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della selva selvaggia nel primo canto è il disordine morale e civile; dacchè l' uno e l'altro è la difformità dall' ordine della volontà di Dio, donde, al dir dell' Apostolo (1), procede ogni ordine, ogni potestà, ogni reggime. Per siffatta unione e raddrizzamento di volontà s'era da Dio speso tanto di grazia, fatica e lavoro altrui ; e l'Alighieri era stato condotto per tutti e tre i regni in cotal meraviglioso Poema; il quale, passando come per una catena, d'uno in altro anello ben collegati, dal purgamento de' vizii e dall' apparecchio a' buoni e virtuosi abiti è salito alla perfezione della virtù, che dimora nel conformare e congiungere intimamente la volontà nostra a quella del sommo Bene. Questo mi pare il sentimento vero e più degno della Divina Commedia; questo mi pare il disegno fin dal principio sotto l'allegorico velo proposto. Questa medesima verità scorgeremo più ampiamente in tutto il corso delle nostre Conferenze, secondo ci sarà permesso di forzare la porta della lettera, per usare una parola di lord Byron, e di entrare ne' bei sentieri dello spirito. Là completeremo l'autopsia del grande poema.

Qui è il bel destro di discutere direttamente quel grande scerpellone, proferito da una bocca vaniloqua, cioè che il Dante non è se non il precursore di Martin Lutero. Cose incredibili, ma dolorosamente vere! Potrà esservi maggior evidenza della sincera fede di Dante Alighieri, riverberante da ogni pagina delle sue opere, e massimamente dell' immortale poema? Non varrebbe la pena di occuparci di codesti gufi, che chiudono gli occhi per negare il sole, se la loro temerità non creasse pericolo.

Tra i molti Ugo Foscolo, con pazza immaginazione, vide Dante nella sua Commedia qual corifeo di riforma religiosa ed eretica. Di che Pietro Giordani (credibile a' nostri avversarii) ridevasi e scriveva : « Dante non sognò mai di aver avuto in Paradiso da san Pietro non so quale consacrazione di vescovo e missione di riformare il cristianesimo: sogno che non so donde cadesse nella fantasia del Foscolo... Per contrario Dante è sì tenace strettamente d'ogni dogma e di qualunque rito cattolico, è sì lontano dal volerne mai mutato un apice; che anzi di ogni

(1) Rom. XIII, 1.

minuzia si fa lodatore nobile e affettuoso e vedete sino delle campane.... com' egli gode a rammentarsi la dolce malinconia d'amore, onde nelle campagne, sull'imbrunare del cielo, quasi piangendo il moriente giorno pungono il cuore al nuovo pellegrino (1) ». Così è: Dante amava purissimamente la Religione. Ogni dottrina cattolica trova in Dante la sua eco; ed ogni nuovo problema sociale vi trova la sua soluzione con alta eloquenza poetica, sorbita a larghi sorsi dalla lettura della Bibbia e Dottori della Chiesa, del cui linguaggio ha fatto la lingua sua materna. Oltre di che, tutta l'ispirazione della Divina Commedia l'attinse da' benefici influssi della Religione. Dante s'impadroni dell'argomento ch'era a'suoi tempi molto in uso, cioè del terrore dell'Inferno e del Purgatorio; se ne impadronì, lo abbracciò in tutta l'ampiezza e vi pose a fondamento la redenzione dell'anima. Così trasformò la tragedia in commedia, che i posteri chiamarono divina. Nè basta: Dante Alighieri, il laico più insigne dell'età sua, entra in Roma pel Giubileo, si confonde in mezzo all'esercito mollo degli accorsi: pensa a' falli suoi e ne piange; si mette a pregare sopra i Sepolcri degli Apostoli, e in questo pianto e in questa prece avvisa di essere ringiovanito di cuore. Si leva dalle Tombe apostoliche, e a quel famoso Giubileo del 1300, in cui il Villani s' ispira a scrivere le storie della patria sua, Dante s' ispira pel suo poema: esce di Roma e cominciano i cantici della Divina Commedia. Egli nel mezzo del cammino della sua vita si trovò in una orribile selva, com'egli canta. Era il Venerdì Santo del grande Giubileo; ed ei tra per l'asprezza della via e per lo sgomento dell'animo sentì di non poterne più innanzi. Ma tre donne benedette curavano di lui nella Corte del Cielo: la Vergine Maria, Lucia e Beatrice. Sovvenuto da queste tre donne, s'incuorò e la diede intrepido nell' intrapreso pellegrinaggio verso le sublimi altezze della Divinità. Tutto adunque splendidamente ci rivela ch'è la Divina Commedia Religione purissima, e che l'Alighieri, lungi dall' essere il precursore dell'Apostata di Wurtemberg, intesse un'allegoria de' disegni divini in mezzo all' umanità che, contem

(1) P. Giordani, Delle finali e meno palesi intenzioni di alcuni poemi.

plando il mondo sensibile, s'ispira alla soprassensibile bellezza degli eterni prototipi. Camminiamo dunque sulle luminose orme dell'Alighieri che meglio di tutti ci mostra i fulgori della verità senza tenebre, l'intuito della virtù senza macchia. Egli suggella le sue operazioni nello stremo della vita; morente alza a volo più sublime la navicella dell' anima sua, e, al par di vela candida, naviga i firmamenti, e spiega di nuovo le tremole e robuste penne verso le altezze del Paradiso, delineato da lui colle leggiadrie e squisitezze meravigliose di un pennello divino. Giovanni Boccaccio ne narra la preziosità della morte: « Dante essendo già nel mezzo, o presso del cinquantesimosesto suo anno, infermato e, secondo la religione cristiana, ogni ecclesiastico sacramento umilmente e con divozione ricevuto... del mese di settembre, negli anni di Cristo 1321 (nel dì che la esaltazione della Santa Croce si celebra nella Chiesa 14 settembre) al suo Creatore rendè il faticato spirito (1) ».

Appena Dante uscì di vita, la Divina Commedia fu letta e spiegata in varie Chiese, e talvolta da'frati di san Domenico e di san Francesco. Il Duomo d'Orvieto, il Camposanto di Pisa e S. Maria Novella di Firenze udirono le dichiarazioni del poema dantesco quasi come dichiarazioni di un libro sacro. Il Visconti, Arcivescovo di Milano, destinò due teologi e filosofi a chiosarlo; e il Vescovo di Fermo, Giovanni Serravalle, anche tra le fatiche del Concilio di Costanza, intese a comentarlo. L'effigie di Dante fu creduta degna di star nelle Chiese; e in Firenze in quel tempio di Santa Maria del Fiore, ch'è miracolo di vero patriottismo, di arte e di bellezza, l'immagine di Dante, con in mano il sacro poema, è giustamente onorata. Nel Vaticano, tra i Dottori e Pontefici dipinti nella Disputa del Sacramento, il maggior pittore del mondo effigiò il maggior poeta del mondo, Dante Alighieri (2). Perciò la sua Divina Commedia non può non essere che un mirabile rispecchiamento dell'eterna bellezza del Cristianesimo.

(1) G. Boccaccio, Vita di Dante.

(2) Vedi tra gli Scritti di Mauro Ricci delle Scuole Pie, Dante Alighieri cattolico, apostolico, romano. (Firenze 1885).

Entrano mallevadori di questa medesima verità non pochi scrittori dell' età moderna. Vincenzo Gioberti parla il nostro linguaggio, quand' egli sagacemente scrive: « Il Manzoni applicò l'animo alla religione dell'Alighieri, che pura risplende in ogni parte del divino poema (1) ». Ciò stesso esprimeva limpidamente quell'anima celeste di Silvio Pellico: «Non ho mai capito in qual modo Dante, perch' egli fra i magnanimi suoi versi ne ha alcuni iratissimi di varii generi, sia potuto sembrare a'nemici della Chiesa Cattolica un loro corifeo: cioè un rabbioso filosofo, il quale non credesse nulla, o professasse un cristianesimo diverso dal Romano. Tutto il suo poema a chi di buona fede lo legga, e non per impegno di sistema, attesta un pensatore, sì, ma sdegnoso di scismi e d'eresie, e consonissimo a tutte le cattoliche dottrine. Giovani, che si giustamente ammirate quel Sommo, studiatelo col vostro nativo candore, e scorgerete che non volle mai essere maestro di furori e d'incredulità, ma bensì di virtù religiose e civili (2) ». Il medesimo De Sanctis offre il suo tributo alla verità; volendo o non volendo si esprime così: « Il gran problema del medio evo è l'arte della santificazione, il modo di salvarsi l'anima di che è uscita la Divina Commedia (3) ». E il Settembrini : « L'Alighieri non tolse questa forma della Divina Commedia dal suo maestro Ser Brunetto, ma dalla Bibbia e dal Cristianesimo, donde il suo maestro ed altri ancora naturalmente l'avevano tolta (4) ». Lo stesso Autore afferma: «Dante era divoto di Maria da cui ottenne la grazia di conoscere il vero con l'alta scienza divina. E Maria nell'ultimo canto del Paradiso gli ottiene la grazia di mirare l'ultima Salute (5) ». Io cito, come si vede, autorità che non sono punto sospette. Anche il Carducci ne ha dato una luminosa testimonianza; accetta che Dante sia profondamente cattolico e cattolica la Divina Commedia onde afferma ch' ei « fu la voce di dodici secoli cristiani; che egli canta le più alte

(1) V. Gioberti, Del Primato morale e civile degli Italiani, tom. II.

(2) S. Pellico, La Morte di Dante.

(3) F. De Sanctis, Nuovi Saggi critici, un Dramma claustrale.
(4) L Settembrini, Lezioni di Letteratura italiana, Vol. I, cap. XI.
(5) Lo stesso cap. XVIII, nota.

cose della vita; che tutto quello ch'è più eccelso e nobile e umano nella poesia delle genti, si trova in lui (1) ». Agli autori nostrali fanno sonora eco gli stranieri, nè soltanto i cattolici, come Le Normant e l'Ozanam, ma eziandio gli eterodossi, come il professor Witte, A. W. Schlegel (2) e particolarmente C. Lyell ministro anglicano (3), il quale vigorosamente prova che lo spirito di Dante è massimamente cattolico.

Se dunque non la guardiamo di sbiego, la Divina Commedia è Religione purissima; epperò chi non ve la contempla, rassomiglia a quel barbaro che spezzava i capolavori della scoltura greca, le statue di Corinto, ch'egli non comprendeva, per impadronirsi del marmo, di che solamente aveva cognizione. Onde a me viene in mano una conclusione ch'è invitta: il sommo poeta vuol condurre gli uomini alla vera perfezione della virtù, a' dolci sorrisi dell'indefettibile luce, a Dio; epperò alla felicità eterna, verso di cui sulle ali tremolanti del pensiero e dell'affetto ci precipitiamo. La religione gli dettò questi pensieri ritmici, la Religione gli accese nel cuore la immortale poesia, la Religione è il tema, di che la musa fiorentina sfringuella.

Fin qui non abbiamo dato che una sfumatura: ci preme di andare al midollo. Dopo di aver provato che la Divina Commedia è Religione purissima, volgiamo la medaglia, su cui è scritto: la Religione purissima della divina Commedia è mae-stra e guidatrice sovrana della società, perchè smagli di vera grandezza, d'inesauribile prosperità nazionale. I due concetti sono come due pilastri, su cui non si è gettato ancora l'arco che li unisca in un sol ponte. Perfezioniamo questa fabbrica. Do vita al mio pensiero e mi riprometto che perseveri vita siffatta: giacchè alcune idee ragionevoli le grida possono bensì stordirle, ma non ammazzarle. Par che sia pensiero lucido, non

(1) L'Opera di Dante, Discorso di Giosuè Carducci, Bologna, 1888.

(2) Lettre de M. A. W. Schlegel sur l'ouvrage de M. Rossetti; Revue de deux mondes; 15 aout 1846.

(3) Dello spirito cattolico di Dante Alighieri. Opera di Carlo Lyell, M. A. di Kinordy in Scozia: Londra 1844.

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