Sayfadaki görseller
PDF
ePub

la sua origine dalla pace di Westfalia, composta tra i principi cattolici e protestanti nel 1648, riprovata dal Pontefice Innocenzo X tanquam Ecclesiae el imperio noxiam atque probrosam. E quel ch'è più, l'indifferentismo religioso venne introdotto nel Diritto pubblico europeo (1). Ben dunque il Pontefice di s. m. Gregorio XVI chiamava queste tre frasi sonore, libertà di culti, libertà di coscienza, libertà di stampa, tre deliri della moda, che infatuano la generazione presente. Notiamo l'ultimo tristissimo effetto.

Vergogna a noi! Siamo i popoli della civiltà; e per mantenerci in ordine e in assetto, i milioni d'armati non bastano. E non si tratta di stranieri sovrapposti a stranieri, non di conquistatori e di conquistati: no questo, chè i popoli godono della dignità nazionale e sono tra loro fratelli. Ad ogni modo bisogna che il soldato ci sopravvegli e che la siepe delle baionette formi l'ontosa nostra corona. Noi siamo a' giorni de' grandi eserciti permanenti: vergogna! e nonpertanto il gaudio della pace ci manca. Il suolo traballa, l' Europa rugge: nelle idee de' pensatori e nelle ansie della plebe è l'immagine di un finimondo sociale che si avvicina. Tolgo a chiedere: Perchè mai questo? qual è lo spirito che ci sommuove? quale il satana che ci trascina? Ringraziatene il libero pensiero, il liberalismo: la scuola de' liberi pensatori è il mantice perpetuo della ribellione. Però in questa scuola l'inganno e la frode sono tutto l' insegnamento de' maestri, i quali ti promettono la libertà, ma quella di dire e di fare quello che vogliono essi; si dichiarano tuoi fratelli, ma riserbano per sè la parte del primo maggior fratello Caino; proclamano tutti gli uomini uguali, ma in faccia al disordine e alla miseria, chè per essi l'anarchia è l'ordine, la proprietà un furto.

Il liberalismo! Ecco l'orrendo mostro che atterrisce, avvelena, sperpera tutto il corpo sociale. Ma il pizzicore più molesto all' animo mio è che dalla bocca stessa delle politiche società si beve a larghi sorsi il malefizio di una libertà sbrigliata e ribelle. Onde dall'anarchia delle idee le medesime società po

(1) V. Wouters, Hist. Eccl. Comp., t. III, p 117, Neap 1850

litiche sono minacciate di ricadere nel caos. Deh! rinsavite finalmente, o voi che governate il mondo politico. A nome della logica, della giustizia e della prosperità cittadina, a nome d queste tre voci che il mondo riempiono, vi prego a circoscrivere la liberta ne' veri suoi limiti. Piantate, svolgete, determinate questo teorema di pratica sapienza: La libertà nel vero, la libertà nel bene, la libertà nell'eroismo. Questa trinità ineffabile, il vero, il bene, l' eroismo, sarà la vera vita delle intelligenze e delle loro società, che, fornite di eterna gioventù, slanceranno mai sempre il nobile capo verso novelli orizzonti.

Questo, se mal non mi appongo, è tutto il sublime ideale della Divina Commedia: la libertà ribelle, condannata nell'Inferno; la libertà rinsanita, restaurata nel Purgatorio; la libertà vera, premiata nel Paradiso. Epperò Dante, dopo la contemplazione dell' Inferno, esce a riveder le stelle, o la luce della libertà, di cui si fa degno; dopo la contemplazione del Purgatorio, è puro e disposto a salire alle stelle, o ad una luce più splendida e più raggiante di libertà; dopo la contemplazione del Paradiso si trova sotto il benefico influsso di chi è la sorgente della vera libertà, e lo muove Chi, giusta l'Aquinate, muove gli enti necessari necessariamente e gli enti liberi liberamente, l'Amor che muove 'l Sole e l'altre stelle.

CONFERENZA VI.

La vera Religione e il 1 Articolo dello Statuto d'Italia.

Dio creò l'uomo fornito di nobili prerogative; lo mantiene tuttora sulle penne della sua provvidenza, perchè non rovini nel nulla, e gli accende le sue facoltà e gl'ispira i suoi sentimenti e lo dirige nelle sue operazioni: perciò gratitudine doverosa dell'uomo è di conoscerlo vivamente nell'intelletto, di amarlo sentitamente nel cuore, di venerarlo profondamente nelle azioni. Egli è un sentimento bene scolpito nel fondo del nostro cuore che l'uomo uscito per la creazione dal fonte dell'essere, ch'è Dio, deve allo stesso Dio ritornare coll'omaggio del suo affetto, col tributo del suo pensiero, con gli osanna di tutte le sue facoltà; dee farsi trasportare dalla dolce violenza della sua virtù e con le delizie della sua bontà.

Questo movimento affettuoso e perpetuo della creatura verso del Creatore costituisce quella virtù nobile che noi chiamiamo Religione.

La prima e più potente passione del cuore umano è la passione religiosa, cioè il bisogno di comunicare con Dio. Non io cattolico sono l'autore di tal sentenza: leggete i savi antichi e moderni; Pitagora ne' Versi dorati, Cebete nel Quadro della vita umana, Focilide negli Aforismi morali, Platone nel Fedro, Senofonte ne' Trattenimenti memorabili, Marco Tullio nella Divinazione, Quintiliano nelle Istituzioni, Bacone nel Nuovo Organo, Cartesio nel suo Metodo, il Malebranche nelle sue Ricerche, il Leibnitz nella Teodicea, il Buffier nel Trattato delle

prime verità. Questi ed altri celebri autori, sebbene con varie parole, convengono che la prima e la più necessaria e più nobile passione dell'uomo è la passione religiosa, cioè il bisogno di comunicar con Dio. La Religione dunque è la prima e più vecchia amica dell'uomo: e nonostante che l'uomo la neghi o la dileggi, pur tuttavia ne' momenti della sventura, nelle ore della tristezza, ne' giorni del dolore fa di cercarla e le presta venerazione e culto. Ella è come una specie di fame divina: tutti ne sentono il bisogno, la necessità, il desiderio; il dotto e l'insipiente, l'incivilito e il barbaro, l'individuo e la società. Il Machiavelli che non era certamente nè uno spirito debole nè un'anima fanatica, sapientemente chiama infami e detestabili g'i uomini distruttori della Religione, non pure perchè sono nemici della virtù, delle lettere e di ogni altr'arte, che arrechi utilità ed onore alla umana generazione, sì ancora perchè tornano dissipatori de' regni e delle repubbliche (1). La Religione dunque secondo l'arte politica del Segretario fiorentino è ancora un interesse sociale.

Dante Alighieri, meglio che il suo concittadino, ci riverbera lo splendore di questa verità. Egli, arso di patrio amore, scrisse le imperiture melodie; perchè il bello ch'è la scala del vero, ci portasse alla conoscenza pura della dottrina sociale. Intento a ragionare con ordine, io stringo la Conferenza in due parti sintetiche: La vera Religione della Divina Commedia, primo membro; la vera Religione dello Statuto italiano, secondo membro della proposizione. L'uno è irragiamento luminoso dell'altro, il secondo del primo. Ho svelato l'argomento della Conferenza; il suo ideale è nobilissimo; diamone le tinte.

La Religione è l'immenso bisogno che ha l'uomo di tendere a Dio, di comunicar con Dio. Questa verità è il rispecchiamento più lucido della poesia dantesca.

In noi è la sete innata e perpetua d'una felicità infinita: ella resiste alla potenza delle leggi della natura che ci tengono legati sulla terra; ci porta in una sfera più alta e più pura; ci

(1) N. Machiavelli, Discorsi, lib. 1.

rimuove dalle ordinarie condizioni dell'umanità, e, per esprimere con nuovo vocabolo la esistenza nuova alla quale ci eleva essa, ne transumana. La felicità infinita, immortale, imperitura è Dio; dunque l'uomo tende naturalmente a Dio, dunque l'uomo è naturalmente religioso. Sentiamo la dolce melodia del poeta ch'è musica di cielo:

<< La concreta e perpetua sete

Del deiforme regno cen portava

Veloci quasi come 'l ciel vedete (1). »

Quanta espressione nobile in queste parole! La sete è l'istinto ch'è innaturato nell'uomo: esso è perpetuo, appunto perchè innaturato; epperò non può l'uomo spogliarsene, che non ispogli la propria natura. Il regno deiforme è quel de' Beati, la cui forma od essenza è luce ed amore. L' Aquinate nella Somma Teologica insegna: « Secondo il lume sopraggiunto dalla grazia, le anime si fanno deiformi, cioè, simili a Dio, come in Giovanni; Quando apparirà, saremo a lui simili, e lo vedremo siccom'egli è. » Adunque l'innata e perpetua sete che l'uomo ha del regno de' Beati o della felicità immortale, di cui Dio è quasi costitutivo e forma, ci portava in alto così velocemente, come vedete esser veloce il cielo o il sole che in 24 ore compie l'immenso suo giro intorno alla terra, secondo la opinione di quei tempi.

Se noi tendiamo incessantemente a Dio, non siamo difettosi bruchi; quando poi saremo crisalidi, compiendosi un giorno la nostra formazione, ci saranno date penne leggiere per volare verso le altezze del Bene supremo. Noi siamo vermi, ma vermi donde usciranno angeliche farfalle:

<< Non v'accorgete voi, che noi siam vermi
Nati a formar l'angelica farfalla,

Che vola alla giustizia senza schermi ?
Di che l'animo vostro in alto galla?
Voi siete quasi entomata in difetto,

Si come verme, in cui formazione falla? (2)

(1) Paradiso, II, vv. 19-21.

(2) Purgatorio, X, vv. 124-129.

« ÖncekiDevam »