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Non mi pare, in verità, che altrimenti si possa intendere questa parte dell'episodio d' Ulisse e Diomede; epperò non trovo accettabile la troppo ingegnosa omofonia, proposta dal barone Baratta, verso del quale rimane interissima, nondimeno, la mia osservanza, oltreche per la molta e ben descritta sua erudizione e l'amore vivissimo a Dante, per la sua modestia d'ottimo genere e propria dell' uomo veramente egregio.

Trieste, 1. Luglio 1864.

ANGELO CAValieri.

COMMENTO BIOGRAFICO-STORICO

ALLA

DIVINA COMMEDIA

(Cont., V. N.o 14, pag. 115). Lucano.

Lucano Marco Anneo, nipote del filosofo Seneca, fu dei primi, giovinetto bollente, ad entrare nella cospirazione di Pisone contro la tirannide, e l'efferato Nerone lo fece svenare. Egli non volle domandar grazia a quel mostro, e mori recitando quei versi coi quali nella Guerra farsalica aveva dipinto un guerriero che moriva in modo simile al suo. Mori l'anno dodicesimo del regno di Nerone, settantesimo quinto dell' Era cristiana, vigesimosesto della sua età. La qual morte immatura lo giustifichi in parte se nella sua epopea tra molti pregi sono non lievi difetti, che nella virilità avrebbe potuto emendare.

Elettra.

Io vidi Elettra con molti compagni, ec. (Inf., c. IV).

Elettra figlia di Atlante, moglie di Carito re d'Italia, che di Giove generò Dardano fondatore di Troia.

Ettore.

Ettore, il più valente tra i molti figli di Priamo re di Troia marito di Andromaca e padre di Astianatte,

Fratelli Nistri, Tipografi Librai in Pisa. Commento di FRANCESCO da BUTI sopra la Divina Commedia di DANTE ALLIGHIERI (letto nella Università di Pisa dal 1365 al 1440, Testo di Lingua inedito, citato dagli Accademici della Crusca nel loro Vocabolario) pubblicato per cura di Crescentino Giannini, Pisa 1858-1862. Tre gr. Tomi in 8.o con Ritratto di Dante dip. da Giotto, e del Buti.. it. L. 45, 00 - Lo stesso, Edizione da Biblioteche, in 8.° massimo di carta imperiale con margini allargati (ediz. di 75 esempl.). . » 75, 00 Ediz. citata nella ristampa (che è in corso) del Vocabolario della Crusca. Si spedirà franca per posta nel Regno a chi ne rimetterà ayli Editori in Pisa l'importo con Vaglia Postale.

TIP. GALILEIANA DI M. CELLINI E C.

fu il più terribile tra i nemici dell'esercito greco; e al solo Achille, e non senza grave difficoltà, fu dato di ucciderlo per vendicare l'amico Patroclo spento da lui.

Di Enea di Latino e di Lavinia si è già parlato.

Cammilla.

Cammilla, figlia di Metabo re de' Volsci, combattè contro Enea a favore di Turno, e mori per mano di Arunte.

Pentasilea.

Essa pure era una donna guerriera, regina delle Amazzoni che abitavano presso il Termodonte. Recato il vigoroso suo braccio in aiuto ai Troiani, ebbe la gloria di morire per mano di Achille.

Lucio Giunio.

Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino, ec. (Inf., c. VI),

Lucio Giunio detto Bruto, perchè temendo i sospetti di Tarquinio il Superbo si finse meutecatto, fu quegli che primo, allora che Lucrezia lavò nel proprio sangue l'onta della violenza di Sesto, eccitò i Romani a sottrarsi al giogo indegno del costui padre. Cacciati i Tarquini egli fu il primo che vestisse la porpora consolare; ed esercitò l'ufficio con tanta severità che non rifiutò di condannare a morte, tra gli altri congiurati a pro del re spodestato, gli stessi suoi figli, giovinetti di belle speranze.

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Le associazioni per l'Italia si ricevono in Firenze alla Direzione del Giornale, alla Tipografia Galileiana di M. Cellini e C., e presso i principali Librai.

Incaricati generali per le Associazioni:

Per la Spagna e Portogallo, Sig. Verdaguer, libraio a Barcellona,
Rambla del Centro;

Per il resto d'Europa: Sig. Ermanno Loëscher, libraio a Torino,
Via Carlo Alberto, N.° 5.

d'affetto. Per la solennità del centenario di lui ha stabilito il Consiglio Provinciale Fiorentino una mostra dantesca, che contenga in un luogo edizioni rare, codici, medaglie, tutto quanto insomma può come in un foco raccogliere i raggi del Poeta. Il Governo ci promette aiuto per le gallerie e biblioteche dipendenti da esso; ci aiuteranno le provincie; aiutino pure quest' opera gli amatori del poeta nostrali e stranieri. Signore, abbiamo in voi grande speranza, non solo di cose rare, ma di consiglio.

Nulla di più vano per sè stessa, che una pubblica mostra. L'importante sta in chi vede, o, meglio, in chi guarda; come allo scultore non basta la formosità d'un vivo modello, bisogna che ce la sappia vedere; però, col medesimo esemplare, un artista fa un capolavoro, un altro una goffaggine. Più, l'importante sta in ciò che si mostra: chè dalla galleria degli Uffizj alle immagini sconce delle vetrine ci corre di molto, e così tra' loro effetti. Le cose maggiori hanno del piccolo, le più piccole hanno del grande, chi ve lo trovi; talchè l' opera trapassa non di rado i primi concetti, o rimane loro si addietro che gli smarrisce. Da un marmo disadatto Michelangiolo tirò fuora il David; sciupò nell' Ercole un bel marmo il Bandinelli. Preme di fare qualcosa; lo starsene

a bada ci rovinò : e chi dica, voi fate poco risponderemmo fate di più e meglio e vi batteremo le mani.

Certo è ch' una mostra di Dante può riuscire un bel commento di Dante, chi sappia guardarvi; dalle incisioni, dalle stampe, da' codici, dalle miniature, dalla varietà dei caratteri, da certe postille, da' disegni, dalla varietà dei coni, noi vedremo come la luce di Dante si rifletteva nelle menti diverse, ne'secoli diversi; là dai confronti, che dan sempre vivo. fulgore, può comparire a un intelletto valoroso la storia del nostro paese, commentata così dall' Allighieri, che pur ne riceve commento. Ogni cosa, e di qualunque materia, prende chiarezza da riunire tutto ciò che vi si riferisce; e alla chiarezza segue l'ardore del considerarla.

Vi preghiamo dunque, o Signore, ch' a' vostri meriti verso Dante aggiungiate pur questo; e noi e tutti gl'Italiani avremo sempre più ragioni per onorarvi.

Dio vi guardi.

Firenze, 12 agosto 1864.

Devotissimi

Prof. AUGUSTO CONTI
Cons. Provinciale e Membro del Comitat

GIUSEPPE PALAGI
Segretario del Comitato

PARTE NON OFFICIALE

Secolo di Dante

DELLA FESTA NAZIONALE

PER IL SESTO CENTENARIO DELLA NASCITA

DI

DANTE ALLIGHIERI

CENNI CRONOLOGICI

(Continuazione, V. N.o 19, pag. 150).

1298. Guerra tra Venezia e Genova. Battaglia navale de' Genovesi a Curzola.

>> (8 di Settembre). Si benedice la chiesa di Santa Maria del Fiore.

Musaico della Navicella in S. Pietro in Vaticano, opera di Giotto.

1299. Palestrina e gli altri luoghi de' Colonnesi sono presi dal papa. Perfido consiglio dato al papa dal conte Guido da Montefeltro; cioè « Lunga promessa con l'attender corto »: (Dante, Inferno, XXVII).

(1.° di Aprile). Si concede immunità dal Commune di Firenze ad Arnolfo di Cambio, Capud

magister laborerii et operis Ecclesiae B. Repa

ratae.

1299. Si fonda la Chiesa di S. Marco.

(8 di Maggio). Tra le molte ambascerie che esercitò Dante dal 1293 in poi, una fu fatta appresso il Commune di S. Geminiano in nome del Commune di Firenze e per gl' interessi di parte Guelfa. È a notarsi che fino a questi giorni i Sangeminianesi ricordano e mostrano con riverenza la sala ove Dante adempi il suo ufficio.

Si è detto tra le molte ambascerie; perchè il Filelfo ne annovera quattordici a questo modo: « 1. a' Senesi per i confini che Dante compose a suo talento; 2. a' Perugini per certi cittadini sostenuti a Perugia, i quali e' ricondusse seco a Firenze; 3. alla Republica veneziana per istringere alleanza, ch'egli effettuò come volle; 4. al re di Napoli con regali per stringere amicizia che egli contrasse indelebile; 5.* al Marchese d' Este nelle sue nozze, dal quale fu anteposto agli altri ambasciatori; 6. a' Genovesi pe' confini ch' egli compose ottimamente; 7. una seconda al re di Napoli per la liberazione di Vanni Barducci, che il re era per mandare al supplizio, e che fu liberato per quella egregia orazione di Dante, la quale incomincia: Nihil est; quo sis, Rex optime, conformior Creatori cunctorum, et regni tui largitori, quam misericordia et pietas, et afflictorum commiseratio, ec.; 8. 9. 10.a e 11.a quattro volte fu oratore a Bonifazio pontefice massimo, dal quale ebbe ciò che volle, fuorchè in quella legazione che non era compiuta quando fu esiliato: 12.a e 13. due volte mandato al re d'Ungheria, ottenne da costui ogni cosa: 14. oratore al re de' Francesi ne riportò un eterno vincolo di amicizia che pur resta fino al giorno presente, (intendi nel 1434, in cui viveva il Filelfo). Imperciocchè e' parlava non senza sapore (non insipide) in lingua francese, e dicesi che in questa pur iscrivesse alcuna cosa »>.

a

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Sieve, ricca e potente per parentela e mercanzia. Capo de' Neri è messer Corso Donati, chiamato il Barone per la sua superbia, di una casa nobile ed onorata ma poco ricca. Tutti i grandi di Firenze parteggiano o per gli uni o per gli altri, attenendosi a' Bianchi le antiche famiglie ghibelline fatte guelfe, con molte case di popolani e di artefici. - Aumentandosi gli odj, i capitani di parte guelfa mandano due ambascerie a papa Bonifazio VIII. È probabile che Dante fosse nel numero degli ambasciatori. 1300. Dante va a Roma al giubileo col suo amico Casella, maestro di musica, che egli ricorda nel canto II del Purgatorio. Pare che una delle belle canzoni di Dante « Amor che nella mente mi ragiona», fosse stata messa in musica dal suo amico.

(15 di Giugno). Dante Allighieri è eletto all'ufficio di Priore. I suoi cinque colleghi nel Priorato furono Nolfo di Guido, Neri di messer Iacopo del Giudice, Nello (o Neri) di Arrighetto Doni, Bindo de' Donati Bilenchi e Ricco Falconetti; il gonfaloniere di giustizia Faccio da Micciole, e il notajo loro (cioè segretario) ser Aldobrandino Uguccione da Campi. Dante parlando in una lettera, già perduta, di questa sua elezione dice: « Tutti li mali e tutti gl' in<< convenienti miei, dalli infausti comizj del << mio priorato ebbero cagione e principio. Del « quale priorato benchè io per prudenza non « fossi degno, niente di meno per fede e per età << non era indegno; perocchè dieci anni erano « passati dopo la battaglia di Campaldino ». Dante matura la già concepita idea della Divina Comedia, e ciò avvenne nel 35.o anno di sua vita. Il poema corre dalla Settimana Santa di questo anno 1300, e in cui per altro non trovansi all' altro mondo se non i morti prima di quel tempo, e non sono narrati se non i fatti allora compiuti, e predetti solamente gli altri avvenimenti. Le occasioni poi che indussero il Poeta a por mano in questo anno al lavoro, furono forse il giubileo, a cui egli stesso assistè, e l'esser questo l'anno del priorato, principio delle sue sventure.

Guido Cavalcanti fiorentino, genero di Farinata degli Uberti, per le discordie di Firenze è confinato a Sarzana; di dove ritornò ammalato e presto morì. Filosofo e poeta amicissimo di Dante, chiamato da Benvenuto da Imola, alter oculus Florentiae tempore Dantis: (Dante, Inf. X, e Purg. XI).

Studi Danteschi

DELLA FEDE POLITICA E DELLE DOTTRINE CIVILI DI DANTE.

(Continuazione, V. N.' 20, pag. 161).

Di questi due principi medesimi tocca poi nel Canto XX del Paradiso, e'l contesto del discorso non par poter lasciar dubbio, che Dante dettando quelle parole del Convito non avesse sua intesa alla guerra, che pel possedimento della Sicilia insieme si fecero Carlo II d'Angiò e Federigo d'Aragona; la qual guerra incominciata nell'agosto del 1298 durò quattro anni appunto. Per la qualcosa venendosi così ristrigendo lo spazio del tempo indicato testè dal 1298 al 1302, dobbiamo già tirarne questa importante conseguenza, che le dottrine civili vennero da Dante nel Convito svolte prima di esser mandato al confine.

La qual conseguenza trova poi per conferma, chi nel capitolo VI esamini come vi si discuta il vocabolo nobile; ed a mostrar falsa l'opinion di coloro, che da nosco lo voglion derivato, così si ragioni.

« Se ciò fosse, quelle cose che più fossero nominate o conosciute in loro genere, più sarebbono in loro genere nobili e così la guglia di San Pietro sarebbe la più nobil pietra del mondo: Asdente, il calzolaio di Parma, sarebbe più nobile, che alcun altro suo cittadino; e Albuino della Scala sarebbe più nobile che Guido da Castello di Reggio: che ciascuna di queste cose è falsissima »>.

Notato molto bene esser qui di persone tutte vive discorso, e nel passo antecedente di Alberto d'Austria, ne consegue indubitatamente disteso questo trattato tra 'l 1298 e 'l 1300 nel suo mistico viaggio Dante incontrato avendo Asdente nell' Inferno (1), ed essendo regola da lui infallibilmente osservata di tutto cronologicamente ad esso 1300 riferire quanto e' va narrando nella sua maravigliosa visione.

Ciò potrebbe qui bastare; non è però che non si possa ancor molto più questo spazio di tempo ristrignere. Conciossiachè nel capitolo 28, che del senio discorre, si legga :

<< Certo il cavaliere Lancilotto non volle entrare con le vele alte (in porto), nè il nobilissimo nostro latino Guido Montefeltrano. Bene questi nobili calaron le vele delle mondane operazioni, chè nella lunga età a religione si resero, ogni mondano diletto e opera diponendo »>.

Nella Commedia poi dice questo Montefeltrano:
Quando mi vidi giunto in quella parte

Di mia età, dove ciascun dovrebbe Calar le vele e raccoglier le sarte; (4) Canto XX, v. 448.

Ciò che pria mi piaceva allor m'increbbe,
E pentuto e confesso mi rendei
Ahi miser lasso! e giovato sarebbe.
(Inf., C. XXVII).

In questi due passi travidero gli editori milanesi del Convito una contradizione; ma chi osservi essere in entrambi usata la medesima metafora delle vele calate, e nel secondo dirsi poi, che la presa risoluzione giovato sarebbe, inchinerà piuttosto a pensare i due passi stare in istrettissima relazione ed i medesimi editori osservato avendo, il Montefeltrano esser da Dante chiamato latino per contrapposto dell'altro oltramontano, io direi invece l'antitesi consistere in ciò, che il primo era vivo e l'altro morto. Ora Guido resosi frate di S. Francesco a'quindici di Novembre dell'anno 1296, morì a'ventisette di Ottobre del 1298; adunque tra questi due termini debbe esso trattato stato essere disteso. E parlandosi poi anche della guerra tra Carlo d'Angiò e Federigo d'Aragona incominciata nell'Agosto di esso anno 1298, verrebbesi ancor di due anni a ristringere il tempo, che fu disteso il capitolo 28 di esso Trattato, cioè dall' Agosto all'Ottobre del detto anno.

Tale una deduzione, se certezza proprio grammaticale non reca, non concorda poi con quanto sappiamo dell' Allighieri. Imperocchè, sebbene egli stato sia fin dall'infanzia da passione d'amore predominato, e poi inclinato al viver compagnevole, con fervore gli studi coltivò, e raccolse nella sua nobil mente, direi, tutto lo scibile de'suoi dì. Nè i doveri di cittadino trascurò, avendo tra'feditori combattuto a Campaldino (1), e veduto uscire i patteggiati di Caprona (2). Ma e' non fu se non partita Beatrice dal secolo (3), e Firenze da Giano della Bella ordinata a repubblica popolesca (4), che « messo la filosofia in oblio » (le solite inesattezze ed esagerazioni) « quasi tutto della repubblica, e con altri cittadini più solenni, al governo si diede » (5).

Ed essendo poi della parte dominante guidatore il Pecora beccajo, Dante consentì per rimaner cive, rinunziando al braccio nobile, cui apparteneva, a farsi nella sesta delle arti maggiori matricolare (6). E con quale animo il facesse, bene appare dal discorso del suo glorioso trisavolo (7), da quanto egli

4) A di 14 di Giugno del 4289. (2) Inferno C. XXI, v, 98 e seg. (3) Vita Nuova, Parte II, §. 30.

(4) E'fu addì 9 di Giugno del 1290.

(5) BOCCACCIO, Vita di Dante.

(6) GELLI, Memorie ec., pag. 90, Il Balbo dice trovasi Dante in un registro dell'arte de'medici e speziali, che corre dall'anno 4297 al 1309.

(7) Lo spazio non mi permettendo di addurre per disteso, come sarebbe mio desiderio, i passi che vo citando, supplisca la pazienza del lettore ricercandoli ai loro luoghi.

grida con la faccia levata nell' Inferno (1), e dall'esclamazione che leggesi nel Convito (2). La sola speranza adunque di dover poter nei consigli della città diminuire il male e giovare un nonnulla alla cosa pubblica, sentendo molto di sè, e stimolato forse eziandio da un pochetto di albagia (3), potè indurlo a farsi popolano, e a dispiacere così alla donna gentile (nobile), che da una finestra guardato lo avea pietosamente (4); la quale tenendogli broncio, diedegli motivo di cantare:

Le dolci rime d'amor, ch'io solia Cercar ne'miei pensieri,

Convien ch'io lasci, ec.

Ed a scusarsi a lei ed a sè della risoluzion presa, ed a bene fermar sue discipline nel salir che faceva sempre più in credito negli uffizi pubblici, ed a norma di quelle farsi guidatore, e non portar pericolo d'esser trascinato o sospinto dalle accidentali contingenze; la commentò col Trattato quarto del Convito.

Quanto alla Monarchia, la si stima dettata nel 1316 o non poco prima del 1318 (5) e come già si notò più avanti non essere essa se non un'amplificazione dei divisamenti in esso Trattato ristrettamente contenuti, ciò che più chiaro si vedrà testè, così di necessità ne consegue, l'Allighieri aver per forse venti anni, ed in quelli appunto nei quali più s'impacciò delle cose pubbliche, costantemente perseverato nella medesima fede politica.

Tolto via così il primo dubbio, resta ora da discorrer della natura delle dottrine civili di Dante. Il quale tra tante fazioni, discordie e nimistà, non poteva, secondo il tratto caratteristico del medio evo, se non cercarne rimedio arretrandosi col pensiero, e trovarlo negli ordini, che la storia e la legge scritta ponevangli innanzi. Ora dalla dottrina del papato dovette di necessità nascer l'altra della monarchia universale, la quale con l'opera dei principi mantenesse in pace tutta la Cristianità nelle cose del mondo, come il pontefice romano con l'uffizio degli arcivescovi, dei vescovi e della gerarchia ecclesiastica la teneva in concordia in quelle dello spirito.

<«< Dovunque insorga conflitto, contesa o guerra tra gli stati havvi necessità di un arbitro; il quale, lungi dall' impacciarne l' indipendenza, ed alla foggia degli antichi imperatori di Roma esser nimichevole alle particolari condizioni di ciascun paese, quella

(1) Canto XVI, v. 78 e seg.

(2) Trattato IV, cap. 27.

(3) Purgatorio, Can. XIII, v. 136 e seg. (4) Vita nuova, par. II, § 36. (5) TORRI, De monarchia, pag. IX.

ון

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