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vero l'ammirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo immaginare cominciai ad andare là ov' ella si dimostrava veracemente, cioè nella scuola de' Religiosi, e alle disputazioni de Filosofanti; sicchè in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire della sua dolcezza, che il suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero. Da questo passo avrà il Lettore agevolmente raccolto, che Dante fino a tre anni dopo morta Beatrice non pervenne a gustare le dolcezze della filosofia ed a cangiare il primo verace e naturale amore in un secondo intellettuale e allegorico. È forza dunque inferirne, che la Vita Nuova essendo da lui stata scritta un solo anuo appresso la morte di quella donzella, che fu l'oggetto del suo primo amore -9), si aggiri tuttaquanta su questo, e non già sull'altro, del quale non aveva egli per anco provata la virtù e la possanza. Al Convito poi incominciò l'Allighieri a por mano, compito il corso de' suoi filosofici studi; nè v'è principio di dubbio, che la donna in quel libro encomiata sia la Filosofia. Ma donde mai la piena certezza di ciò? Dalle parole di Dante medesimo: Questa donna fu figlia di Dio, regina di tutto, nobilissima e bellissima Filosofia - 10).... Boezio e Tullio inviarono me nell'amore, cioè nello studio di questa donna gentilissima Filosofia-11)..... Si vuole sapere che questa donna è la Filosofia, la quale veramente è donna piena di dolcezza, ornata d'onestade, mirabile di sapere, gloriosa di libertade - 12)..... Questa donna è quella dello intelletto, che Filosofia si chiama - 13). Anche il Biscioni, allorquando si fa a provare che la donna del Convito è un ente puramente intellettuale, si appoggia a questi passi da me riportati, ed aggiunge che una veridica storia dell' Allighieri non si può compiutamente fare, se non ricercando da Dante medesimo la verità delle cose; perciocchè, a scrivere con fedeltà la vita d' alcuno, o bisogna esser vissuto al tempo di colui, del quale scriver si vuole, ed avere con esso domesticamente conversato; ovvero fa di mestieri, con istudio e fatica dalle opere di lui, o da altri legittimi documenti, che autentici dichiarare si posle notizie ritrarne - 14). Or se questo dunque insinua il Biscioni, e perchè poscia non vuole, che la storia degli amori di Dante per Beatrice Portinari si appoggi alle di luj stesse confessioni sparse nelle proprie opere? perchè non vuole, che le sincere narrazioni della Vita Nuova siano prese alla lettera, quand' egli prende pure alla lettera le altre del Convito ora riportate? Il nome di Beatrice, l' età sua la morte del padre, e quella ancora di lei stessa, le peregrinazioni e infermità di Dante, i fatti e i detti d'altre donne ecc. sono, egli dice e asserisce, tutte cose ideali, ed a figura ridurre si debbono. Ma perchè? Perchè (egli risponde, e il Lettore noti bene questa magistrale risposta), perchè elle non furono con più particolari distintivi specificate dal Poeta - 15). Ma, Dio buono! è egli possibile di bevere così grosso? È egli possibile di produrre in buona fede di cotali ragioni? E sarà egli d'altronde possibile, che un lettore sensato voglia più prestar fede agli altrui sogni, che non al proprio discernimento? Narra in questo suo Libretto l'Allighieri, che la prima volta che Beatrice apparve davanti a' suoi occhi, non aveva ancor nove anni d'età: narra, che essa era di sì nobili e laudabili portamenti, che di lei poteano dirsi quelle parole d' Omero: « Ella non pare figlia d' uom mortale, ma di Dio »: narra che se trovavasi in luogo, ov' ella fosse, un repentino tre

sano,

9) Che la Vita Nuova fu scritta da Dante un anno o due al più appresso la morte di Beatrice, si deduce dall'ultimo paragrafo del libro stesso, dal Cap. I del Tratt. I del Convito, e dallo squarcio superiormente riportato. Anche il Boccaccio narra che Dante la compose nel suo anno ventesimo sesto; e nel suo ventesimoquarto la vuole composta il Biscioni. Che il Boccaccio abbia intorno a ciò narrato il vero, e che la Vita

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Nuova sia stata scritta da Dante nel 1291,
o nel 1292, lo proverò pienamente alquanto
più sotto.

10) Trat. II, Cap. XIII.
11) ivi, Cap. XVI.
12) ivi, detto.

13) Trat. II, Cap. XI.

14) Vedi sopra, pag. XXX. *
15) Pag. XXXII.

more per tutta la persona assalivalo: narra, che abbenchè Amore baldanzosamente il signoreggiasse, tuttavolta la bella immagine della sua amata non sofferiva, che ei lo reggesse senza il fedele consiglio della ragione: narra, che egli cercava con ogni studio di celare altrui quest' amore, e che d'altre donne fingeudo essere innamorato, fece d'esse schermo alla verita; attalchè molti, non conoscendo la femmina per cui distruggevasi, non si sapeano come chiamarla: narra, che compose un Serventese in lode delle sessanta più belle donne della città, fra le quali collocò pure la donna sua: narra, che uno de' più grandi suoi desiderii era quello di venir da lei salutato : narra, che un dì la vide venire appresso Giovanna, la donna del Cavalcanti, e che quand' ella passava per via, tutti le si facean d'attorno per ammirarla: narra infiue, che essa morì il 9 Giugno del 1290 nella giovanile età di cinque lustri ; e che egli, a disacerbare alquanto l'immenso dolore ch'erasi fatto distruggitore dell'anima sua, scrisse la Canzone: Gli occhi dolenti ecc. Questi e cento altri piccoli fatti, dettagli ed aneddoti che si rinvengono nella Vita Nuova, potrann' eglino forse non dirsi bastantemente dal Poeta specificati? potrann'eglino forse ridursi a figura? Ma il Biscioni insiste e sentenzia: essere inverisimile, che Beatrice fosse una donna vera, perchè Dante chiamolla la gloriosa donna non del suo cuore, ma sibbene della sua mente, vale a dire dell' intelletto ; perchè dissela desiderata in cielo dagli Angeli e da' Santi, ove null' altra mancanza avevasi che di lei; perchè la predicò distruggitrice di tutti i vizii, e regina delle virtù, e la credè un numero nove, cioè un miracolo della Santissima Trinità ecc.: prerogative nobilissime ed eccellentissime, confacevoli solo a creatura più che umana e mortale. Or io domando al Biscioni, se quella Laura, la quale egli dice trovare grandissimamente differente da Beatrice, perciocchè fu una vera donna, non riscuotesse dall' innamorato Petrarca le medesime enfatiche ed iperboliche lodi? Apriamo il di lui Canzoniere, e lo vedremo ben tosto : Gentil mia donna, io veggio

Nel mover de' vostri occhi un dolce lume,
Che mi mostra la via, che al ciel conduce.

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Laura mandata in terra

A far del Ciel fede tra noi.

Se alcuno mi domandasse il perchè ( aveva già detto il Dionisi), il perchè, essendo Beatrice una femmina

In carne, in ossa e colle sue giunture,

Dante ne abbia parlato nella Vita Nuova in un modo quasi del pari maraviglioso, come se fosse la donna del Convito : per questo appunto, risponderei, che Dante era poeta, celebrò Beatrice poeticamente con lodi superiori alle umane. Ma, essendochè in quella prima etade non aveva egli la cognizione delle scienze, lodolla quanto sapeva e poteva col solo lume della ragione, descrivendo in questo suo opuscolo un amore razionale e metafisico, non quale in fatti esso era, ma quale doveva o poteva essere, dalla scorta fedele condotto della ragione. Ma poi ch'egli s'ebbe dato allo studio, cioè all'amore della Filosofia, lodò e celebrò altamente questa, quasi seconda donna, nel suo Convito e nelle sue filosofiche Canzoni, con tutto il lume ch'egli avea di scienza e

d'arte. Finalmente nella poetica e presso che divina visione, da lui descritta nella Commedia, tornò a lodar la sua prima donna, cioè Beatrice, fatta già cittadina del reguo de' Beati, col lume sovrannaturale e scientifico della fede.

Quali effetti producesse in Dante quel primo amore per la Portinari, il quale altro non era che una naturale inclinazione d' un cuor gentile per donzella adorna di tutti i pregi, il palesa egli stesso quando racconta, che considerando nell' oggetto amato un modello di bellezza, d'onestà e di virtù, si elevarono le sne idee e si posero con esso a livello; sentì quindi in sè medesimo un cambiamento, nè più trovò l'uomo di pria. Sublimandosi la sua mente, il suo affetto altresì informossi di spiritualità e di purezza, come la sua volontà acquistò rettitudine ed energía. Laonde egli asseriva che il saluto di Beatrice, il quale era il massimo suo desiderio, operava in lui mirabilmente e virtuosamente 16); e diceva, buona essere la signoria d'Amore, perchè trae l' intendimento del suo fedele da tutte le vili cose 17).

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Io non dirò, che questo - 18) fosse il vero modo di trattare l'amore, e che que' primi italiani poeti rinvenissero un bello sconosciuto a Tibullo e a Properzio ; ma dirò solo, che tale si era il mistico e bizzarro gusto del tempo Perciò l'Allighieri, non tanto dalla sua elevata fantasia, e dalla nobiltà del suo animo quanto, dall'esempio de'suoi contemporanei, fu spinto a sublimare l'affetto per la sua donna, e a far di essa un essere meraviglioso e più che terreno. Che se a ciò avesse voluto por mente il Biscioni, nou avrebbe nosso tante dubbiezze intorno Beatrice, nè avrebbe prodotta quella sua speciosa opinione intorno l'amore del divino Poeta, affannandosi tanto nel torgli di dosso una taccia che egli ha comune con tutto il genere umano, e sforzandosi nel far credere, che uno solo ed identico, cioè quello della Sapienza, sia stato l'amore, ch' egli ha sì vivamente descritto in tutte e quattro le sue opere italiane, la Vita Nuova, il Canzoniere, il Convito, e la Divina Commedia. Parecchi dati storici, parecchie deduzioni, e parecchi argomenti stanno per me a provar questo: che Dante dopo avere ne' suoi più verdi auni amato Beatrice Portinari non per libidine, ma per gentilezza di cuore, si diede nella sua gioventù alla passione e allo studio della Filosofia morale ch'è la bellissima femmina del Convito; e da questo passò poi facilmente all' amore della celeste Sapienza, o Scienza delle cose divine, simboleggiata nella gloriosa Beatrice della Commedia. E se io di leggieri vorrò concedere, che gli ultimi due amori possano prendersi l'uno per l'altro e identificarsi, non vorrò nè potrò concedere altrettanto del primo, accettando per buone e per vere le ragioni del Biscioni e de' suoi illusi seguaci, perciocchè io tengo opinione che possa fino all'ultima evidenza mostrarsi come due, cioè il naturale e l'intellettuale, siano stati gli amori di Dante Allighieri: della qual cosa a far persuasi coloro che di tali ricerche prendou vaghezzą, stimo conveniente il ragionare alcun poco.

Più volte dice Dante nella Vita Nuova, nel Canzoniere ed anco nella Commedia, che egli erasi innamorato di Beatrice fino dalla sua puerizia: — Nove fiate appresso il mio nascimento era tornato lo cielo della luce quasi ad un medesimo punto (cioè erano trascorsi quasi nove anni), quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata Beatrice (Vita Nuova, pag. 2). E amore mi dicea queste parole...... voglio che tu dica ccrte parole per rima, nelle quali tu comprenda la forza ch'io legno sopra te per lei ( per Beatrice), e come tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia (Vita Nuova, pag. 18) — La mia persona parvola (pargoletta) sostenne Una passion nuova, E a tutte mie virtù fu posto un freno (Canz. X, St. V). – Nella vista mi percosse L'alta virtù che già m'avea trafitio Prima ch'io fuor di pue

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rizia fosse (Purg. XXX, 40). — Altrove poi egli disse (e lo abbiamo veduto più sopra da uno squarcio del Trattato II del Convito), che s' innamorò della Filosofia, ovvero della Sapienza, qualche anno appresso la morte della Portinari, avvenuta (narra egli stesso) il 9 Giugno del 1290: le quali cose valgono a significare, che Dante s'innamorò della Filosofia in età pressochè di sei lustri. Qui pertanto abbiamo due innamoramenti, l'uno da giovinetto, l'altro da adulto : dunque (e la deduzione è facile) l'amore di Dante non è stato uno solo: dunque il secondo era tutt'altro che il primo.

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Fastidium est in rebus manifestissimis probationes adducere, dice Il nostro Allighieri nel terzo libro della Monarchia : nulladimeno prendendoci di buona voglia questo fastidio, proseguiremo ad ascoltare lo scrittore medesimo; e cosi la nostra certezza vedremo farsi sempre più maggiore. Certo sono (egli esclama nel Tratt. II, Cap. IX del Convito), certo sono ad altra vita migliore dopo questa passare, là dove quella gloriosa donna (la beata Beatrice, da lui poco innanzi nominata) vive, della quale fu l'anima mia innamorata, quando contendea. Chi pretende che tutti gli amori di Dante siano allegorici, dice, come ho già notato, non esser giammai esistita l'innamorata dell'Allighieri, e per essa doversi intendere la Filosofia, o la Sapienza. Ma se la donna di Dante, rappresentata sotto il nome di Beatrice, è sempre, e non altrimenti, la Filosofia; come mai nel tempo istesso che egli dichiara, e ad ogni momento protesta di esserne innamorato, qui dice che gia lo fu? Non è egli da ciò evidente, che Dante è stato invaghito prima d'una femmina, e poscia d'un'altra, l'una corporea, cioè Beatrice figlia di Folco Portinari, la seconda simbolica ed intellettuale, cioè la Sapienza? Ed avvertasi che l'Allighieri, dopo aver detto che di Beatrice fu l'anima sua innamorata, aggiunge, quando coutendea, ad indicare che la sua anima ne fu innamorata per tutto quel tempo, nel quale la potenza sensitiva contese coll' intellettuale, fino a che questa ebbe su quella vittoria. Nel Canto XXX e XXXI del Purgatorio, rimproverando a Dante i suoi mondani trascorsi, Beatrice va dicendo cosi :

Alcun tempo 'l sostenni col mio volto:
Mostrando gli occhi giovinetti a lui,
Meco 'l menava in dritta parte vólto.
Si tosto come in su la soglia fui

Di mia seconda etade, e mutai vita,
Questi si tolse a me, e diessi altrui.
Quando di carne a spirto era salita,

E bellezza e virtù cresciuta m' era,

Fu' io a lui men cara e men gradita.

Avvisti qui il Lettore fra le altre quell' espressione non punto equivoca : Quando di carne a spirto era salita ; e poscia consideri queste altre che seguono :

O Dante

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perchè me' vergogna porte

Del tuo errore, e perchè altra volta,
Udendo le Sirene, sie più forte,
Pon giù 'l seme del piangere ed ascolta:
Si udirui, com' in contraria parte
Muover doveati mia carne sepolta.
Mai non t'appresentò natura ed arte
Piacer, quanto le belle membra, in ch'io
Rinchiusa fui, e ch' or son terra sparte:
E se'l sommo piacer si ti fallio,
Per la mia morte; qual cosa mortale
Dovea poi trarre te nel suo disio?

Se Beatrice era dunque un essere di carne, che presso al secondo stadio della sua esistenza mutò vita, e divenne spirito; se la natura non avea mai fatto tanto di bello, quanto

eran belle le membra, nelle quali quell' essere animato stava rinchiuso, e le quali divennero ben presto terra e cenere; non è egli veramente da dirsi e asseverantemente da ripetersi, che la Beatrice del giovine Dante fosse una donna vera, in carne in ossa e colle sue giunture? Se nel Serventese dall'Allighieri composto, e che oggi sventuratamente è perduto, erano celebrate le sessanta più belle donne fiorentine, fra le quali stava pure Beatrice, come mai potrà egli asserirsi, che sola quest'ultima non fosse una donna? E se Beatrice non fosse stata infatti una donna, come mai avrebbe potuto Dante esclamare: Dal primo giorno ch' io vidi il suo viso In questa vita ecc. ?

Parad. XXX, 28.

Dice di lei Amor: cosa mortale

Com' esser puote sì adorna e pura?

Canz. I, st. 4.

Come mai avrebbe temuto cotanto, che ella morisse, raccontando,

Che sospirando dicea nel pensiero :

Ben converrà che la mia donna mora ;

Canz. II, st. 3.

e che questo pensiero mettea in lui gravissimo sbigottimento? Come mai in una grave malattia di Beatrice avrebbe indiritto una Canzone alla Morte, supplicandola a rattenere il colpo già mosso contro di lei? Come raccontare ch'ella aveva un fratello, da cui fu pregato a comporre alcun verso in morte di essa? Come confessare di aver cominciato a sentire un qualche affetto per un' altra gentil femmina un anno appresso la dipartita di quella prima 19) ?

Queste obiezioni, che io faccio ai seguaci del buon Canonico, non sono appena una metà di quelle che potrei loro fare, e che qui non riporto per uon tediare di troppo il mio Lettore. Il quale se vorrà finir di convincersi, che la Beatrice della Vita Nuova era una donna che mangiava e beveva e vestía panni, non avrà da far altro che per un poco considerare il seguente Sonetto, scritto da Dante nella sua adolescenza, e da lui indirizzato al suo primo amico Guido Cavalcanti :

Guido, vorrei, che tu, e Lapo ed io

Fossimo presi per incantamento,

E messi in un vascel, ch' ad ogni vento
Per mare andasse a voler vostro e mio ;
Sicchè fortuna od altro tempo rio

Non ci potesse dare impedimento,
Anzi vivendo sempre in un talento,
Di stare insieme crescesse 'l desio.
E Monna Vanna, e Monna Bice poi,
Con quella ch'è in sul numero del trenta,
Con noi ponesse il buono incantatore;

E quivi ragionar sempre d'amore,

E ciascuna di lor fosse contenta,
Siccome credo che sariamo noi.

la Beatrice di Dante;

Vanna o Gio

cioè

La Bice qui nominata è, come ognuno conosce, vanna era l'amorosa di Guido Cavalcanti; quella ch'è in sul numero del trenta, quella che nel Serventese in lode delle sessanta belle fiorentine cadeva in sul numero trenta (come la Beatrice, apprendiamo dalla Vita Nuova, cadeva in sul numero nove), era la donna di Lapo Gianni, la quale, se non erro, chiamavasi Monna Lagia. Potrà egli

19) Vita Nuova, pag. 77, e Convito, Trat. 1, Cap. II.

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