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TIRABOSCHI GIROLAMO

(Storia Letteraria d'Italia ecc. Vol. V, P. II, pag. 731. Milano 1823, in-8.°).

La Vita Nuova è una storia de giovanili suoi amori con Beatrice, frammischiata

a diversi componimenti (poetici), che per essa compose.

LASTRI MARCO

(Elogi d'illustri Toscani, Vol. I, Lucca, 1771.- Elogio di Dante, pag. LI ).

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Concepì il primo suo genio in età di nove anni per la Beatrice di Folco Portinari, abitante nelle vicinanze della sua casa, e, per quanto egli ne racconta bella ed onesta quanto altra mai. Crebbe tanto la passione per essa nel cuor di Dante coll' andar del tempo, che essendole stata rapita da immatura morte nell' età di ventisei anni, egli ne fu inconsolabile, e pensò forse fin d'allora a renderla immortale alla posterità. In fatti le diede il principal posto tra quei che rammenta nel suo Poema, e (cosa che fa grande onore a Dante) la maniera con cui ne parla ha fatto fin sospettare ad alcuni, ch'egli non ragioni di donna mortale, ma rappresenti piuttosto allegoricamente la Sapienza o la Teología. Prima però del suo divino Poema, per consolarsi in parte della perdita della Beatrice, scrisse e pubblicò la storia de' suoi giovanili amori, che fin' allora avea segretamente tenuti occulti. Questa sua prima opera intitolò Vita Nuova, che secondo il celebre Anton-Maria Salvini con greco vocabolo dir si potrebbe Palingenesia, che è quanto dire rigenerazione. Nè altro è veramente che un comento in lingua volgare a diverse sue rime, scritte già nel tempo de' suoi deliri amorosi, quando Beatrice vivea.

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DIONISI GIAN-JACOPO

(Preparazione istorica e critica alla nuova edizione di Dante Allighieri ecc. Verona 1806, Vol. II, in-4.° dalla tipografia Gambaretti).

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Dopo avere monsig. Dionisi liberato Dante dalla taccia di essersi divagato in pa

recchi amori, passa a parlare di proposito della passione che questi nutri veramente per la sua Beatrice, e premesse poche righe d'introduzione al Cap. XXXVII (vol. 2.o pag. 43) prosegue :

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I. Or mi piace di dar la storia della passione amorosa ch'egli ebbe nella sua adolescenza per la famosa Beatrice contro di chi opinò e scrisse -1) lei non essere stata figlia di Folco Portinari nè Fiorentina, nè donna vera, ma solo fantastica ed allegorica ; e puramente intellettuale e scientifico l'amore di Dante. La storia sarà fiancheggiata da ragioni forti, perchè tolte dagli scritti dell'Autore, le più delle quali fien nuove.

II. Che Bice o Beatrice sia stata femmina in carne, e Fiorentina, ed amata dal Poeta, si prova coll' infrascritto Sonetto, il quale è stampato già nelle Rime, ma pur alla Vita Nuova appartiene, ancorchè in quell' opuscolo non abbia avuto luogo.

Guido -2), vorrei, che tu, e Lapo -3), et io

Fossimo presi per incantamento,

E messi ad un vascel, che ad ogni vento
Per mare andasse a voler vostro e mio;
Sicchè fortuna od altro tempo rio
Non ci potesse dare impedimento;
Anzi vivendo sempre in noi talento
Di stare insieme crescesse il disio.

E Monna Vanna -4), e Monna Bice - 5) poi
Con quella -6) su 7) il numer delle trenta
Con noi ponesse il buono incantatore ;

1) Di tal parere fu Mario Filelfo presso il 1468 nella sua Vita di Dante ; e in questo secolo Anton Maria Biscioni nella sua Prefazione alle Prose di Dante e del Boccaccio: la qual opinione a' Letterati non piacque, perchè falsa.

2) Questo Guido, al quale indirizza l'Autore le sue parole, fu nobilissimo cavalier Fiorentino, poeta e filosofo, figlio di Cavalcante Cavalcanti; e fu il primo degli amici di lui, in grazia del quale egli commentò la Vita Nuova in volgare.

3) Lapo, anch' egli rimatore Fiorentino e amico di Dante. Costui fu degli Uberti. 4) Vanna, detta nella Vita Nuova, S. 24, Giovanna, era molto donna di Guido.

5) La Bice qui nominata fu la celebre donna del divino Poeta e quegli Scrittori

o Commentatori, che affermano, lui non aver mai chiamata la donna sua con tal nome, salvo che per cenno una volta sola nel Paradiso VII, 13, laddove disse:

Ma quella reverenza, che s' indonna

Di tutto me, pur per B e per ICE; non videro essi, o non osservarono questo Sonetto, e nè anco quello: To mi sentii svegliar ecc., ch' è nella Vita Nuova, S. 24, dove la chiama Bice.

6) Quella, cioè, che nel ruolo delle belle donne di Firenze cadeva in tal numero, era di Lupo.

7) Forse meglio sur o sor. Nel Inf. XXIX, 40, si legge nel Cod. di Snel MS. Canonici, e in altri antichi e buoni da me veduti:

Quando noi fummo sor l'ultima chiostra.

E quivi ragionar sempre d'amore,

E ciascuna di lor fosse contenta,
Siccome io credo che sariamo noi.

III. Dalla Vita Nuova (§. 5) si vede, che Bice o Beatrice in detto ruolo era, o fingeva il Poeta che fosse nona: Presi (egli scrive) i nomi di sessanta le più belle donne della città, ove la mia donna fu posta dall' altissimo Sire, e composi una pistola sotto forma di serventese -8), la quale io - 9) non iscriverò; e non n'avrei fatta menzione, se non per quello che, ponendola, maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nono, tra nomi di queste donne. Or dovrassi egli credere, che fra tante vere femmine Fiorentine la sola Bice fosse una larva immaginaria, sotto di cui si stasse alcuna scienza nascosta, e che Dante pur volesse condurla seco a diporto, come nel Sonetto egli dice? Imperocchè se tale è da giudicarsi costei, ci converrà dire, che cose fantastiche d'arti e scienze pur fussero le amanti di Guido e di Lapo, e tutto pur quel catalogo - 10) di belle donne,

IV. Potrebbe però il Filelfo e 'l Biscioni, o alcun altro richiedermi: Se Beatrice era una femmina

In carne ed ossa con le sue giunture,

perchè nella Vita Nuova ne parla il Poeta in modo del pari quasi maraviglioso, come se ella fosse la donna del Convito, la quale fu senza dubbio la Filosofia ?

V. E a dire il vero, le doti che egli a lei attribuisce, talora furono superiori all' essere di creatura terrena, tanto che -11)

1

Dice di lei Amor - 12): cosa mortale

Com' esser può sì adorna, e sì pura?

Le meraviglie poi ch'ella, al dir di lui, nelle altre donne operava colla sua bellezza, sono affatto incredibili, se non si lasci la lettera e ricorrasi all' allegoría; come p. e. in questo Sonetto : - 13)

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Dimandiamo alle moderne fanciulle, che paja loro di cotal donna, e di cotali miracoli; elle che non s' accompagnano mai volentieri con più belle di sè, nè s' affacciano di lor genio ad una stessa finestra; che anzi hanno la malizietta di fingersi amiche delle men belle, o più brutte, e cercano di mostrarsi accanto di quelle, per non perdere al paragone, o per far caccia più facilmente d'alcuno amante. Ad esse parrà favolosa la donna, e favoloso pur tutto 'l bello e 'l mirabile che qui si dice di lei. Ma se ne dimanderemo agli uomini dotti, diranci esser qui sublimata Beatrice a rappresentare in sè stessa, per la somma sua onestà e costumatezza, la Morale Filosofia; veduta la quale, si vede ogni salute, perchè essa è quella che salva dalla morte di tutti i vizj che però quelle donne, cioè le anime virtuose, che seguonla per la sua via, sono obbligate a ringraziarne, come di grazia speciale, Iddio. Sì virtuosa è la sua beltà, che le sue seguaci non ne ricevono aggravio, nè smontano a confronto di lei; che anzi le fa ella comparir gentili, amorose di sano amore, e fedeli. La vista sua face ogni cosa umile - 14), perchè Questa è colei,

8) Di questo vocabolo vedi la Crusca. 9) Nè men di questo componimento, in oggi perduto, egli volle far uso nella V.N. e pur egli era acconcio al misterioso mero nove, su cui egli insiste molto, e di cui vedi il significato io quell'Opuscolo §. 30.

nu

10) In andando alla Biblioteca di San Lorenzo vedeva spesso la via delle belle donne dicevanmi però que' Signori da me

interrogati, se per avventura vi fosse al tempo di Dante; che la via in oggi detta così, è fuori dell' antico ricinto della Città.

11) Vita Nuova, S. 19, Canz. 1, st. 4. 12) Ciò dice Amore ammirando, non dubitando. Dunque Beatrice era cosa mortale. 13) V. N. S. 27, Son. XVI. 14) Sonetto citato.

che umilia ogni perverso - 15). Non ha costei la vanità femminile di voler piacere ella sola; chè anzi tal lustro ella sparge sopra di chi la corteggia, che ciascuno in grazia di essa piace, e n'è da' riguardanti onorato. Nè solo in presenza ella riesce maravigliosa, ma eziandio in assenza; essendo ella negli atti suoi sì gentile, che chi se la rammemora, non può a meno di non sospirare con amorosa dolcezza.

VI. Ritorniamo all' inchiesta. Se Bice o Beatrice era una fanciulla, perchè lodolla il Poeta in alcun componimento della Vita Nuova, come s'ella fosse la Scienza Morale? VII. Per questo appunto, direi, ch' egli era innamorato e Poeta, gli piacque celebrarla con lodi sì grandi, o per secondar il genio dell'amico suo Guido, il quale si fosse annojato, come filosofo, di una pura leggenda di vani amori; o perchè egli stesso aveva cominciato in allora a gustar alcun poco della Filosofia. Imperocchè quantunque i poemetti della Vita Nuova gli avesse egli la maggior parte composti nella prima sua età, cioè nell' adolescenza ; non gli ordinò però egli e distese colla narrativa de' suoi casi amorosi, che dopo d'esser entrato di due o tre anni nella seconda, cioè nella gioventù, quando, mancata già a'vivi Beatrice, egli addestravasi ad esser amante della Sapienza. E qui mi si permetta, poichè questo punto non è stato per anco, ch' io sappia, osservato dagli scrittori Danteschi, ch'io un po' meglio il dichiari.

VIII. Credo dunque di poter asserire, che le Rime della Vita Nuova le scrisse bensì l'Autore, la maggior parte di quelle, prima d'entrar nella gioventù; ma non le ordinò in libro col racconto in sua prosa degli occorsi accidenti e delle occasioni, per cui le compose, e colle divisioni di esse, come le abbiamo al presente per diligenza del benemerito sig. Can. Biscioni, che dopo la morte di ben due anni della sua donna. Ciò s' apprende dal Conv. Tratt. II, Cap. II: « La stella di Venere, ei dice, due fiate era ri« volta - 16) in quello suo cerchio, che la fa parere serotina, e mattutina, secondo due di« versi tempi; appresso lo trapassamento di quella Beatrice beata, che vive in Cielo con « gli Angioli, e in terra colla mia anima; quando quella gentil donna, di cui feci menzione << nella fine della Vita Nuova, parve primamente accompagnata d'Amore agli occhi miei, «<e prese luogo alcuno della mia mente. E siccom'è ragionato per me nello allegato li« bello, più da sua gentilezza, che da mia elezione venne, ch' io ad essere suo consentissi, <<< che passionata di tanta misericordia si dimostrava sopra la mia vedova vita, che gli spi« riti degli occhi miei a lei si fero massimamente amici» ecc. Or l'anima nobilissima di Beatrice (V. N. § 30) si partì nella prima ora del nono giorno 17) di Giugno in quell' anno della nostra Indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero era compiuto nove volte in quel centinajo, nel quale in questo mondo ella fu posta, ed ella fu de' Cristiani del terzodecimo centinajo. Per questo computo ella morì nel 1290. Due anni appresso mostrossi a Dante la sovraccennata gentil donna consolatrice : il qual fatto è descritto nella Vita Nuova al § 37. Egli adunque, per quanto presto abbia cominciato, non può aver composto il detto libello, che nell' anno 1293, nel 28

15) Nella seconda Canz. del Conv., st. 4. 16) Cioè nel suo epiciclo, ch'è quel cer chietto, per cui si muove la stella di Venere. Questa compie il suo giro in un anno.

47) Di Giugno, l'ho scritto io per andar alla presta: poichè Dante, a fine di ridurre, quanto gli fosse possibile, tutte le circostanze del tempo, in cui mori la sua douna, al numero nove, si distende egli in questa maniera Io dico, che secondo l'usanza d'Italia, l'anima sua nobilissima si partì nella prima ora del nono giorno del mese. E secondo l'usanza di Siria, ella si partì Dante, Vita Nuova,

:

....!

nel nono mese dell'anno ; perocchè il prímo mese è ivi Tismin, lo qaale a noi è Ottobre. E secondo l'usanza nostra, ella si partì in quell'anno ecc. D' onde argomento così: Se tutto ciò, che egli scriveva della sua Beatrice, era finto, perchè affaticarsi egli a cercare fin nella Siria il mese al nostro Gingno corrispondente, che là fosse il nono, quando comodamente finger poteva il transito di lei in Novembre, che per vocabolo e numero, all'uso fiorentino, appunto era il nono?

L

della sua età, quando egli aveva cominciato a gustar del nettare della Filosofia; e però non è maraviglia, se qua e là ei n' abbia spruzzato quel libro

18).

IX. Ma se anche fosse, che delle stille filosofiche sparse nella Vita Nuova io non sapessi allegarne ragione, non dovrebbe ciò nuocere all' assunto mio, ch' è di provar vera femmina, e Fiorentina, e chiamata Bice, a tutta Fiorenza - 19) notissima, la douna di Dante, come ho fatto col Sonetto: Guido, vorrei ecc., nel qual mi pare che Dante stesso si sia spiegato abbastanza; e come son per fare di nuovo, confermando colle sue stesse parole, che questa douna l'amò egli di cocentissimo amore, e rimase afflittissimo della di lei morte, e due anni e più la pianse inconsolabilmente, prima ch'egli sanar potesse la piaga del suo dolore. Ecco ciò ch' egli scrive nel Convito, Trat. II, Cap. 43. <<< Come per me fu perduto il primo diletto della mia anima - 20), della quale fatto è menzione di sopra, io rimasi di tanta tristezza punto, che alcuno conforto non mi valea. Tuttavía dopo alquanto tempo, la mia mente, che si argomentava - 21) di sanare, provvide ( poichè nè il mio, nè l'altrui consolare valea) ritornare al modo che alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere quello, non conosciuto da molti, libro - 22) di Boezio, nel quale, cattivo e discacciato, consolato s' avea. E udendo ancora, che Tullio scritto avea un altro - 23) libro, nel quale trattando dell'amistà, avea toccate parole della consolazione di Lelio, uomo eccellentissimo, nella morte di Scipione amico suo, misimi - 24) a leggere quello. E, avvegnachè duro mi fosse prima entrare nella loro sentenza, finalmente v'entrai tant' entro, quanto l'arte di Grammatica, ch' io avea, e un poco di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi - 25) come sognando, già vedea; siccome nella Vita Nuova si può vedere. E siccome esser suole, che l'uomo va cercando argento, e fuori della 'ntenzione trova oro, lo quale occulta cagione presenta, non forse sanza divino imperio; io, che cercava di - 26) consolare me, trovai non solamente alle mie lagrime rimedio, ma vocaboli d'autori, e di - 27) scienze, e di libri; li quali considerando, giudicava bene che la Filosofia, che era donna di questi autori, di queste scienze, e di questi libri, fosse somma cosa; e immaginava lei fatta come una - 28) douna gentile, e non la potea immaginare in atto alcuno, se non misericordioso; perchè si volentieri lo seuso di vero l'ammirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo immaginare cominciai ad andare là, ov'ella si dimostrava - 29) veracemente, cioè -30) nella scuola de' religiosi e alle disputazioni de' filosofanti;

18) A questo mio divisamento non pregindica ciò che dice Dante nel suo Conv. Tratt. I, Cap. I, d'aver parlato, cioè, nella Vita Nuova, prima d'entrar nella gioventù; poichè ciò dee intendersi della maggior parte de' componimenti in quella recitati, non di tutti, come nè anco di tal qual comento ch' egli vi fece poi.

19) Come la dice il Boccaccio nella Pita di Dante, che, secondo ch' egli attesta, la vide e conobbe vivente.

20) Perchè il primo diletto, o 'l primo suo amore, fu Beatrice, per questo dice, della quale altrimenti sarebbe discordanza in persona.

21) Chi è sano, non usa l'ingegno a sanarsi. Dunque Dante non un' arte, o una scienza amava, ma una donna, che morendo lasciato l'avea in troppa afflizione.

22) De consolatione Philosophiae.
23) Intitolato Laelius, seu de Amicitia.

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