Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[blocks in formation]

Amare è dunque intendere, e la bellezza è la faccia esteriore della interna saggezza:

E chi mi vede, e non se ne innamora,
D'amor non averà mai intelletto.

E quando la bellezza è giunta al massimo grado di perfezione, allora è sapienza, che innamora di sè, è luce di verità, è somma intelligenza; per cui Dante volgendosi a Beatrice, fattasi già cittadina di vita eterna, esclama:

o nobile intelletto,

Oggi fa l'anno che nel ciel salisti.

Quando si consideri tutta questa purità di sentimenti, questo calore di affetti, questa profondità di pensieri, quest'alta e nobile maniera d' idealizzare e di amare, è veramente un rammaricarsi che i tempi della fede e della poesia siano trascorsi.

Amare e sentirsi la vita legata a gloriosi destini e rapita nell'estasi d'ineffabili contemplazioni, è qui un punto; amare e sentirsi il cuore scevro d'ogni vizio e riboccante di generosità, di affetti casti e gentili è tutto una cosa. Perocchè qui la fiamma del sentimento non si arresta a' precordj del cuore, non si spegne nei bassi godimenti, non si risolve nella volgarità della materia, ma si eleva e si riflette nella ragione, e då vita e movimento a cose nobili e grandi. Quando questo consideriamo e lo mettiamo pure in paragone coi sentimenti fiacchi, gretti e al tutto materiali dell'oggi, allora una stretta noi proviamo che ci opprime e ci sconforta, e da una età eroica e poetica ci par di essere precipitati in una età decrepita e bizantina.

[ocr errors]

Nel mondo lirico di Dante la donna è dunque bellezza e sapienza, fonte di beatitudine, splendore di viva luce eterna, e amore che dessa inspira muove sua virtù dal cielo. Qui siamo dunque in un mondo trascendente, che ha base su questa terra, ma si spazia al di là della terra, che ha limiti cosi vasti da non poter essere colti dal senso, ma abbracciati solo dall'intelletto, che ai passeggeri godimenti della umana vita contrappone una vita sovrassensibile, nella quale l'anima s' inebria e și aggira nel profondo gorgo dell' infinito piacere. L'ideale della sapienza e della virtù, il candore dell'eterna luce, lo specchio senza macula della maestà di Dio, ecco ciò che divien la donna; e l'amore è un sentimento che investe tutto l'uomo, penetra ne' più intimi ripostigli del suo spirito e gli dà una morale elevatezza che lo estolle dal fango e quasi l'approssima a natura celeste. La donna è dunque la creatura che avvicina l'uomo a Dio, e il Petrarcal più tardi dirà che l'amore della sua Donna gl' insegnò il modo di amare Iddio; e canterà:

Gentil mia Donna, i' veggio

Nel mover de' vostr' occhi un dolce lume
Che mi mostra la via ch' al ciel conduce,

e Michelangelo in età posteriore dirà: « L'amore è l'ala che Iddio ha dato << all'uomo per salire insinò a lui ».

Tanta idealità ha solo riscontro nel divino Platone, il quale affermava non esservi via fuorchè quella d'un legittimo amore la quale possa condurre l'anima al possesso dell' immortale beatitudine.

Ma come il mondo lirico del Poeta è troppo vasto per non poter essere compreso nei brevi orizzonti di questa terra; come la sapienza ha dei veri inaccessibili al senso e alla potenza stessa dello intelletto; come la donna accenna ad un di là, il cui velo l'occhio della fronte non giunge mai a squarciare: così è che Beatrice è inaccessibili agli sguardi umani, e la sua vita su questa terra è efimera, è parvenza e non realtà, e la sua vita veracemente incomincia il giorno in ch'ella rientra nel reame ove gli Angeli hanno pace. Il nascere e il morire, ecco due momenti supremi della terrena vita di questa donna, il discendere dal cielo fra gli uomini a miracol mostrare, il salire novellamente in cielo, anima gentile piena di grazia: l'eterno Sire la chiamò a sè,

Perchè vedea, ch'esta vita noiosa

Non era degna di sì gentil cosa.

La morte della Donna qui non distrugge l'ideale, non ispezza i vincolidell'affetto, non adombra gl' incanti dell'amore, ma l' Amore lascia in compagnia dell'amante e nell'amante il desiderio di rivedere l'amata persona:

Tanto eran gli occhi miei fisi ed attenti
A disbramarsi la decenne sete,

Che gli altri sensi m'eran tutti spenti;

Ed essi quinci e quindi avèn parete
Di non caler; così lo santo riso

A sè traèli con l'antica rete.

La morte non è dunque ombra paurosa, ch' empie l'anima di sbigottimento e di disperazione, ma è bella perchè essa è passaggio tra parvenza e realtà, tra tenebra e luce, tra dolore e pace: perchè ella è l'ancella che il Sire della cortesia manda 'n su la terra alle anime belle, per richiamarle alla sua gloria. Onde lo spirito affannato del Poeta esclama:

Morte, assai dolce ti tegno;

Tu dêi ormai esser cosa gentile

Poichè tu se' nella mia donna stata.

Questo sentimento inspirato da una dolce e serena poesia quanto è mai diverso dall'agghiacciante scetticismo che nella morte addita una tomba ignuda e vede l'annientamento del tutto, e dalla realistica rappresentazione d'uno scheletro, il quale incute ogni senso di ribrezzo e di nausea!

Ma questa scienza, nella quale Beatrice si trasfigura, così è propriamente? è ella mai una pura ed astratta speculazione? Dante era scolastico, ma più nella forma che nella sostanza; e però non concepì egli la filosofia come qualchecosa di astruso, piena di formole e di sillogismi, ma ha di essa un concetto pieno, largo, compiuto, quale averlo dovea un poeta: la filosofia per lui non si aggira nel chiuso campo del pensiero, ma diviene realtà, penetrata dalla vita ed estrinsecatasi nel fatto. Beatrice perciò non è mai una mera astrazione, che fa pensare e non. commuove; ma è una viva persona, che ha attrattative irresistibili; ancorché ella non parli, ancorchè tu non la vegga, pure la senti, la porti con te nel cuore, e non puoi fare a meno d' innamorartene e di palpitare per lei (1).

[ocr errors]

Chè l'amore di Beatrice, fatto simbolo all'amore di Sapienza, come non si dissipa nelle inferiori attività del senso, così non isfuma nelle mere astrazioni dell' intelletto: esso abbraccia tutta la vita, esso è amore che perfeziona intelletto e volontà, scienza e virtù; è il fine ultimo al quale si

(1) Il Bartoli trova Beatrice inescusabilmente fredda: la freddezza è del sentimento, non della rappresentazione: ciò spieghi la sentenza del chiaro Professore.

[ocr errors]
[ocr errors]

indirizzano tutte le nostre superiori attività nel loro armonico svolgimento; è l'ideale del Vero e del Bene, nel quale il nostro io in tutta l'esser suo si acqueta. Dante non è solo l'amante ed il poeta, ma è altresì lo studente di Bologna e il dottore, che meditò con lungo affetto le dottrine di Aristotele e di Tommaso; epperò i suoi concetti trovano riscontro nelle tradizioni della più alta filosofia. La scienza non è solo apprendimento della verità, ma è pratica, è uso amoroso di Bene; la ragione, che intende la Scienza, non è solo lume intellettuale cioè manifestazione d'ogni conoscimento, illud quod facit manifestationem secundum quamcumque cognitionem, ma è principio di virtù e di operare, in operabilibus principium et causa omnium ultimus finis.

In questo apprendimento intellettuale e in questa virtù, colmo d'ogni attività, che soli possono riguardare ed operare il bene, sta l'umana felicità e perfezione, il compimento d'ogni desiderio e la suprema beatitudine:

Io veggio ben che giammai non si sazia
Nostro intelletto, se I ver non lo illustra.

E se Beatrice è il nome gentile che il poeta dà a questa luce intellettiva e a questo amore; questo Bene, intanto, che adempie ogni desiderio, questo Vero in cui si quieta l'intelletto è il Bene increato, fonte d'ogni bontà e di tutte le altre bontà infinitamente maggiore:

Chè 'l bene, in quanto ben, come s'intende,
Così accende amore, e tanto maggio.
Quanto più di bontade in sè comprende..
Dunque all'essenza, ov'è tanto vantaggio,
Che ciascun ben, che fuor di lei si truova,
Altro non è che di suo lume un raggio
Più che in altra convien che si muova
La mente, amando, di ciascun che cerne
Lo vero in che si fonda questa pruova.

A lui tendono non pure gli uomini, ma tutte cose per l'ordine universale, come a loro propria perfezione; ma è solo l'anima umana che con la nobiltà della ragione ne partecipa, a guisa di sempiterna intelligenza, perocchè l'anima è tanto in quella sovrana potenza nobilitata e denudata da materia, che la divina luce, come in angelo, raggia in quella.

Di tanto bene il desiderio è infinito, infinito l'appagamento: per il che il Poeta canta:

il

A quella luce cotal si diventa,
Che volgersi da lei per altro aspetto
È impossibil che mai si consenta;

Perocchè 'l ben, ch'è del volere obbietto,
Tutto s'accoglie in lei; e fuor di quella
È difettivo ciò che lì è perfetto.

È questa la dottrina di Dante su la Donna e su l'Amore, di un doppio carattere cavalleresco e religioso, umano e divino, e tutto il « Convito » è come un largo commento a tale dottrina e la « Commedia » n' è il più compiuto e mirabile svolgimento, in forma di allegoria. I due principali attori della Commedia, dopo Dante stesso che n'è il vero protagonista, sono Virgilio e Beatrice, duplice personificazione d'un fondamentale concetto. Il Poeta ci apprende nel « Convito » come la donna di cui egli s' innamorò, dopo il primo amore, fosse la bellissima e onestissima figlia dello Imperatore dell' Universo, alla quale Pitagora pose nome Filosofia. La parola Filosofia ai tempi di Dante aveva tre significati: presso alcuni abbracciava tutto sapere, presso altri, distinguendosi dalle arti del trivio e del quadrivio, si limitava alla fisica, metafisicá, morale e teologia; alcune volte infine andava sotto il nome di Filosofia prima e, come tale, si divideva in scienza umana o' razionale (Metafisica) e in rivelata o divina (Teologia). Dante or accetta il secondo ora il terzo significato; ma li dove parla del suo innamoramento della Filosofia, intende chiaramente la Scienza prima. Il disegno del viaggio che il Poeta compie nel mondo di là è semplicissimo: Beatrice, fatto simbolo all'amore di Sapienza, manda Virgilio, ossia la Ragione, a liberare Dante, l'uomo nelle sue terrene debolezze, dalle fiere che lo assaliscono nella selva, cioè dalle passioni che sconvolgono e depravano la vita, e a mostrargli nell' Inferno e nel Purgatorio il modo di purgarsene; dipoi sulle alture odorate del Monte gli addita la cagione d'ogni male ch'è di non soffrir frend agli appetiti; finchè, fugata la nebbia dell' intelletto, cioè l'errore, il dubbio e l'ignoranza, resa libera l'anima di lui da ogni impedimento, la trae seco nelle sfere celesti a intendere e godere l'Eterna Verità.

Non è difficile scorgere in Virgilio la personificazione della Fisica e della Morale, quando si pensi alla dottrina che qua e là egli svolge sulla natura dell'anima e alle distinzioni ch'ei fa dei peccati: e in Beatrice si vede chiaramente il simbolo della Sapienza e naturale e rivelata, cioè della Filosofia e Teologia insieme. Virgilio conduce Dante verso il Paradiso, ma non vi entra; egli non discute mai di subbietti metafisici o teologici; è solo Beatrice, la donna bella e beata, fatta lume tra 'l vero e l'intelletto, che rischiarando l'universale principio d'ogni essere, d'ogni verità e d'ogni

3

« ÖncekiDevam »