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sultato dei suoi giorni trascorsi, è l'ombra della sua futura esistenza. Il Purgatorio è l' intelligibile, che tende al sovrintelligibile.

Dante fu il primo che diede alle scienze filosofiche un ordine morale e politico, cioè, umanitario; e su eclettico cristiano, come il suo secolo. La filosofia di Dante è il dialettismo: fu morale nella direzione, poetica nella forma; fu ontologica e psicologica. La filosofia pagana è una filosofia d' investigazione, che si perde in interminabili generalità, nei prologomeni di un sistema enciclopedico sempre incompleto. La filosofia cristiana, tutta dimostrativa, ha prodotto delle feconde specialità, sciogliendo da tutti i legami dell'errore le due idee principali di Dio e dello spirito : essa ha fondato la ontologia e la psicologia. Alberto Magno, San Bonaventura, Dante Alighieri e San Tommaso formano congiunti una completa rappresentanza di tutte le potenze intellettuali; sono i quattro dottori, che sostengono nel medio evo la cattedra della filosofia, colla missione di rinnovare le scienze, le lettere e le arti. Già il Boccaccio, il Villani, Marsilio Ficino, Paolo Giovio, il Varchi, il Gravina, il Tiraboschi salutarono Dante col nome di filosofo. E il Gioberti si espresse così: Il poema di Dante è la Trilogia più ampia ed illustre e il simbolo più espresso della dialettica universale e del passaggio delle esistenze dalla mimesi alla metessi.

L'Inferno è il sensibile. Dante vi passa fiero e indipendente, visitando gli spiriti ivi lanciati da Dio pei propri peccati. È lo spirito vivente, che va in cerca della sua futura esistenza, e la rinviene, o tra le pene eterne, o tra i dolori di espiazione, o tra i godimenti perpetui. Chi più moralista di Dante? Chi più savio legislatore?...

Ma l' Alighieri non è solamente filosofo, moralista e giurista, ma astronomo e matematico. Il disegno delle tre cantiche, la loro orditura, i cerchi, le bolge, i giorni, i balzi, i seggi dei santi, le gerarchie degli angeli, le sfere del cielo, le costellazioni, i diversi astri, come dimora di spiriti, tutto ciò dimostra, che egli era conoscitore di fisica e di matematica con le scienze annesse e sussidiarie. In qual libro meglio della Divina Commedia si trovano indicate le nozioni del tempo e dello spazio? E lo spazio ed il tempo sono i due cardini, dove si appoggiano le scienze osservative e calcolatrici. Sicchè, nella Divina Commedia rinvengonsi ancora i principii della cosmologia. Certo bisognava una mente vasta, ardita e profondamente investigatrice dell'ordine cosmico, sia tellurico, che sidereo, nel tracciare i lineamenti dei tre regni della futura esistenza.

La Divina Commedia, abbracciando la prima e l'ultima parte della Enciclopedia, cioè, la protologia e la cosmologia, contiene altresì la seconda par

te, cioè, l'antropologia. L'antropologia è lo studio dell' uomo nel triplice aspetto, del pensiero, della parola e della vita. Riguardo al concetto ed all' azione ho notato, come il Fiorentino fu filosofo e legista, e come la Divina Commedia si estolle per la filosofia e la legislazione nel senso teoretico e dottrinale. In quanto alla lingua, ossia, al bello e all' arte, come filologo e come estetico, egli, anzichè raro, è ingegno unico nel mondo letterario, nè vi ha chi lo uguagli, avendo creato l'arte e la poesia italiane in tutta la loro primitiva grandezza e magnificenza.

In realtà, l' epopea dantesca è il risorgimento delle lettere moderne e della presente civilizzazione. Essa dà vita al quarto periodo della storia del mondo. Le altre minori epopee sono sue figlie, sono come i rivoli, che scaturiscono dalla fonte maestosa e perenne di un fiume sterminato. Ariosto, Tasso, Ercilla, Camoens, Milton, Klopstock sono figli di Dante, siccome i loro poemi: sono dinamicamente racchiusi nel poema di lui. << Egli è unico (così Gioberti) nella età moderna: sovrasta a tutti per l'ampiezza del lavoro e dell' ingegno: primo di tempo come di eccellenza. Se vuoi trovare con cui pareggiarlo ti è forza risalire a Valmichi e ad Omero. Valmichi ed Omero da un lato, Dante dall' altro, appariscono negli ordini delle umane lettere come capi e guidatori di quei due corsi civili, l'uno dei quali si connette con la rivelazione primitiva, e l'altro con la rinnovazione evangelica. Ma i due primi possedevano soltanto pochi rimasugli del vero antico, benchè l' uno probabilmente vivesse nello splendore del panteismo braminico; e l'altro quando fiorivano il ricco politeismo e il genio eroico degli Elleni; laddove il poeta cattolico godeva della verità instaurata nella sua pienezza, e ritraeva dalla fonte, non già dai rivi; ond' egli avanzò di tanto i due sommi vati della civiltà gentilesca, di quanto il Pentateuco e l' Evangelio sovrastanno alla Teogonia e ai Vedas ». Fin qui il filosofo torinese.

La cantica italiana stende una mano sull' Asia, ed abbraccia i poemi orientali di Valmichi, Viasa e Firdusi, siccome s' inspira nell' epopea sacra del popolo ebreo, cioè, la Bibbia, e in tutti i profeti ed evangelisti e santi padri; onde, per questo lato, può dirsi la cosmogonia e la palingenesia del mondo, ovvero la Genesi e l' Apocalissi della civiltà europea; e comprende la civiltà e coltura orientali, ossia, il primo ciclo della storia del mondo. Con l'altra mano stringe i poemi occidentali dell' Europa, e contiene Omero e Virgilio, o sia, il mondo greco e il mondo romano, il secondo e il terzo periodo della storia mondiale. Assiso così il genio del Ghibellino tra l'Oriente e l'Occidente, bilanciato tra l'Asia e l' Europa, tra il primo e i due ultimi momenti della civiltà univer

sale, dall' Italia egli getta lo sguardo sull' età che lo circonda, sul medio evo, sul cristianesimo, che risorge dai frantumi dell' impero latino, e dà vita al quarto ciclo della storia del mondo, cioè, il periodo moderno. Qui la sua mente si travaglia; qui trova i semi della futura rinnovazione; qui il sostrato della rigenerazione civile, della nuova coltura e del nuovo incivilimento, della vera religione e del vero progresso.

La civiltà moderna ha dunque principio nell' Italia in due momenti, dal secolo XIII e dal XV, allorchè Dante, San Tommaso, Pier delle Vigne, Colombo, Galilei, Machiavelli, Michelangelo, Ariosto, Raffaello, Leonardo da Vinci, Cellini, Giordano Bruno comparvero, come splendide comete nell' orizzonte della vita. Da quell' istante l'astro dalla civiltà passò ad illuminare il cielo della Francia, della Germania, dell'Inghilterra; e gl' Italiani, obliando i loro maggiori, restarono nelle tenebre. Sursero quindi Shakspeare, Bossuet, Cartesio, Bacone, Copernico, Milton, Klopstock, Kant, Leibnitz, Malebranche, Newton, Pope, ed altri ingegni sublimi e straordinari. Rimase tuttavia in Italia un barlume, come piccola fiamma in mezzo a fitta caligine, e come il luccicar di una folgore in notte oscura e procellosa. Quei lampi erano Al

fieri e Vico.

Nel nostro secolo l'astro civilizzatore ha ripreso il suo splendido corso, guidato dai Manzoni, Foscolo, Gioberti, Leopardi, Canova, Niccolini, Cantù, Ferrari, Rosmini, Guerrazzi, Rossini, Mazzini e Garibaldi.

Adunque, la Divina Commedia è il poema più grande dell'ingegno umano, avendo quasi rotto i confini del finito per slanciarsi nel campo dell' infinito; è l' epopea più vasta e più sublime, perchè abbraccia Dio, l'uomo e la natura. Essa è la Enciclopedia universale; è lo scibile supremo. La prima cantica si riferisce all' uomo, la seconda al creato, la terza a Dio; quindi sensibile, intelligibile e sovrintelligibile; Dio, uomo ed universo.

Dante non è solo il poeta dell'Italia e dell' Europa, ma di tutto il mondo e di tutta la cristianità: egli appartiene a tutti i tempi e a tutti i luoghi ; poichè i suoi insegnamenti e i suoi precetti sono universali; i suoi principii sono eterni ed immutabili. Il vero, il bello, il buono sono depositati in tutte le sue opere. L'umanità leggendo in quei volumi conosce sè stessa, ed impara a conoscere gli altri due termini, coi quali trovasi in relazione, Dio, cioè, e la natura, la teosofia e la cosmosofia, siccome essa forma la scienza dell' antroposofia.

Così può dirsi che Dante in rapporto allo spirito dell' umanità ha creato le scienze, le lettere e le arti, la coltura e la civiltà moderna; e che la

Divina Commedia ne contenga i principii, e sia la Encicopedia universale e il libro più sacro e più venerando dopo la Bibbia.

Prof. VINCENZO PAGANO.

IL SIMBOLO DELLA LUNA NELLA DIVINA COMMEDIA

Signor Direttore,

Più si van raccogliendo insieme e ponderando gli argomenti dal R. P. Ponta svolti nel suo Saggio di critica (Cap. 20) a corroborar l'opinione che nella Commedia sia la luna simbolo della ragione umana (Nuovo esperimento ec., Cap. 12) più si trovan cal zanti e concludenti. Io gli ebbi opposto ( Cenni critici, Cap. 8). Dante chiamar movitori di quel cielo Boezio e Tullio, i quali inviaron lui nello studio della filosofia coi raggi della stella loro, la quale è la scrit tura di quella (Conv. Tr. 2, cap. 16); quindi la luna simboleggiare essa filosofia. A provar poi della ragione umana esser mito Virgilio, addussi il verso: Quanto ragion qui vede dir ti poss' io (Purg. 18, v. 46).

Se non che troppo agevolmente sariasi potuto rispondere: Come ciò? I raggi della tua luna, che è la scrittura della filosofia, dicerto inoperosa, anzi inintelligibile a cui non abbia abito razionale, valgono a guidar lo smarrito fuori della tenebrosa selva (Inferno 20, v. 128); e solo giunto ch' ei fu al piè del dilettoso colle, offreseli Virgilio, ovveramente la ragione (Inf. 1, v. 62) a trarlo dal gran diserto, onde scorgerlo a salvamento. Fratel dolce, tu tiri in arcata, inverti l'ordine, facendo l'effetto della filosofia preceder l'opera della ragione. Nè l'addotto verso dice punto Virgilio esser dessa la ragione: conciossiachè accettato dal mistico viatore per duca e maestro (Inf. 2, v. 140); si proferisca solamente di chiarirli quanto la ragione può vedere. Ed altrove dice pur chiaramente, lui volere il suo discente oltre guidare quanto potrà sua scuola (Purg. 21, v. 33); la quale mostran poi chiaro gl' insegnamenti, che gli va distinguendo, essere l'etica.

Povera universalità umana, se i raggi della tua luna necessari fossero a farne accorti d'avere smarrita la diritta via, e darne virtù da uscir della selva de'mondani errori ! Desso l'idiota, se non pervertito al tutto, discerne, almen di grosso, il bene dal suo contrario, la virtù dal vizio pur nel punto medesimo che a questo si abbandona e però, non solo chi ha tra mano le scritture filosofiche, ma l'uomo prout merendo aut demerendo, per arbitrii libertatem justi tiae praemianti aut punienti ob noxius est (Epist. a Cane 8). Imperciocchè Innata v'è la virtù che consiglia, E dell assenso dee tener la soglia (Purg. 18, v. 62). Per

vamente

la qual cosa bastar pur debbe un lumetto di ragione | beatitudine in contemplando (Par. 2, v. 43) intuitia far che l'uomo raccapezzar si possa, e tornare al cuore, come appunto al chiaror della luna tonda successe bene allo smarrito della Commedia.

Or qual altro mito più acconcio potuto sariasi trovar fuori a simboleggiare la ragione? La luna materiale ha sua parvenza secondochè la illumina il sole, la ragione umana vede e distingue solo in quanto il Sole intelligibile, ovvero il Sommo Duce, più o meno le splende (Inf. 10, v. 102); ed al dir del Salmista è dessa ragione luce della mente eterna; ma soggetta ad errare, come la luna avrà macchie, finchè il sole tuo non tramonterà, nè scema sarà mai la tua luna: perchè sempiterna la luce tua sarà il Signore (Isaia, 60, v. 20). Però nella dilettosa vallea di freschissima verzura, ove non pur dipinto v'avea di vivissimi fiori; Ma di soavità di mille odori vi faceva un incognito indistinto (Purg. 7, v. 80); vede il mistico viatore al balzo d'oriente, la concubina di Titone imbiancarsi con ingemmata la fronte in figura dell'animale dalla coda aguzza (Purg. 9, v. 1; e Inf. 17, v. 1); uscito fuori del fumo, che purga gl' iracondi, la luna gli si offre alla vista Fatta com' un secchion che tutto ardea (Purg. 18, v. 78); e stretto fra le pareti dell'ultima calaja, che mette al paradiso terrestre, Poco potea parer l del di fuori, Ma per quel poco vedev'ei le stelle di lor solere e più chiare e maggiori Purg. 27, v. 86) (1). Adunque al nostro pellegrino va la vista intellettuale rischiarandosi, e maggior virtù acquistando, a misura ch'ei s'avvicina al luogo della primitiva innocenza, là dove poi i sette candelabri li fiammeggian di sopra. Più chiaro assai che luna per sereno, Di mezza notte nel suo mezzo mese (Purg. 29, v. 53).

Giunto finalmente negli eterni Gemelli, vicino omai ad indiarsi, sorriso del vil sembiante di questo globo e dell'ajuola, che ci fa tanto feroci, vide la figlia di Latona incensa senza quell'ombra che gli fu cagione Perchè già la credette rara e densa (Purg. 2, v. 49 e seg.; 22, v. 139; Conv. Tratt. 2, epist. 14). E il profeta detto avea: E la luce della luna sarà come la luce del sole..... Allorchè il Signore avrà fasciata la ferita del suo popolo, ed avrà sanate le aperte piaghe (Isaia 30, v. 26).

Laonde appare che, spogliateci nostre preconcette opinioni, standoci stretti stretti alle discipline dell'altissimo poeta, e non perdendo d'occhio le fonti, alle quali egli attinse suoi miti, perviensi per avventura a rettamente interpretrarli nel Poema Sacro, ordinato ad indicar la via, per la quale ragione ed autorità (Purg. 25, v. 2); scienza razionale (Virgilio) e scienza divina (Beatrice), filosofia e rivelazione scorgon l'uomo alla felicità nel tempo ed all'eternale (1) Sul cielo stellato, vedi Convito (Trat. 2, Cap. 15).

L'amor che move il sole e l'altre stelle.

Ciò in ammenda di opposizione a torto fatta ad un dotto, in queste cose dantesche poi eruditissimo, che io con chi in esse studia dobbiam tutti deplorar rapito troppo tosto ai vivi, la cara e buona memoria debitamente onorandone. Alla quale ammenda concedendo un po'di luogo nel Giornale del Centenario, Ella, Signor Direttore, mi avrà di particolar favore obbligato. L. PICCHIONI.

Un Codice della Biblioteca Imperiale di Parigi. Una Canzone dell' Alighieri; una Miniatura ed un voto deluso.

Una lettera da me diretta all'illustre Dantofilo lacopo professor Ferrazzi, l'autore di quella dotta Enciclopedia dell'Alighieri, che vedrà la pubblica luce nella circostanza solenne del prossimo Centenario, discorreva della canzone alla Vergine, che porta ad intitolazione: Questa è l'orazion che fe' Dante alla morte. Giusta la copia fedele tratta dal manoscritto esistente in Parigi, nella Biblioteca Imperiale, si corressero oltre a 40 errori incorsi nell'ultima pubblicazione, e fra questi segnatamente quelli, per cui dicevasi probabilmente non appartenere all'Alighieri la canzone anzidetta. Rimpetto alla canzone havvi una stupenda miniatura che sta di mezzo tra la maniera di Cimabue e quella di Giolto. Ebbi il desiderio di trarre della miniatura e della canzone un disegno fotografico per offrirlo in dono al Muncipio fiorentino, e a quest'uopo scrivevo al nostro ambasciatore in Parigi, valente cultore ch' egli è delle lettere. Ed infatti le sue risposte e le sue premure non potevano essere nè più sollecite ně più cortesi, quantunque l'esito finale non corrispondesse al desiderio. Ecco la risposta alla prima lettera.

Illustrissimo Signore

Parigi, 20 febbraio 1865. Non credo impossibile di ottenere dalla Direzione di questa Biblioteca imperiale comunicazione del codice di Ella vorrebbe per alcun tempo avere a Torino. Recentemente ancora la Biblioteca stessa non ebbe difficoltà a comunicare al cav. Gorresio manoscritti sanscriti importanti.

Ma affinchè io possa farne la domanda e perchè questa venga accolta, è necessario che il Regio Ministero degli Affari Esteri me ne dia incarico ufficiale.

Quanto all' autorizzazione di prendere una fotografia della miniatura che orna il manoscritto, non credo che sia necessaria tale formalità. Attenderò

quindi ch' Ella mi faccia sapere se devo aspettare che mi vengano le istruzioni necessarie dal Ministero per far la domanda del manoscritto, o se devo limitarmi a domandare copia fotografica della miniatura. Gradisca, Illustrissimo Signore, gli attestati della mia distintissima considerazione. NIGRA.

Soggiunsi, ch' ero ben contento che a Parigi stessa se ne traesse la copia fotografica, e pregavo di ciò la gentilezza dell'Ambasciatore, dicendo che di animo lietissimo avrei sopperito ad ogni spesa a tale riguardo. Mi stavo aspettando di giorno in giorno l'invio della copia raccomandata; ma ecco invece avvenire il contrario della aspettazione. I motivi saranno giusti, ma io me ne dolsi come di un pensiero vagheggiato e deluso.

Pregiatissimo Signore,

Parigi, 7 aprile 1865.

Appena ricevuta la sua lettera dell' 11 Marzo ultimo chiesi secondo il suo desiderio l'intercessione del ministro imperiale degli Affari Esteri per ottenere una copia fotografica della miniatura preposta alla canzone manoscritta di Dante da Lei indicatami. Dolente di non poterle comunicare una risposta conforme alla sua e mia aspettazione, bramo ch' Ella conosca i motivi su cui si fonda il rifiuto, e perciò le trasmetto qui unita la copia della lettera statami scrittta in proposito da S. E. il signor Drouyn de Lhuys. Gradisca, onorevole signore, gli atti della mia distinta considerazione. NIGRA.

Monsieur le Chevalier

Paris, 5 avril 1865.

Vous m'avez fait l'honneur de m'exprimer le désir d'obtenir de la Bibliotèque Impériale la copie photographiée d'une chanson du Dante existant au Dépôt des manuscrits.

Je me suis empressé de faire parvenir cette demande à M. le Ministre de l'Instruction Publique, et j'ai le regret de vous annoncer que S. E. M. Duruy n'a pu l'accueillir. La bibliotèque ne possédant pas de laboratoire photografique ne saurait fournir elle même cette copie, et des expériences précédantes, tentées par des operateurs du déhors, ont été nuisibles à la conservation des manuscrits. L'administration a donc résolu de ne plus accueillir de demandes analogues; elle a exposé du reste les motifs de sa décision dans une note inserée au Moniteur du 27 Mars dernier.

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Così non mi resta che un voto inadempito, un dovere di viva riconoscenza al nostro dotto e solerte ambasciatore, e l'espressione di un desiderio che nelle principalissime Biblioteche de' nostri e degli esteri Stati s'istituisca un conveniente gabinetto fotografico, e per servigio delle Biblioteche medesime e per quello dei discreti visitatori, affine di trarre all' uopo e senza danno dei codici i fac-simili, e affine di provvedere a tanti altri vantaggi. Ab. JACOPO BERNARDI.

EPIGRAFI DANTESCHE

Di Pietro prof. Contrucci.

IGNORANZA E BARBARIE

CUOPRIVANO DA MOLTI SECOLI EUROPA TU PRODIGIO E GLORIA DI NATURA DANTE ALIGHIERI

SORGEVI

SOLE NOVELLO A DISSIPARE QUELLE TENEBRE ISPIRATO DAL NUME

MOVENDO ARDITO

NEI REGNI OVE ALTRI NON GIUNSE MIRASTI GLI UMANI DESTINI

E QUELLI DIPINGEVI AI VIVENTI CREANDO L'IDIOMA DELL' ARMONIA CITTADINO GUERRIERO ESULANTE SACERDOTE DELLA RETTITUDINE FLAGELLATORE DEI VIZI

DESTAVI UN PALPITO UNA SPERANZA CHE FIAN SALUTE AI NEPOTI

ANIMA BENEDETTA

DI DANTE ALIGHIERI

NEL MONUMENTO CHE T'INALZA LA PATRIA
MIRA L' AMMENDA
DELL'ANTICA OFFESA
L'AMORE DEI NEPOTI

E COMPITO IL PIO DESIDERIO
CHE TI FECE PIÙ AMARA
LA VITA ERRANTE E LE AGONIE
NON CONFORTATE

DAI BACI E DAL PIANTO FILIALE

DELLA FESTA NAZIONALE

PER

IL SESTO CENTENARIO

DELLA NASCITA

DI DANTE ALLIGHIERI

aggiuntivi

I CENNI CRONOLOGICI

DELLA VITA, DELLE OPERE E DEL SECOLO DI DANTE

PER BONAVENTURA BELLONO.

Dall'Uffizio di questo Giornale si fanno le spedizioni di detto libro per tutto il Regno, mediante vaglia postale di Lire Una in lettera affrancata.

G. CORSINI Direttore-Gerente.

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Le associazioni per l'Italia si ricevono in Firenze alla Direzione del Giornale, alla Tipografia Galileiana di M. Cellini e C., e presso i principali Librai.

Incaricati generali per le Associazioni:

Per la Spagna e Portogallo, Sig. Verdaguer, libraio a Barcellona, Rambla del Centro;

Per il resto d'Europa: Sig. Ermanno Loëscher, libraio a Torino, Via Carlo Alberto, N.° 5.

che il delicato concetto che l'ospitalità offerta ai Rappresentanti della città di Ravenna fosse ricordo di quella che il divino Poeta s'ebbe dagli avi nostri negli ultimi giorni della travagliata sua vita.

La città di Ravenna, che professò in ogni tempo religioso culto alla memoria dell'Alighieri, applaude unanime al nobile e grande pensiero dei Fiorentini di festeggiare con pompa solenne la ricorrenza della nascita del gran Poeta nazionale; e i rappresentanti suoi tengono ad onore e ventura di essere chiamati in suo nome ad associarsi a un omaggio che è un nobile esempio dato dalla più civile delle città italiane, e sarà in pari tempo uno dei titoli più puri di gloria della italica nazione, nella sorte più lieta, più gelosa custode delle sue splendide tradizioni, e del nome immortale dei suoi figli più illustri.

Accolga, onorevole collega, i sensi della mia sin

cera osservanza.

Il Sindaco G. RASPONI.

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