Sayfadaki görseller
PDF
ePub

di ogni sua possa la libertà dei Comuni italiani, lor si rese da ultimo arrendevole. La libertà fu costituita ; ma pensate voi che ciò avvenisse per la protezione ai Comuni accordata dal papa Alessandro III, di cui tanto scalpore menano quelle istorie che non guardano all' intimo delle cagioni? I papi mai non favorirono i Comuni che per grandeggiare temporalmente col loro aiuto sugl' imperatori. Solo i Comuni avevano combattuto, avevano sparso il sangue, avevano vinto eppure al congresso istesso di Venezia che, frutto di lor valore, fu indetto da Alessandro III i Comuni vennero dimenticati, e il loro sacrificio sarebbe stato compiuto se non avessero poi fatto valere dinanzi all'imperatore le ragioni che un popolo acquista sempre coi sacrifici e col sangue.

Federico II, nato a Jesi dello Svevo Arrigo VI (figlio al Barbarossa), e di Costanza la normanna, dal padre eredita l'impero, dalla madre il regno delle due Sicilie. Sulla, cattedra di Pietro sta Innocenzo III che del giovinetto Federico assume la tutela, ma coll' intendimento (notate bene) di slegare dall'impero il reame di Napoli, perocchè se gli stati della Chiesa fossero rimasti fra Napoli e l'impero, il temporale dominio era in pericolo, della supremazia universale dei papi sarebbe stato nulla. Intanto Innocenzo si afforza di frati bigi, bianchi e neri, crea l'ordine de' Francescani, solo che riuscisse buono, crea quello dei Domenicani, che fin dal nascere suona violenza, stragi, fiamme, inquisizione, e credendosi forte abbastanza contro l'impero, intima a Federico di rinunciare alla corona di Napoli, e di starsi alla imperiale contento.

Il giovane imperatore che, colto e prode e gentil cavaliero, onorando in Sicilia i veri poeti, e poeta egli stesso, già aveva scritto leggiadri versi d'amore nella nostra volgare favella, e accerchiandosi de' migliori italiani del suo tempo, al fianco già si teneva, come gran cancelliero, Pietro delle Vigne, grand' uomo di stato, e anch' egli de' primi poeti che vanti quell'età; all' intimazione del pontefice di abbandonare le due Sicilie, in quella vece viene riciso a Napoli, là fa sua residenza e quasi centro dell' impero, trasporta di Sicilia a meglio italianarli, in Nocera e Lucera gli ultimi Saraceni, se ne fa di buone e fidate lance contro i frati bigi, bianchi e neri di Innocenzo, e prodiga ai Napoletani ogni maniera di buone e savie leggi che Pietro delle Vigne in apposito codice redige. Che più? Insieme ai baroni ed ai vescovi chiamava alle diete due buoni uomini di ciascuna città o borgo (non eccettuate le terre sottomesse ai Baroni) acciocchè esponessero i bisogni dei loro rappresentati; e, se d'uopo ve n'era, facessero lamenti per le leggi violate dai pubblici ufficiali primo esempio di rappresentanza politica com' oggi è inte

-

sa! Infine entrando nel gran proposito dell'epoca, le crociate, sposa Jolanda di Lusignano, ultima erede alle ragioni del trono di Gerusalemme. Innocenzo III disobbedito, si sente d'angoscia morire, e per liberarsi da un pericoloso nemico, ordina all'imperatore pronta partenza per la crociata. (continua)

COMMENTO MITOLOGICO ALLA DIVINA COMMEDIA (Cont., V. N.o 15, pag. 104).

Virgilio e Beatrice.

Torno su questi due personaggi, perchè reali a un tempo ed allegorici. Virgilio è rappresentato quello che è, romano, quindi a fronte di gravissime difficoltà forte, animoso, ed insieme, riflette il Ranalli, dolcemente affettuoso e verecondo, come ce lo rappresentarono le sue opere. Ed in lui è saviamente personificata la sapienza, la filosofia umana, e mostrato quelle verità che sono del suo dominio e quali sieno i confini oltre i quali la ragione abbandonata a sè stessa non può fare un passo. E siccome ogni verità è un riflesso, un raggio della mente divina, Beatrice, la sapienza celeste dice: Di te mi loderò sovente a Lui. Ed ecco come Virgilio nell' Inferno inviato da Dio vince i più terribili ostacoli, come può superarli la sapienza umana quando non è in opposizione colla divina, ed anzi si affida in questa come dice il poeta mantovano nel Canto XXVII del Purgatorio allora che per confortar Dante gli parla di Beatrice ed esclama: Gli occhi suoi già veder parmi, e all'apparir di lei confessa che il proprio officio è finito mentre che vengon lieti gli occhi belli, indi si tace ed ammira la sapienza divina che rivela profondi misteri, e presso alla salita inverso il cielo ratto si dilegua. E meravigliosamente opera la sua nuova Guida sottentrata a Virgilio, e come si può congetturare operi la teologia, il lume rivelato dal Signore. Non dimentica il Poeta nostro l'antica sua fiamma giovenile per la Portinari, e via via ne tralucono vivi lampi. Pure non le attribuisce, come riflette il Ranalli, altro volto, altre parole, altri atti che dichiarerà meritato si onorato luogo in Paradiso e di voleri divini era fedele interprele e portatrice; tutti convenientissimi al personaggio allegorico, alla scienza personificata di che egli informa la sua cara Bice. E la dipinge nel Canto XIII del Purgatorio con colori di tanta vivezza e soavità da vincer quelli coi quali l'Angelico, il Correggio e Raffaello ritraevano gli spiriti beati, tanta fragranza di cielo dappertutto tramanda qui e ne' Canti del Paradiso, dove la donna divina favella ed opera."

Caronte.

Caron dimonio con occhi di bragia,
Loro accennando, tutte le raccoglie:
Ratto col remo qualunque s'adagia.
(Inf., c. III).

Caronte, il vecchio bianco per antico pelo, detto dagli antichi figlio dell' Erebo e della Notte, ha l'ufficio di traghettar col pagamento di piccola moneta le anime che passano nude di corpo da questo all'altro mondo. Virgilio cantò che presso alla riva del fiume infernale si raccoglie ogni generazione di uomini e sole passano quelle anime i corpi delle quali non restarono insepolti di qua. Al contrario il nostro Poeta, fedele alla teologia, fiaccola che rischiara tutto intero il suo cammino, afferma che qui solo si raguna pel terribile passaggio il mal seme d'Adamo, que' soltanto che non temevano Iddio, e muojono nell' ira sua. Così nell'atto di colorare splendidamente le sue immagini coll'uso dei pagani ha fedelmente serbato il costume, come a poeta e poema cristiano si addiceva.

Minosse.

Stavvi Minos orribilmente e ringhia :
Esamina le colpe nell'entrata :
Giudica e manda secondo che avvinghia.
(Inf., c. V).

Minosse non fu giusto, ma feroce. Fu dai poeti pagani immaginato fosse uno de' giudici dell' inferno, ma forse solo per la sua inflessibile e ferma severità. Dante ne fa un orribil mostro di giudice ringhioso che giudica e manda secondo che avvinghia, cioè che rivolge la coda in sè stesso. S'ei lo teneva per innocente nol cacciava nello Inferno. E' non risiede pro tribunali in premio delle sue virtù, ma è uno stromento della divina giustizia incaricato a scerre il grado e qualità di pene che sieno più adequate alle colpe.

A

Fratelli Nistri, Tipografi Librai in Pisa. Commento di FRANCESCO da BUTI sopra la Divina Commedia di DANTE ALLIGHIERI (letto nella Università di Pisa dal 1365 al 1440, Testo di Lingua inedito, citato dagli Accademici della Crusca nel loro Vocabolario) pubblicato per cura di Crescentino Giannini, Pisa 1858-1862. Tre gr. Tomi in 8.o con Ritratto di Dante dip. da Giotto, e del Buti.. it. L. 45, 00 Lo stesso, Edizione da Biblioteche, in 8. massimo di carta imperiale con margini allargati (ediz. di 75 ́esempl.).. >>> 75,00

[blocks in formation]

Cerbero.

Cerbero fiera crudele e diversa

Con tre bocche caninamente latra Sovra la gente che quivi è sommersa. (Inf., c. VI).

Cerbero can di tre teste ricinte di serpi in luogo di capelli colla barba imbrattata nel sangue (unta ed atra) come la chiama Seneca, destinato a guardia delle porte infernali, dicevasi figlio del gigante Tifone e di Echinna. Si opinava fosse carezzevole alle anime che discendevano ne' regni bui, furioso fiuo ad addentarle contro a quelle che ne tentavano l'uscita. Virgilio, non con l'offa, ma lo placa con terra gittata dentro alle canne bramose, forse volendo signi ficare che i corpi umani, de' quali quel gran vermo era avido, non sono che terra. Questo mostro, introna l'anime si ch'esser vorrebber sorde. Forse con questo ha voluto alludere al rimorso, seguace indiviso della colpa, e che martella senza posa i reprobi.

NOTIZIE

L. N.

Il nostro amico, l'egregio poeta Napoleone Giotti ha immaginato un grandioso ballo, rappresentante oltre i trattati più salienti della vita di Dante, anche i più belli della sua visione nei tre Regni. Questo ballo dovrà rappresentarsi in Firenze, durante la Festa del venturo anno. Desideriamo che il celebre coreografo sig. Rota accetti di comporre questo spettacolo dantesco, nel quale la sua maestria non può che trovare nuova occasione di farsi onore. A Tolentino, città delle Marche e patria di Francesco Filelfo, uno dei primi commentatori di Dante, si dà opera onde concorrere in maniera assai degna e durevolmente profittevole alla festa nazionale di Dante, inaugurando un libero insegnamento sulla Divina Commedia da impartirsi agli allievi di quel Liceo nei giorni di vacanza. Sappiamo che l'egregio prof. Cesare Bernabei autore di sì bella proposta, ha già avanzato domanda in proposito a quel Municipio, e che il sindaco conte Silvani è favorevole al progetto. Nessun dubbio che l'intero Consiglio municipale di Tolentino accolse unanime la nobile proposta, dalla quale tanta utilità dee venire alla gioventù. ISI

BENVENUTO RAMBALDI

DA IMOLA

ILLUSTRATO NELLA VITA E NELLE OPERE

E DI LUI COMMENTO LATINO

SULLA DIVINA COMMEDIA DI DANTE ALLIGHIERI
voltato in italiano

DALL'AVVOCATO GIOVANNI TAMBURINI.

In Imola presso T. Galeati e Figlio, editori, e in Firenze, presso G. Molini, al prezzo di Ln. 30.

(5)

Si pregano i signori Associati al GIORNALE DEL CENTENARIO a sodisfare il pagamento dell'Associazione.

Gli articoli letterari di questo Giornale non si potranno riprodurre senza licenza della Direzione.

G. CORSINI Direttore-Gerente.

[merged small][merged small][merged small][merged small][graphic][subsumed][ocr errors][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small]
[blocks in formation]

tesse in atto il disegno. La detta Proposta e la Deliberazione s'uniscono alla presente.

Or noi, per amore d'Italia e a nome del Consiglio Provinciale Fiorentino, vi preghiamo di consentire all' invito; vi preghiamo, cioè, ad inviarne quanto più si possa di rarità Dantesche, e a deputare qualcuno che vi rappresenti, anzi a venire quanti più potete fra noi. Vi preghiamo altresì a mandarci con qualche sollecitudine la nota dei capi che si spediranno, affinchè sappiamo in tempo qual' ampiezza di stanze abbisogni.

Riunire in un luogo codici, libri rari, opere d'arte sul medesimo soggetto, gioverà per accoglierne intera l'idea, per disascondere molti tesori, e come impulso fortissimo agl' Italiani di ravviare la letteratura e l'arti nostre ad un segno ch'è smarrito. La vita intellettuale d'un popolo non risorge per esterni riscaldamenti, ma s' invigorisce di dentro, talchè ripossegga sè stessa e, nell' impeto interiore, non trovi riposo se non operando; questa vivace spontaneità si riprenda per emulazione ad un alto esemplare.

E tanto più miglioreremo, quanto più gli Italiani si cerchino, si rivedan tra loro, si riconoscano alfine; ottimo ritrovarci fra noi per solo amore di famiglia,

raccoglierci tutti nel tempio di San Giovanni per la letizia d' un' alta idea significata da un Nome che informi di sè gli animi, come dall' uomo che convita prendono qualità i convitati.

Sui modi particolari dell'esser nostro civile, come non unica mai, così diversa la sentenza di Dante da molti suoi contemporanei e da' posteri: ma pel sostanziale, niun dubbio ch'egli desiderò ricomporre le scongegnate parti d'Italia. Questo è a noi tutti proponimento supremo; or venite a festeggiarne il Poeta. Le sorti del cui nome risposero sempre perciò alle sorti d'Italia; negletto in tempi di servitù, amato quando appariva la libertà, o della libertà il desiderio e la speranza

Prima di tutte le unità, la unità morale, che più risplende nella letteratura. Sommo benefizio de cieli se la capitaneggi un nome grande, nome ch' ispiri virtù con la bellezza. Però ne' tempi felici di Grecia e d'Italia, come leggevasi Omero al popolo, così Dante; Omero ne' teatri, ma Dante in chiesa. Uniamoci, fratelli italiani, nel nome di Dio e di Dante suo poeta, il poeta d'Italia.

Firenze, li 23 Luglio 1864

Devotissimi

Prof. AUGUSTO CONTI

Cons. Provinciale e Membro del Comitato

GIUSEPPE PALAGI
Segretario del Comitato

Circolare ai Municipi della Provincia di Firenze. Per la festa del Centenario di Dante Allighieri deliberò il Consiglio Provinciale Fiorentino una pubblica mostra di tutto ciò che in modo più segnalato riferiscasi a Dante. La Giunta che il Consiglio eleggeya per effettuare la proposta, come ha pregato i Consigli delle altre Provincie Italiane ad invitare i loro Comuni, così a nome del Consiglio stesso invita i Comuni della nostra provincia.

Vi mandiamo la Proposta e la Deliberazione provinciale, da cui rileverete il fine e i modi della cosa. Ma più particolarmente vi preghiamo di dare incitamento per via di pubbliche notificazioni, o di Giornali, o di lettere, o in qualunque altro modo che le Signorie Vostre crederanno più conveniente, a chi abbia gallerie private, o sia conosciuto come amante di questi studi e di queste raccolte; raccomandando pur sempre sollecitudine a spedire la nota.

Vi mandiamo pure le lettere circolari che scrivemmo alle Provincie, chè le stesse valgono anche per noi, tutti.

Valgono molto di più, dacchè ogni Comune della Provincia Fiorentina partecipi la gloria di Firenze ove nacque l'Allighieri: la gloria ch'è altresì un terribile peso, Mostriame, con l'esultanza e con l'opera nostra,

di sentirne l'onore, ma più le obbligazioni. Converranno a Firenze i nostri fratelli e valentuomini d'ogni nazione; facciam loro tale accoglienza, che sempre più i figliuoli d'Italia ci amino riamati, e i forestieri rechino alla lor patria buone novelle della nostra civiltà e buone speranze del nostro avvenire. Firenze, li 23 Luglio 1864

Devotissimi

Prof. AUGUSTO CONTI

Cons. Provinciale e Membro del Comitato

GIUSEPPE PALAGI
Segretario del Comitato

ONORI DEI MUNICIPI ITALIANI A DANTE

Deliberazione del Consiglio Municipale di Lauria
(Lagonegro, Basilicata).

Adunanza del 28 Maggio 1864.

Aperta la discussione, in seduta pubblica, il consigliere sig. Sarubbi, chiesta ed ottenuta la parola, dice come il Municipio di Firenze volendo far ammenda della colpa degli avi, e placare l'ombra sdegnata del più grande Italiano, l'immortale Dante Allighieri, deliberava nel 44 Novembre 1863, di celebrare solennemente in Firenze nel Maggio 1865, mese cui corrisponde la nascita dell'Allighieri, il sesto centenario del fiorentino Poeta. Nel programma di una tale solennità è stabilito che in quel tempo sarà inalzata a Dante una statua colossale, scolpita all'uopo dall'artista Enrico Pazzi, la quale statua per deliberazione presa dal medesimo Consiglio municipale, a 17 Marzo 1864, dovrà essere collocata nella piazza Santa Croce, vicino al Pantheon delle glorie Italiane.

cipio invitava tutt'i Comuni Italiani per concorrere alla La Commissione all'uopo scelta dal menzionato Munispesa di tale monumento. A si nobile e patriottico appello non solamente i Comuni Italiani, ma anche le corporazioni scientifiche, letterarie ed artistiche rispondevano con offerte proporzionate ai loro mezzi, per portare il loro obolo al monumento del primo cittadino e sommo Poela Italiano. Or se il Municipio di Lauria non è tra i primi dell'Italia, certamente non è tra gli ultimi, sia per numero di abitanti e per amore che porta alla libertà ed alla indipendenza italiana, di cui Dante fu l'iniziatore ed il propugnatore, sia per il culto che professa alle lettere ed alla poesia italiana; cosi è dovere di questo Municipio di concorrere coi suoi scarsi mezzi finanziari a si nobile impresa, offrendo alla Commissione Fiorentina una somma qualunque pel monumento che si eleverà all'Altissimo Poeta.

Il Consiglio, ha considerato essere dovere di ogni culto cittadino onorare la memoria di quei grandi Italiani che resero illustre la patria, sia con azioni di valore, sia con atti di virtù, sia colle produzioni del loro ingegno;

Ha considerato, che oggi più che mai fa duopo onorare la memoria del grande Allighieri, che oltre di aver donato all'Italia il primo poema del mondo, e di aver creato col medesimo la lingua e la letteratura Italiana, fu pure il primo che gitto le basi dell'unità e della indi

pendenza d'Italia, che dopo sei secoli alfine a noi è stata subito nel locale delle Scuole Eugeniane il busto danteconcessa la fortuna di vedere altuala;

Ha considerato, che per l'amore di patria, e pei suoi sentimenti unitari e di vera libertà l'immortale Poeta ebbe a soffrire la povertà, la confisca delle proprie sostanze, il bando della patria, e l'esilio con tutte le sue angoscie ed umiliazioni. Fa duopo quindi placare l'ombra tuttavia adirata del Poeta e Cittadino Fiorentino;

E perciò a voli unanimi, espressi per appello nominale:

Il Consiglio Delibera;

1.o Far plauso ai Fiorentini pel divisamento di celebrare una festa nel sesto Centenario di Dante, e di erigere ad onore del medesimo una statua in Piazza Santa Croce; 2. Accogliere la proposta del consigliere Sarubbi, ed offrire alla Commissione promotrice per la statua di Dante la somma di Lire Cinquanta.

PARTE NON OFFICIALE

Memorie di Dante in Firenze

DI UN BUSTO DI DANTE NELLO STUDIO FIORENTINO. Lettera at Cav. Avv. Emilio Frullani.

Carissimo Amico.

Sarebbe cosa buona che parlandosi di Dante si dimettessero tutti i riguardi, e che quelle cose che sono nocevoli alla memoria del Poeta per altrui fatto venissero svelate con quella franchezza che l'Astigiano pose per precetto quando disse che, chiesto il vero, si deve dire con assoluta libertà. Un riprovevole arbitrio tolse di sulla porta dell' antico Studio Fiorentino il busto in marmo decretato già dagli Accademici a Dante; e la stampa, a parer mio, deve farne cenno ed esigere che si ripari. Chi dalla pubblica mostra sulla porta di quel luogo tolse il ritratto di Dante, posto dagli Accademici ad onore di quel Grande e ad eccitamento degli ingegni, operò malissimo, poiché, quantunque venisse addotto che collocandolo nelle interne stanze si preserverebbe dalle ingiurie del tempo, fu però per aggravarlo di oblio e non dimostrare più a lungo l'immagine di chi tanto avea combattuto i due poteri e gli altri vizi del clero. Tu mi rimetti il decreto reale, o la provvisione di quella inaugurazione in data del 1587; mi dici che il ritratto è tenuto come il più somigliante, ovvero autentico (molto traente alla somiglianza di natura, come dice il Missirini); mi dici quanto costò e con quali mezzi fu procacciato promuovendolo un Baccio Valori; aggiungi che fu tolto in sul principio del presente secolo, mostri irritazione per tullo ció; desideri che venga ridonato al pubblico e a me cosi povero di lumi domandi consiglio? Il mio consiglio, giacchè lo vuoi, sarebbe che in cosi giusto affare tu non ristassi punto; e giacché non ti manca di essere ascoltato e di aspettarti di essere esaudito vorrei che tu cercassi il sig. Operaio del Duomo, che non dipende dall'ecclesiastica autorità ma dalla civile, e lo pregassi a cercar

sco, e trovatolo, rimetterlo al suo posto. Il più lo hai già fatto investigando tutti questi ricordi, quindi non v'é timore di dubbiezze o scandali che possano nascere. Temer si dee di so'e quelle cose,

C'hanno polenza di fare altrui male,
Dell'altre no che non son paurose.

Intanto per metterti nell' impegno di compire le tue premurose ricerche, ti dirigo per la stampa la presente, come partecipe teco di un'intrapresa, alla quale, mercè la buona volontà, non può mancare prospero successo (1). G. GARGANI.

Firenze, 23 Giugno 1864.

AUTENTICITÀ DEL RITRATTO DI DANTE.

Lettera al Cav. L. Crisostomo Ferrucci.

Amico Carissimo.

Lessi quanto concerne il vero ritratto di Dante nel N.o 47 del Giornale del Centenario che prontamente mi trasmetteste. Non pare che giungesse alle mani de' Signori G. Milanesi e L. Passerini la Distribuzione 17, Anno XXVIII (8 Giugno 1861) dell' ALBUM di Roma; dove pubblicandosi per la prima volta il Ritratto di Dante esibito dal Cod. Laurenziano (già Strozziano 474) e rilevandosi, col degno rispetto, l'equivoco di m. A. M. Bandini, furono pur pubblicate unitamente a più altre, quelle avvertenze che in tuono di novità si vengono distendendo a pag. 134, col. 2, col cattedralico precetto che quel ritratto venga tolto dalle rarità poste a pubblica mostra in codesta principale Biblioteca.

A meno che il ritratto del Cod. Riccardiano 1040 non fosse improntato e tosto attaccato alla culla di Paolo Giannotti, che nacque nel 1430, quell' altro che si vede costi alla Laurenziana dovrebb' essergli prossimamente contemporaneo; dove già non fosse stato fatto per servirne a suoi ultimi giorni l' Ardinghelli, vissuto oltre il 1470. Se nell' età del Giannotti si terrà conto degli anni necessarii a raggiungere una ragionevole maturità, e all'Ardinghelli si scemeranno quei di una vecchiaja inabile a lodevoli lavori di penna, dovrà venirsi a quella giusta conclusione. E però sarà bene che in Biblioteca Laurenziana quel cimelio mantengasi, come merita, al suo posto. E meglio ancora sarà che non si alleggerisca di fede, e però di riverenza la figura di Dante giovine egregiamente ristaurata dal modesto e coscenzioso prof. A. Marini, di cui non è lecito ingiuriare la memoria colla teorica delle supposizioni, che informa i tre quarti della Lettera magistrale. Essendo che dell'autenticità di essa figura può dirsi quasi suggello il simbolo dei tre pomi coronati (i tre regni spirituali - Ultima regna ec.) che il crescente poeta regge colla mano destra in semplice abbozzo, stringendosi sotto il braccio sinistro, anzi che un libro, unas cartella da disegni: perchè la poesia è fantasia; e Dante

(4) La villa alla Camerata presso Fiesole, già di Dante ed" ora appartenente al Cav. Guido Giuntini, ritrovata per le cure dei suddetti Sigg. Frullani e Gargani, è anche una prova del buon esito delle loro investigazioni, e dello zelo che apportano nel miglior disimpegno dell' onorevole incarico loro affidato dal nostro Municipio. G. C.

« ÖncekiDevam »