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somigliare, almeno nelle debolezze, a coloro che per altezza d'ingegno a tutti a gran pezza sovrastano . . . . . . Di questa visione fa l'argomento d'una Canzone, una delle migliori tra le inserite in cotale opera: Donna pietosa e di novella etate, ecc. Un' altra ancora ch' egli scrisse poco dopo la morte di Beatrice - Gli occhi dolenti per pietà del core ecc., ed alcuni sonetti della medesima epoca, hanno del naturale e del tenero, un tuono di melanconía e di tristezza, ch'egli pare abbia saputo dare troppo meglio che ogni altro poeta, innanzi del Petrarca, alla poesia italiana. Uom resta attonito, in vedendo che alcune figure di stile, alcune fogge affettuose che sembrano create dal Petrarca, erano state dettate lungo tempo prima a Dante da un amore ugualmente verace, e da un dolore per avventura più profondo.

LL

M. SISMONDI

Tra

(De la Littérature du Midi de l'Europe. Paris 1819, vol. 4 in-8.0 duzione anonima della parte che concerne all' Italia; credesi di Luigi Rossi. - Milano 1820, vol. 2 in-8.o).

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Innamoratosi Dante infin dalla sua prima infanzia di Beatrice, figliuola di Folco Por

tinari, la perdette in età di venticinque anui. Durante tutta la sua vita egli rimase fedele alle rimembranze d'un amore, che già per quindici anni avea favorito tutti gli sviluppi dell'anima sua, e che si era per tal guisa associata a tutti i suoi sentimenti più nobili, a tutto ciò ch' egli trovava di sublime nel suo proprio cuore.

Erano probabilmente già dieci anni che Beatrice era morta, quando Dante, ponendo mano ad un poema che l' occupò sino alla fine della sua vita, asseguò ne' suoi versi il primo posto alla donna ch' egli avea si tenerameute amata. Immagini divine ed umane si univano in quest' oggetto del suo culto, e la Beatrice del Paradiso si presenta a vicenda o come la più cara delle donne, o come l'emblema della divina Sapienza. Onde il padre della moderna poesía, in luogo di trattar l'amore come aveano fatto gli antichi, vide in esso un sentimento puro, elevato, religioso, che nobilitava e santificava l'anima : niuno di quelli che imitarono l'esempio di lui, rendette mai alla sua amata un omaggio più augusto e commovente ( Vol. 1.o, pag. 42).

MM

M. VILLEMAIN

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(Cours de Littérature française. Littérature du moyen âge en France, en Italie, en Espagne et en Angleterre. Bruxelles 1834, vol. 1, Leçon XIème, pag. 313).

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Avvi un primo scritto di Dante, opera originale, da cui si può scorgere e predire

l'uomo che comporrà il Paradiso, il Purgatorio e l' Inferno; quest' opera è la Vita Nuova.

È dessa un racconto d'amore; è la confessione d' un poeta, e non soltanto d'un poeta pieno d'anima e di tenerezza, ma d'un poeta ingegnoso e sapiente. Sotto questo rapporto egli porge un contrasto singolare d'entusiasmo e di scolasticismo, che dinota l'uomo ed il secolo.

Trattasi per Dante di nicchiare ventiquattro sonetti da lui composti in diversi tempi per Beatrice. Ogni sonetto ha, per così dire, la propria notizia. Ivi si trova il modo di vivere in Firenze alla fine del tredicesimo secolo verso il 1295. Lacerata dalle fazioni dei Ghibellini e dei Guelfi, non era Firenze nientemeno che una città di galanterie e di feste. Le riunioni di piacere, le passeggiate, le danze, gl' incontri nelle chiese (e in Italia la chiesa era un convegno ), sembrano gl' incidenti di quella vita occupata nell'amore. Alle ceremonie de' funerali mescola vansi commoventi usi, simili a quelli della Grecia moderna ; e questi erano altrettante ispirazioni, che sviluppavano il poetico ingegno e l'emozione malinconiosa di Dante. Imperciocchè il genio di questo grande poeta non è già soltanto italiano, ma visionario, triste, esaltato; e s' egli fosse meno naturale, lo chiame rei germanico.

Ma ciò che nella Vita Nuova mostra soprattutto l'anima agitata di Dante; ciò che fa vedere, esser egli dominato dalla poetica fantasía, è una lunga narrazione, della quale nulla io vo' togliere: tanto originali ne sono l'espressioni, e bastevoli a farci comprendere il suo genio. Potrà ciò sembrarvi un sogno, una visione, un'estasi ? non importa. Se voi ci rinvenite qualche cosa assai straordinaria, affatto estranea ai modi usuali della ragione, avvertite che con un sentimento tranquillo e regolato non si osano concepire le creazioni sublimi della Divina Commedia ; e rammentatevi del detto di Seneca: Nullum est magnum ingenium sinè mixtura dementiae.

Una potente immaginazione, una viva sensibilità, questi due spiriti vivificatori della poesía, non possono arrivare all' estremo, senza qualche volta accostarsi al delirio. Conviene ch'io vi faccia ravvisare quest'uomo di genio, quand' anche doveste credere che quest'uomo di genio fosse un frenetico. (Qui segue una fedele ed animata versione in francese del sogno, che a Dante ammalato rappresenta la morte di Beatrice. Tale narrazione forma il soggetto del §. XXIII della V. N. pag. 47. * ). ́

Cosiffatta estasi pietosa, questa mistica visione, gli Angeli intrammessi alle memorie di Beatrice ; tutto ciò non rivela forse la vera ispirazione della Divina Commedia? Fa egli d'uopo cercarla altrove, e crederla tolta in prestito a qualche favolatore? Non è egli manifesto, che Dante la portava in sè stesso, perfino nella sua febbre e ne' sogni suoi ?

(Traduz. dell' Editore )

(Revue des deux Mondes.

NN

M. FAURIEL

Tome 4.ème, troisième Série. · mois d' Octobre, pag. 38 a 44 ).

Paris 1834,

primo avvenimento rimarchevole della Vita di Dante ha forse deciso del suo destino poetico, ed è un tratto della sua infanzia. Vigeva in Firenze un' antica usanza di festeggiare con solennità il ritorno della bella stagione, sul principio di maggio. Per tutte le vie, su tutte le piazze, in tutte le case non v'erano che divertimenti, canti, balli, e liete adu

nanze di parenti, d'amici e di vicini. Il padre di Dante, per nome Allighiero, avea per vicino Foleo Portinari, uno de' più ricchi cittadini di Firenze, e da tutti tenuto in istima per la sua pietà, la sua probità e la sua beneficenza. Secondo l'uso, Folco avea riunito in sua casa un gran numero di persone, fra le quali trovavasi Allighiero accompagnato dal piccolo Dante, il quale avea già passato il nono anno.

Nella folla de' fauciulli assembrati in questa domestica festa annoveravasi la figlia di Folco Portinari dell' età di nove anni, chiamata Bice, graziosa abbreviazione del nome di Beatrice. Chi mai pensato avrebbe, che la vista di questa fanciulla produr potesse sopra un altro fanciullo una incancellabile impressione? E nondimeno ciò accadde, se deesi prestar fede a Dante medesimo; e in quali termini egli parlasse diciott' anni dopo di questo incontro, quand'era già uomo adulto, e ormai gettatosi nella vita tempestosa del suo tempo, e dopo la morte di Beatrice, può desumersi dal principio d' una sua operetta col titolo di Vita Nuova, libro curioso e interessante per lo studio del carattere e del genio di Dante.

Certo è che Beatrice apparve a Dante come un essere soprannaturale, che bentosto divenne l'oggetto de' suoi più dolci pensieri; ed è certo che il sentimento, che a lei lo trasse, dovea essere il movente di ciò che di più elevato e più puro conteneva il suo genio. Questo sentimento fu nella sua anima il solo sempre scevro d'amarezza, il solo che potesse mescolarsi ancora colle idee pietose delle ultime ore.

Prima fra le sventure di Dante fu la mancanza del padre, ch'egli perdette essendo ancora fanciullo. Appare che sua madre nulla trascurasse per l'educazione di lui ; ma non si conoscono particolari sicuri intorno a' suoi studii. È probabile ch' egli studiasse a Bologna nella sua gioventù; ma s'ignora quali materie, e sotto quali precettori. Il solo che la tradizione accenna avergli dato qualche istruzione, è Brunetto Latini, notajo della Repubblica fiorentina, e l'uno de' personaggi più illustri, nel quale associavasi felicemente la cultura delle lettere col saper trattare i pubblici affari. Rimangono di lui alcune opere, le quali non sono prive d'interesse, avuto riguardo al loro tempo; il Tesoro, specie di ́esposizione in prosa francese di tutte le cognizioni allora coltivate; e il Tesoretto, altro trattato morale e scientifico, in versi italiani. Quanto alla poesía amorosa, che a que' tempi era di moda, Brunetto non vi si esercitò punto, ovvero con poco frutto; o almeno non hansi di lui in questo genere che alcuni versi di poco conto; dimodochè s'egli insegnò veramente qualche cosa a Dunte, furon piuttosto gli elementi delle scienze, che la volgare poesía. Non si sa da chi Dante apprendesse quest' arte; e forse egli fu maestro a sè stesso, limitandosi a studiare i componimenti dei poeti non pochi, ch'erano allora in nominanza; particolarmente di Guido Guinicelli di Bologna, che in fatti godeva i primi onori. Checchè però sia, aveva egli appena diciannove anni, quando arrischiò il suo primo saggio in poesía con un Sonetto non meno bizzarro per l'idea che per la forma, nè per verità di gran valore. Ma questo Sonetto fu il principio poetico di Dante, e merita quindi che se ne tenga qualche discorso.

Un giorno, era il primo in cui Beatrice aveagli rivolta graziosamente la parola, Dante ritirossi, giunta la notte, nel proprio appartamento, ed essendosi addormentato nella contentezza di tale rimembranza, fece un sogno assai stravagante; parvegli vedere l'Amore in sembianza lieta bensì, ma da cui traspariva alcunchè di minaccioso e terribile. Egli tenea fra le sue braccia una donna dormiente, che bentosto Dante riconobbe per Beatrice, quantunque coperta dal capo ai piedi d'una veste porporina. In una delle mani l'Amore portava una cosa infiammata: «Ecco il tuo cuore », diss' egli a Dante, mostrandogli quella cosa. E quindi svegliando la bella che dormiva, presentolle a mangiare quel cuore che aveva in mano. Dopo qualche esitanza, Beatrice avea finalmente ubbidito all' Amore, ed erasi pasciuta, benchè con paura, del cuore ardente. Pareva l'Amore averne gioíto; ma breve era stata la gioja sua: chè messosi ad un tratto a piangere amaramente, e portandosene Beatrice fra le braccia, era salito al cielo, disparendo con lei.

Questa fu la visione più bizzarra che poetica, la quale Dante descrisse in un sonetto sotto forma di quistione, per domandarne spiegazione.

Convien sapere, che fra' poeti toscani del secolo XIII correva l'uso, ed era esercizio gradito, l' indirizzarsi l'un l'altro per mezzo di sonetti certi enimmi o problemi poetici sopra quistioni difficili o capricciose, d'amore, di galantería e di metafisica cavalleresca. Ciascuno di quelli, a cui alcuna di tali quistioni era diretta, studiavasi come potea meglio di rispondere, avvegnachè offrivasi a lui una bella occasione di far prova di sapere e d'ingegno.

Dante fece come gli altri: mandò il suo sonetto enimmatico ai poeti toscani, e non attese molto a riceverne parecchi altri sonetti in risposta. Tre di questi ne giunsero fino a noi uno è attribuito, ma falsamente, fuor di dubbio, a Cino da Pistoja, il quale non avendo allora che quattordici o quindici anni, non poteva esser consultato in quistioni sottili d'amore e galantería; il secondo era di Guido Cavalcauti; e il terzo, di Dante da Majano, rimatore di poca vaglia, ma allora assai più celebre di Dante Allighieri. Guido Cavalcanti e Cino da Pistoja, o per dir meglio il poeta incognito il cui sonetto fu a Cino attribuito, presero in sul serio la visione e la quistione, e vi fecero una risposta cortese. Dante da Majano non le intese ugualmente: esse gli parvero più presto pazze che altro ; e diede caritatevolmente, a chi gliele avea dirette, un consiglio equivalente a quello di prendere una copiosa dose d' elleboro.

Questa poetica fanciullesca corrispondenza non riuscì tuttavia per Dante priva d'importanza e vantaggio; essa gli porse occasione di stringersi in benevolenza o in amicizia colla maggior parte de' poeti da lui consultati intorno alla sua visione, segnatamente con Guido de' Cavalcanti ; e fu tra questo e lui tanta la simpatía, che resistè a più prove pericolose, e non fu distrutta che dalla morte.

Dante fu incoraggiato a tentar nuovi saggi poetici dopo il buon successo del primo. Noi lo vediamo per sei anni consecutivi, dal 1283 al 1289, occuparsi unicamente di poesía, tormentato continuamente dal bisogno d' esprimere in qualche guisa l'entusiasmo amoroso di cui riempivalo Beatrice, e superare sè stesso ogni qual volta industriavasi a trovare imagini, parole e armonía confacenti alle proprie emozioni ed idee.

In questo intervallo probabilmente gli venne il primo pensiero, il progetto ancora informe e vago del grande componimento, che fu poi la Divina Commedia...... Dopo la battaglia di Campaldino (1389) dispiaceri d' ogni genere attendevano Dante a Firenze. Appena rientrato ne' domestici focolari, fu assalito da un' infermità che grandemente lo travagliò per più giorni. Quando fu guarito, gli toccò dividere il dolore cagionato a Beatrice dalla morte di Folco Portinari padre di lei. Finalmente fu colpito più direttamente e non meno crudelmente che potesse avvenirgli: Beatrice morì il di 9 Giugno 1290, nell' anno vigesimo sesto dell' età sua, entrata da non molto tempo per matrimonio nella nobile famiglia de' Bardi.

Tutto ciò che Dante potè fare in sul principio di questa perdita, fu di lagrimare e abbandonarsi interamente al suo dolore. Già più mesi passarono, prima che gli riuscisse esprimere il suo rammarico in versi ad onore di Beatrice. Allora egli la celebrò, la pianse, la divinizzò in più Canzoni e Sonetti; ed il quadro di questi componimenti parendogli troppo angusto e volgare per tutto ciò che volea dire sopra tale soggetto, scrisse una lettera latina diretta ai re ed ai principi della terra, per dipinger loro la desolazione in cui la morte avea lasciato Firenze e tutto il mondo. Per cominciamento di questa lettera egli avea preso famose parole di Jeremía: Quomodo sedet sola civitas plena populo? etc. In queste parole nulla egli rinveniva di troppo solenne per le sue impressioni.

(Traduz. dell' Editore)

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M. OZANAM

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(Dante et la Philosophie catholique au treizième siècle Versione italiana con note di Pietro Molinelli. Milano 1841, pag. 273).

La società cattolica nel 13.° secolo presentava condizioni più favorevoli. Già si levava

un concerto di voci poetiche dalle rive dell' Adige al faro di Messina. In mezzo alle montagne dell' Umbria S. Francesco d'Assisi improvvisava inni, in cui la sua ardente carità si versava fin sulle più umili creature; il Beato Jacopo da Todi componeva canti religiosi nella sua prigione; e fuori del chiostro una maggiore libertà autorizzava Guitton d'Arezzo a celebrare a quando a quando la Regina degli Angeli e le figliuole degli uomini. Guido Cavalcanti componeva la famosa Canzone, che definisce la natura dell' amore, il cui pensiero tutto filosofico attirò l'attenzione dei dottori. Le rime di Dante da Majano si guadagnarono il cuore di Nina la Siciliana, ch'egli non vide giammai. Subito poi doveva levarsi la stella di Petrarca. Tale fu l'epoca, cui si riferisce la seguente narrazione; l'introduzione della Vita Nuova prima opera di Dante, e forse la perfezione della Divina Commedia – 1). A datare dal glorno 1.° Maggio 1274 Dante segue la storia della sua vita interiore, e ci fa assistere allo svolgimento simultaneo della sua coscienza e del suo genio. — Beatrice era per lui un tipo di perfezione, una cosa celeste cui bisognava arrivare, liberandosi dal fango delle affezioni viziose, elevandosi collo sforzo sostenuto da una istancabile volontà. Ancor fanciullo una voce segreta lo spinse di sovente a visitare la casa vicina, in cui cresceva la giovinetta; e sempre se ne partì migliore. Più tardi, all'età delle passioni, in mezzo alle violenze d'un temperamento impetuoso, in mezzo agli esempii di tanta gioventù dissoluta, che non si arrestava tampoco alla vista del sangue, bastava a lui per ridurlo all'impotenza del male, per ridonargli l'energia del bene, bastava aver visto da lungi la pietosa figura della sua diletta. Circondata dalle compagne, essa gli appariva come una immortale discesa fra le donne di quaggiù per ornarne la debolezza e proteggerne la virtù. Inginocchiata a pie' degli altari, ei la vedeva cinta dell' aureola, partecipante al poter dei Beati, mediatrice pei peccatori; e sentiva venirsi sulle labbra la preghiera più confidente e più facile. Ma quando al ritornare egli l'aspettava per istrada, e ne riceveva il benevolo saluto della fraternità cristiana, egli solo può esprimere ciò che allora sentiva. Del resto questa impressione era sì viva e disinteressata che Dante credeva avvenisse anche in molti altri, e se ne godeva.

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Ma la volontà non può prendere il volo, senza portarsi seco l'intelletto non sapreb

1) Qui l'autore riporta il §. II della V. N., che può leggersi a suo luogo, pag. 2; e quindi soggiunge in nota: « Le espressioni scientifiche prodigate in questa prima pagina della Vita Nuova non debbono assoluta. mente essere considerate come lo sfoggio d'inutile dottrina. Per lo contrario bisogna riconoscere il mistico valore che il Poeta attaccava alle emozioni della propria fanciullezza, la sua sollecitudine a respingere le apparenze d'un amore volgare, il desi

derio infine di render più solenne l'apparizione di Beatrice. D'altra parte diventa impossibile il ridurre la donna di questo nome ad una parte esclusiva d' idea astratta, con tante indicazioni precise. Un' idea astratta a nove anni! La Teologia uscente dalle fasce appena, al secolo XIII dell'éra cristiana! Boccaccio (Vita di Dante) narrò il momento del primo vedersi dei due fanciulli,e Benvenuto da Imola ne ha riportato i principali tratti ». (V. sopra, pag. XXIX).

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