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mincia quivi. Per che a noi sembra, che con quell'avverbio di lontananza QUIVI esso ne voglia richiamare a cosa assolutamente disgiunta da quella, che si abbia allora sott'occhio. Questo e non altro essere stato l'intendimento dell'Allighieri confermasi eziandío da ciò, che allorquando per la squisitezza della materia vuol egli che chi legge si spedisca in certa guisa dall' impaccio delle chiose in fine, acciocchè l'effetto delle poesie riesca pieno, dispone che precedano alle medesime le lor dichiarazioni e divisioni. Degno ancora da osservarsi è, che nelle chiose per alcun tratto anteposte alle poesie l'Autore stesso fa uso di questo modo: dissi lasso: dissi peregrini ecc. Se le chiose formassero un corpo solo col testo, nè dovessero leggersi separate, potrebb' egli difendersi sanamente che Dante scritto avesse con buona sintassi, usando la voce dissi nell'atto di dichiarare ciò, che peranche non aveva detto? Tutte queste ragioni insieme ci hanno indotti a separare l'esposizione delle poesíe dal testo loro, e dalle interposte narrazioni.

Sarà forse tra' lettori chi avrebbe desiderato maggior copia d' erudizione nel preambolo, e nelle nostre note, che tratto tratto s'incontreranno a piè di pagina. Ma noi, pensando che poco si sarebbe potuto agggiungere a quella che spiegarono in proposito il canonico Biscioni, e ultimamente gli editori Pogliani, ci siamo tenuti contenti alla sola diligenza de' confronti, rimettendo per tutto il resto gli studiosi alle due nominate edizioni - 5).

5) Vedi sopra, Alleg. B, C. *

E

PREFAZIONE

all edizione fiorentina del 1839 - 1).

La Vita Nuova di Dante Allighieri è un'ingenua storia de' giovenili suoi amori con

Beatrice Portinari, da lui dettata in forma di Commento sopra alcune sue poesie. In questo elegante Libretto, l'Autore brevemente narrato il principio del suo innamoramento, riporta, secondo l'ordine del tempo in cui furono scritti, i suoi poetici componimenti ; e dando a conoscere in quante parti sian essi divisi, dispiega ciò che ha voluto dire nella prima, ciò che ha inteso nella seconda; e le circostanze dell' un componimento facendo succedere e legando a quelle dell' altro, tesse l'istoria della sua vita giovenile, dall' età cioè di nove anni fino ai ventisei o ventisette. Dei tratti interessanti per una graziosa semplicità, e per un sentimento di malinconía, ch'è lo stato abituale dell'anima dello Scrittore, rinvengonsi frequentemente in questo Libretto, il quale considerato anche per il solo lato della lingua e della elocuzione, comecchè nella prima apparisca una non comune purità, nella seconda una non usitata nobiltà, non può a meno d'aversi in gran pregio. Ed essendo che l'Amore è stato sempre quello che ha inspirato i giovani poeti, non dovrà recar meraviglia, se i poetici componimenti che quivi stanno inseritì, e che sono i primi parti della Musa Dantesca, abbiano Amore per argomento. Quando possa aver sembianza di vero ciò che dice il Ginguéné, che cioè Dante scrisse il presente Libretto per aver luogo di collocarvi i suoi versi, non potrà esser men vero che egli il facesse per erigere un piccolo monumento alla memoria di colei, che egli amò con un affetto si costante e si puro.

Era in Firenze antica costumanza, che con feste e conviti si solennizzassero i primi giorni della primavera. L'anno 1274 Folco Portinari, cittadino di ottima fama, e di molte facoltà provvisto, aveva accolto nella sua casa i congiunti e gli amici, e fra questi Allighiero Allighieri padre di Dante, onde, a dimostrazione del giubilo che infonde nell'animo l'aspetto della ridente stagione, festeggiare il primo giorno di Maggio. Dante, abbenchè non avesse per anco oltrepassato il nono anno dell'età sua, era stato condotto dal padre ad una tal festa, quando in sul finire di quella, essendosi cogli altri fanciulli tratto in disparte a trastullarsi, s'imbattè in una piccola figlia di Folco, la quale, come dice il Boccaccio, era assai leggiadretta secondo la sua fanciullezza, e ne' suoi atti gentile e piacevole molto, con costumi e parole assai più gravi e assennate di quello, che il suo picciol tempo, d'ott'anni allora compiuti, nou richiedesse; ed oltre a questo aveva le fattezze del volto ottimamente disposte, e piene di tanta onesta vaghezza, che quasi un'Angioletta rassembrava. Il nome di questa fanciulla era Beatrice, che per vezzo sincopatamente dicevasi Bice; e, o fosse la conformità de' loro sentimenti, o quella violenza di simpatía che ci forza ad amar l'un oggetto piuttostochè l'altro, Dante, quantunque fanciullo, s'accolse nel cuore la bella immagine di lei con tanta affezione, che fin da quel giorno dee dirsi che incominciasse ad esser signoreggiato dalla passione d' Amore. Ma, lasciando di

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parlare degli accidenti della puerizia, dice il Boccaccio che coll'età moltiplicarono l'amorose fiamme cotanto, che niun'altra cosa gli era piacere, riposo o conforto, se non il vedere quel caro oggetto delle sue affezioni. Quali e quanti fossero poi i pensieri, i sospiri, le lagrime e le altre passioui gravissime da lui per questo amore nella giovenile eta sostenute, egli medesimo il racconta nel presénte Libro della sua Vita Nuova, e perciò stimo superfluo il ripeterlo. Laonde, lasciando di narrare ciò che dall' Autore stesso è narrato, io dirò sole alcune parole sul titolo del Libro e sulle controversie, che fino ad oggi si sono agitate intorno quest'amore di Dante nel che fare, se andrò ripeteudo alcuni di que' fatti, ed alcuni di quelli argomenti che furono da me posti in campo, allorchè nel Ragionamento filologico-critico sul Canzonieré dell' Allighieri feci la storia de' di lui amori, spero mi verrà di leggieri perdonato, essendo che daranno un qualche peso alle mie asserzioni, e porrauno in una qualche luce la verità del mio assunto.

Alcuni filologi, non arrivando a investigar la ragione per cui Dante intitolasse Libro della Vita Nuova quest'opuscolo, se ne trasser fuori dicendo, che egli avealo così intitolato, perchè così gli era piaciuto. Altri credendo, che per quel titolo avesse voluto indicare la storia d'uno stadio, o d'un periodo di vita che succede ad un altro, ne dedussero, averlo chiamato il Libro della Vita Nuova, o perchè va quivi descrivendo un periodo della sua vita, nel quale parvegli di sentire un gran cambiamento, e d'incominciare un'esistenza novella (e quest' era l'epoca del suo inuamoramento con Beatrice); o perchè va descrivendo una piccola parte di quel periodo del viver suo, che incominciò dalla morte di essa Beatrice, e che fa per lui una vita diversa, una vita successiva a quella da lui già trascorsa. D'una simile opinione sembra essere stato ancora il Trivulzio, essendochè nella Prefazione alla stampa della Vita Nuova da esso procurata in Milano - 2), disse essere indubitato, che quivi Dante tratti della rigenerazione in lui operata da Amore. Ma i primi e i secondi andarono assai dilungi dal vero, inquantochè Dante nè pose al suo Libro quel titolo a capriccio ed a caso, nè volle per esso indicare un nuovo periodo del viver suo, ovvero una rigenerazione della sua vita. Infatti come mai quello Scrittore, il quale non pubblicò mai cosa che non avesse prima in sè lungamente meditata, potea porre ad una sua operetta un titolo senza una giusta ragione, un titolo che non rispondesse esattamente all' argomento in quella trattato? Noi sappiamo, che Dante nel suo Convito divide l'umana vita in quattro periodi, che etadi appella della prima parlando, niuno dubita, ei dice, ma ciascun savio s'accorda in stabilire, che ella dura insino al venticinquesimo anno 3). Ecco pertanto che il secondo periodo, il secondo stadio del· l'umana vita comincia, secondo lo stesso Scrittore, nell'anno ventesimosesto. Ma di quali anni della vita di Dante abbiamo in questo Libretto la storia, se non principalmente di quelli che dal nono trascorsero per infino al ventesimosesto? E come mai poteva l'Allighieri intitolar questo Libro la storia d' un secondo periodo della sua vita, quando in esso ci dà la storia del periodo suo primo, della prima età di ragione, ch' ei fa cominciare dal suo nono anno, perciocchè davanti di quello, poco, dice, potersi trovare nella sua memoria ?

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Libro della Vita Nuova non altro dunque signifiea letteralmente e naturalmante, che Libro della Vita giovanile. Novo, novello per giovanile, giovane si rinvengono di frequente negli antichi scrittori.

Se per una parte può far meraviglia, come un significato si facile e si naturale non venisse in mente ad alcun di loro, che presero a parlare di questo Libretto Dantesco, non farà per l'altra meraviglia minore l' intendere, come i seguaci de' Filelfi e de' Biscioni, levando oggi molto arditi la testa, ed affannandosi a comprovare lo scetticismo di cotesti novatori, asseriscano pertinacemente, che la donna di Dante, come tutte quelle degli

2) Vedi l' Alleg. Lett. C. *

3) Trat. IV, Cap. XXII.

altri suoi contemporanei, siano una sola e identica allegoría: sicchè, se loro tu presti fede, se'costretto quasi ad inferirne, che un gentile e naturale amore nel petto di que' grandi uomini fosse una cosa del tutto impossibile. Il buon Canonico Biscioni pensò (come già molto innanzi pensato aveva Mario Filelfo), Che la Beatrice di Dante non fosse una donna vera e reale, e quindi la Portinari; Che la Vita Nuova fosse un trattato d'amore meramente intellettuale, senza alcun mescuglio di profano, e si raggirasse tutta quanta sopra l'allegoria, restando affatto esclusa ogni specie di vera storia; Che l'oggetto dell'amore di Dante fosse la Sapienza, in largo significato presa, e poscia individuata alla suprema spezie, o vogliamo dire alla più alta cognizione dell'umano intendimento, alla quale egli pose nome Beatrice; Che l'amore del Poeta significhi lo studio, conforme egli ha di propria bocca confessato nel Convito ; la subita sollevazione de'tre spiriti, vitale, animale e naturale, alla prima vista della sua donna, siano i contrasti che si sentono in noi nell'accingersi a malagevole impresa, e spezialmente nell'età giovanile; il saluto di Beatrice mostri la capacità alle Scienze, per esser quelle facilmente corrispondenti a chi ha intelligenza, ed è ben disposto ad apprenderle; Che per le diverse donne, che con Beatrice s'accompagnano, si debbano intendere le scienze tutte, le quali della medesima Beatrice sono ancelle; e che la morte del padre di questa donna si possa credere essere stata la mancanza del maestro di Dante -4).

Ma dappoichè il fantastico edifizio del Biscioni incominciò a ruinare per opera del valoroso Dionisi, e dappoichè fu per altri osservato, che se un'allegoría era la donna di Dante, avrebbonlo dovuto essere pur l'altre de' di lui contemporanei, che parlando d’amore tenevano tutti egualmente un mistico e platonico linguaggio; surse ardito il Rossetti a puntellarlo, imprendendo non solo nelle Note alla Divina Commedia, ma altresì, e più ampiamente, in un apposito libro -5) a dimostrare, che Beatrice, sì come Giovanna, Selvaggia, Laura, Fiammetta ecc. altro non erano che una personificazione della Potestà Imperiale, da Dante, Cavalcanti, Cino, Petrarca, Boccaccio ecc. invocata dominatrice e riformatrice d'Italia - 6). E dietro alle orme del Biscioni e del Rossetti non mancarono altri che battessero la stessa via, o piuttosto professassero la stessa opinione, dacchè niuo novello argomento riuscirono a mettere in campo, da quelli in fuori portati già da quei due loro antesignani. Questo eco recente di un antico paradosso, rivelando una frivola tendenza ad abbandonare le vie del semplice e del vero, per voglia di raffigurare nelle tradizioni storiche ancor le più ovvie un carattere simbolico ed allegorico, e tentando e sforzandosi di cancellare Beatrice, Giovanna, e le altre dal novero delle gentili femmine vissute ad ornamento della nostra patria, e ad ispirazione de'suoi ingegni migliori, mi richiama ad un' accurata analisi critica, e ad una severa confutazione di esso.

Il Biscioni ed il Rossetti dicono, che il racconto dell'innamoramento di Dante non si ha che dal Boccaccio, essendochè Benvenuto, Lionardo, il Landino, il Vellutello, il Daniello, non altro fecero che ricopiare le parole di quel primo biografo: perciò le co storo autorità, insieme sommate, non poter dare che un solo. A ciò primieramente rispondo, non esser vero, che Lionardo Bruni, parlando degli amori giovenili di Dante, abbia ricopiata la narrazione del Certaldese, perchè quegli studióssi a tutto suo potere di contradire a quanto il suo predecessore avea di Dante narrato, fino al punto di esclamare : « Perdonimi il Boccaccio, ma i suoi giudicii sono molto fievoli, e molto distanti dalla vera opinione ». E in altro luogo, narrando come Dante si trovò per la patria a combattere virtuosamente nella battaglia di Campaldino, soggiunge: Io vorrei che il Boccaccio

4) Prefazione alle Prose di Dante. PF. Vedi Alleg. Lett. E, pag. XXXVII a XLIV.* 5) Dello Spirito Antipapale ecc.

6) « E cosa sicurissima, che la donna di

« questo esercito d'amatori era una sola ». (Rossetti, Comm. di Dante, vol. II, pag. 427; ed altrove).

di questa virtù avesse fatta menzione, più che dell' amore di nove anni, e di simili leggerezze che per lui si raccontano di tant'uomo. Or bene, se il Bruni, il quale protesta di volere scrivere non un romanzo, ma una veridica storia dell'Allighieri, ci dirà che Dante nella sua gioventù fu signoreggiato dalla passione d'amore, ragion vuole che lo si tenga per vero, nè che lo si reputi detto per una cieca credenza al racconto di colui, al quale egli cerca in ogni pagina di contradire. Odasi dunque ciò, che questo secon · do biografo asserisce: L'Allighieri fu usante in giovinezza sua con giovani innamorati, ed egli ancora di simile passione occupato, non per libidine, ma per gentilezza di cuore ; e ne'suoi teneri anni versi d'amore a scrivere cominciò, come si può vedere in una sua operetta volgare, che si chiama Vita Nuova.

Secondariamente rispondo, non esser questi due Scrittori i soli che affermino un simile innamoramento, ma esservene un altro, ancor più d'essi, autorevole, perchè contemporaneo e familiare dell'istesso Allighieri: ed egli si è l'antico anonimo Commentatore della Commedia, che alcuni chiamano il Buono, altri l' Ottimo - 7). . .

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In terzo ed ultimo luogo io rispondo, che quand' anche non sussistesse alcuna testimonianza per parte altrui, sarebbero più che bastanti le parole dell'Allighieri medesimo non tanto della Vita Nuova, quanto del Convito e della Commedia, a renderne persuasi e certissimi, aver egli provato una profouda passione amorosa e la Beatrice della sua giovinezza essere stata una donna vera e reale, e non un ente immaginario e simbolico. E qui dirò, l'errore del Biscioni esser nato da questo, che egli identificò e confuse la Beatrice della Vita Nuova con quella del Convito e della Commedia. Asserisce infatti il Biscioni, asserisce il Rossetti, asseriscon altri, che queste tre opere abbiano fra di loro una strettissima corrispondenza, e siano dipendenti l'una dall'altra, anzi congiunte e connesse come anelli d' una stessa, dirò così, catena scientifica, da prima disegnata, e poscia compita dalla gran mente del loro Autore. Ma la fallacia di quest' asserzione ci si farà tosto ben chiara, se si consideri, che allorquando il giovine Dante nella sua età di ventisei o al più ventisett' anni compose questo suo primo Libretto, non possedeva punto le scienze, nè poteva quindi formare il piano d' un così vasto e coordinato lavoro scientifico: Come per me fu perduto, dice egli nel Convito - 8), il primo diletto della mia anima (cioè Beatrice), io rimasi di tanta tristizia punto, che alcuno conforto non mi valea. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente, che s'argomentava di sanare provvide... ritornare al modo, che alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere quello, non conosciuto da molti, libro di Boezio, nel quale, cattivo e discacciato, consolato s' avea. E udendo ancora, che Tullio scritto avea un altro libro, nel quale, trattando dell'amistà, avea toccate parole della consolazione di Lelio,. misimi a leggere quello. E avvegnachè duro mi fosse prima entrare nella loro sentenza, finalmente v'entrai tant' entro, quanto l'arte di gramatica ch' io avea, e un poco di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea, siccome nella Vita Nuova si può vedere. Qui adunque l'Allighieri ingenuamente confessa, che nella sua giovinezza non possedeva le scienze, e che all' infuori del proprio ingegno e dell' arte di grammatica, valer d'altro non si potè per la composizione del suo primo Libro. Ora proseguiamo ad ascoltarlo : E siccome esser suole, che l'uomo va cercando argento, e fuori della intenzione trova uro; io, che cercava di consolarmi, trovai non solamente alle mie lagrime rimedio, ma vocaboli d' autori e di scienze e di libri; li quali considerando, giudicava bene che la Filosofia, che era la donna di questi autori, di queste scienze e di questi libri, fosse somma cosa. E immaginava lei fatta come una donna gentile e non la potea immaginare in atto alcuno se non misericordioso; per che si volentieri lo senso di

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......

7) Vedi l'Alleg. Let. I. *

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8) Trat. II, cap. XIII.

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