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CONFERENZA III.

Dio Uno secondo la natura e la Politica che ne germoglia, consolidativa de' troni e delle Camere.

A di nostri più che mai pronunziò nel suo cuore l'insipiente Non evvi Dio. A questo accento mi si scolorò il viso, mi tremò lo spirito in petto, e con la dolce anima di Silvio Pellico m'intenerii e piansi come un fanciullo. Poi guardai di sbiego l'insipiente e dissi: Ecco la società in miniatura. Gli odierni pensatori liberi, sospingendo la logica dell'errore sino all'eccesso, han detto con empietà inqualificabile: Il social progresso è l'uomo libero da ogni autorità, sin dall'autorità di Dio; e noi abbiamo potuto udire questa parola d'inferno echeggiare in mezzo a noi come l'ultima parola dell' errore sociale: Chi ci francherà dalla venerazione del principio autoritativo, chi dall'adorazione della Divinità ?

Questa velenosa dottrina con una congerie di errori, con una colluvie di delitti, con una lue di mali lacera, straziando, le intime viscere del corpo sociale. Dio! Tutte le verità sono figlie di questa verità prima; e il sentimento del nostro essere e di tutti gli esseri è inseparabile dall'idea di un primo Essere che n'è la causa suprema e pel quale ogni cosa vive, si muove e respira. Il lugubre sistema dell'ateismo che s'ingegna negare Chi negare non si può, in questi turbolentissimi nostri tempi sbucò dalle tartaree bolge, dall'ultima fatale illazione dell'ere siarchia protestantica, come solidamente prova Eduardo Hartmann (1).

(1) V. Intestina dissolutio Christianismi Die Selbstzerletzung des Christen thums, Berlin 1874.

Dante Alighieri, filosofo dalle più eminenti facoltà e poeta da' più soavi affetti, pone in rilievo ed ingioiella de' luminosi fregi dell'arte poetica la grande verità di Dio, donde tutte le verità procedono, tutte le dottrine, tutte le scienze. Ecco lo svolgimento che io tolgo a disaminare. Ma comprendete meglio il mio pensiero; esso è bipartito così: Dio esiste, adorno di attributi che i Teologi chiamano assoluti e relativi; Dio è il fondamento infrangibile de' troni, il baluardo ed il propugnacolo de' re e de' principi, l'autorità donde l'autorità qualecchessia trae cominciamento, solidità e fulgore. Ci si apre un gravissimo argomento; considerate con esso me, o lettori, la grandezza e la sublimità di questo vero.

Nel canto vigesimoquarto del Paradiso Beatrice prega i beati a volere un poco illuminare a Dante l'intelletto, e quegli roteando, dimostrano il loro compiacimento. Il più luminoso tra essi ch'è san Pietro, s' avanza, s'aggira tre volte intorno a Beatrice, e poi interroga Dante circa la Fede. Egli così risponde:

Credo in uno Dio

Solo ed eterno, che tutto'l ciel muove,

Non moto, con amore e con disio (1). »

Ecco il creder forte di Dante all'esistenza di Dio. E perchè mai è spinto a credere? Perchè, ben conoscendo, tutto muoversi nel mondo, e, conoscendo ben egli che tutto ciò che si muove, muovesi dalla mano di un motore immobile; conchiude che non può essere altri se non Dio quegli che, mentre non mosso, tutto matematicamente muove. Nel fatto, il Motore immobile non può non chiudere in sè il mare di tutte le possibili perfezioni, l'oceano di tutte le possibili prerogative: conciossiachè, se una perfezione o prerogativa perde, o acquista, non sarebbe immobile, movendosi nella perdita o nell'acquisto della perfezione o della prerogativa. Onde il poeta non pure crede in Dio, ma tosto vi aggiunge: solo ed eterno; perchè un solo ed eterno può essere, abbracciando in sè tutte le possibili

(1) Paradiso, XXIV, vv, 130-132.

prerogative, immobile Motore. Com'è trasparente questa poesia! Accenna al profondo e sottilissimo argomento della Somma Teologica di san Tommaso di Aquino; egli è quì: tutto muovesi nel cosmo, l'uomo, la terra, il cielo; ma, se non si vuole ammettere l'assurdo progresso all'infinito, tutto ciò che si muove, dev'esser mosso da un Motore immobile; il Motore immobile che, come abbiamo detto, chiude in sè tutte le possibili perfezioni, altri non può essere che Dio; esiste dunque Dio, quella prima Causa, quella prima Potenza, quella prima Verità, innanzi alla quale s'inchinava, nominandola, il grande Newton. Laonde quest'universo è un cotal corpo vivente, informato quasi dall'alito di Dio, che gli comunica il movimento e la vita.

Ma qual cielo muove Iddio? Mi pare che sia cosa più degna di quel gran Motore, lo assegnargli, per questo cielo che egli muove, le anime de' Beati tirandole a sè come fine universale e beatifico delle ragionevoli creature; e le muove con amore e con disio. L'amore è la fruizione amorosa; il disio è quella come fame, che non le lascia mai nauseare del godimento che pur le sazia; sicchè la vostra voglia è sempre sazia, avea detto di sopra, cioè contenta, epperò non mai nauseata.

Il poeta conferma la verità dell' esistenza di Dio col medesimo argomento del moto cosmico. Nel canto vigesimottavo del Paradiso, dopo aver Dante rivolto lo sguardo a Beatrice, lo rivolge a sè, e vede un immobile punto risplendentissimo, attorno al quale si aggirano nove cerchi di luce, che si volgono più rapidi e si mostran più fulgidi, quanto più son prossimi ad esso. Quel punto è Dio, punto immobile dell'eternità, come lo chiama lo Stagirita; que' cerchi sono gli ordini angelici. Notiamo sol queste due terzine, ove si scorge Dio come l'aleph, come il principio motore del creato:

« La donna mia, che mi vedeva in cura
Forte sospeso, disse: Da quel punto
Dipende il cielo e tutta la natura.
Mira quel cerchio che più gli è congiunto,
E sappi che 'l suo muovere è sì tosto
Per l'affocato amore ond'egli è punto (1). »

(1) Paradiso, XXVIII, 40-45.

In quel punto, cioè, trovasi l'essenza divina, è figurata la Divinità, cuius centrum est ubique, circumferentia nusquam, si rivela quel Principio, da cui tutto il creato fu e dipende. Dice Aristotele: Da tale principio dipende il cielo e la natura (1). E secondochè le creature più o meno si accostano a quell'immobile punto, più o meno attingono moto e virtù.

Ma torniamo là donde movemmo, nel canto vigesimoquarto del Paradiso. Dopo aver forte creduto il Poeta in Dio che non mosso, tutto armonicamente muove, soggiunge:

<< Ed a tal credere non ho io pur prove

Fisiche e metafisiche; ma dalmi

Anche la verità, che quinci piove
Per Moisè, per profeti e per salmi,

Per l'evangelic, e per voi che scriveste,

Poi che l'ardente Spirto vi fece almi (2). »'

Con che dir volle: oltre delle prove fisiche e metafisiche, cioè oltre che il moto universale porta ovunque con sè il testimone dell'impulsione che ha ricevuto dalla onnipotente volontà di Dio; oltre che l'armonia cosmica canta un inno di gloria alla sua infinita intelligenza; oltre che tutti gli esseri contingenti che compongono l'universo, esprimono la sua necessità come Causa prima; oltre che il senso intimo lo rivela e il senso comune lo proclama; oltre che noi lo contempliamo incessantemente nel fondo di ogni essere, in quella vista dell'infinito che ci attrae e c'insegue; oltre che abita Egli e conversa con ciascuno di noi nella coscienza e si fa sentire del pari agl'individui, alle famiglie, alle città, agl'imperi, a tutto l'uman genere colla sua imprescrettibile ed inviolabile legge; me lo dà eziandio a credere la Verità che dal Cielo viene à manifestarsi arcanamente in terra per mezzo di Mosè, primo scrittore agiografo, per mezzo dei Profeti, per la salmodia davidica, per il Vangelo e gli Apostoli che scrissero sotto l'influsso divino; poichè lo spirito di Dio li fece almi, parola di gran valore; e vale: poichè lo Spirito

(1) Aristotele, Metafisica, XII, 7.
(2) Paradiso, XXIV, vv. 133-138.

Santo li fe' chiari, illuminati li santificò ad esser trombe dei misteri di Dio.

Ma non solo il poeta ci prova l'esistenza di Dio col moto di tutta la creazione, sì ancora colla musica dell'armonia universale. Ecco come l' Alighieri parla ne' più melodiosi e puri versi che fossero mai dettati da un grande genio ispirato dalla Religione:

«La gloria di Colui, che tutto muove,

Per l'universo penetra, e risplende

In una parte più, e meno altrove (1). »

Questo alto e grave concetto prese Dante da san Paolo, il quale insegna: «Invisibilia (Dei) a creatura mundi, per ea quae facta sunt, intellecta cospiciuntur; sempiterna quoque ejus virtus et divinitas (2). » Questa gloria del Creatore risplende, ove più e ove meno, a modo del sole; secondo i soggetti diversi, che più o meno sono atti a riceverla, od a riflettere la sua luce. Or la varietà contemperata coll'unità genera l'armonia, e l'armonia universale, di che parla l'Alighieri, ci manifesta un musico sovrano che porta la battuta in mezzo alle potenti armonie di tutto il cosmo.

Parallela alla su citata terzina è quest'altra:

<< Chè la luce divina è penetrante

Per l'universo, secondo chè degno,

Si che nulla le puote essere ostante (3). »

Vale a dire: niun ostacolo può rompere l'armonia ed offuscare la bellezza del Cielo e della terra, prodotta dalla luce divina che piove nella natura e bellamente vi si dirompe come in un prisma. Or, nelle variopinte bellezze del creato, nell' estetica di tutta la creazione si trovano pagine sempre aperte agli occhi di tutti, e che mai son mute, e che mai non tacciano dell'Autore supremo ch'è Dio.

Con maggior precisione il poeta ritocca la medesima verità

(1) Paradiso, I, vv. 1.3.

(2) S. Paolo ai Romani, cap. 1, v. 20.

(3) Paradiso, XXXI, vv. 22-24.

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