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parea la statua stessa del dolore; e sovra tutte una donna cortese, giovine. e bella molto lo riguardava si pietosamente da una finestra che tutta la pietà pareva di lei raccolta. Finchè, posto freno alle lagrime che gli aveano non poco indebolito il senso della vista, trovò il miglior conforto negli studj e rimedio al suo pianto e alla sua tristezza nella Filosofia, alla quale egli, come a donna gentile, votò tutto il cuore; e in piccol tempo cominciò tanto a sentire della sua dolcezza che l'amore di lei cacciava e distruggeva ogni altro pensiero. Dopo alquanti anni da che per lui fu perduto il primo diletto dell' anima sua, egli si diè a raccogliere i sonetti e le canzoni che amore gli avea dettato in lode della sua bella, e con acconcia prosa li venne illustrando e dichiarando in un libro, a cui pose nome di « Vita Nuova » come dire << storia degli anni giovanili ». (Emiliani Giudici) Questo libro si chiude con le seguenti parole: « apparve a me una mirabile visione, nella quale io << vidi cose che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, << infino a tanto che non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sa veracemente. Sicchè se piacere « sarà di Colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti << anni perseveri, io spero di dire di lei quello che mai non fu detto di « alcuna ».

«

Non pago l'infelice amante di avere innalzato al culto della sua donna un monumento di soave bellezza, specchio fedele dei suoi immacolati sentimenti, annunzia il proposito di dedicare, a eterna di lei onoranza, una più degna corona, che dipoi ad intrecciarla avrebbero posto mano terra e cielo. La donna gentile si nomò Beatrice e Dante colui che palpitò per lei: e a molti nelle misteriose parole parve di ravvisare l'annunzio del più celebrato poema delle moderne letterature, la Commedia, a cui i secoli, come a titolo di gloria, aggiunsero il sacro epiteto di Divina.

A noi non importa di sapere se questa Donna, del cui nome son piene le carte del Poeta, abbia in realtà bevuto, mangiato, e vestito panni; la piuttosto una quistione, ci si lasci dire, da stato civile, e noi non la facciamo, e il modo comunque essa va risolta non può cambiare il punto di veduta delle nostre onoranze. Non è, in verità, alla figliuola di Mônna Cilia Caponsacchi e di Messer Folco Portinari, nata pochi mesi dopo di Dante, disposata al Cav. Simone de' Bardi e morta nell'anno stesso in che Dante era tornato ad offrire nel tempio di S. Giovanni le armi con le quali avea valorosamente combattuto contro i nemici della Repubblica, che noi tributiamo il nostro omaggio: noi onoriamo la nobilissima Musa inspiratrice di tanta sublime poesia << quella Beatrice beata che vive in cielo con gli angioli e in terra con l'anima » del suo poeta, e più in là non cerchiamo. Figura reale o semplice personificazione la Beatrice della Vita Nuova, del Convito e della

Divina Commedia è la creatura più casta, più pura e più bella che noi conosciamo; ed è sacro dovere quanti sentiam venerazione all'altissimo Vate di fargli attorno corona, e nel sesto centenario di quell' orribile giorno consolare quasi ancora il suo pianto e a lui unirci nel farle il più degno

onore.

Ma chi è mai questa Beatrice di Dante, e in qual modo, di lei degno, dobbiamo noi onorarla? A prima vista altra par la donna della « Vita Nuova » altra quella della « Commedia », e per vero l' una rappresenta l'amore della giovinezza, l'altra l'apoteosi della donna velata di gloria; ma l'una non è dall'altra diversa, se l'identità degli effetti accenni a identità di causa. L'amante, non appena lo percuote negli occhi l'alta virtù che l'avea trafitto prima ch'ei fosse fuori di puerizia, immediatamente conosce i segni dell'antica fiamma. Ecco il riapparire di Beatrice nel paradiso terrestre :

Io vidi già nel cominciar del giorno
La parte oriental tutta rosata,
E l'altro ciel di bel sereno adorno,

E la faccia del Sol nascere ombrata,
Si che, per temperanza di vapori,
L'occhio lo sostenea lunga fiata:

Così dentro una nuvola di fiori,
Che dalle mani angeliche saliva,
E ricadea in giù dentro e di fuori,
Sopra candido vel cinta d'oliva
Donna m' apparve sotto verde manto,
Vestita di color di fiamma viva.

E lo spirito mio, che già cotanto
Tempo era stato che alla sua presenza
Non era di stupor tremando affranto,

Sanza degli occhi aver più conoscenza,
Per occulta virtù che da lei mosse,

D'antico amor senti la gran potenza.

È ben certo che dove la Beatrice scompare nella Vita Nuova li non riappare nella Commedia: qualche intervallo di tempo corre prima che un'opera all' altra si ricolleghi, perocchè quantunque l'istoria giovanile non si arresti alla morte di Beatrice, avvenuta il 9 Giugno 1290 ma proceda ancora per altri anni parecchi (1), tuttavia il Poeta non finge il suo viaggio

(1) Precisare la data alla quale si arresti il racconto della « Vita Nuova » non è agevole. Quando pure il sonetto: Deh! peregrini che pensosi andate alludesse al passaggio da Firenze de' pellegrini diretti a Roma al Giubileo di Papa Bonifazio, la visione a cui accenna il Poetá alla fine dell'opera resta sempre anteriore di qualche tempo (se non nel senso cronologico nel senso storico della cosa) alla glorificazione di Beatrice nella Commedia.

nel mondo di là che come avvenuto il 1300. Ma quale ch'essa siasi questa lacuna, a colmarla non abbiamo forse l'Amoroso Convivio? esso è qui ponte di passaggio, anello di congiunzione; e dopo di aver letto e meditato attentamente le tre opere, allora davvero non ripeteremo che questa potenza dell' antico amore voglia significare « l'amore che giovinetto Dante pose negli studj sacri» (Costa). Quando la donna si volge al Poeta, e gli dice:

Guardami ben; ben son, ben son Beatrice,

è necessitá affermare che, anche dato che questa donna voglia simboleggiare la Filosofia e la Teologia, prima di tutto e innanzi tutto Beatrice è vera Beatrice, che di carne è salita a spirito, e Dante è vero Dante. La realtà strariņa, direbbe il De Sanctis, oltrepassa l'allegoria, diviene sè stessa; il figurato scompare in tanta pienezza di vita, fra tanti particolari.

Anche nella Vita Nuova » tu non vedi mai la donna; ella è spiritualizzata tanto che indarno è opera di pennello: il sentimento affoga la rappresentazione. Dante medesimo, al compiersi dell'anno dal di della morte di Beatrice, volendo delineare sopra certe tavolette l'immagine di lei, non riesce che a disegnare il profilo d'un angelo. Da lontano Beatrice e Laura possono scambiarsi ed aversi per la medesima persona: entrambe piovono nella mente e nel cuore de' loro poeti raggi splendidissimi di virtù; elle hanno le medesime attrattive; pudiche, gentili, oneste entrambe elle guidano alla conquista della scienza, alla perfezione della vita, al godimento della beatitudine; eppure sotto altra immagine i due Poeti ci rappresentano le loro due Muse. Laura è più umana: Beatrice è più angelicata: l'amore di Laura non sempre induce a ben fare e scorge a glorioso fine, ma è anche un errore giovanile che fa perdere i giorni e spendere vaneggiando le notti, onde l'amante si crede favola al popolo e invoca il Padre del Cielo che lo tolga al dispietato giogo e lo riduca ad altra vita ed a più belle imprese; l'amore di Beatrice è sempre virtù, che custodisce e sana l'anima del suo diletto e la rimena di sfera in isfera sino a Dio, e Dio stessc par gioire nel viso di Beatrice. Il Petrarca or vede negli occhi della sua donna un lume che gli mostra la via che conduce al cielo, ora si pente di aver amato poca mortal terra caduca e col cuore contrito prega la Vergine che gli sia scorta, e la sua torta via drizzi a buon fine; Dante invece nel Paradiso riconosce da Beatrice la grazia e la virtù di poter contemplare Maria e la luce eterna del Primo Amore. Laura la vedi nelle descrizioni, perchè « ella risplende e muovesi nel Canzoniere più assai che niuna madonna nelle tavole di Giotto » (Carducci); la riconosci a' capei biondi, alle rosee dita, agli occhi sereni, al dolce riso, al bel piede leggiadro dal quale l'erbe e

i fiori desiderano di essere tôcchi. Beatrice non ha colore nè viso, non la vedi mai, e di lei null'altro conosci che gli occhi di smeraldo:

Posto t'abbiam dinanzi a gli smeraldi

Ond'Amor già ti trasse le sue armi (1):

ma se non la vedi, l'hai teco nel cuore e puoi immaginarla a tuo modo. Di lei non canta il Poeta:

o altrimenti:

Con lei foss'io da che si parte il Sole,
E non ci vedess'altri che le stelle;
Sol una notte; e mai non fosse l'alba;
E non si trasformasse in verde selva
Per uscirmi di braccia, come il giorno
Che Apollo la seguia quaggiù per terra;

Deh or foss' io col vago della Luna
Addormentato in qualche verdi boschi;
E questa ch'anzi vespro a me fa sera,
Con essa e con Amor in quella piaggia
Sola venisse a stars'ivi una notte;

E' di si stesse e 'l Sol sempre nell'onde.

Beatrice invece è cosi idealizzata, che neppure può essere oggetto di intuizione. È vero che il Poeta ci dice che molte fiate nella sua puerizia andò cercando questa donna gentile e vedeala di nobili e lodabili portamenti, ora vestita di bianchissimo colore in mezzo ad altre donne gentili, ed ora in visione dormire nuda, salvo che involta in un drappo sanguigno leggermente; ma noi non la vediamo, e il Poeta non ci dice ció ch'egli della sua Donna chiaramente vedesse. Beatrice saetta luce come il sole meridiano:

Voi le vedete Amor pinto nel viso,
Ove non puote alcun mirarla fiso.

Ciò ch'ella pare quando sorride, non si può dire nè tenere a mente; chi la guarda, bassando la faccia, tutto smuore

(1) Semprechè si voglia accettare l' interpetrazione proposta dal Lami che qui il Poeta alluda al color turchino verdiccio degli occhi di Beatrice, perocchè potrebbe anche ritenersi che Dante appellasse metaforicamente gli occhi della sua Donna smeraldi, avendo presente quel passo di Plinio in cui si dice che lo smeraldo è una gemma che ha un colore più giocondo d'ogni altra, nel mirare la quale l'occhio mai non si sazia. Se poi la tavola, posseduta da Melchiorre Missirini, rappresentasse realmente la Beatrice di Dante, ella avrebbe avuto i capelli biondi: ma Dante non ce li ha mai descritti.

E d'ogni suo difetto allor sopira;

e se Beatrice saluta

...ogni lingua divien tremando muta,

E gli occhi non ardiscon di guardare!

Sono sublimi le descrizioni che Dante ci fa della potenza che la vista e il saluto di Beatrice esercitavano su di lui: vera ed eminentemente drammatica è la posizione del povero amante, quando a uno sposalizio molte e belle donne che siedono a convito si accorgono della transfigurazione del giovine, che non sa vincere sè stesso e non può contemplare la bellezza di quella mirabile donna come stanno gli altri suoi pari, sicchè elleno si meravigliano, e ragionando si gabbano di lui con la gentilissima Beatrice. Ma il poeta non descrive mai, ed esprime sempre impressioni; ed anche quando voi leggendo la quarta strofa della canzone:

Donne, ch'avete intelletto d'amore,

vi lusingate di vedere Beatrice, voi non la vedete; Ella vi sfugge e vi rimangono l'emozioni che di lei prova Amore nel riguardarla. Anche allorquando muore il padre di Beatrice (1), ed Ella ne piange la perdita pietosamente, voi non la vedete se non nelle lagrime dell'amante, ed Egli stesso non la vede che nelle donne che erano andate in altra stanza a consolarla di tanta tristizia e ne uscivano portando la sembianza umile e con gli occhi bassi mostrando dolore. Elle gli dicono:

Deh! perchè piagni tu sì coralmente,
Che fai di te pietà venire altrui ?
Vedestù pianger lei, chè tu non pui

Punto celar la dolorosa mente?

Lascia piangere noi che l'udimmo parlare, e pure non abbiamo potuto guardarla:

Che qual l'avesse voluta mirare,
Saria dinanzi a lei piangendo morta.

(1) Folco di Ricovero Portinari, il pio fondatore dello Spedale di Santa Maria Nuova, precesse di pochi mesi nella tomba la sua gentile figliuola: egli morì ad 12 decembre 1289; a lui come benemerito de' poveri le esequie furono fatte a spese pubbliche.

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