scrittura, e di tal lezione da meritare che di esso si faccia maggior capitale che degli altri. Anche l'eccellenza della pergamena e l'eleganza della lettera mostrano non esser questa una delle solite copie, fatte da volgare menante e destinata a un qualsiasi compratore. Ha tuttavia le sue mende, sì che errerebbe chi vi si fidasse in tutto e alla cieca: ma, lo ripetiamo, è fra i codici da noi esaminati, quello del quale debbesi far maggior conto.

Il secondo posto, in ordine di pregio, non assegnerenmo ad uno special manoscritto, ma a tutto un picciol gruppo che comprenderebbe i codd. a c d e. Non già che questi si abbiano a dire derivati da un solo prototipo: ma tutti, rispetto al b, hanno quasi egual miscela di buono e di vizioso. Non pertanto, chi volesse maggiormente distinguerli, potrebbe osservare che, laddove i codd. d ed e stanno ciascuno per se, gli altri due, a e c, rivelano fra loro una certa parentela, senza però poter dire che il secondo, più moderno, sia copia dell'altro, più antico. Poichè se vi si incontrano delle varianti loro proprie e comuni ad ambedue, altre se ne ritrovano anche in ciascuno, che nell' altro non sono.

Il terzo luogo aggiudichiamo al cod. f che in certe parti mostra affinità col cod. Pesarese, e seco si accorda anche in una ortografia modellata sulla forma latina. Vi sono ancora frequentissime omissioni delle vocali di uscita, a tacere di altre minori particolarità, che per lo più discordano dall' uso proprio toscano.

Ma a questa classificazione fondata sull' antichità della scrittura e sulla bontà della lezione, è da aggiungerne un' altra che nasce dall' integrità del testo. È noto che alcuni testi della V. N. recano le Chiose o Divisioni, altri no. Fra i nostri, le riferiscono i codd. be f, le omettono invece gli altri tre: a c d. E mentre i codici a c si trovano costantemente concordi nel ritenerle o nell' ometterle, il d tralascia, non che le rubriche, anche parecchie rime, recandone solo il primo verso. Così dei nostri manoscritti, tre soli possono dirsi compiuti, non sapendo riferire ad altro che al caso, la lacuna che trovasi in b, dalla lin. 15 della pag. 3, alla lin. 1 della pag. 5 della nostra edizione.

La fatica di prescegliere fra tutte le lezioni, quella che fosse da riputarsi migliore, e di porre in nota le varianti delle stampe e dei manoscritti, fu volenterosamente e per ufficio di devota amicizia, tutta quanta sostenuta dal carissimo nostro discepolo, il prof. Pio Rajna, al quale qui pubblicamente rendiamo di tal insigne favore le grazie più sincere e cordiali.

Una difficoltà di gran momento erano per noi, già prima di porci all'opera, quelle Chiose chiamate Divisioni dagli editori, le quali di continuo dividono davvero, interrompono, intralciano il filo della narrazione. Sebbene molti manoscritti ed alcune edizioni (1) non le abbiano, non ci passò neppure per la mente di lasciarle da banda, persuasi che, nella loro scolastica aridità, porgano bene spesso utili notizie sulla natura del componimento e sulla sua intima significazione, non che sopra la forma metrica. Neanche ci contentava del tutto l' espediente, posto in opera primamente dal Fraticelli, e poi ripetuto dal Torri e dal Giuliani, di stamparle a suo luogo in corsivo, sicchè l'occhio di subito vedesse che non appartengono alla parte narrativa del libro, ma alla dichiarativa. E nemmeno ci soddisfaceva il relegarle a piè di pagina, come fecero gli Edd. Pes., dacchè le parole stesse dell'autore, che a partire dalla Canzone Gli occhi dolenti, dichiara di voler d'ora innanzi scrivere la divisione prima della poesia, ci parevano poco bene accordarsi a cotal partito.

Meglio ci sembrò, e non molto disforme dalle usanze dei tempi nei quali l'autore scrisse, disporre i commenti intorno alle rime à modo di Rubriche, e con caratteri impressi in rosso: al che pareva confortarci anche un' avvertenza che il Biscioni notò in un codice già di Baccio Valori, passato poi ai Guicciardini, e che noi trovammo anche nel Chigiano, donde la riproduciamo con lezione qua e là diversa da quella dell'editore primo. Maraviglierannosi molti, dice questa postilla, per quello ch'io advisi, per che le divisioni de' Sonetti non ò nel testo poste, come l'autore del presente libretto le pose: ma a ciò rispondo due essere state le cagioni. La prima, perchè le divisioni de' Sonetti manifestamente sono dichiarationi di quegli: per che piuttosto chiosa appaiono dover esser che testo. E però chiose le ho poste, non testo, non stando l'un coll' altro ben mescolate. Se forse poi dicessi alcuno: e le teme de Sonetti e Canzoni scripte da lui, similmente si potrebbono dir chiosa, conciossiacosa che sieno non minore dichiaratione di quegli che le Divisioni, dico che, quantunque sieno dichiarationi, non sono dichiarationi per dichiarare, ma dimostrationi delle cagioni che a fare lo indussero i Sonetti e le Canzoni. Et appare ancora queste dimostrationi essere dello intento principale: per che meritamente testo sono, e non chiose. La seconda ragione è, che io ò già udito più volte ragionare a persone degne di fede, avendo Dante nella sua giovanezza composto questo libello, e poi essendo col tempo nella scientia e nelle operazioni cresciuto, si vergognava aver fatto questo, parendogli opera troppo puerile; e tra l'altre cose di che si dolea d'aver fatto, si ramaricava d'aver inchiuse le divisioni nel testo, forse per quella medesima ragione che

(1) Per esempio l' ediz. S e quella del Le Monnier, per cura di A. Gotti, in 12.o, 1855.

muove me.. Laonde io non potendolo, nè gli altri, emendare, in questo che scripto è, ò voluto sodisfare all'appetito dell'autore.

Checchè ne sia di questa allegata testimonianza di Dante, noi pensiamo però che il ragionamento dell'anonimo, dal quale derivano i due testi valoriano e corbinelliano, dovrà da molti giudicarsi non privo di acutezza e di dirittura. E noi con lui sentiamo, e perciò abbiam posto anche noi le Divisioni a modo di rubriche in margine: tanto più che le forme costantemente usate dall'autore: la prima, la seconda parte comincia quIVI, ci sono sempre apparse quasi un indice rivolto a ciò che stesse dallato e davanti. Se non che, ossequiosi alle parole dell' autore, laddove per lo innanzi le chiose stanno accanto o sotto al componimento poetico, dalla Canzone Gli occhi dolenti in poi, volemmo che la rubrica incorniciasse il componimento stesso fin dal suo cominciare (1).

Ci sembrò pure che la V. N. avesse a dividersi in modo diverso e migliore da quello finora tenuto. Nessuna distinzione in paragrafi portano i codici, nè li ha l'edizione S. seguìta in ciò dagli Edd. Mil. e Pes. Ma dopo che il Torri le introdusse, altri editori, quali il Fraticelli nella seconda edizione, il Giuliani ed il Pizzo, da lui le riprodussero: e quasi tutti coloro cui è occorso dover citare qualche passo del libro, l'hanno fatto riferendo il numero del paragrafo. E noi stessi, pur stimando che cotesta divisione sia arbitraria, e altra se n'abbia a fare, non per capiversi ma per materia, non volemmo tuttavia togliere interamente quell'aiuto che l'uso ha ormai consacrato; e per facilitare al lettore i riscontri dai libri al testo, e i ragguagli colle altre edizioni, ponemmo in margine, fra parentesi e in caratteri rossi, la numerazione per paragrafi.

Intanto la nuova divisione che proponiamo della V. N. sarebbe in un Proemio e sei. Parti.

Che sia il Proemio ciascuno sel vede; comprendendo esso quelle poche parole d'introduzione, delle quali fu già fatto il §. 1, e che contengono la dichiarazione degli intenti dell'autore.

(1) A questo nostro metodo parrebbero fare ostacolo alcuni passi della V. N.: ad es. quello innanzi la Canzone Donne che avete, ove anche il nostro testo porta: Cominciai una Canzone con questo cominciamento, or linata nel modo che si vedrà DI SOTTO nella sua divisione. hasciamo stare che le edd. S. B. Mil. e V. e i codd. d e f leggono soltanto: nel modo che si vedrà in appresso, e il cod. c: come qui di sotto è scritto: e l'a: come segue; sicchè potrebbe essere che le parole: nella sua divisione sieno una aggiunta di quei copisti che a piè di pagina o di seguito ai componimenti

poetici trascrissero le divisioni. Ma la locuzione DI SOTTO, come pure dopo il Sonetto: Se'tu colui, l'altra: e perchè DI SOPRA sono assai manifesti, si accordano benissimo anche colla disposizione da noi preferita, dacchè le rubriche stando parallele alle poesie, sono di sotto rispetto al testo, e questo è di sopra rispetto a loro. Nè, stando le cose in questo modo che noi proponiamo, riesce difficile il dividere la poesia prima di scriverla, come deve farsi dalla nota Canzone in poi, dacchè le rubriche potevansi disporre a colonna nella porzione della carta che i versi avrebbero lasciata in bianco.

Subito appresso viene la Prima parte, che va fino all' antico §. XVIII, e si potrebbe intitolare: Amori giovanili e Rime sulla bellezza fisica di Beatrice. Che questa parte si componga di prose e versi d'indole particolare, ben rispondenti a cotesto titolo, lo riconoscerà facilmente chi ne ricordi il contenuto, e lo raffronti a quel che viene dipoi. Vi si rammemora infatti il primo incontro con Beatrice nelle feste maggiaiole del 1274 (§. n), e poi il secondo, avvenuto nel 1283, e la prima visione nella quale Amore apparve a Dante, e il primo Sonetto da lui composto e mandato ai principali poeti del tempo (§. 1): indi una nuova apparizione dell'amata in Chiesa (§. Iv), il proposito di trovar una donna che gli servisse di schermo (§. v), le rime scritte per alcune belle fiorentine (§. vi) e per la bella difesa (§. vII): poi quelle in morte di una giovinetta compagna di Beatrice (§. VII): la partenza del poeta, e una seconda apparizione di Amore colla scelta di un altro schermo (§. 1x): il principiar degli sdegni di Beatrice (§. x) cui Dante non pareva più meritevole di saluto (§. x1), finchè egli dalle simulazioni si ritrae per consiglio del Dio, una terza volta apparsogli in visione (§. XII). A questi racconti, e alle rime che vi si frappongono e ne ricevon lume, succede una specie di metafisica erotica: cioè quattro pensieri d'amore esposti e discussi in forma scolastica (§. xii), e un quinto incontro con Beatrice, con un cenno agli antichi usi nuziali fiorentini (§. xiv), e nuovi pensamenti di casistica amorosa (§. XV-XVI), dopo i quali comincia una forma nuova di affetto, e materia nova e più nobile che la passata (§. XVII).

Abbiamo qui dunque, un insieme di fatti e pensieri congeneri e ben concatenati: una forma di affetto ancor naturale ed umano: una maniera di poesia che non è ancora quella per cui verrà in fama il poeta. Quanto poi ai tempi, la narrazione si stende dal maggio 1274 (§. 1) ad un tempo che potrebbe determinarsi all'anno 1287, con menzione dell' anno 1283 (§. II), e forse del 1286, se vogliamo col sig. Lubin arrecare ad un termine preciso la frase di alquanti mesi ed anni (§. v) (1). Avremo così la descrizione dei casi e dei sentimenti del poeta dall'anno suo nono e poi dal diciottesimo, fino al ventiduesimo.

La Seconda Parte nella quale dividiamo la V. N. comprende la materia degli antichi paragrafi dal xvIII al xxix, e contiene le Lodi della bellezza spirituale di Beatrice, esposte nelle Nuove rime, (Purg. xxiv, 50) nelle quali la lingua parlò quasi come per se stessa mossa (§. XIX). Comincia questa seconda parte con nuovo accenno ai vecchi costumi fiorentini, rac

....

(1) Intorno all'epoca della V. N. Dissertazione di ANTONIO LUBIN Graz, 1862. pag. 12, 41. Del tempo in cui D. venne componendo e raccogliendo le rime della

V. N. discorse con succosa brevità anche il WITTE, D. A'.8.
Lyr. Gedich. 2. Theil. Leipz., 1842, pagg. 5-9.

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