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scina al macello o la vittima all'altare. Sono le aure della vita sociale, bevute dall'empio, che lo avvelenarono e lo mossero al regicidio: è la scienza senza Dio che bazzica sino nelle Corti e nelle aule parlamentari. Et nunc, reges, intelligite!! Tutta l'autorità vostra suprema, tutto il potere tripartito dal Kant in legislativo, esecutivo e giudiziario, sta nelle mani di Dio, dipende da Dio, perchè prorompe da Dio.

CONFERENZA IV.

Dio Trino secondo le Persone e il più splendido modello
della società che ne rampolla.

Il mistero della Triade nè poco nè punto contrasta la ragione umana: esso è il più luminoso di tutti e leggiadramente confermato dalle analogie dell'ordine naturale. Essendo state create tutte le cose sul tipo interiore che Dio vedeva in se stesso, egli era impossibile che il mondo, e l'anima umana particolarmente, non contenessero nella loro maniera di essere e nelle loro operazioni alcuni vestigi del mondo supremo dell'esistenza divina. La Trinità, ben lungi dall'oscurare l'idea di Dio, la sostiene, la vivifica, la svolge e ci rende sensibile ad un certo grado la sua intima respirazione, il flusso e riflusso coeterno che costituiscono il suo immutabile movimento e l'inegoismo della infinita sua beatitudine.

Dio è uno spirito supremo, essenzialmente dotato di pensiero e di amore in grado infinito. Imperocchè o Dio è inferiore all'uomo, ha detto Cousin, o è fornito di tutto ciò che vi ha di permanente e di sostanziale nell'uomo, con di più l'infinità (1). Laonde Iddio ha dovuto pensare sempre, ha dovuto sempre amare; e ciò ch'è pensiero in Lui e ciò ch'è amore, dev'essergli coeterno, coesistente, coinfinito. Orta autem simut est cum mente divina, come afferma della retta ragione di Dio Marco Tulllo, recta ratio summi Jovis (2). Ma la potenza che ha Dio di pensare e di amare si distingue dal suo pensiero e

(1) De' pensieri di Pascal, Rapporto all'Accademia francese di V. Cousin, Prae· fazione, p. 44.

(2) M. T. Cicerone, De Legibus, lib. 1.

dal suo amore. Il genio di Omero avrebbe potuto non produrre l'Iliade; dunque l'Iliade va distinta dall'intelligenza di Omero: lo stesso dicesi dell' amore. Il pensiero adunque e l'amore in Dio è identico a Dio medesimo quanto alla sostanza, ma però differente quanto alla potenza di pensare e di amare. Di qui la Trinità che ci svela tre persone in un solo Dio: il Padre che ingenera un pensiero eterno ch'è il Figliuolo, e ch' egli ama e ne è amato di un amore infinito ch'è lo Spirito Santo. Negare la Trinità di persone, val negare l'esistenza perfetta di Dio, che non può concepirsi senza l'attività produttiva di pensiero e di amore; negare l'unità di natura in questa Trinità di persone, vale il medesimo che negare Dio, il quale più non sarebbe indipendente, infinito, eterno. Per la qual cosa l'hegelianismo che volle cessar da Dio i termini di rapporto ad una natura identica, cioè la Trinità di persone e l'unità di natura, pervenne rapidamente all'ateismo.

Intanto, quale stupore ! La poesia, imprestando alla Teologia i suoi pennelli e i suoi colori, crea per la Triade un'ideale sublime. L'Alighieri, tra le più severe dottrine dommatiche spazia da poeta sovrano, innalzandosi nelle più alte e serene regioni del bello. Ei mi pare simile al gigante dell'Ariosto che, caduto nella rete di ferro, pur camminava e moveva le braccia così stretto com'era.

Ascoltiamo in questa Conferenza il poeta fiorentino che da una banda ci colora con tinte poetiche l'altissimo mistero dell'augusta Triade, e dall'altra banda ci rivela il più splendido modello della società civile. Questo è il tema; discorriamone le ragioni.

Ecco Dante alla porta della città dolente. Egli, fermato con Virgilio suo duca e maestro, legge l'iscrizione fatta colla fuligine e posta sul frontespizio :

<< Giustizia mosse 'l mio alto Fattore:

Fecemi la divina Potestate,

La somma Sapienza, e'l primo Amore (1). »

(1) Inferno, II, v. 4-6.

Apriamo il duro senso di questa terzina. L'eterna giustizia colori nella Mente divina l'idea dell'inferno e la mosse a pensarlo. Questo medesimo inferno venne da' secoli eterni stabilito e determinato dalla divina Potestate, il Padre, dalla somma Sapienza, il Fgliuolo, dal primo Amore, lo Spirito Santo. Per la qual cosa la divina giustizia ne fu la cagione morale, e la SS. Trinità la cagione efficiente. Qui è uopo notare che, sebbene la potenza, la sapienza e l'amore sieno attributi egualmente di tutte e tre le divine Persone; ciononostante, la potenza si attribuisce per appropriazione, come dicono i Teologi, al Padre, la sapienza al Figliuolo, l'amore allo Spirito Santo. Giusta l'Aquinate l'appropriazione è un modo di parlare, con che un predicato assoluto e comune alle singole Persone divine, si attribuisce particolarmente ad una sola Persona, per averne una intelligenza più viva e luminosa (1). Perciò, considerando in Dio la virtù operativa, la potenza si predica al Padre, perchè la potenza è come un principio, è il Padre non procede da nessuno, ma è il principio delle altre Persone; si predica al Figliuolo la sapienza, perchè procede dall'intelligenza infinita del Padre; si predica l'amore allo Spirito Santo, perchè procede dalla volontà del Padre e del Figliuolo, e oggetto della volontà è l'amore. Oltre di che, il padre terreno, divenuto vecchio, diviene debole : onde, per non sospettare nel Padre divino siffatta debolezza, gli si attribuisce la potenza. Nel figliuolo terreno, come giovine ed inesperto, spesse fiate trovasi l'ignoranza ora, per non aver sospetto di codesta ignoranza nel Figliuolo divino, gli attribuiamo la sapienza. Lo spirito terreno infine importa un impulso violento: per non opinar dunque che lo Spirito divino operi violentemente, a buon diritto gli appropriamo l'amore.

La medesima verità più e più si manifesta dalle seguenti terzine:

« Quell'uno e due e tre che sempre vive,
E regna sempre in tre e due e uno,
Non circoscritto e tutto circoscrive,

(1) Summa Theologica, 1 part., quaest. 39, art. 7.

Tre volte era cantato da ciascuno

Di quelli spirti con tal melodia,

Ch'ad ogni merto saria giusto muno (1). »

Bella e dignitosa forma per esprimere la verità di Dio Uno e Trino. A questo Dio Uno e Trino che sempre vivrà e regnerà in una sola sostanza e in tre Persone distinte, che da nulla è limitato e tutto in sè comprende, veniva cantata una si dolce e soave melodia, che la sola sua dolcezza saria degno cambio di qualunque fatica, o giusta remunerazione di qualsivoglia merito. Si noti la corrispondenza delle parole ne' due versi: l'uno in tre, il tre nell' uno e il due in due, cioè una Deità in tre Persone, tre Persone in una Deità, la seconda Persona o il Figliuolo, Gesù Cristo nelle due nature, divina ed umana, ipostaticamente congiunto. La melodia era forse il Gloria Patri, che sempre più conferma in una sola natura le tre divine Ipostasi.

Ecco come altrove il poeta esprime questa magnifica teodia o, come la chiamano i Greci, Aoğoλoyía:

« Al Padre, al Figlio, allo Spirito santo
Cominciò gloria tutto 'l Paradiso,

Sì che m'inebrïava il dolce canto (2). »

Maestosa e beatifica entrata che fa il poeta nel canto ventesi-· mosettimo della 3a Cantica! Tutto il Paradiso, cioè un esercito infinito di Beati, che con la melode che lassù si canta, intuonano d'accordo questa magnifica benedizione a Dio, fonte vivo d'ogni lor bene, doveva senza dubbio inebriar Dante e cavarlo affatto da' sensi. Questa Dossologia, in cui una sola lode si dà a tre Persone, ben esprime l'Unità e Trinità di Dio.

Non pure il poeta espone l'alta dottrina dell'augusta Triade, ma eziandio la sua ferma e costante credenza. Ecco la sua professione di fede, recitata umilmente appiè di san Pietro nel più alto del Cielo:

<< E credo in tre Persone eterne; e queste
Credo una essenzia sì una e sì trina,

Che soffera congiunto sono ed este (3). »

(1) Paradiso, XIV, vv. 28-33.-(2) Paradiso, XXVII, vv. 1-3.—(3) Paradiso, XXIV, vv. 139-141.

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