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era

che diede a Raffaello quel tipo di bellezza da lui riprodotto in tutte le sue Vergini; - l'arte che così, così fu veramente, come dice il Poeta, a Dio nipote ! Innalzarsi non poteva l' uomo fino a Dio: necessario che Dio scendesse fino all' uomo ; e scese mercè la donna, la vergine, la madre, cui la fede nostra ci presenta; - da un lato col più bello, col più incantevole degli attributi, che quello è di disarmare la collera dell' Onnipotente, di rompere i duri giudizi di lassù, di farsi in questa valle di lacrime consolatrice degli afflitti; - dall' altro sotto il più grande emblema di trionfo, per cui in mezzo agli astri del firmamento incoronata dl stelle noi la vediamo calcare il gran nemico che giace schiacciato a' suoi piedi !

IX. A Maria perciò aveva tanta venerazione il Poeta a Maria si volge nell' ultimo Canto del sacro Poema S. Bernardo in mezzo ai Beati che formano la gran rosa di Paradiso colla tanto celebrata preghiera, acciò compiasi la gran visione del Poeta colla vista dell'Onnipotente. Così, mirabile ordinamento! finisce il Poema con un tratto di benignità della gran Madre che fu la prima a volgere al Poeta uno sguardo di pietà, onde queste tre benedette intercedono di verbo in verbo per l'uomo, pel credente, per l'amatore.

Ed io non potrei finire queste povere parole senza volgere (in un pensiero di affetto pei fanciulli che qui conveniste a beneficare) il cuore e la mente a questa preghiera - ultimo gioiello del Sacro Poema. Oh! insegnatela, insegnatela a quei teneri garzoncelli acciò suoni, se non più bella almeno più cara, sulle labbra dell' innocenza, acciò imparino essi a venerare la gran Madre colle parole del Poeta che in un sospiro d'amore tanta eredità di affetti e di gloria ci ha tramandato.

Vergine madre, figlia del tuo figlio,

Umile ed alta più che creatura, Termine fisso d'eterno consiglio, Tu se' colei che l'umana natura Nobilitasti si che il suo fattore Non isdegnò di farsi sua fattura. In te si riaccese l' alto amore

Per lo cui caldo nell' eterna pace Cosi è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridiana face

Di caritade, e giuso in fra i mortali Sei di speranza fontana vivace. Donna sei tanto grande e tanto vali

Che qual vuol grazia ed a te non ricorre Sua desianza vuol volar senz' ali. La tua benignità non pur soccorre A chi domanda, ma molte fiate Liberamente al domandar precorre.

In te misericordia, in te pietade,

In te magnificenza, in te s'aduna Quantunque in creatura è di bontade. Or questi che dall' ultima laguna

Dell' uuiverso insin qui ha vedute
Le vite spirituali ad una ad una,
Supplica te per grazia di virtute

Tanto che possa cogli occhi levarsi
Più alto verso l'ultima salute.

Ancor ti prego, Regina che puoi

Ciò che tu vuoi, che tu conservi sani Dopo tanto veder gli affetti suoi ! Vinca tua guardia i movimenti umani: Vedi Beatrice con quanti beati

Per li miei preghi ti chiudon le mani.

E Dante vede Iddio!.... e nel profondo della tricolorata iri divina vede

Legato con amore in un volume

Ciò che per l'universo si squaderna!

Rassegna Bibliografica

DANTE ALIGHIERI di Federico Rotter. I. Sei discorsi sopra Dante. II. Dante. Una ghirlanda di romanze. Stuggarda, coi tipi del libraio-editore C. Schweizerbart, vendibile in Firenze presso il libraio J. Brecker, Via Maggio.

Questo libro, scritto in bella tersissima lingua tedesca, contiene nella sua prima parte, la quale forma già un tutto per sè, sei discorsi sopra Dante tenuti dal ben conosciuto sig. Rotter avanti colta radunanza in Stuggarda, dietro particolare invito della Direzione di quel Museo. Nel primo di questi discorsi l'egregio Autore offre una breve, ma viva ed interessantissima descrizione della vita del divino Poeta. Nel II, III e IV discorso egli presenta al lettore con vera maestria, ma nella brevità richiesta dalla cir. costanza il contenuto della Divina Commedia, nel V e VI mostra ben saviamente il senso allegorico della medesima.

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La seconda parte di questo libro, la quale forma pure un tutto per se sola, parte poetica, una ghirlanda di romanze risguardante Dante e i suoi tempi, manifesta gli studi profondi dell'Autore, il quale ha poi saputo dipingere con colori vivissimi e ben parlanti.

LA DIVINE COMÉDIE DE DANTE ALLIGHIERI. Le Paradis, traduction nouvelle en vers français par M. Hippolyste Topin ancien professeur etc. (1).

Fra gli stranieri che valsero ad apprezzare la italiana letteratura in genere, come i francesi Cin

(4) Si vende in Pisa alla libreria, cartoleria ed Agenzia d'affari ed Uffizio di commissioni diretto da F. Da Scorno, Strada Vittorio Emanuele.

In Livorno presso Guillaume successore De Meline.
In Parigi presso Allouard.'

guenè, Chateaubriand, Vittor Hugo, per tacere di altri che tradussero, commentarono e diffusamente discorsero sopra le opere classiche del paese nostro, inferiore a nessuno, e superiore a molti, fu il signor Ippolito Topin, il quale, di elevato ingegno, di gusto squisito per l'amena letteratura, di una non comune erudizione, si dette a tradurre, in versi rimati francesi, la terza cantica del nostro divino Allighieri.

Coloro, versati ne' due idiomi, italiano e francese, avranno rimarcato certamente non essere identici sia per le voci, sia per la sintassi, sia per lo stile e maniere di fraseggiare, di modo che tradurre dall'una nell' altra lingua riesce di somma difficoltà. Ma l'ingegno dell'uomo non si arresta per questo, qualunque possano essere gli ostacoli: nil mortalibus arduum est.

Il signor Topin ce ne offre un esempio, poichè egli tradusse con scrupolosa esattezza i concetti danteschi della terza cantica, avendo in questo mantenuta la eleganza della forma, senza nuocere alla forza ed energia della dizione del Poeta fiorentino.

Non è Italiano, anche di mediocre cultura, il quale non conosca, come la più sublime poesia del Paradiso vada complicata colle più ardue e difficili questioni teologiche, e come più che sovente Dante poeta, lasci al lettore, che deve esser pur poeta, interpretare e porre del suo colla immaginativa dove niuna espressione varrebbe a significare il pensiero. Nè il sig. Topin si limitò a far valere la parola alla parola, ma eziandio quanto è di grande nel concetto, per cui non dubitiamo di affermare che il suo lavoro merita il luogo più distinto fra quanti stranieri tradussero, commentarono e scrissero sul Divino Poema.

Dei due volumi che abbiamo a mano, fecero lodevolissima menzione:

La Rivista di Torino per un molto sensato e ben fornito articolo del La Farina, in uno dei fascicoli del 1860;

Il giornale letterario il Genio di Catania nel fascicolo del Giugno 1862;

La Revue independente de Paris; ed altri ancora. Essi volumi dunque, oltre la intera traduzione del Paradiso, in terzine, col testo a fronte, contengono un discorso preliminare di 175 pagine, che è una esposizione critica sul concetto generale della Commedia dantesca; e come per la universalità del Poema, toccante i destini dell'uomo, e la sublime filosofia della religione di Cristo, i traduttori che nell'arduo arringo lo precedettero, francesi, inglesi, tedeschi, spagnuoli, russi, si sono trovati unanimi nell'interpretarlo. Il dotto nostro professore ne riporta brani interi, i quali sono corredati di notizie preziose per lo erudito lettore, ai quali vanno uniti i confronti dei poeti Klopstock e Milton.

Dai canti che l'egregio sig. Topin riporta dell'Inferno e Purgatorio da esso tradotti, ne nasce il desiderio di vedere tutto l'intero Poema reso francese; e tanto più che egli si mostra valente, non tanto a comprendere quanto ad esprimere ogni maniera di poesia italiana, senza che nulla perda della sua natia venustà; imperocchè alcune stanze dell'Ariosto, dei sonetti del Petrarca, sono pure maraviglio

samente tradotti.

Le note apposte e che susseguono la cantica, illustrano non solo il Poema, ma giustificano e chiariscono la versione, nei passi più ardui e difficoltosi.

Con ciò non presumiamo di aver tutto detto, nè di avere approfondito il lavoro del sig. Topin come merita; ma solo accennato il pregio dell'opera sua, e terminiamo col voto dello stesso La Farina, cioè che l'Italia deve essere riconoscente a tutti quelli che, stranieri, pregiano la letteratura nostra, ma soprattutto al sig. Topin, il quale con sì buon cuore e mente ha studiato nell'Allighieri, la maggiore delle glorie italiane. A. T.

BIBLIOGRAFIA DANTESCA ILLUSTRATA

DELLA ILLUSTRAZIONE DI DANTE

DEL PROF. F. SCARAMUZZA DI PARMA.

Non è da tenersi più oltre celata una bellissima opera che si sta elaborando in Parma, che sarà certamente, nella prossima Esposizione Dantesca a cui è destinata, uno dei più begli ornamenti dell'arte moderna. Da quasi 40 anni l'illustre pittore studia il Divino Poema colle vedute dell' artista poeta, in modo da addentrarsi così fattamente nel concetto di Dante da farlo come suo proprio e metterlo in evidenza con questa illustrazione. Era già da tempo conosciuto il lungo amore che lo aveva di Dante occupato, per quei bellissimi freschi che stanno alla pubblica ammirazione nella R. Biblioteca di Parma, ove rappresentò alcuni personaggi ed episodi della Divina Commedia. Ma questi Parma se li teneva contenta e li mostrava con orgoglio al forestiero. Ora ogni amante di ciò che è bello in pittura ed in poesia, potrà a sua voglia compiacersi e tenere per sè questi 74 cartoni a penua del prof. Scaramuzza ritratti con molta cura in fotografia da G. Calvi, che tutti insieme dovranno formare un libro od album di agevole grandezza. Per ora non uscirà alla luce che l'illustrazione delI' Inferno, ove già porgonsi tante e sì peregrine bellezze da stare in forse se debbasi più presto dar lode al mirabile magistero dell'arte o alla più riposta intelligenza del Divino Poema.

Quali e quante enormi difficoltà ebbe l'illustre autore a superare, ognuno che abbia fior di senno sel pensi. Oh quante volte, oltre commentare ed interpretare, non gli fu d'uopo completare l'espressione dell' idea dantesca! E nel farlo era da andare col piè di piombo per non torcere ad un verso quello che Dante dirizzava ad un altro.

Si noti poi come nell' ispirazione egli abbia dovuto far astrazione da ogni cosa di questa terra; poichè se è nel bello, era il bello paradisiaco onde è debole imagine il bello di quaggiù; se è nel brutto, nell'orribile, nel deforme, era un brutto, un orribile, un deforme più di quanto abbiamo tutto giorno sott'occhio. Ed è appunto nel ritrarre il deforme che si fa più chiara l'arte mirabile ed il fervido imaginare del dipintore. Quanta difficoltà non porgeva quel Gerione! Come innestare in lui la faccia d'uom giusto colle due branche pilose, a tutto il resto che era d'un drago smisurato, dipinto di nodi e di rotelle? E pure vi riesci ed in modo da recar stupore in chi sia riscaldato dalla più fervida fantasia. E così di Cerbero fiera crudele e diversa, di Caron dimonio, di Minos dalla lunghissima coda; del Minotauro; dei Centauri che stanno intorno allo stagno per sorvegliare i dannati sovra cui piovono un nembo di strali se

tentino uscire del sangue più del dovuto; dell'arpie, e dei diavoli che vegliano a guardia dei barattieri immersi nella pece bollente. Bellissima è la tragica scena di uno di questi miseri testè giunto e tosto condotto al suo destino da un diavolo che, ghermitolo pei piedi, lo sbatte con furia tra il bollente stagno e l'irta scogliera che lo circonda; e bella è la scena seconda, che solleva i riguardanti dai tormenti sempre nuovi che loro si affacciano.

Ivi quel malcreato di Barbariccia caposquadra della diecina di diavoli dati ai due Poeti a guisa di scorta, trae, e con un ghigno tra il sardonico ed il diavolesco, fa lo sconcio atto che produce negli astanti una varietà di impressioni mirabilmente toccate. Un diavolo ponendo repentinamente le mani, si ritrae torcendo il capo e smascellando dalle risa; Virgilio e Dante si rivolgono l'un l'altro nobilmente sdegnati allo scherzo insolente.

Grande pure era la difficoltà in alcune positure e trasformazioni affatto nuove e singolari, che giunse con felicità a superare, certo però dopo molto studio e molti pentimenti. Tale era, a mo' d'esempio, di quei miseri indovini che Dante con arte e verità impareggiabile faceva camminare colla testa a ritroso per essersi affannati di veder troppo innanzi nella vita di quaggiù; ove chiaro si scorge quanta difficoltà presentava l'attacco dell'occipite al petto e della gola alle spalle. E quanto alla metempsicosi dei bestemmiatori nel XXV Canto, ove Dante fu grande più che altrove tanto nell'espressione come nell' imaginativa, fece il pittore quanto umanamente si poteva, in ispecial modo quando l'uomo ed il serpe stannosi l'un l'altro così fattamente avvinchiati come non fu mai ellera abbarbicata ad olmo sì che non son più nè due nè uno. Ed è bello il vedere che ove il divin Poeta è maggiore, ivi il nostro pittore esso pure si fa più grande, che è quanto dire ove il Poeta è più pittore, ivi il pittore è più poeta. E tale lo scorgeresti nella Francesca, quando ci appare coll'amante in mezzo all'aere turbinoso che li porta, non già nell'altro cartone che li ritrae nel punto che li vinse e che, specialmente per certi accessori, non finisce di contentarti. E così dei tre cartoni che ti commuovono al duro caso del Conte Ugolino, il cui racconto starà eternamente esemplare della più alta poesia, che voglionsi a buon dritto chiamare il capolavoro di questa illustrazione, e che esser potrebbero f bozzetti di tre grandi quadri tanto di fedele interpretazione del concetto poetico, quanto di effetto straordinario e di terribile e stupenda verità. E saggiamente egli adoperò di porvi tanto studio e tanta cura, poichè è certo, come molti all'aver tra mano l'opera sua si fanno tosto a vedere, per la difficoltà e popolarità dell'argomento, come egli abbia saputo trarsi d'impaccio.

Oltre al terribile e al forte Michelangiolesco, vedesi fatta bella prova nel genere più mite, più morbido, sì che l'un genere serve a lumeggiare e a dar risalto all'altro, e a dar piacevole varietà d'intonazioni e di soggetti. Tale è quel caro quadretto della Fortuna, che si sta beata e non ode i lagni di noi mortali: essa è attorniata da un nembo di puttini che ricordano i più belli del Correggio, ove una varietà di movenze e di fisionomie, una morbidezza e trasparenza di forme, una novità d'insieme che ti riempie d'ammirazione pensando che tanto è ottenuto colla sola penna.

E qui è da por mente come cosa assai commen

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Questo infine, io credo, è il più bel commento che aver si possa del Divino Poema; con questo sparisce ogni difficoltà che esso presenti, e lo si rende agevole anche al più illetterato che sia. Quivi la scrittura corre in aiuto della poesia acciò si renda facile e piano a tutti ciò che questa ripose in un'altezza non a tutti accessibile. E così, come vediamo talora sulla scena, musica e poesia farsi a vicenda ad esprimere un affetto, una posizione, come si suol dire, che ciascuna da sè avrebbe difficilmente attuato, appunto perchè

forma non s'accorda

Molte fiate all' intenzion dell'arte,

così qui pittura e poesia, da quelle buone sorelle che sogliono essere, si danno la mano a porro in evidenza il concetto incarnato da Dante. Alcui lustro vie maggiore sì bellamente lo Scaramuzza concorre, che altro non ci resta a desiderare se non che egli voglia oltre l' Inferuo darci terminato tutto il resto del poema. Nè lo sgomentino le difficoltà che ognor più gli si affolleranno dinanzi per barrargli il passo all'alta impresa; chè l'aggradimento che il pubblico non può mancar di fare a questa sua veramente nobile fatica, gli sarà arra del favore che sarà per ottenere ad opera compiuta.

Egli non è nuovo in questo arriago; altri prima di lui lo corse, fra cui un nome spaventevole, Michelangiolo; ma lasciarono quasi tutti l'opera incompiuta e talora appena incominciata, se ne eccettui le illustrazioni di Giovanni Flaxman scultore inglese (incise da Tommaso Tiroli romano, 1793) e la più conosciuta di Dorè, ambedue insufficienti (1).

Onde a lui arrivato a sì buon punto spetta la gloria di cogliere la fronda che si deve a chi abbia condotta opera tanto illustre e con essa cooperato ad agevolare e rimettere in onore lo studio di quel Grande che tanto fece per questa Italia nostra, di di cui è gloria prima, e morto indennizzarlo del male che per lei vivente sofferse. C. PAVESI.

(4) Antecedentemente a questi due, altri illustrarono in diverse man ere la Divina Commedia, tra cui

Giulio Elovio con alcune miniature e disegni che sono in due Manoscritti dei secoli XIV e XV conservati nella Biblioteca Vaticana, ove dello stesso tempo ne sono molte altre d'ignoto autore.

Incisioni dell'edizione di Firenze 4484. L'opinione più comune ne attribuisce il disegno a Sandro Botticelli e l' intaglio a Baccio Baldini (V. Vasari. V. Borghini).

Dante his oriato da Frederico Zucaro anno 1586. Molte edizioni del secolo XVI con vignette intagliate in legno, tra cui i disegni di Giov. Stradoni, sopra l'Inferno e il Paradiso, pochissimo conosciuti.

Inferno, Purgatorio e Paradiso disegnati da Bernardino Poccetti, incisi da Giacomo Callot: dedicato a Cosimo II, 1612.

Album Dantesco.

Quest'Album, composto di 125 grandi tavole in rame, che 44 rappresentanti le diverse figure dell'Inferno, 40 del Purgatorio e 41 del Paradiso, con più il ritratto del divino Poeta, sarà pubblicato ai primi del prossimo Maggio a cura del sottoscritto, qual possessore delle tavole stesse.

Il prezzo è di franchi 60 per ciascuna copia, restando a carico dei committenti le spese di porto e dazio. Ogni commissione sarà unita ad un vaglia

postale corrispondente all' importare della medesima, quale potrà essere indirizzata per mezzo di lettera franca al sottoscritto, al sig. G. Polverini stampatore e al sig. Francesco Canale, Firenze.

Ogni elogio a questa collezione resta superfluo, perocchè i nomi di Nenci, Ademollo, Lasinio, Migliavacca, Lapi e Benucci, disegnatori ed incisori di quelle tavole, si raccomandano da sè stessi, e nulla sarà lasciato a desiderare sia per la carta, sia per la precisione nella tiratura, dall'editore.

GIUSEPPE ANDREA GIGLIONI.

EPIGRAFI DANTESCHE

Di Giuseppe Pugno.

ALLA

NOBILE GENTILE E DOTTA

FIRENZE

DONDE LUCIDISSIMA SPUNTAVA

STELLA POLARE

ALL' ITALA E AL MONDO
DANTE ALLICHIERI
IL QUALE

AD AVVIARE NELLA VITA CIVILE
LA PATRIA DEGENERATA
CON SCRITTI IMMORTALI
SMASCHERANDO GLI IPOCRITI

FLAGELLAVA I TRISTI
ENTRAMBI NEMICI DI ESSA
UN CITTADINO DELLE ALPI COZIE
OVE PERIVA

OPPRESSA DAL DISPOTISMO ROMANO L'ULTIMA ITALICA INDIPENDENZA

CHE

NELLA PIENEZZA DE' TEMPI
RINGIOVANITA RISORSE LA PRIMA
MANDA

IN SEGNO DI OSSEQUIOSA RALLEGRANZA
PEL SESTO CENTENARIO DI LUI
QUESTO AFFETTUOSO SALUTO.

Di Callisto del Pino.
IN BEATRICE

MAGNIFICATE LA SCIENZA E LA DONNA
DANTE

ADUSÒ LE MENTI

AGLI ELETTI E SEVERI STUDI

DISCHIUSE I CUORI

AI PIÙ NOBILI GENEROSI AFFETTI MIRABILE ESEMPIO DI QUANTO POSSA VERACE VIRTUOSO AMORE.

L'OMERICA EPOPEA

INFIAMMATO IL GENIO GUERRIERO
DEL MACEDONE ALESSANDRO

SPINGEVALO A CONQUISTARE ALTRUI TERRE
LA DIVINA COMMEDIA

AL VALOROSO VITTORIO EMANUELE
OFFRIVA LA GLORIA MAGGIORE
DI LIBERARE LA PATRIA ITALIANA
DA LUNGO STRANIERO DOMINIO
VAGHEGGIATA GENEROSA ASPIRAZIONE

D'UN POPOLO INTIERO.

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Il regno coziano, prima dell'invasione de' Romani, si esten- il 20 corrente, con illustrazioni e resoconti

deva dalle Alpi fino alle Graje o Greche, ed aveva per capitale l'antichissima città di Susa. - Micali, l'Italia avanti il dominio de' Romani, vol. IV, cap. xix. Milano in 46mo Silvestri.

TIP. GALILEIANA DI M. CELLINI E C.

delle feste dantesche.

G. CORSINI Direttore-Gerente

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Nei due o tre giorni che precedettero la solenne celebrazione delle feste del Sommo Poeta, Firenze parve prendesse aspetto singolare e nuovo. E ciò proveniva non tanto dagli ornamenti onde s'abbellivano le strade, non tanto dagli addobbi, dagli arazzi, dagli stili, dai pennoni, dalle bandiere, dai festoni di lauro, dai preparativi insomma, quanto dalla vita insolita, dal moto straordinario di cui la città mostravasi animata. Era curioso spettacolo vedere come nelle vie, nei pubblici ritrovi, nei passeggi, nei teatri l'elemento toscano grado a grado venisse meno, per dar luogo ad una vera e propria rappresentanza italiana; e manifestazione gradita ed eloquentissima offrivasi nell'udire i vari dialetti delle nostre provincie e il piemontese unirsi al romagnolo, il lombardo al romano, ed il siciliano al veneto. Sembrava che tutta la gran patria scosso il giogo di servitù straniera e nostrale accorresse

Le associazioni per l'Italia si ricevono in Firenze alla Direzione del Giornale, alla Tipografia Galileiana di M. Cellini e C., e presso i principali Librai.

Incaricati generali per le Associazioni:

Per la Spagna e Portogallo, Sig. Verdaguer, libraio a Barcellona, Rambla del Centro;

Per il resto d'Europa: Sig. Ermanno Loëscher, libraio a Torino, Via Carlo Alberto, N.° 5.

a onorare l'altissimo Poeta: Roma e Venezia erano della festa.

Nel mattino di Domenica ebbe luogo secondo il programma l'inaugurazione del monumento. Il corteggio dei rappresentanti si adunò sulla piazza di Santo Spirito, mentre il cielo purissimo sorrideva all'esultanza nazionale. Un immenso numero di bandiere spiegava al vento i liberi colori, e le bande musicali alternavano le più elette armonie. Poco dopo le otto il corteggio si mosse. Lo aprivano i rappresentanti della stampa periodica liberale, cui tenevano dietro quelli dell'arte drammatica. Seguivano poscia in lunghissimo stuolo le rappresentanze dei Comuni, delle provincie, delle associazioni di ogni genere, degli istituti, delle scuole, dei collegi; ogni ordine di cittadini vi prendeva parte: una bella fila di ufficiali di ogni arma e di ogni grado, e quelli della Guardia Nazionale procedevano dietro il corteggio, il quale era chiuso dal Municipio di Firenze, e dal Comune di Ravenna, che si tenevano in mezzo il conte Sarego Alighieri, ultimo discendente di Dante.

A dare giusta idea dell' imponenza di simile dimostrazione, basti il dire che il corteggio impiegò circa a tre ore per sfilare, e per raccogliersi sulla piazza S. Croce. Allorchè fu quivi riunito chi mirava dall' alto la piazza stessa, non poteva saziarsi del non più visto spettacolo. Circa

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