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e datore al nuovo popolo delle leggi, secondo che la fama del suo tempo ne faceva testimonianza; al che s'accorda l'opi nione del Vellutello e di altri Comentatori che lungo sarebbe il

noverare.

>>

Posto pertanto che gli Elisei discendessero da romana stirpe, per argomento tratto dall'istessa divina Commedia, crediamo che meritasse maggior rispetto l'autorevole assertiva del Boccaccio quando scrisse nella Vita di Daute, che « venne da Roma » un nobilissimo Giovane per ischiatta delli Frangipani, nomi» nato da tutti Elixeo, il quale per avventura, poi ch'ebbe la » principale cosa, per la qual venuto n'era, fornita, o da l'a» more della Città da lui novamente ordinata, o dal piacere del >> sito al quale forse vide uel futuro el Cielo dovesse essere fa» vorevole, o di altra cagione che si fusse, tratto, in quella » divenne perpetuo Cittadino, e dietro a sè de' figliuoli e dei » discendenti lasciò non piccola, nè poco lodevole schiatta : li quali l'antico soprannome de' lor maggiori abbandonato, per » soprannome presono il nome di colui, che quivi loro avea dato >> cominciamento, e tutti insieme si chiamarono gli Elisei. De' » quali di tempo in tempo, e d'uno in altro discendendo, tra gli

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altri nacque e visse un Cavaliere per arme e per senno spetta>> bile e valoroso, il cui nome fu Cacciaguida; al quale nella sua » giovanezza fu data da' suoi maggiori per isposa una Donzella » nata delli Aldighieri di Ferrara, così per bellezza e per costu» mi come per nobiltà di sangue pregiata, con la quale più anni » visse, e generò più figliuoli di lei; e come che gli altri si fos» sero nominati, in uno, siccome le donne sogliono esser vaghe » di fare, le piacque di rinnovare il nome de' suoi passati, e no» minollo Aldighieri, come che il vocabolo ec. »

La gravità di sì rispettabile autore, come Gio. Boccaccio, la circostanza di essere egli stato contemporaneo e singolare estimatore del divino Poeta, e perciò interessato a rintracciare tutto ciò che lo riguardava, e la pubblica fama che senza contraddizione al suo tempo ne correva, si uniscono a farci reputare come un tratto di vera storia, e non come una favola priva di fondamento, la discendenza dell'Alighieri da una romana patrizia famiglia.

La narrazione dell' iusigne Certaldese acquista una maggior forza da quanto sull'istesso articolo hanno scritto concorde. mente una schiera di Autori d'indubbia fede e di buon criterio. Il prelodato Giannozzo Manetti nella Vita sopraddetta scrisse:

...

principium vero generis ab Elisaeo quodam ex Frangipanorum, ut quidam ferunt, Familia INVETERATA OPINIONE HOMINUM REFEREBAT. Cosi Papiro Massonio, Elogior. tom. II. fol. 16., si unisce a narrare: Majores ejus qui fuerint, breviter attingam. Nobili sane, magnaque et vetere prosapia gloriari potuit .... Interpretes Dantis paternam originem referunt ad ELISAEUM FRANGIPANEM, cujus vel nepos, vel filius Ferrariensem patria uxorem duxerit Aligheriam cognomine etc. Il celebre Onofrio Panvinio nella Storia inedita della famiglia Frangipane, che si conserva in un codice cartaceo della biblioteca Angelica, non ebbe difficoltà di asserire: Primus, qui ex Fregepaniis ex urbe alio migraverit, novaeque Familiae Auctor extiterit, fuit Elisaeus quidam Fregepanius, qui Florentiae ejus gen lis Caput fuit. Altrettanto scrissero il Villani, Domenico Aretino in Fonte Memorab. Univ. Arnold. Vuion. in opusc., il Zazzera della Nobiltà d'Italia, tomo II., il Pucci nella Genealogia de' signori Frangipane, che al fol. 30. ci assicura come « vogliono gli scrittori che circa l'anno 833 quattro » fratelli de' Frangipani ..... si partissero da Roma, e fossero » autori di diverse famiglie, fra' quali uno nominato Eliseo Fran » gipani, dopo il passaggio di Carlo Magno per l'Italia, si ri » tirò ad abitare la città di Firenze rinnovata e riabbellita, et ivi » venne autore di una nuova famiglia, che dal costui nome si » chiamò degli Elisei. » E finalmente il Crescimbeni, nella Storia della volgar Poesia, dà per certo che « nell'anno 1265 » nacque Dante, ossia Durante, in Firenze, della famiglia Ali» ghieri, la quale in prima fu detta de Frangipani, e poi degli >> Elisei.»

Nè deve recar meraviglia che Dante evitasse di ricordare espressamente questa sua benchè nobilissima origine, alloraquan. do fece dire a Cacciaguida nel canto XVI. del Paradiso:

Basti de' miei maggiori udirne questo:
Chi ei si furo, ed onde venner quivi.
Più è il tacer, che 'l ragionare, onesto.

Noi siamo ben lungi dal recare per iscusa l'ignoranza del Poeta intorno alli suoi antenati, come fece il Landino, perchè non poteva egli ignorare ciò di che era sparsa fra tutti la fama; neppure avrem ricorso col Vellutello alla modestia e delicatezza del Poeta, quasichè sapesse di viziosa millanteria il vantare l'antichità e nobiltà di sua stirpe, mentre il gloriarsi della nobiltà di sangue fu dichiarato dal Poeta nel principio

dello stesso canto un sentimento, di cui si compiacque finanche in Paradiso, ove ogni brama non si diparte dalla ragione.

O poca nostra nobiltà di sangue,
Se gloriar di te la gente fai

Quaggiù, dove l'affetto nostro langue,
Mirabil cosa non mi sarà mai:

Chè là dove appetito non si torce,

Dico nel Cielo, io me ne gloriai.

cui

Convien dunque ripetere da altro fonte la cagione per l'Alighieri sdegnasse di far parola de' Frangipani. Basta scorrere la storia ecclesiastica de' bassi tempi, per riconoscere che la famiglia de' Frangipani fu costantemente fedele e devota alla santa Sede in tutti gli incontri anche più ardui e pericolosi. Leone Frangipane l'anno 1014, sotto Benedetto VII., subscripsit placito pro Farfensi Caenobio Romae habito, come osservò il celebre Muratori, Antiq. med. aevi, tom. III. pag. 792 e 93. Fra li testimonj presenti all'atto solenne della donazione fatta alla Chiesa dalla Co. Matilde nel 1979, si trovò Cencio Frangipane Seniore, Il medesimo Cencio nel 1084 liberò Gregorio VII., assediato dall'Imperatore Enrico nel castello di s. Angelo, con quello stratagemma che narra la Cronica di Na poli, riportata dal lodato Pucci; e molto inoltre cooperò per indurre il Duca Roberto all'omaggio che prestò al Pontefice Gregorio VII. Da una lettera di Goffredo ab. Vindocinense a Pasquale II. e da altre memorie si ha, che nel 1094 il Ponte. fice Urbano II. si rifugiasse contro il furore de' Guibertisti nel palazzo ben munito di Giovanni Frangipane nelle vicinanze di s. Nicola in Carcere Tulliano, ove mori. Lo stesso Pontefice Pasquale II. sul principio del secolo XII. molto si valse del. l'opera di Leone Frangipane ne' trattati coll'Imperadore Enrico sulla controversia dell' Investiture; ed al medesimo, insieme con Pietro di Leone, commise il governo di Roma alloraquando, riaccesesi le dispute, si ritirò in Benevento, come narra, nella Vita del Pontefice, Pandolfo Pisano. Dalla famiglia Frangipane ebbero soccorso Innocenzo II., Celestino II. e Lucio II. alloraquando, sollevatosi il popolo romano, pretese di ristabilire all'uso antico il regime senatorio de' più nobili Cittadini, co distesamente narra il citato Zazzera. Lo stesso Lucio II. fu quello che accordò alli fratelli Oddone e Cencio III., figli di Leone Frangipane, la custodia del 'Circo massimo, come dal Diploma pubblicato dal ch. P. A. Nerini de Templo ss. Bonif cii

come

el Alexii, pag. 407. not. 68,, in cui si legge la notabile causale: quia... fidelibus nostris', de quibus nullatenus dubitamus, secure custodienda committimus etc. Dalla Cronica di Ottone Frisingense, lib. 1. cap. 28., apprendiamo che, alloraquando i fautori della ripristinazione dell'antica romana repubblica, conosciuti sotto il nome di Arualdisti, inviarono lettera a Corrado Svevo nel 1145 per sottrarsi col di lui appoggio dal Pontefice Eugenio III., si querelarono nominatamente che Papa, FrangipaNES, et Filii Petri Leonis.... nos impugnant, ne libere, ut decet, imperialem regio capiti valeamus imponere coronam. Anche il Pontefice Alessandro III si pose in sicuro nel castello de' Frangipani, apud sanctam Mariam novam, et Colosseum; ed alloraquando ebbe de'soccorsi di galere e di danaro dal Re di Sicilia, partem dedit Frangepanibus fidelibus Ecclesiae, et Filiis Petri Leonis, ut strictius obligati ad invicem se fortius adjuva. rent; come si ha dagli Atti del detto Pontefice Alessandro III, esistenti nella biblioteca Vaticana, e citati dal Pucci, pag. 23. Finalmente, per tacer deʼ molti altri, il Rainald., all'anno 1218 de' suoi Ecclesiastici Annali, riferisce una lettera di Onorio III., che incomincia con questo lusinghiero elogio dell'intiera fami glia: Invicta fides, et devotio indefessa, quam magnifici Viri antiqui Frajapanes a progenie in progenies erga romanam Ecclesiam habuerunt etc.

È cosa dunque ben verosimile che Dante, passato nella fazione ghibellina e dichiarato partigiano dell' Imperatore, come lo dimostrano segnatamente il trattato de Monarchia e le Lettere che riproduciamo, rifuggisse di nominare come tronco primario della sua stirpe una famiglia distinta per il deciso inalterabile attaccamento agl'interessi della santa Sede. Perciò non gli bastò di far dire a Cacciaguida che sulli di lui maggiori

Più è il tacer, che 'l ragionare, onesto.

Ma trattener non potendo la bile ghibellinesca, dopo pochi altri versi pose allo stesso in bocca un amaro rimprovero sull'origine delle dissensioni fra il Sacerdozio e l'Impero in quel terzetto :

Se la gente, ch'al mondo più traligna,
Non fosse stata a Cesare noverca,

Ma come madre a suo figliuol oenigna.

L'opinione inoltre che Dante con que' versi nel canto XVI del Paradiso :

Chi ei si furo, ed onde venner quivi,
Più è il tacer, che 'l ragionare, onesto.

alluder volesse all'attaccamento de' Frangipani suoi maggiori alla santa Sede, ch'egli non ha mai in generale abborrito, si può congetturare da una consimile reticenza del Poeta nel canto XIX dell'Inferno, in cai, riprendendo col solito suo sopracciglio, nel colloquio con Nicolò III, le simonie della Curia romana di quei tempi, conclude, v. 100:

E se non fosse ch'ancor lo mi vieta
La riverenza delle somme Chiavi,
Che tu tenesti nella vita lieta,
lo userei parole ancor più gravi:

Siamo ben d'accordo col sig. Pelli che nè Dante ha bisogno di mendicare una splendida origine per istabilire la fama del suo ingegno divino, nè alla schiatta de' Frangipani fa d'uopo di questo insigne rampollo per fondamento della propria grandezza: ma neppur gli possiamo menar buona la troppo franca asserzione, che sognino e favoleggino tanti scrittori di tutti i tempi, di tutti i luoghi e di tutte le classi, che con plausibili argomenti si uniscono a provare l'origine romana dell'Alighieri, che per amor patrio ci siamo fatto un dolce debito di rivendicare.

(D) Fra questi discendenti il sig. Pelli, tanto nelle Memorie, pag. 38, quanto nell'annesso Albero genealogico, pone un Bernardo come figlio di Jacopo e nipote del Poeta, citando gli spogli del Cap. della Rena, senza addurne alcun testo. Ma l'indefesso Monsig. Dionisi, nel capo 30. della Preparazione istorica e critica, non solo riporta l'estratto del Necrologio di S. Michele: : Biancol. tom. IV delle Chiese di Ver.: « XV. ! al. decembris obitus D. Bernardi de Alligeriis fratris d. Lucie Abatisse S. Michaelis, » dal quale si deduce con sicurezza che Bernardo fosse figlio di Pietro, come non si contrasta che figlia di lui fosse la sorella Lucia; ma inoltre ha prodotto un rotolo capitolare del 1403, in cui si legge espressamente: 1403 martii. D. Bernardus de Allegeriis Not. q. D. PETRI de Mercalo novo, et Ver. Cap. Scriba. Inoltre il medesimo sig. Pelli, pag. 44, rammenta un Francesco, figlio di Dante III., ultimo rampollo degli Allighieri, e gli attribuisce, sull'autorità del Doni, l'Opera che porta per titolo: Antiquitates Valentinae Francisci Aligerii Dantis III. Filii. In tre abbagli peraltro sono incorsi intorno a questa Opera tre

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