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sig. De-Romanis, perchè, trattandosi di lezioni appartenenti ad un codice, sarebbe stata impresa troppo pericolosa il tentar di correggerle da quegli errori da' quali non ci parvero sempre esenti.

La medesima avvertenza avremmo pure usata nella ristampa della Visione del Monaco Alberico, se i molti errori che s'incontrano nella romana edizione non ci avessero imposto il dovere di farvi tutte quelle emendazioni che ci sembrarono indispensabili alla vera intelligenza del testo. Abbiamo eziandio ridotti alla lezione da noi seguita i passi della divina Commedia che vi si trovano riportati a piè di pagina: la qual cosa, mentre per una parte non nuoce punto all'oggetto d'indicare le corrispondenze fra la Visione e le Cantiche, per l'altra offre il vantaggio di presentare al Lettore una lezione sempre uniforme in luogo della varia che si riscontra nella precitata edizione del sig. De-Romanis.

E qui ci corre l'obbligo di dire alcuna cosa de' due Capitoli sulla divina Commedia, uno di Messer Bosone da Ugobbio, e l'altro creduto di Messer Pietro di Dante, da noi riprodotti di seguito all'esame del codice cassinese. Questi due componimenti, se non servono all'oggetto d'illustrare il Poema, e se non hanno alcun pregio per ciò che appartiene alla lingua ed alla poesia, servono però in qualche modo alla storia dell'una e dell' altra. Noi vi abbiamo fatte alcune emendazioni; ma contuttociò siamo qui costretti a ripetere quanto abbiamo altrove dichiarato, che sì l'uno che l'altro sono tuttavia in più luoghi di una oscurità inestricabile.

Le sopraddette scritture sono seguite dalla difesa del P. Lombardi contro le censure del canonico veronese Gio. Jacopo de' Marchesi Dionisi; la quale si doveva pure da noi ristampare, per non ommettere nulla di ciò che si riscontra nella edizione romana.

Le altre cose che seguono hanno tutte lo scopo o di agevolare ognor più la intelligenza della divina Commedia, o di farne maggiormente gustare le bellezze, o di rendere

sempre più chiara ed illustre la fama del grande Alighieri. Sono queste due brevi osservazioni del Rosa Morando, l'una sul titolo, l' altra sullo stile del Poema ; un Discorso del conte Giovanni Marchetti intorno alla prima e principale allegoria della divina Commedia, scritto con leggiadria di stile e con novità di pensieri; ma, per nostro parere, di già vittoriosamente confutato dal ch. prof. M. Antonio Parenti Modanese (1); il Trattato sopra la forma, posizione e misura dell'Inferno, compendiato sopra quello del Manetti, e quale si trova nella splendida fiorentina edizione dell'Ancora; la prima e seconda parte dell' Esame della divina Commedia del sig. cav. De-Cesare Napoletano, lavoro molto applaudito dai Letterati; uua Lettera del dott. Giuseppe Bianchini da Prato sulla utilità della lettura delle tre Cantiche per un predicatore; l'Apologia dell'amor patrio di Dante, già nota e nobilissima scrittura del conte Giulio Perticari, ora riveduta ed emendata dal chiariss. autore; ed un' Ode alcaica latina in lode dell'Alighieri, dettata dal prof. Ab. Svegliato, distinto alunno di questo rinomatissimo Seminario.

Per ultimo abbiamo riprodotto il Catalogo cronologico delle edizioni della divina Commedia, già pubblicato dal Volpi, arricchito dal sig. De-Romanis, e da noi pure accresciuto e corretto, grazie principalmente alle cure del cultissimo sig. marchese G. G. Trivulzio.

(1) Vedi Osservazioni di M. Antonio Parenti sopra una moderna dichiarazione della principale allegoria del Poema di Dante nel tom. I, fasc. II delle Memorie di Religione, di Mo-. rale e di Letteratura. Modena, 1822.

VITA

DI DANTE ALIGHIERI

COMPOSTA

DA GIOVANNI BOCCACCIO

DIVERSA DALL'EDITA

E TRATTA DA UN CODICE DEL MCCCCXXXVII.

APPARTENENTE AL CAVALIERE CHE FU

GIUSEPPE BOSSI

PITTORE MILANESE

PUBBLICATASI PER LA PRIMA VOLTA IN MILANO

DA LUIGI MUSSI

NEL MDCCCIX.

VITA

DI

DANTE ALIGHIERI

POETA FIORENTINO

Solone, il cui petto uno tempio umano di divina sapien

za fu reputato, e le cui sacratissime leggi sono ancora testimonianza della antica giustizia e della sua gravità, era, secondo che dicono alcuni, spesse volte usato di dire, ogni repubblica, siccome noi, audare e stare sopra due piedi, de' quali con matura autorità affermava essere il destro il non lasciare alcun difetto commesso impunito, et il sinistro ogni ben fatto remunerare; aggiugnendo che, qualunque delle due cose mancava, senza dubbio da quel piè la repubblica zoppicare. Dalla quale lodevole sentenza mossi alcuni così egregi come antichi popoli, alcuna volta di deità, altra di marmorea statua, e sovente di celebre sepoltura, di trionfale arco, di laurea corona o d'altra spettabile cosa, secondo i meriti, onoravano i valorosi; per opposito agrissime pene a' colpevoli infligendo. Per li quali meriti l'assiria, la macedonica, e ultimamente la romana repubblica aumentate, con l'opere li fini della terra, e con la fama toccarono le stelle. Le vestigie de' quali non solamente da' successori presenti, e

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