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139 Poi seguitai lo Imperador Corrado

Ed ei mi cinse della sua milizia ;

Tanto per bene oprar gli venni a grado!
142 Dietro gli andai incontro alla nequizia
Di quella legge, il cui popolo usurpa
Per colpa del pastor, vostra giustizia. 9
443 Quivi fu' io da quella gente turpa
Disviluppato del mondo fallace,
Il cui amor molt' anime deturpa
E venni dal martirio a questa pace,
PARAD. XV.

Figlio di questo Cacciaguida cavaliere, fu tra gli altri Alighieri bisavo di Dante; del quale null' altro si sa, se non che viveva nel 1189 e probabilmente pure nel 1201, 10 e che Dante lo pone in Purgatorio nella cerchia dei superbi. 11 Figlio di questo primo Alighiero fu Bellincione avo di Dante; del quale pure non sappiamʊ altro, se non che ebbe sette figliuoli, tra i quali Alighieri secondo, padre di Dante. Fu questi giureconsulto, o come allor si diceva, giudice di professione; e, sposata in prime nozze Lapa

(9) Cioè il popolo Maomettano che tiene il governo (detto giustizia nel medio evo) di Terra Santa.

(10) Pelli p. 30 e seg.

(11) Parad. xv, 94-96.

di Chiarissimo Cialuffi, n' ebbe un figlio nomato Francesco; e, morta quella, e sposata Donna Bella, non si sa di qual casa, n'ebbe nel maggio 1265 12 un figliuolo, il quale battezzato in s. Giovanni, ebbe il nome di Durante, abbreviato quindi in quello, sempre da lui e dagli altri usato, di Dante. Trovasi poi menzionata dal Boccaccio pur una sorella di Dante, maritata a Leon Poggi; ma di questa nè si sa il nome, nè di quale delle mogli di Alighiero ella fosse figlia. 13.

Tutti questi maggiori di Dante furono Guelfi, tali due volte cacciati da' Ghibellini ; ce

e per lo dice Dante stesso nel poema. 14 Ma durando il governo ghibellino in Firenze e così l'esilio de' Guelfi nel maggio 1265, convien dire; o che

(12) Questa data, primo fatto della vita di Dante, non si trae, che io sappia, da nessun altro luogo che dal Comento di Boccaccio al verso 1.o della Commedia (Boccacc.,Opere, Firenze 1824, tom. V, p. 19) e tutti i biografi l'hanno seguito. Senza il Boccaccio, la vita di Dante si ridurrebbe a congetture tratte dalle opere di lui.

(13) Boccaccio, Op., tom. V, p. 66.- Non solamente per questi ascendenti a cui mi sono ristretto, ma per tutti gli altri collaterali e discendenti, certi ed incerti di Dante, V. il Pelli che ne ra giona abbondantemente SS 3 e 4, pp. 11-55 delle sue Memorie per servire alla vita di Dante. Ediz. seconda, Firenze 1823. (14) Inf. 46-48.

vivendo ancora Bellincione, egli fosse l'esiliato, e non Alighiero padre di Dante; ovvero se era questi, ei n'avesse avuta grazia particolare, e ne fosse tornato; ovvero che fosse tornata la moglie sola, essendo certo ad ogni modo il battesimo di Dante in Firenze dalle parole stesse di lui. 15 E nacquevi mentre si apparecchiava a mutarsi la fortuna della parte e della famiglia sua; l'anno e il mese appunto, che Carlo d'Angiò conte di Provenza disceso in Italia, giugneva a Roma contro a Manfredi re di Puglia e di Sicilia, a quell' impresa che mutò poi il regno e l'Italia quasi tutta, ed in particolare Firenze di Ghibellina in Guelfa.

Questi furono presagi più importanti al destino futuro del poeta, che non la posizione degli astri, o i sogni. Ma a quell'età, astri e sogni si osservavano. Brunetto Latini, maestro che fu poi di Dante, ne trasse, probabilmente egli stesso, la pianta astrologica; e trovando il sole in Gemini, predisse secondo l'arte la grandezza d'ingegno del fanciullo. Così almeno interpretasi dai più quel passo dove Brunetto

(15) Parad. xxv, 8-99.

dice a Dante :

55

58

Se tu segui tua stella

Non puoi fallire a glorioso porto
Se ben m'accorsi nella vita bella.
E s'io non fossi si per tempo morto,
Veggendo 'l cielo a te così benigno
Dato t'avrei all' opera conforto.

INF. XV.

Dante stesso, non iscevro di tali credenze, attribuisce a quegli astri benigni il proprio ingegno; e giunto in Paradiso a quella costellazione de' Gemini, esclama:

112 O gloriose stelle, o lume pregno
Di gran virtù, dal quale riconosco
Tutto quel che si sia, il mio ingegno !

445 Con voi nasceva, e s' ascondeva vosco
Quegli ch'è padre d'ogni mortal vita 16

Quand' io sentii dapprima l'aer Tosco.
PAR. XXII.

Del resto non è se non giustizia aggiugner quì, che Dante con tutti i buoni di quei tempi trovava modo d'accordare questa influenza delle stelle col libero arbitrio dell' animo umano; come si può vedere nel Purgatorio al canto

(16) Cioè il Sole.

XVI vs. 67 e seguenti, che sono de' suoi più belli, e che io porrei qui, se fosse il luogo di dire delle opinioni, e non della nascita di lui. Quanto ai sogni poi narra il Boccaccio, che

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essendo gravida la madre di Dante «< nè guari » lontana al tempo del partorire, per sogno >> vide qual dovea essere il frutto del ventre » suo; comechè ciò non fusse allora da lei co

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nosciuto, nè da altrui, ed oggi per lo effetto seguito manifestissimo sia a tutti. Parea alla gentile donna, nel suo sonno, essere sotto ad » uno altissimo alloro, posto sopra un verde prato, allato ad una grandissima fonte; e quivi >> si sentia partorire un figliuolo, lo quale in >> brevissimo tempo nutricandosi solo dell'or» bacche, che dello alloro cadevano, e delle >> onde della chiara fonte, le parea, che dive»> nisse un pastore, e s'ingegnasse a suo potere » d'avere delle frondi dell' albero, il cui frutto >> l'avea nudrito; ed a ciò sforzandosi, le parea » vederlo cadere,e nel rilevarsi, non uomo più, » ma pavone il vedea divenuto. Della qual cosa, > tanta ammirazione le giunse, che ruppe il " sonno; nè guari di tempo passò, che il ter» mine debito al suo parto venne, e partorì uno

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