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dell'umana legislatura. Il primo scrittore della Bibbia egli lo chiama per eccellenza con una sintesi meravigliosa: Moise legista (1). Mosè, il più grande legislatore e condottiere di popolo, diede principio col Genesi ad istruire e formare il popolo commesso dal Signore al suo reggime, presentando a' suoi occhi le grandi verità della Religione, sulle quali poi doveva innalzare l'edificio della sua immortale legislazione.

La Fede però, la Speranza e la Carità formano i tre principali obbietti dell' insegnamento biblico. Intanto un famoso pubblicista de' nostri giorni e di giunta protestante, parla di tal tenore non a' fanciulli, bensì a tutti i pensatori. L'Europa, dice Francesco Guizot, soffre per difetto di fede, di speranza e di carità. Vediamo come, passando dal Codice legislativo a far parola del Codice penale.

Il dogma dell'Inferno, come abbiamo veduto nella prima parte della Conferenza, è oggetto di Fede. Ora il dogma dell' Inferno si riscontra a meraviglia con gli ottimi e fondamentali principî della dottrina giuridica, e mirabilmente li avvalora.

Esamino in primo luogo la sorgente del diritto penale. La pena dee avere la sua derivazione dal diritto; epperò la condizione prima, affinchè la pena sia giusta, è che dal legittimo potere si stabilisca. Or qual è la sorgente del diritto; quale il potere penale? È senza dubbio il potere sovrano. Quando il diritto è una sovranità ed ha per uffizio di governare i popoli, sia principe assoluto od assemblea di maggiorenti, può stringere in mano la spada e percuotere il delitto. In prova di che scorgiamo che tutte le penalità inflitte a' colpevoli si promulgarono sempre da qualche codice, cui la sovranità si annodava : tali gli statuti di Ligurgo, di Caronda e di Solone; tali le Assise di Gerusalemme, la Bolla d'Oro e la Magna Carta. La penalità dunque, considerata nella sorgente del diritto, è giusta in siffatte legislazioni, perchè nasce dalla sovranità. Diamo a cotal dottrina maggior consistenza e valore. L' Inferno è una pena e tale pena è giusta, perchè decretata dal diritto penale, perchè dalla vera e legittima sovranità si deriva. Il potere so

(1) Inferno, IV, v. 57.

JANNUCCI-Teologia estetica e sociale della Div. Comm.

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vrano che stabilisce la penalità dell' Inferno, è Dio. Per la qual cosa l'Alighieri lesse in caratteri neri sul frontone della Città dolente :

<< Giustizia mosse 'l mio alto Fattore:

Fecemi la divina Potestate,

La somma Sapienza, e 'l primo Amore (1) ».

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In secondo luogo esamino la materia del diritto penale. Affinchè sia giusta la pena, non basta che dal potere sovrano si stabilisca, ma uopo è che a tenore della giustizia vada a castigare il delitto. Che pensereste di un codice o di un magistrato, che forte dell'autorità propria flagellasse non pertanto a capriccio i reati? Direste: l'origine del potere penale è giusta, perchè è il potere legittimo e sovrano; ma l'applicazione della pena è dannevole. Questa teorica è confermata con lucentezza mirabile dall' Inferno dantesco, nelle cui pene trovasi una proporzione geometrica. L'abisso ha nove cerchi che più e più si ristringono a misura che si discende ed è più grave la colpa da punire. Che cosa è l'Inferno di Dante? La riproduzione del peccato, la natura colpevole nell'atto della colpa. Così l'Inferno del suicidio è il suicida colto nel punto ch'egli inferocisce contro di sè, che separa violentemente quello che la natura ha congiunto. Questa separazione contro natura, che in vita è opera di un solo istante di cieca passione, l'Alighieri te la rende eterna. L'anima separatasi violentemente dal corpo, non lo riavrà più mai:

«Che non è giusto aver ciò che uom si toglie (2) » ;

e riman chiusa in corpo estraneo, di natura inferiore, in una pianta; e la pianta sentirà ad ogni ora la trafittura che il suicida si fece in vita:

« Le Arpie, pascendo poi delle sue foglie,

Fanno dolore, e al dolor finestra ».

Eterna è la separazione, eterna la ferita, l'Inferno de' suicidi

(1) Inferno, III, vv. 4-6.

(2) Inferno, XIII, v. 105.

è il suicidio eternamente ripetuto in ogni istante. Che proporzione tra colpa e pena! che finezza di Codice penale!

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Esamino in terzo luogo gl' intendimenti del diritto penale. Di un altro elemento consiste il penal diritto, meno intrinseco veramente de' sopraddetti, ma pur necessario per chi voglia seguire intera e non a brandelli la scienza de' legisti. Speghiamoci. I giureconsulti hanno altresì cura che la pena sia tale in fatto, qual domandano i bisogni del civile consorzio. Perciò eglino son tutti nel ragionare il modo di prevenire i delitti e di promuovere l'emenda del delinquente. La città di Basra era gremita di malfattori, e il preside Ziad, per nettarla di quella pestilenza, decretava la pena di morte a chiunque nella notte si fosse trovato a girare per le contrade. Uno straniero fu còlto e condotto al tribunale di Ziad. « Sciagurato straniero » a lui disse il preside « io debbo sembrarti ingiusto nel punire una contravvenzione ad un editto, che tu hai potuto ignorare; ma la salute di Basra dipende dalla tua morte: io piango e ti condanno (1) ». - Qui, vestito del suo decoro sociale, ci ricomparisce il dogma dell' Inferno, delineato dall'Alighieri con le più fosche e terribili dipinture. Dio infatti nell'adempiere l'eterna penalità, ha pur egli le sue vedute, i suoi intendimenti; gli ha ben più alti, più profondi e più sintetici de' criminalisti terreni egli dal suo tribunale mandando il malvaggio uomo tra i reprobi, mira a salvare con questa esemplarità di castigo l'intera comunità umana, la religiosa, la civile e la politica. E non avvisate che se la pena eterna non fosse, se il timore di tanta pena andasse sbandito dagli uomini, la terra per poco non saria di altri abitati che di ribelli? Mettete pure in voce di spietati e di crudelissimi i tormenti dell' Inferno; ma se guardiamo al bene che nella società de' vivi ne ridonda, siete forzati a chiamar benefici quei tormenti. Sicchè Dio con la ricordanza de' supplizi eterni sconfigge il male e promuove il trionfo del bene; è una giustizia che in sè racchiude la felicità degli Stati e delle Nazioni. Lo storico Polibio si rallegrava con i Romani, «i quali, a dar valore a' giuramenti, avevano

(1) Vedi Romagnosi, Genesi del diritto penale, parte 2a, cap. XIV.

ristabilito il timore dell' Inferno (1) »; e Vincenzo Gioberti prevedeva non lontano il tempo, « in cui questo tremendo dogma da ogni moralista di polso si avrebbe per inseparabile dalla nozione del dovere e dalla salute della società civile (2) ».

Il Codice penale tende ancora a ristorare il colpevole e renderlo degno membro della società. Il Purgatorio dell' Alighieri n'è lo specchiamento luminosissimo. Perciò la società percossa e tormentata per gravi colpe, è come la donna nelle ore del parto. Si, ella soffre, perchè in dolore paries: ma intanto ne nasce il bel figliuolo della civiltà. Inoltre è tanto della natura del Codice applicare castighi, quanto accordare premii. Questi tornano i più energici movimenti per operare il bene e compiere per la società gli eroismi. Ora il Paradiso di Dante ci manifesta l'immortale guiderdone, la luce di quella gloria che non avrà giammai tramonto, promessa infallibilmente da Dio al buon cristiano, al buon cittadino, al buon principe. Mi compendio e do fine.

L'Alighieri, nel dire la verità trasparente come lucido cristallo, pone innanzi a' nostri sguardi la Scrittura, la Fede, la Speranza, la Carità e, come diritta illazione, il Codice legislativo e penale de' regni. Oh! quante verità ci palesa la Divina Commedia... epperò mi fu sempre dolce naufragare in questo piccolo mondo, ch'è come il mio Infinito.

Illustri e benevoli lettori ! La Teologia estetica e sociale della Divina Commedia è riuscita a compito prosperevole; apparve gigante nel poeta cosmografo ch'è l'Encelado dell'arte poetica. Imperiture ci pose innanzi agli sguardi le magnificenze teologiche e sociali; di questo vero ne infiora i suoi canti, ne ingioiella le sue canzoni, ne offre una Teologia estetica e sociale. Incominciandola, osservammo donde tutte le cose si derivano, da Dio; trattandola, osservammo come tutte le cose si perfezionano, per Dio; conchiudendola, osserviamo dove tutte le cose finiscono, in Dio.

(1) Polibio, Storia Romana, lib. VI.

(2) V. Gioberti, Introduzione allo studio della filosofia, cap. VIII.

INDICE

PROLEGOMENI ALLA TEOLOGIA ESTETICA E SOCIALE.

Conferenza I.

Il primato d'Italia nell'arte; il più grande artista Dante Alighieri; la sua Teologia estetica e sociale; la intitolazione dell' opera agl' Italiani .

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Conferenza I. La illuminazione del soprannaturale nella società civile ovvero la Selva, il Colle e le tre Fiere della Divina Commedia.

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Conferenza II. Armonia tra Scienza e Fede, tra Filosofia e Teo
logia ovvero Virgilio e Beatrice .
Conferenza III. Dio Uno secondo la natura e la politica che
ne germoglia, consolidativa de' Troni e delle Camere .
Conferenza IV. Dio Trino secondo le Persone e il più splen-
dido modello della società che ne rampolla

Conferenza V. Dio Creante e il vero concetto della libertà

umana.

Conferenza VI. La vera Religione e il 1° Articolo dello Statuto d'Italia.

pag.

1.

19

55

84

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Conferenza VII. Il Verbo Incarnato e il ristoratore munifico della civiltà . :

246

Conferenza VIII. La Chiesa col Romano Pontefice e l'Albero giovaneggiante delle nazioni

Conferenza IX. — La Grazia con i Sacramenti, l'alleanza di un regno col Re de' re e la Croce di Casa Savoia nel campo di Sahati e Dogali.

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Conferenza X. La Scrittura, la Fede, la Speranza, la Carità e il
Codice legislativo e penale de' regni

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