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mai il Lettore supporre, che fra queste femmine fiorentine la sola Beatrice fosse una Scienza od un Simbolo, e che Dante volesse condurla seco a diporto, come nel Sonetto si esprime? Se tale d'altronde fosse da dirsi colei, converrebbe dir tali, cioè simboli e scienze, anche le amanti di Guido e di Lapo; e così una grande stranezza condurrebbe ad un' altra maggiore, come di fatto ha condotto il Rossetti, il quale s'è dato affatto a credere, che le donne de' nostri primi Poeti siano tutte fantastiche e ideali 20), e che il linguaggio da essi tenuto sia un gergo convenzionale e furbesco della setta ghibellina o imperiale.

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Cotesti antichi poeti ghibellini erano, secondo il Rossetti, paurosi cotanto della guelfa potenza, che a manifestarsi vicendevolmente i loro sentimenti non aveano altro espediente, che quello d'un gergo composto di segui convenzionali ed arcani. Essi tremavano al solo nome di Guelfo, come i fanciulli al nome dell' Orco, e guardinghi e diffidenti si spiavano l'un l'alro, paventando ognora i ceppi, i pugnali e i veleni, de' quali il Guelfismo servivasi contro i propri avversarii -21). Dante altresì, che era timido e pauroso sì come gli altri -22), dovè appigliarsi al partito di nascondere sotto i segni convenzionali della sua setta, e sotto frasi e maniere fatte a mosaico, i suoi liberi sensi tendenti alla civile e religiosa rigenerazion dell'Italia; perciocchè in quei semibarbarí tempi nei quali egli visse, tempi di oppressioni e di vendette, avrebbe ben presto pagato a prezzo di sangue il fio di cotanta arditezza Questa ragione, a chi non avesse vedute le opere dell' Allighieri, nè conoscesse la storia del di lui secolo, potrebbe sembrare sodisfaciente: ma qual'è quegli, il quale, iniziato per alcun poco nella nostra letteratura non sappia che Dante, fiero ed indomito per carattere, compiacendosi ne' patimenti siccome prove a dimostrar sua fortezza, e ne' propri difetti siccome inevitabili seguaci a virtù tutte lontane dalle battute vie, non avea ritegno ad urtare uomini ed opinioni? Alcune delle sue Canzoni, varie delle sue Epistole, molti passi del Convito, ed il Trattato della Monarchia non racchiudono forse alti, arditi e liberi sensi? Ma che dico? La Divina Commedia stessa, il capolavoro di Dante, è forse meno l'opera di una immensa dottrina, che di una bile generosa? In questo Poema particolarmente egli prende occasione di esalare tutta l'amarezza d'un cuore esulcerato. Il suo risentimento vi comparisce senza alcun velo. Tutto ciò che l'ignoranza e la barbarie, gli odii civili, l'ambizione, l' ostinata rivalità del trono e dell'altare, una politica falsa e sanguinaria ebbero mai d'odioso e di detestabile, tutto entra nel piano che il Poeta si propose. Il colorito e la tinta di questi differenti oggetti è sempre proporzionato alla loro nerezza ed il pennello di Dante non comparisce mai tanto sublime, quanto allorchè tratteggia fiera mente quegli orrori. Quale scrittore pertanto, o fra gli antichi o fra i moderni, svelando le turpitudini di tanta gente del suo secolo, ha osato senza alcun velame d'allegoría, e senza ricorrere ad un arcano linguaggio, parlar più forte e più libero di Dante? Per fare che i buoni imparassero a sperare (dice uuo Scrittore della vita di lui), e i tristi a temere, presentò loro un Libro, ogni pagina del quale ha impressa in fronte questa sentenza: Discite justitiam moniti, et non temnere Divos. Nell' eseguire si ardito disegno si determinò a parlar liberamente de' suoi contemporanei, e massime de' potenti, cagione delle comuni calamità; e ne assegna per ragione quella stessa, per cui la tragedia si versu sempre sulle vicissitudini di uomini illustri, dal che vien detta tragedia reale; vale a dire, perchè gli esempi tratti da gente ignota sono meno istruttivi di quelli, che si desumono da cognitissimi personaggi: onde non timido amico del vero, e

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20) « La Donna di Guido Cavalcanti era « la stessa, che quella di tutti gli altri allego«rici Rimatori». Rossetti, vol. II, pag. 471. 21) Lo dice e lo ripete cento volte nella

Disamina del Sistema Allegorico, e nello
Spirito Antipapale.
22) Ivi.

rimossa da sè ogni menzogna, fe' come il vento, che le più alte cime più percuote. Molti de' suoi contemporanei e conoscenti, di soverchio timidi e circospetti, lo tacciavano d'imprudente, e lo consigliavano a raffrenarsi; ma ei gl' incolpava di pigri e di vili, e fë' dirsi dalla Filosofia, Purg. V, 13:

Vien dietro a me, e lascia dir le genti:

Sta come torre ferma, che non crolla

Giammai la cima per soffiar di venti.

E in tutto il suo misterioso corso non dimenticò mai quel precetto di Polibio, che gli dicea: Ne dal riprendere l'amico, nè dal lodare l'avversario ti resterai, quando verità te lo imponga. Or sa egli il Lettore chi sia mai il biografo, che così scrive di Dante? È quell' istesso Rossetti - 23), che poco innanzi ce lo ha dipinto timido e meticuloso sì

come una femmina

Quando morì Beatrice, Dante scrisse a' Principi della Terra -24). É a qual proposito, esclama il Rossetti - 25), scrivere a' Principi della Terra (ai Sovrani del Mondo), per la morte di Madonna Beatrice Portinari (cioè d'una privata donzella)? Si sappia, egli prosegue, che i Principi della Terra sono i Cardinali, perchè tale era lo specioso titolo conferito loro da Pio II; e chi sia Beatrice lo appureremo in appresso, ciò non essendo, com' egli s'esprime, di veruua utilità nella questione presente. Così l'Interpetre del Ghibellinismo francamente discorre, quasichè non si sappia che terra significava e significa non tanto il nostro pianeta, quanto città, paese. Aprasi il libro di Giovanni Villani, e il detto vocabolo vi si rinverrà con questo significato, sto per dire, a ogni pagina. Che vale adunque quella frase della Vita Nuova? Vale, che Dante scrisse della morte di Beatrice a' principali cittadini della città di Firenze. Ecco alcuni esempj della voce in quistione, usata perfino dal Tasso:

Goffredo alloggia nella terra (in Gerus. ), e vuole
Rinnovar poi l'assalto al nuovo sole.

Gerus. Lib. C. XXX. 50.

È una usanza in tutte le terre marine. Bocc. Nov. 80. A una sua possessione forse tre miglia alla terra vicina. Bocc. Nov. 94. 4. Standosi domesticamente co' cittadini per la terra in pace e in sollazzo. Matt. Villani, 9. 27. Di continuo si facea solenne guardia per la terra di dì e di notte. Cron. d' Amar. 224. .

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Lasciamo finalmente l' Interpetre Napoletano, e torniamo al Biscioni, del quale ora vo' porre in vista alcune maliziette, ed alcune false e vane interpetrazioni, onde sempre più s'apprenda in qual conto tener si debbano i trovati ingegnosi di chi per voglia di novità s'è allontanato dalle vie del semplice e del vero. Io ho detto più sopra, che la Vita Nuova fu scritta da Dante nel ventesimosesto o al più ventesimosettimo anno dell' età sua. Il Biscioni peraltro pretende provare, che lo fosse nell' anno ventesimoquarto; uè ciò è senza molta malizia; poichè se fosse così, Dante avrebbe narrato la morte della sua amata innanzi che la Portinari morisse, e così vero sembrerebbe quello, che il Biscioni opina, vale a dire che la Beatrice, di cui nella Vita Nuova si tien discorso, non sia la più volte nominata figlia di Folco. Asserisce il Boccaccio, che Dante compose quella prima operetta nel suo auno ventesimosesto, duranti ancora le lacrime per la morta Beatrice -26); ed il Villani aveva già detto - 27), che la compose nella sua giovanezza. A tutto questo s'aggiunga quanto Dante medesimo intorno a ciò manifesta - 28), cioè che quando scrisse la Vita Nuova, non avea fatto studj di scienze, e che ad essi solo si diede un anno

23) Vita di Dante, pag. XXXIII. 24) Vita Nuova, p 67.

25) Vol. II, p. 439.

26) Vita di Dante, parte II.

27) Lib. IX, Cap. 136.

28) Ne ho citati i passi, parecchie pagine più sopra.

e più dopo la morte della sua donna (la quale mancò ai vivi il 9 Giugno del 1290, secondo che abbiamo da lui medesimo, non che dal suo primo biografo, il già citato Boccaccio), ed avremo un' altra sicura conferma dell' error del Biscioni: poichè se un anno o due aggiungeremo al 1290, avremo che l'Allighieri, nato nel Maggio 1265, scriveva il il libretto in questione nel ventesimosesto, o ventesimosettimo anno dell' età sua .

-

Non va meno errato il Boccaccio nel riferire, che Dante nella età provetta vergognassesi molto d'avere scritto l' amatorio libro della Vita Nuova, dappoichè veggiamo che l'Autore stesso ne fa grata ricordanza in altra sua opera - 29); ma il volere, come pretende il Biscioni, che ella, siccome il Convito, sia di virili (cioè filosofici) pensieri tutta quanta ripiena, è errore forse più gratuito e più strano di quello del Certaldese. E le parole di Dante nell' Introduzione al Convito quella (la Vita Nuova) fervida e pas sionata, questa (il Convito) temperata e virile essere si conviene a chiare note lo dicono; essendochè per la distinzione assoluta e decisa, che in esse racchiudesi, viene a manifestarci l'Autore di aver da giovane scritta la Vita Nuova, con modo e intorno argomento tutt' affatto differente da quello dell'opera, ch'egli aveva allora fra mano ; si perchè (egli dice) altro si conviene e dire e operare ad un' etade, che ad altra; sì perchè (egli prosegue ) certi costumi ( ed il Lettore avvisti bene questo vocabolo) sono idonei e laudibili ad un' etade, che sono ad altra sconci e biasimevoli. E qui notar debbo come il Biscioni, sostenendo l'ideutità dell' argomento di queste due opere, e riportando - 30) il paragrafo di Dante che incomincia, Se nella presente opera, la quale è nominata Convito ecc., maliziosamente tralascia le parole da me ora addotte, che dello stesso paragrafo fanno parte, e che chiaramente palesano l'assurdità della sua asserzione. Che dirò poi di quel bizzarro trovato, che Dante colle sue opere intendesse rappresentare le tre principali etadi dell' uomo? Dirò, che le opinioni, qualunque elle siano, hanno tanto più d'uopo di dimostrazioni e di prove, quanto meno si appoggiano sulle verità già comprovate ed antiche e rinviando il Lettore a ciò che dissi nel §. VII. della mia Dissertazione sul Convito, ove contro un seguace dell' opinion Biscioniana tenni non lungo discorso; dirò altresì, che l'unico argomento dal Biscioni portato in campo a sostegno della propria opinione, nulla vale e nulla conchiude, poichè a tutt'altro che alle Opere Dantesche egli appare d' aver relazione. E se di questo visionario Interpetre volessi un momento prendermi giuoco, non potrei io concedergli tutto, secolui asserendo che la Vita Nuova, il Convito, e la Divina Commedia rappresentino l'Adolescenza, la Virilità e la Senettù con le qualità proprie di quelle; e secondo questo principio conchiudere e dirgli: come dunque la Vita Nuova, che rappresentar dee l' Adolescenza e le proprie sue qualità, vorrà esprimere, siccome voi dite, virili e filosofici concetti, e non piuttosto parlare d'amore, ch'è la passione propria di quell'età ?

Curioso poi ne torna il vedere, com' egli in appoggio delle proprie opinioni citi bene spesso de' passi, che fann' anzi contro di esse. Dopo avere dapprima insinuato, che le donne di Dante sono iu sostanza una sola ed identica, cioè la Sapienza, viene a dirci dappoi, che desse son due, la Filosofia morale cioè, e la Scienza delle cose divine -31): la riprova e dimostrazione di ciò deducesi, secondo lui, dal noto dialogo fra Dante e Beatrice là nel XXX del Purgatorio, del quale ho fatto io pure qualche parola più sopra, e del quale ei riporta parecchi ternarii. E i ternarii da lui riportati racchiudendo le note frasi « Quando di carne a spirito era salita » ecc. ; le quali danno chiaro a vedere, che la Beatrice che quivi ragiona è colei delle cui corporali bellezze fu innamorato il Poeta, e contenendo un aspro e severo rimprovero per l'amore quasi del tutto da esso obliato; mostrano il difetto de' suoi sillogismi, e distruggono i suoi deboli e vacillanti

29) Nel Convito, Trat. I, verso la fine. 30) Pag. XXXIV.

34) Pag. XLII e XIII.

argomenti. Come infatti la Sapienza divina potrebbe a Dante rimproverare, d'aver dato opera alla morale Filosofia, o Scienza umana, se più chiamare si voglia, che pur da essa divina trae origine, e immediatamente procede? Non mi valse il richiamarti al diritto sentiero colle ispirazioni e co' sogni, ella rimprovera a Dante; tanto ti abbandonasti al tuo accecamento, che per ritrartene mi fu d' uopo mostrarti i castighi delle genti perdute. Nè qui solo s'arresta ; ma dimmi, dimmi, ella prosegue (Canto XXXI ), se questo, di che io ti rimprovero, sia vero : tanta accusa conviene esser congiunta alla tua confessione, ecc. ecc. E Dante, confuso e pauroso, a voce bassa risponde di sì: quindi, dopo la tratta d'un amaro sospiro, esclama piangendo: Le cose caduche di questa terra col falso loro piacere trassero a sè li miei passi, appenachè il vostro bel viso si nascose per morte. Tutto questo, e il molto più che nel dialogo si discorre, e il dirvisi che l'Allighieri dandosi in preda ad altri amori avea seguito fallaci immagini di bene, che non rendono intera alcuna promessa; e l'esortazione al Poeta a mostrarsi un'altra volta più forte nell'udir le Sirene ingannevoli, nè a porsi altrimenti d'attorno a giovinette o ad altre vanitadi, le quali han sì brev' uso, può egli veramente dirsi il linguaggio della Scienza divina, che a Dante rimprovera l'essersi tolto da lei, coll'aversi dato alle umane discipline; quasichè fosse delitto l'applicarvisi, e l'uno studio non sia piuttosto scala a quell'altro? Veda dunque il Lettore a che adduce una critica superficiale e imperfetta.

Manifesta l'Allighieri nel Convito - 32) che, a togliere ogni falsa opinione, per la quale fosse sospettato, il suo amore essere per sensibile dilettazione, aveasi posto a dichiarare i vocaboli, le frasi e i concetti nelle sue filosofiche Canzoni contenuti. E il Biscioni, avvistato quel passo, e legatolo coll'altro della Vita Nuova - 33), nel quale l'Autor medesimo confessa, che pesavagli duramente il parlare che alcuni del suo amore facevano oltre i termini della cortesía, dice al solito che queste due opere hanno insiem tra di loro una stretta corrispondenza, ed al solito esclama: Chi non vede che Dante vuole, che Beatrice non fosse creduta donna vera, com' egli prevedeva dover seguire? Io però nei passi indicati non so punto vedere quella corrispondenza e quel legame, che il Biscioni vi scorge. E se il primo parla, dicendo che l' Amore, nel Convito descritto, non era di sensuale dilettazione (e in ciò non v'è principio di dubbio ), l'altro della Vita Nuova parla non meno chiaro, esponendo come Dante, a celare l'amor suo per Beatrice, forse allora maritata a Simone de' Bardi, mostravasi tanto preso d' un'altra femmina, che molta gente ne ragionava oltra i termini della cortesía: lo che dando all'Allighieri (come quegli ch' amava per gentilezza di cuore) voce e fama d'amatore vizioso, pesavagli duramente. Anzi io dico all' opposto, che se la femmina del Convito è la Filosofia; se l'amore per essa è lo studio; se il senso è il core; se il riso, gli occhi ecc. sono le sue persuasioni e dimostrazioni ecc.; e se tutto questo ripetutamente l'Allighieri fa noto e dispiega al Lettore; e perchè non fec' egli altrettanto nella Vita Nuova, candidamente dicendo e dichiarando che gli amori, in questo libro descritti, non doveano intendersi alla lettera, ma che si stavano a rappresentare de' simboli?

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Il marchese Trivulzio nella Prefazione alla stampa della Vita Nuova, da lui procurata in Milano, facendo osservare che Dante istesso dichiara nel Convito, come le scritture si possono intendere e debbonsi esporre massimanente per quattro sensi, i quali sono da lui individuati nel letterale, che dicesi anche istorico, nell'allegorico, nel morale e nell'anagogico, conchiude doversi tenere per definito, che nella Vita Nuova Dante tocchi letteralmente de' suoi amori colla Beatrice Portinari, e allegoricamente de' suoi amori colla Sapienza. Questa ingegnosa interpretazione, se non è interamente vera, molto di verità ritiene; inquantochè pone per primo, trattarvisi storicamente degli amori per la figlia di Folco, e d'altronde le astrazioni platoniche, i modi mistici, ed iperbolici sparsivi dal

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l'Autore, possono agevolmente far credere starvi sotto nascosa una qualche allegoría, od almeno un qualche metaforico senso, da non potersi a prima giunta avvistare. Se non che io ripeterò quello che ho detto di sopra, domandando il perchè non l'abbia l'Autore avvertito, mentre avvertillo più volte nella sua opera filosofica e nella sua visione poetica: ond' è, che non avendo egli di questo doppio senso dato al Lettore contezza, io ritengo che la Vita Nuova parli sì con le più ardite figure rettoriche, e con que'colori poetici ch' erano allora d'uso fra'rimatori; ma si aggiri sempre sull' amore di Dante per la Portinari, e non per la Filosofia, o la Scienza delle cose divine, alla quale il suo Autore non avea per anco incominciato a dar opera. Quando Dante ha voluto nelle sue scritture racchiuder più sensi, parmi l'abbia fatto in modo da offrirlo facilmente all'immaginazion del lettore. La Selva, il Colle e le Belve, ch'aprono la scena del suo Poema, chi non vede esser simboli?

Restami ora a parlare del modo da me tenuto nel pubblicare la presente edizione di questo libro di Dante. Nella stampa del Sermartelli ed in parecchi MMSS. furono (come avverte pure il Biscioni) tolte via tutte le Dichiarazioni e Divisioni de' poetici componimenti, le quali l'Autore stesso a guisa di chiose o sommarii avea poste per entro a questa sua operetta. Nelle stampe moderne peraltro tali Dichiarazioni furono restituite a' lor luoghi ; ed io parimente ciò facendo, ho creduto bene di stamparle in un carattere corsivo, affinchè a prima vista distintamente conoscansi, od anche si saltino da chi in leggendo non ami le interruzioni, e voglia piuttosto tener dietro alle diverse narrative, che intorno i suoi amori fa in questo Libro l'Autore. Nè ho creduto opportuno di collocarle a modo di note, come hanno praticato gli Editori Pesaresi, perchè nei Codici esse seguono immediatamente i componimenti, ai quali appartengono, e sono quindi inframezzate col testo, nella guisa che pur lo sono nel Convito, ove le Divisioni o Sommarii delle Canzoni stanuo per entro il corpo dell'opera, come può vedersi nel secondo Capitolo di ciaschedun Trattato.

Finalmente io mi sono studiato pel primo di fare a questo Libretto, nella guisa che praticai nel Canzoniere, delle illustrazioni e note filologiche, istoriche e critiche, affinchè più agevole ad ogni condizion di lettori ne riuscisse l'intelligenza; ed affinchè non si vedesse con nostro rammarico uno de' più antichi ed eleganti scritti che vanti l'italiano idioma, andarne net pubblico privo d'ogni qualunque Commento.

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