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Le associazioni per l'Italia si ricevono in Firenze alla Direzione del Giornale, alla Tipografia Galileiana di M. Cellini e C., e presso i principali Librai.

Incaricati generali per le Associazioni:

Per la Spagna e Portogallo, Sig. Verdaguer, libraio a Barcellona, Rambla del Centro;

Per il resto d' Europa: Sig. Ermanno Loëscher, libraio a Torino, Via Carlo Alberto, N.° 5.

di tutti l'illustre Rossetti, era venuta, dopo la morte di lui, decadendo dalla sua operosità. Ma, pochi anni sono, fu risentito il bisogno di rianimarla; e presto i soci pervennero al numero, che non era mai stato a gran pezza raggiunto per l'addietro, di molti più che dugento; e giornali d'ogni specie, e libri, e locali più vasti furono provveduti, e letture interessanti e conversazioni sopra temi di non leggera importanza vi si tennero; il che tutto fa sperare in un avvenire di meglio in meglio fruttuoso.

Tra gli ultimi, fu ammesso alla discussione, fino dal principio dell'annata sociale, che si apriva nello scorso Novembre, quello che concerneva i modi, onde la Minerva avesse ad iniziare la celebrazione del sesto centenario di Dante; e la nomina d'un comitato che li studiasse e desse poi comunicazione dei proprj studj alla Società, fu l'espressione prontissima del plauso fatto da questa a tale idea.

Sullo scorcio di Febbraio, il comitato fece la sua relazione, in seguito alla quale fu adottato un programma in 10 articoli, alla cui esecuzione si deputarono due speciali comitati, l'uno di 11 membri, per ordinare la festa e prepararne i mezzi di concerto con la direzione della Società, e l'altro di 5, per la parte letteraria di essa festa, in quanto per la cele

brazione di quella saranno dai soci presentate epigrafi, poesie e studi nuovi intorno a Dante, ad onore del quale sarà, inoltre, letto un discorso dal chiarissimo Dott. Occioni, rettore del nostro ginnasio comunale, coniata una medaglia, scolpito un busto, declamato qualche brano della divina sua Commedia, e musicata e cantata alcuna delle poesie sopraddette.

Tutto ciò sta nel programma e nel desiderio dei soci, tra i quali il comitato ordinatore ha già cominciato a raccogliere, in fogli di soscrizioni da lui emessi, le offerte necessarie a costituire un fondo, con cui sopperire in parte alle spese. Esso programma stabiliva poi che la rappresentanza della Società si volgesse con animato indirizzo al patrio municipio, per ottenerne un sussidio in danaro e la concessione della sala delle sue pubbliche sedute, acciocchè la festa di Dante potesse esservi celebrata con maggior agio e decoro che nelle stanze della Minerva; ed il patrio consiglio, nella sua tornata di martedì, accoglieva a maggioranza grandissima di voti l'una domanda e l'altra; concedendo sopra mozione onorevolissima del signor barone De Pascotini, il sussidio di fiorini mille e l'uso della sala municipale e di quegli arredi che il magistrato civico potesse mettere a disposizione degli ordinatori della festa. La quale, essendo ormai assicurata, ci parve debito di tesserne questa po'di storia, acciocchè si sappia come anche Trieste senta riverenza e desideri mostrarla al gran padre della italiana letteratura, e ne venga lode alla Società della Minerva, ch'ebbe il nobile pensiero d'una tale commemorazione, ed al patrio municipio che sì prontamente e liberalmente l'ha coronato.

(Gabinetto della Minerva). Il comitato eletto a preparare la parte letteraria della festa di Dante, da celebrarsi nel mese di Maggio 1865, ha diramato ai soci del gabinetto di Minerva il seguente invito:

Signori onorevolissimi.

I cortesi vostri suffragi hanno voluto che noi ci assumessimo l'incarico di raccogliere, esaminare ed ordinare i lavori letterarj che l'amore vostro a Dante e il desiderio di celebrare il sesto anno secolare della nascita di lui fossero per ispirarvi; e noi l'abbiamo accettato, mossi dai medesimi sentimenti e per mostrarci grati alla vostra fiducia, senza presumere punto di noi medesimi, nè pretendendo a primeggiare in alcun modo sopra chicchessia, se non in quanto sarà per richiedere la natura dell'ufficio, al quale ci avete deputati.

Il programma della festa di Dante, da voi adottato, è già in via d'attuazione, tanto da parte della nostra spettabile rappresentanza, per le pratiche lei devolute, e per quelle specialmente verso il pa

trio municipio, il quale sì nobilmente vi corrispose, quanto da parte dell'onorevole comitato ordinatore, il quale ha già emessi e fa circolare i fogli di soscrizione delle offerte necessarie a pagare la medaglia, il busto e le altre minori opere da eseguirsi per questa grande occasione; e, da parte nostra, abbiamo la soddisfazione di poter annunziarvi compiuta la prima importantissima parte del nostro mandato, ch'era d'ufficiare persona che si assumesse di dettare un discorso, da leggersi nella celebrazione del centenario. Il benemerito rettore del nostro ginnasio comunale, il chiarissimo signor Onorato Dott. Occioni nostro collega, si lasciò vincere dalle nostre preghiere, e ci promise d'essere l'oratore della Società di Minerva in quella nobilissima commemorazione; e, come i suoi meriti e la sua fama di valente Dantista c'indussero a volgerci a lui, prima che ad altri, e ad insistere per ottenere la sua promessa, così non dubitiamo ch'egli non se ne sdebiti ad onore di sè, della Società nostra e del nome del sovrano poeta, che suonerà in quel giorno per tutto il bel paese.

La parte seconda del nostro mandato vuole che noi facciamo un invito caloroso a tutti i socj della Minerva di presentarci entro il prossimo Ottobre un'epigrafe italiana per la medaglia, un'altra per il busto, se mai si credesse farvela porre, ed a tutto Dicembre altre epigrafi da pubblicarsi eventualmente a stampa, studi nuovi intorno a Dante e poesie da stamparsi o cantarsi. Un tale invito noi vel facciamo ora, o signori; e ci confidiamo che non pochi tra voi risponderanno alla nostra chiamata, con quell'ardore, da cui i giovani in gara coi provetti ed i provetti in gara coi giovani devono sentirsi penetrati, trattandosi di commemorare pubblicamente la massima delle glorie letterarie italiane, alla quale s' inchinano reverenti tutte le nazioni.

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I lavori anzidetti dovranno essere rimessi al presidente (signor Giovanni Dott. De Baseggio), nel termine sopra stabilito, accompagnati da cedola suggellata, coutenente il nome dell'autore, con la ripetizione d'un motto, cui ogni lavoro dovrà recare in fronte, come s'usa in simili concorsi, acciocchè il segreto dell'anonimia si trovi assicurato agli scritti, dei quali la Società della Minerva non si facesse editrice. Di quelli che saranno editi da lei, verranno pubblicati gli autori, ai quali resterà riservata la facoltà di ristamparli, come loro proprietà.

Tutto ciò è prescritto dal programma; e noi non abbiamo altra cosa ad aggiungervi, o signori, fuorchè esprimervi la fede interissima che noi abbiamo nel vostro desiderio di far fruttare l'ingegno e gli studj vostri in pro d'un'opera, da cui la Società di Minerva e la città di Trieste avranno lode ed onoranza.

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L'impresa di rendere più comode e spaziose, ed al tempo stesso più sane le vie del centro di Firenze, provvedendo per tal modo all'utile, come al maggior decoro di questa antica madre della civiltà, è lodevole opera a cui da qualche tempo attende con resultamenti più o meno fortunati il Municipio Fiorentino.

Ai molti giudizi sulle cose fatte, ai molti progetti di quelle da farsi dettati da uomini pratici e di scienza, noi non avremmo osato aggiungere un nostro concetto, se il buon volere che ne muove non ci avesse da una parte dato conforto e non c' incoraggiasse dall'altro canto la considerazione che anche il seme gettato sul terreno da inesperta mano, può produrre vigorose e fertili piante, quando sia diligentemente curato dall' intelligente coltivatore.

Nell'imprendere un'opera di qualche rilevanza di materiale miglioramento civico, ci pare che la cosa più importante sia fermare il concetto fondamentale che deve dirigerlo, stabilire il punto cardinale, e per così dire il centro del nuovo organamento, per guisa che la varietà abbia ragione di armonia, e questa emani dal concerto della convenienza con l'utile e dalla corrispondenza delle parti | col tutto.

Concretando poi le vedute alla grandiosa opera di una strada centrale in Firenze, oltre a tener conto di codesti principj, occorre guardare che non si tocchi a tali strade, e fabbriche che per considerazioni storiche, o artistiche, di vetusta antichità, vogliono essere rispettate. Ed è da curare grandemente il lato economico, sicché modica ne riesca relativamente la spesa, e questa col minore aggravio delle finanze municipali.

Sulla base di siffatte considerazioni vediamo se corrisponderebbe all'uopo il concetto che ci siamo formato.

È noto, e materialmente evidente per chi abbia una pratica cognizione di Firenze, che il Palazzo Strozzi potrebbe esserne considerato come il punto centrale, quindi

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come la base dell'opera cui intendiamo; il conseguimento cioè di una grande strada centrale che sia come l'arteria della nostra città. All'attuazione della quale opera, che certamente sarebbe grandiosa, e a prima giunta crederebbesi di difficile esecuzione per la ingente spesa, crédiamo che potrebbesi agevolmente pervenire con un ingegnoso sistema di volontario concorso che, cooperante il Municipio, si stabilisse fra i proprietari, che per la posizione dei loro stabili fossero interessati alla esecuzione del lavoro. Un consesso di onorevoli cittadini, costituitosi all'uopo, avrebbe poi ad esaminare e determinare la cosa per la esecuzione si per il lato artistico, come per la parte economica, in relazione specialmente al suindicato progetto di consociazione d'interessati e del Municipio. Il qual progetto basti ora avere accennato, riservandoci a farne la competente esposizione allorchè la proposta incontrando la savia considerazione di persone autorevoli, sia tale da produrre la formazione di un comitato per curarne l'attuazione. Venendo ora a dire del tracciamento della proposta strada: eccone il concetto. Preso per punto centrale, come fu sopra notato, il Palazzo Strozzi, potrebbesi passare con la nuova strada tanto dal lato di tramontana quanto da quello di mezzogiorno. Adottando il primo partito vi sarebbe il vantaggio di approfittare dell'ampliazione, che a cura e spese del Municipio si va facendo dal lato del Palazzo Corsi. Attenendosi invece all'altro dal lato di mezzogiorno potrebbe aumentare la spesa, ma si avrebbe il vantaggio di una linea retta, come aveva fatto osservare l'ingegnere Salvi in una sua memoria presentata al Gonfaloniere di Firenze fino dal di 4 Febbraio 1863, dall'uno o dall'altro lato di questi punti. La grande strada o corso centrale dovrebbe nella direzione a levante andare a trovare le mura urbane alla estremità dell'attuale Via Ghibellina ove praticherebbesi una barriera d'ingresso; e per la parte di ponente passando in prossimità del ponte alla Carraja, procederebbe per la Via Borgo Ognissanti fino alla Porta al Prato.

Per la linea verso levante continovando il taglio e ampliazione predivisata sul fianco del Palazzo Strozzi, andrebbesi a sboccare presso Or San Michele dal lato detto dei Quattro Santi. Traversata ivi la Via dei Calzajoli proseguirebbesi con opportuno taglio lungo la chiesa di San Carlo, e dopo la Piazzetta dei Tavolini, con l'atterramento della fabbrica e cappella dei Buonomini di San Martino e quindi di una parte del monastero di Badia, troverebbesi la Via del Proconsolo presso la chiesa di Badia in faccia alle case che restano intermedie alla Via Pandolfini ed a quella già detta del Palagio. Atterrato ivi il quadrilatero di fabbriche tra le vie suddette del Proconsolo, Pandolfini, del Palagio e Giraldi, otterrebbesi una piazza o largo sul quale prospetterebbe il monumentale palazzo del Potestà; da quivi continuerebbe l'arteria o via centrale per l'attual Via Ghibellina fino alle mura urbane, senza bisogno di altri tagli, nè altra opera qualsiasi se non l'apertura della barriera.

La sezione verso ponente dirigerebbesi con la stessa ampiezza per mezzo di opportuni tagli alla calata del ponte alla Carraja da dove imboccando nella Via d'Ognissanti giungerebbe senz'altri lavori alla porta al Prato.

Una circostanza notevolissima vuolsi sinora rammentare a proposito dell' indicato tracciamento della grande strada centrale di Firenze, ed è che passando essa avanti la casa natale del Divino Allighieri, porgerebbe l'occasione ad intitolarla con verità di fatto Corso Dante. La quale intitolazione che certamente sarebbe nel voto generale non solo di Firenze ma d'Italia, sancita per solenne deliberazione del Municipio, sarebbe una bella coincidenza con la celebrazione del Centenario Dantesco, cui tutta Italia si prepara con sacro entusiasmo.

Ciò basti quanto al concetto generale della proposta opera. Quanto ai dettagli della esecuzione non è qui luogo di trattenervisi. Sarà cotesto il subietto di esami e studi tecnici da eseguirsi con piena cognizione di causa da persone competenti; dopoché costituitosi il proposto comitato di onorevoli cittadini, l'idea dell' opera venga aggradita dal Municipio, che col suo officioso intervento ne agevoli la esecuzione. Frattanto però sembra prezzo dell'opera porre innanzi qualche osservazione, che ci comparisce importante, sulla opportunità e utilità della immaginata strada centrale fiorentina, da intitolarsi col suo proprio nome di Corso Dante.

E prima considerazione sia quella della economia della spesa, la quale in relazione alla grandezza dell'opera, sarebbe certamente assai limitata. Perocchè per due grandi sezioni entrerebbero a far parte del progettato Corso centrale le vie preesistenti, già abbastanza ampie e decorose da poter essere all' uopo usufruite nelle attuali loro condizioni: vuolsi dire: a levante la Via Ghibellina nella sua vasta lunghezza dal Palazzo del Potestà alle mura urbane, e la lunga linea del Borgo Ognissanti largo della porta al Prato a ponente. Quanto poi alla sezione intermedia a queste due, cioè dal ponte alla Carraja al Palazzo del Potestà, la linea per noi proposta potrebbe profittare in parte, come fu già notato, del lavoro di ampliazione che a cura e spese del Municipio și stà eseguendo sul lato di tramontana del Palazzo Strozzi, che crediamo potersi portar oltre per il riordinamento del Mercato; e nel tronco che vi succede, fino a raggiungere la fabbrica di Or San Michele, toglierebbe un labe rinto di vicoli e di vetusti caseggiati, ove le espropriazioni sarebbero poco costose, e la spesa delle nuove costruzioni, che in parte sarebbe diminuita dalla enorme quantità di materiale ricavabile dalla demolizione di fabbriche altissime, costruite per lo più in macigno, verrebbe per altra parte anche compensata dall' ingente valore delle nuove fabbriche fronteggianti a questo tronco centralissimo del nostro gran Corso. Restano due tronchi, quello da Or San Michele al Palazzo del Potestà, e l'altro dal Palazzo Strozzi al Ponte alla Carraja, ove sarebbero necessari tagli e demolizioni, per ottenere insieme con il continuato andamento del Corso, la conveniente sua ampiezza. Ma crediamo che non ne sarebbe ingente la spesa; perocché si tratta di brevi tratti ove sarebbe pure da tener conto del massimo valore degli edifizi che, in conseguenza degli occorrenti tagli o correzioni, fossero da costruire dall' uno e dall' altro lato del Corso, e delle piazze o larghi per esso traversati.

igiene, alla quale ottimamente servirebbe l'aprire una ampia via in mezzo al preaccennato laberinto di vicoli, sostituendovi buone case e bene areate all'attuale ammasso di povere abitazioni, sucide, prive d'aria e di luce, ove vive accatastala una numerosa popolazione intristita dalla scrofola, e da crude infermità che ne addolorano la breve esistenza.

Terza considerazione si è il non toccare con la proposta opera alcuna delle antiche strade, le quali interessa possibilmente conservare per non togliere alla nostra Firenze il pregio di quella nobiltà monumentale che deriva dall'aspetto dei secoli ed il lasciare liberamente eseguibile qualunque altro miglioramento che con l'andare del tempo potesse giudicarsi opportuno in altri punti della città.

Quarta considerazione finalmente. La opportunità topografica del proposto tracciamento, per cui al Corso Centrale farebbero capo i punti principali della città, sia direttamente, sia per comode, ed ampie vie d'accesso: tali i Ponti sull' Arno, il Mercato, la Stazione delle ferrovie, il centro delle locande e dei forestieri, le piazze del Duomo e della Siguoria, il Palazzo del Potestà, il Panteon Italiano in Santa Croce ec.

Ciò che abbiamo notato a proposito del secondo argomento di convenienza e di utilità del nostro progetto, il guadagno cioè che avrebbesi per la pubblica igiene nel taglio da praticarsi a traverso dei caseggiati e vicoli fra il Mercato e Or San Michele, richiama per ragione di conseguenza ad una osservazione di suprema importanza, quale è il bisogno di provvedere alla abitazione della classe povera.

La deficienza in Firenze di abitazioni per le famiglie degli operai è un fatto già da lunga epoca avvertito; e che per la ragione composta dell'aumentata popolazione, e della diminuzione di case per il popolo, si va facendo viepiù maggiore. Già da tempo benemeriti cittadini avvisando a questo bisogno, promossero con savio e benefico intendimento un'associazione, la quale costituitasi col titolo di Società anonima edificatrice fabbricava nella località conosciuta col nome di Barbano un vasto stabile che accoglie alquante diecine di famiglie, e nello scopo medesimo, a cura di cotestà benemerita Società, era edificato altro stabile assai più vasto del primo nel nuovo quartiere della Barriera alle Cascine. Ma è ancora ben lungi che sia provveduto al bisogno ed è facile intendere quanto sarebbe utile questo aumento per l'atterramento che, nella proposta apertura del nuovo Corso verificherebbesi, di una gran parte dell'antico caseggiato nel quadrilatero compreso fra la piazza degli Strozzi e la Via Calzajoli, e tra il mercato e la via Porta Rossa, e per riduzione del rimanente ad ampi e decorosi casamenti. Il perchè opera contemporanea a quella del nuovo Corso centrale, ma da spingersi con la massima alacrità, dovrebb'esser quella della costruzione di case per la classe operaia per più centinaia di famiglie. E qui notisi per incidenza che quando parliamo di costruzione di case appositamente destinate al bisogno di questa classe, sarebbe da ritenersi che il prezzo di affitto dei quartieri dovrebbe stare fra i 50 e i 450 franchi. Chi conosce le condizioni economiche delle famiglie di opeSeconda considerazione favorevole al progettato anda- raj nella città nostra sa bene come i 150 franchi di pimento della nostra Via Centrale è quella, della pubblicagione è il massimo di cui possono caricarsi, e che per

moltissimi sono un peso ben grave anche i 50. Forse che la costruzione di stabili per abitazione con quartieri tenuti ad un prezzo di affitto fra i 50 e i 150 franchi, difficilmente potrebbe dare un sufficiente interesse del capitale impiegatovi, ma si tratta di un supremo bisogno pubblico, cui più presto che convenienza è positivo dovere sociale che sia provveduto. La fabbricazione da farsi lungo le nuove strade fra la via del Maglio, e la via San Sebastiano, e ciò che tuttavia resta da occupare in alcuni appezzamenti di secondaria o terza importanza nel nuovo quartiere presso le Cascine ne darebbe pronta la comodità locale: il concorso del Municipio con la cessione gratuita del suolo, e con qualche sovvenzione pecunaria, ne agevolerebbe la intrapresa; qualche gratuito imprestito, garantito con la ipoteca preambula sugli stessi nuovi stabili, e da restituirsi per annualità in un periodo di 20 a 25 anni ne assicurerebbe la esecuzione anche per mezzo di privati intraprenditori. Il quale imprestito, of farebbesi dallo stesso Municipio che si assumesse il temporario onere del frutto, considerandolo come una spesa di pubblica necessità, o potrebbe essere invocato da istituzioni destinate al vantaggio delle classi popolari, segnatamente dalla Cassa di Risparmio. Dai bilanci che quella Benefica e benemerita istituzione, pubblica annualmente per le stampe, sappiamo come la istituzione medesima abbia già un cumulo di capitali ingentissimo, che col moltiplico dei frutti si va tutto giorno aumentando. Ora, mentre cotesto capitale non ha alcuna destinazione specialmente determinata, in massima però per la indole stessa della istituzione dovrà poi essere impiegato in opere di pubblico vantaggio specialmente per le classi popolane. Delle quali opere non sappiamo davvero quale potrebbe esservi di grave, presentanea necessità quanto quella di provvedere alla deficienza dell'abitazione per centinaia centinaia di famiglie.

Se non che mentre per ragione di connessità della cosa abbiam creduto di porre sul tema delle abitazioni per la classe operaia le riferite avvertenze, sentiamo dall'altro canto tutta la gravità dell'argomento, per doverci frattanto contentare di aver rilevato la urgente necessità di occuparsene seriamente.

Lo stesso comitato di onorevoli persone che si costituisca per l'opera del Corso Dante, potrà prendere a studiare anche questo tema, che in un diverso ordine di cose è parimente di suprema importanza cittadina.

fatti non doveva aver firma në mia, nẻ d'altri, ed era destinato per La festa di Dante; dove avrebbe rappresentato l'opinione della Direzione di quel Giornaletto, ed io, non comparendo in scena, potevo tacermi.

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Ora non è cosi e giacchè il signor Gargani dopo alcune parole di lode, delle quali lo ringrazio, parmi che cerchi di far credere che io non abbia scritto spontaneamente quell'articolo, ma quasi ad insinuazione dei signori Passerini e Milanesi, mi trovo costretto a dichiarare, che se egli ha questa opinione, si è molto ingannato; perchè, quantunque io conosca i due prelodati signori, non ho parlato di ciò nẻ con l'uno nẻ con l'altro, e non essendo punto della loro opinione sul ritratto di Dante del Palazzo Pretorio, è un vero assurdo il supporre che avessi presa la penna per levarli d'impaccio; e lo stesso signor Gargani ha mostrato, nel suo primo articolo su questo subietto, di aver troppa stima dei signori Passerini e Milanesi, per credere che volessero cedere ad altri la difesa delle loro opinioni.

Un'altra cosa pure desidero che si sappia ed è, che se ho detto che il professor Dupré ha lodato il ritratto di Dante della Riccardiana, lo tiene per opera di Giotto, e se ne vale per la sua commissione; tutto ciò è verissimo, e l'ho potuto asserire sulla fede di persona autorevole che me lo ha riferito.

Ad onta delle molte parole spese dal signor Gargani per dimostrare che il Ritratto della Riccardiana non somiglia l'altro che Giotto dipinse nel Pretorio, l'evidenza basta per confutarlo, perché la somiglianza è tale da colpire chiunque li confronti senza passione.

Ma poco vale il dire è o non è: anche senza essere artisti si può benissimo giudicare della somiglianza; e se il signor Gargani non ce la trova, è segno che non si è dato la pena di prendere una copia del ritratto di Dante al Pretorio e di metterla a confronto con quello della Riccardiana, o che i suoi occhi vedono diversamente dai miei e da quelli di altri che meco hanno fatto il confronto.

Chiunque poi abbia pratica di pitture antiche vedrà subito che il ritratto della Riccardiana non è davvero opera di un cinquecentista, come il signor Gargani va insinuando, ma di un'epoca molto anteriore, e a parer mio di Giotto. Ma di ciò non possiamo esser giudici noi profani dell' arte (me lo perdoni il signor Gargani). Noi possiamo dire tutto al più « mi pare »; i giudici debbono essere gli artisti, fra i quali niuno potrà negare che il Dupré non tenga un bel posto; e al loro parere mi acqueterò, anche quando riesca contrario alla mia opi

Memorie di Dante in Firenze nione.

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