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Anche la grafia di questo epigramma per avventura è tale da far pensare non più al 400 ma al 500. Avviene infatti che postone autore l'Equicola, si può con esso progredire sino al 1521 con dati sicuri del medesimo, e da poter cantare chiaro e tondo che in sostanza questo ritratto non è che una posteriore aggiunta al codice. Già ho detto ch'è nella guardia.

Oh! vedete come per non niente si può capitar male colla soverchia fiducia di sè, per desiderio di affrettarsi in una cosa che per avventura sia richiesta: cosi il proverbio, la cagna feitolosa fa i suoi nati ciechi. E qui sono state fatte tali sviste davvero da non darsene colpa che alla soverchia fretta del rispondere dell'affare Se lo avranno essi a male se cosi tento rilevarli e correggerli di quei loro difetti? Non dovrei crederlo, rammentandosi non senza propria gloria essi signori, le tante volte che simile opera arrecarono ad altri ingegni, riprendendoli e correggendoli, in ordine alla vecchia massima che una mano lava l'altra ed entrambe il viso. Perciò mentre io conservo uguale ammirazione per essi giudicandoli da tanto tempo benemeriti dell'italiana storia, ho quasi più paura, caro Frullani, di aver te alquanto annoiato anzi che irritato loro, e per la insistenza dell' argomentazione e per la lunghezza della diceria; a scriver la quale v'è entrato con un po' d'amor proprio pell' eccellenza dell' argomento, la soddisfazione d' un diritto, cioè quello che per affezione del paese comune, le ricordanze degli illustri sieno chiare e palesi, divulgate e sicure, attendibili e riverite sempre.

Qui la penna fa sosta per obbedire alla mano alquanto più stanca che non la mente. Ma se non fosse cosi e per rispetto anche delle qualità dell' animo tuo, siccome ti mostri volto a conoscer addentro il vero, ma dedito sempre per natura alla benigna quiete, messo su dall' istoria di Dante, mi stenderei ancora agli altri nei della detta Relazione, dov'è che ce ne verrebbe l'opportunità. Infatti mostrare lutto il dubbio che il ritratto di Dante nel Bargello non sia, nè possa essere opera di Giotto; sostenere che in S. Croce non v'è più un ritratto antico del Poeta de' tanti che ve n'erano; dire ch'è sventura che non si conosca il quadro con Dante esistente già nel 1430 in S. Maria del Fiore; disconoscere (eppoi chi n'è a custodia del documento) il quando e come fosse levato il bando agli Allighieri, riferendolo anzi all'ep ca del Gaddi, per attribuire a lui quel ritratto nel Bargello: il distruggere finalmente l'autorità di tanti scrittori, e la costante tradizione dei tempi coi ma, co' se, co' forse e simili, non è opera di molto costante prudenza né del senno di loro, che eventualmente questa volta con massimo pregiudizio ne fanno uso, sino alle piccole cose: come quella prima, seconda e terza volta citando il quadro monumentale nel nostro Duomo, lo asseverano in tavola, quando è veramente (lo voglino sapere?) in tela. Ai quali od altri concetti potrebbesi da me rispondere per rimettere in carreggiala l'autorità della storia; ma l'ho detto pur dianzi, l'affetto del luogo natio, la riverenza degli eletti studj de'quali essi signori si sono sempre mostrati zelatori ed esempio, il diritto che hanno fra noi acquisito di onorevoli e premurosi ingegni, interdice di più seguitarli, fatta anzi co'medesimi dovula scusa, e col pubblico pressante protesta che

nell'animo mio non entró punto l'idea del nuocere o voler intaccare quella loro autorità.

Concludendo intorno al più vero ritratto di Dante, non potrà dissentirsi dal giudizio che ne dettero i nostri antichi, confermato poi parecchie volte con rinnovata seulenza dalla prima epoca che si pensò d' inaugurarli un monumento sino a che gli se ne eresse uno con maestosa mole e ricchezza di lavoro nel nostro Panteon in Firenze, e ciò nel 1829, accompagnandone l'opera col decreto pure d'una medaglia lodata per isquisitezza d'arte. La immagine del Poeta non fu per nulla mai discordante dai tratti che ne dettero i più vecchi scrittori ed artefici, cosicché il rinnuovare oggi tipo parrebbe impossibile, quando superstiti al tempo, pitture, marmi, bronzi, disegui, decorazioni, ricercate della medesima, finalmente in un con quel Divino cosi personificandolo, rispondono (Inf. XXIII |

io fui nato e cresciulo

Sovra'l bel fiume d'Arno alla gran villa,,
E son col corpo, ch' io ho sempre avuto.

Non poteva chiuder meglio che co' versi del Poeta la presente lettera, la quale pare a me stesso che sia riescita piuttosto prolissa. E senza farmene alcuna scusa teco, francamente me ne stacco, troppo sicuro di averla ben raccomandata indirizzandotela, sapendo per prova come l'animo tuo gen ilissimo orna, accogliendole, le povere ma pur sincere fatiche degli amici.

26 luglio 1864.

Tuo affezionatissimo G. GARGANI.

Studi Danteschi

DANTE E LE BELLE ARTI.

(Cont. e fiae, Ved. N.o 17, pag. 435).

Dante, dice il Biamonti, è lo scrittore più sublime dopo i libri divinamente inspirati, dai quali tolse concetti, immagini, similitudini per significare a dovere le glorie celesti, e altresì la scorta più sicura del pittore cristiano, e insieme fonte inesausta delle più recondite e squisite bellezze e tutte spirituali e nobilissime. Veggasi con quali immagini ci ponga innanzi e ci dipinga le forme e la sembianza di quegli spiriti avventurosi che, sciolti dal corpo mortale e rivestiti di etere sottilissimo, si rendono visibili agli occhi poi. Nella Piccarda de' Donati (Par., III, 10, 15 id. 58), vi ha tanta bellezza artistica e tanta idealità, quanta a mente umana è dato pensare ad esprimersi. Certo nessuno aggiunse Dante nel ritrarre gli Angeli in tanta copia e con sì variate immagini nel Purgatorio e nel Paradiso, e nessun poeta, non eccettuati Byron e Moore seppe trarre da questa credenza tanta e così profonda poesia (Purg., VIII, 25; Par., II, 31; Par., XXXI, 430; Par., XXXII, 405, 412).

Dante meraviglia l'abilità dell'artista, che con tanta varietà e vivezza avea effigiato le immagini istoriali nel X e nel XII del Purgatorio.

Qual di pennel fu maestro e di stile,

Che ritraesse l'ombre e gli atti ch'ivi
Farien mirar ogni ingegno sottile?
Morti li morti, e i vivi parean vivi:

Non vide me' di me chi vide il vero.
(Purg., XII, 64).

Ma anche il poeta, nel descrivernele, si mostra potente di parola e maestro di stile. Come signor della parola, e poeta veramente, cioè oratore, aggiunge il parlar vivo che spira visibile dalle pietre. Que' mirabili intagli, altri a linee ombreggiate (segnato nella superficie con righe a modo che s' incide nel rame; parvi discriminis umbrae, Met., I, 6); altri a rilievo, ci sono eloquenti all'occhio e alla mente, e per parole che volano e si scolpiscono nel pensiero e per fantastiche visioni che prendono l'intelletto.

ordinare con maraviglioso accorgimento le parti del suo lavoro, disporre colla facilità di un grande artista le masse della sua vasta pittura, e senza scuotere il fren dell'arte sollevavasi sugli altri poeti coll'ardire e colla felicità dell'aquila (NICCOLINI, Opere, Dell'universalità e nazionalità della Divina Commedia, Vol. III, pag. 243).

Ma chi potrebbe dare al nostro poeta sufficiente ammirazione pel modo di pennelleggiare o meglio scolpire ogni suo personaggio? in qual altro poema. si trovano ritratti gli uomini con colori sì veri e vivi e propri e variati, come sono nella Divina Comedia Filippo Argenti, Farinata, Cavalcante, Pier delle Vigne, Brunetto, Bonifazio VIII, Vanni Fucci, Guido di Montefeltro, Beltramo, Adamo di Brescia e il conte Ugolino? E procedendo nel Purgatorio, chi fece mai più bello e venerando il secondo Catone? E chi mai dipinse costume più soave.di quello di Casella, più affettuoso di quel di Manfredi e più commovente di quello di Buonconte, e più magnanimo di quello di Sordello? I ritratti di Guido del Duca, di Ugo Capeto, del poeta Stazio, di Forese, di Guido Guiniceli, sono quali dovevano essere. E nel Paradiso,

L'immagine rappresentata, egli ci avverte, sia sì verace che non sembri immagine che taccia; sieno i sembianti testimoni del cuore (Purg., XXVIII, 40); e l'interna stanza or appar sì propriamente impressa in atto, come figura in cera si suggella (Purg., X, 37). | principalmente folgoreggiano i ritratti di S. Tommaso E Guido Cavalcanti cantava: Cotanto è da pregiar ogni figura, Quant'alla mostra in forma, ed anco in atti Pura sembianza del suo naturale, Perocchè l'arte del seguir natura A sua possanza, sicchè non dischiatti - Da simil disegnar suo principale, - Nè altramente giammai dura, o sale: - Onde le cose, che non proprie stanno A dritto corso, Fora di fama, di voce e d'onore : virtute e valore - Fanno palese a suo tempo l'inganno, Dinanzi ai - E veritate sua luce discopre lor conoscitor de l'opre. Dante, con la teoria e coll'esempio ci apprende i più alti segreti dell'arte.

vanno

Che

E il poeta dei pittori, non solo nella divina sua Comedia valse a significar colle parole, dice G. B. Niccolini, ma seppe atteggiarli, come richiedeva il loro costume, le loro passioni, i personaggi, che la natura del suo tema gli consentiva di metter sulla scena per brevi istanti, e con quel senso squisito del vero, del bello e del sublime che la natura concede a pochi artisti. Di quanta sapienza e fantasia era mestieri per trovar le attitudini abituali e proprie dei vizii, alcuni dei quali son partiti tra loro di così breve confine, e di esprimere nei gesti i rapidi movimenti dell'animo in un modo

Più chiaro assai che per parlar distinto.

(Par., IV, 12).

Fu notato che, dopo aver letto la descrizione della divina Commedia, si crede aver visitato una galleria.

L'Allighieri, segue le stesso Niccolini, colla mente la più poetica e la più capace d'ardite visioni, seppe

d'Aquino, di Cacciaguida, di San Benedetto e di San Pietro, sfavillante di non più udita ira contro gli usurpatori del loco suo.... Nel modo di significare le cose con quella brevità, eleganza, vivezza che te lo fa apparir meglio uno scultore che un pittore, nonha alcuno pur uguale, ma è superiore a' più perfetti; giacchè in lui non pur vedi le forme, ma le vedi tondeggianti e rilevanti come nella scultura o intaglio che sia, e ben gli si può dire colle stesse sue parole: Maestro, i tuoi ragionamenti

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Mi son si certi, e prendon si mia fede,

Che gli altri mi sarien carboni spenti.

(RANALLI, Ammaestr. della letter., IV, 662-666);

In Dante la parola dipinge e offre al quadro del pittore belli e pronti e armonicamente temperati i colori (TOMMASEO, Bellezza e civiltà, p. 165).

Dante nel descrivere l'atteggiamento, il modo, l'abito corporeo, il gesto, le fattezze de' suoi personaggi, è pittore o scultore, secondo le occorrenze, eleggendo il punto di prospettiva proprio delle due arti, e ora lavorando a giuoco di colori e di tinte sfumando i contorni e diversificando'i col chiaroscuro, ora dando alle sue imagini il risentito e il preciso, dello scalpello, dal poco risalto dei bassi, dei mezzirilievi sino all'interno contorno, al perfetto spiccare e tondeggiare delle statue. E chi dubita che i divini creatori della pittura e della statuaria italiana a quella poesia non s'inspirassero ? la poesia, infatti, è l'arte in cui si riuniscono e s'immedesimano i pregi delle due industrie figurative, i quali sono spesso impossi

bili ad accordare col pennello e colle raspe, che lavorano sopra una materia esteriore, in cui i contrarii non possono simultaneamente attuarsi; dovechè la poesia, che ha per tratto l'immaginativa e il pensiero umano, conciliatore delle differenze nella unità propria, e si serve dello strumento soffice, duttile e arrendevole della parola, per esprimere le opposizioni e accoppiare il bello pittorico e scultorio (V. GIOBERTI, Del Primato, p. 378).

L'Inferno di Dante, scrive lo Schelling, è il regno delle figure, la parte plastica del poema, il Purgatorio la parte pittoresca.

Potenza degli artisti. Anche dalle finte sciagure valgono a sprimerci dagli occhi lacrime vere :

Come per sostentar solaio o tetto,

Per mensola talvolta una figura

Si vede giunger le ginocchia al petto,
La qual fa del non ver vera runcura

Nascere a chi la vede....

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vedea
Un'altra istoria nella roccia imposta:

Perché io varcai Virgilio; e femmi presso,
Acciocché fosse agli occhi miei disposta.
(Purg., X, 52).

I capolavori degli artisti, figurati secondo l'artifizio di miglior sembianza, ci attraggono in modo che in pur vederli in noi stessi n'esaltiamo. E per le loro bellezze, e perchè ci mostriamo qual era artista che li creava, ci sono cari e desiderabili : Mentr' io mi dilettava di guardare L'immagine di tante umilitadi, E per lo fabbro loro a veder care.

(Purg., X, 97);

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E l'Ariosto:

Ch'io non adombri o incarni il mio disegno.

(I, 58).

E ci è ricordato il pittore che dipinge col modello sott'occhio:

Come pintor che con esemplo pinga.

(Pur., XXXII, 67).

E Jacopo da Lentino avea prima cantato:

Com'uomo, che ha mente

In altro esemplo, e pinge

La simile pentura.

E ci avverte come l'esemplo e l'esemplare abbiano ad andare ad un modo (Par., XXVIII, 55).

Nè dimentica la luce necessaria ad una pittura; qualora la si collochi in parti dove il sole non giunga, non può mostrarsi qual'è nè dilettare gli altrui sguardi colla bellezza dei colori e dell'arte che vi pose il maestro:

Come pintura in tenebrosa parte
Che non si può mostrare,
Nė dar diletto di color nè d'arte.
(Canz. XII, 4),

TIP. GALILEIANA DI M. CELLINI E C.

AVVISI

Fratelli Nistri, Tipografi Librai in Pisa.

Commento di FRANCESCO da BUTI sopra la Divina Commedia di DANTE ALLIGHIERI (letto nella Università di Pisa dal 1365 al 1440, Testo di Lingua inedito, citato dagli Accademici della Crusca nel loro Vocabolario) pubblicato per cura di Crescentino Giannini, Pisa 1858-1862. Tre gr. Tomi in 8.° con Ritratto di Dante dip. da Giotto, e del Buli.. it. L. 45, 00 - Lo stesso, Edizione da Biblioteche, in 8. massimo di carta imperiale con margini allargati (ediz. di 75 esempl.). » 75, 00

Eliz. citata nella ristampa (che è in corso) del Vocabolario della Crusca. Si spedirà franca per posta nel Regno a chi ne rimetterà agli Editori in Pisa l'importo con Vaglia Postale.

Gli articoli letterari di questo Giornale non si potranno riprodurre senza licenza della Direzione.

G. CORSINI Direttore-Gerente.

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Le associazioni per l'Italia si ricevono in Firenze alla Direzione del Giornale, alla Tipografia Galileiana di M. Cellini e C., e presso i principali Librai.

Incaricati generali per le Associazioni:

Per la Spagna e Portogallo, Sig. Verdaguer, libraio a Barcellona, Rambla del Centro;

Per il resto d' Europa: Sig. Ermanno Loëscher, libraio a Torino, Via Carlo Alberto, N.° 5.

Io ho pensato come il Ministero d' istruzione pubblica potesse intramettersi in questa dimostrazione di civile e secolare giustizia, più là che indirettamente e per ordinario gli si permetta, incoraggiando e lodando. Imperocchè quanto allo starsene, quando si tratta di Dante, non sarebbe comportabile. E considerato ogni cosa, le parti che più s' addicono ai Municipi, quelle che meglio alle Accademie, quelle che ai letterati uomini illustratori con novelle e dotte investigazioni le opere dello scrittore e le qualità dei suoi tempi, e quelle di più modesti ingegni in rendere popolare la vita e le dottrine sue, mi è sembrato che pur una ne avanzi, nobile assai, la quale è tutta propria dell'Amministrazione degli studi.

Voglio dire che una generosa concorrenza sulle più degne discipline, fra gli studenti delle Università governative e libere e degli altri Istituti superiori del Regno, sarebbe compimento bello ed acconcio alla festa d'uno dei più alti ingegni dell'età moderna. Nè l'onesta contesa dovrebbe solleticare l'avarizia o altro sentimento men puro; poichè ai vincitori, nella stessa Firenze, il bello ovile donde la crudeltà fraterna serrò fuori quel Grande, nello stesso giorno dell'ammenda, solennemente sarebbero dispensate in premio medaglie d'oro e d'argento meno commen

devoli per la materia, che non per l'effigie del Poeta ; premio che si conserverebbe nelle famiglie e passerebbe di generazione in generazione ricordanza di gloria nazionale e casalinga. La condizione di tali prove, che per cansare peggiori inconvenienti non porge abilità a lunghe meditazioni, sarebbe compensata largamente dal fervore che accenderebbe nei nostri giovani l'avviso di quel concorso. Imperocchè tutti, di gran core come sono e pronti ad ogni gentilezza, non si trarrebbero indietro alle difficoltà ed ai rischi fortunosi del cimento, ma cercherebbero d'apparecchiarsi di buon' ora alla lotta, profondandosi in que'li studi che avrebbero in mente di pigliare a trattare; e questo sarebbe pure guadagno certo e fecondo che nessuna sfortuna potrebbe lor togliere. Poi l'accorrere di molti alla gara tornerebbe sempre a grande onore di loro e a grande ossequio al Poeta. Così lo Stato lasciando ad altrui quello che meglio gli si affà, entrerebbe anch'esso e degnamente alla festa, traendone cagione d'avanzare in meglo gli studi, ai quali tutti guardano o dovrebbero guardare. E dovremmo anche questo bene al nome di Dante.

Se Vostra Maestà conviene in questo ragionamento, la prego di onorare della sua augusta firma il seguente Decreto.

Considerando che nel prossimo maggio sarà celebrato in Firenze il sesto centenario della nascita di DANTE ALLIGHIERI ;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione,

Abbiamo determinato e determiniamo:

Art. 1. Nella occasione della festa del centenario di Dante è bandito un concorso straordinario fra gli studenti ed uditori dell'anno scolastico 1864-65 delle Università governative e libere del Regno, dell' Istituto superiore di Firenze, dell'Istituto tecnico superiore e dell' Accademia scientifico-letteraria di Milano, delle Scuole d'applicazione per gli Ingegneri di Torino e di Napoli.

A provare la qualità di studente o di uditore si richiederà l'iscrizione ai corsi; e dove le iscrizioni non si usano, supplirà un certificato del Rettore, Presidente, Soprintendente o Direttore della Università o dell'Istituto ammesso al concorso che attesti l'ordinaria frequenza dello studente o dell' uditore alla Scuola.

Art. 2. Lo studente e l'uditore che vorrà concorrere, dovrà almeno dieci giorni prima della prova essersi fatto registrare fra i concorrenti nella Segreteria della propria Università o del proprio Istituto, e presentarvi i suoi recapiti, della cui regolarità giudicherà il Reitore, Direttore, Presidente o Soprintendente dell' Università, Istituto, Scuola od Accademia a cui appartiene.

Art. 3. i concorso sarà sopra temi preparati da una Commissione centrale eletta dal Ministro di Pubblica Istruzione.

I temi saranno quaranta, e verseranno sopra le scienze delle seguenti facoltà:

Giurisprudenza;

Medicina e Chirurgia;

Fisica, matematica e scienze naturali;
Filosofia e Lettere.

Corrisponderanno i temi agli studi fatti nel penultimo anno del corso scolastico, e saranno scompartiti ugualmente a dieci per ciascuna facoltà.

Art. 4. Il giorno primo del prossimo febbraio si farà il concorso in ciascuna Università, ed in ciascuno degli altri Istituti nominati nell' art. 1.

Il Rettore, Presidente, Soprintendente o Direttore disuggellerà i temi alla presenza de' professori e di tutti i concorrenti.

La scelta de' temi è libera.

Fatta la scelta, ciascun concorrente sarà fatto ritirare in una stanza appartata, ove non gli sarà permesso di portar libri, nė manoscritti, nè di comunicare con chicchessia; e vi starà chiuso finché avrà finito il suo lavoro, ma non più di dieci ore.

Art. 5. I concorrenti presenteranno i loro lavori sigillati al Capo della Università o dell' Istituto, presso cui concorrono, e questo li rimetterà a Commissioni elette dal Ministro in ciascuna Università, o, dove queste non sono, a Commissioni elette dal Ministro in ciascuno degli altri Istituti accennati all'art. 4.

I lavori dei concorrenti negli Istituti posti ove sono pure Università, dovranno sottoporsi alie Commissioni universitarie, cui in tal caso saranno aggregati alcuni professori di quegli Istituti, specialmente per le scienze che ne formano il principale insegnamento.

I componimenti porteranno di fuori una epigrafe, la quale sarà ripetuta sopra una scheda suggellata, entro la quale si troverà descritto il nome dello studente od uditore, e quello dell' Università od Istituto a cui ap partiene.

Le Commissioni esamineranno i lavori, e ne sceglieranno per ogni Università od Istituto ammesso al concorso, tre de' migliori per ciascuna facoltà, graduandone esattamente il merito.

Art. 6. Sarà raccolta in Firenze dal Ministro di Pubblica Istruzione una Commissione generale, alla quale non più tardi del primo giorno di marzo dovranno essere stati trasmessi, insieme colle relative schedé sigillate, i componimenti giudicati migliori dalle Commissioni speciali delle Università e degli Istituti compresi iu questi Decreti.

Detta Commissione generale prima del giorno quindici di aprile emetterà, senza distinzione di Università, Istituto, Accademia o Scuola, il suo giudizio definitivo, prescegliendo di tutti i componimenti giudicati migliori dalle Commissioni speciali uno per ciascuna Facoltà, nel quale sia stato eseguito il tema ottimamente, e due altri che gli si avvicinino.

Art. 7. L'autore del componimento di ciascuna Facoltà giudicato ottimo, avrà in premio una medaglia d'oro improntata dall' effigie di Dante; gli altri due avranno una medaglia d'argento colla stessa impronta.

Le medaglie si dispenseranno in Firenze il giorno del centenario di Dante, e i nomi de' premiati saranno pub blicati nella Gazzetta ufficiale del Regno.

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