Sayfadaki görseller
PDF
ePub

del veneziano gentiluomo, verso il padre della italiana letteratura, la Provvidenza lo rimunerasse suscitando in suo figlio il glorioso ristoratore di quella.

E qui, appropriando a me più convenientemente che non il Boccaccio a sè stesso, le seguenti parole, conchiudo: il mio avere scritto come io ho saputo, non toglie il poter dire, ad un altro che meglio ciò creda di scrivere che io non ho fatto; anzi forse se io in

VVERTENZA.

[blocks in formation]

Gli Editori i quali desiderano che il Giornale del Centenario annunzi edizioni dantesche da loro pubblicate o da pubblicarsi, avranno diritto alla inserzione dal relativo avviso per sei volte mediante l'invio alla Direzione di una copia dell'opera stampata della quale sarà tenuto anche parola nella Rassegna Bibliografica del giornale.

[merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors]

Per quanto sieno numerose le edizioni della Divina Commedia, contandosene più di 300, tuttavia nessuna di esse ha quel fondamento di sana critica che la filologia de' giorni nostri ci è venuto indicando. Un tale fondamento ha procurato il prof. Witte alla presente edizione, correggendone il testo esclusivamente sopra quattro codici manoscritti scelti in mezzo a più che 400 altri, dopo averli in prova convenientemente confrontati. Il risultato di questo confronto, e le varianti delle tre principali edizioni sono riferite nel modo il più preciso, ed oltre a ciò le note forniscono tutto il materiale critico raccolto sino ai tempi presenti.

LA DIVINA COMMEDIA

DI DANTE ALLIGHIERI

EDIZIONE MINORE FATTA SUL TESTO DELL' EDIZIONE CRITICA

DI CARLO WITTE

31 fogli in 8vo, legato, L. 9.

Gli articoli letterari di questo Giornale non si potranno riprodurre senza licenza della Direzione.

TIP. GALILEIANA DI M. CELLINI E C.

Nella circostanza della Festa del Centenario sarà pubblicata per comodo dei forestieri una copiosa

GUIDA STORICA

ALLE

MEMORIE DI DANTE IN FIRENZE compilata per cura

DI GIUSEPPE PALAGI

LA FESTA DI DANTE LETTURE DOMENICALI del popolo fiORENTINO

PUBBLICATE PER CURA DELLA DIREZIONE
del

GIORNALE DEL CENTENARIO.

Il primo Numero uscirà la domenica 1.° Maggio e continuerà tutte le Domeniche fino al Giugno 1865. Atteso le maggiori proporzioni che si è stimato convenire a questo giornaletto, il prezzo prima stabilito per l'intera associazione in L. 2 50 è portato a L. 3. Per quei signori che già si sono associati la Direzione si compensa colla ritardata pubblicazione.

Fratelli Nistri, Tipografi Librai in Pisa.

Commento di FRANCESCO da BUTI sopra la Divina Commedia di DANTE ALLIGHIERI (letto nella Università di Pisa dal 1365 al 1440, Testo di Lingua inedito, citato dagli Accademici della Crusca el loro Vocabolario) pubblicato per cura di Crescentino Giannini, Pisa 1858-1862. Tre gr. Tomi in 8.° con Ritratto di Dante dip. da Giotto, e del Buti.. it. L. 45, 00 - Lo stesso, Edizione da Biblioteche, in 8.° massimo di carta imperiale con margini allargati (edis. di 75 esempl.). >> 75, 00

Ediz. citata nella ristampa (che è in corso) del Vocabolario della Crusca. Si spedirà franca per posta nel Regno a chi ne rimetterà agli Editori in Pisa l'importo con Vaglia Postale.

I signori Associati sono pregati a spedire con sollecitudine il prezzo dell'associazione.

G. CORSINI Direttore-Gerente.

[graphic][subsumed][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small]
[merged small][merged small][merged small][ocr errors][ocr errors][merged small][merged small][merged small]

се

Le associazioni per l'Italia si ricevono in Firenze alla Direzione del Giornale, alla Tipografia Galileiana di M. Cellini e C., presso i principali Librai.

Incaricati generali per le Associazioni:

Per la Spagna e Portogallo, Sig. Verdaguer, libraio a Barcellona, Rambla del Centro;

Per il resto d' Europa: Sig. Ermanno Loescher, libraio a Torino, Via Carlo Alberto, N." 5.

fce manifesta tutta la mirabile Visione. Or chiunque si disponga a voler addentrarsi nel divino Poema che la descrive, indarno presume d'arrivare a meta felice se un profondo e coraggioso amore della verità nol signoreggia. Ed io per me non ardirei di pur toccare il sì gran Libro, onde l'Allighieri ammaestrò l'Italia e la civiltà, se già non mi francheggiasse la coscienza d'essere apparecchiato e risoluto a proclamarne con dignitosa franchezza le dottrine e gl' invidiosi veri, tai quali ivi mi sarà dato di comprendere. Nè altro posso promettervi, o Signori, se non ch'io serberò intero ossequio al nostro sovrano Maestro; al quale uno studio più che ventenne e pazienti e lunghe fatiche hanno provato la costanza e, mi si lasci pur dire, la religione del mio amore ».

Con queste sentite e precise parole, con questi intendimenti, omai è il quarto anno, che io impresi le mie lezioni sulla Divina Commedia, e Voi le accoglieste poi sempre benevoli e frequenti, confortandone nella difficile opera e crescendomi forza e impeto a conseguire il degno proponimento. Nella mia profonda affezione io vi ringrazio e fra i beneficj che riconosco da Dante, e son molti e grandi, rammenterò questo singolarmente, che la provvida sua parola mi abbia fatto meritevole d'esser ascoltato da

anime le più gentili e cortesi fra quante fioriscono l'italica famiglia. Conobbi i forti impedimenti che mi si attraversavano a prima giunta la improvvisa novità de' tempi, le opinioni a cui dan credito gli animi divisi e agitati dalla politica, la mal sonante mia favella e quello che Voi più presto potete pensare, che non dir io, tutto mi stava innanzi a ritardarmi nella malagevole e pericolosa via. Se non che la incessante vostra benignità, il favore del vostro si accorto giudizio e la tenace mia volontà, studiosa di bene, mi avvalorarono; m' inoltrai animoso e pur guidato alla vivificatrice luce del vero e sostenuto dall'amore di ogni giustizia, ed or eccomi lieto al termine desiderato. L'affettuoso voto della mia vita è compiuto! Siane lode a Dio e a questo popolo civile siane lode a Dante, che in Dio viepiù mi rapisce e sublima, e con più saldo vincolo di gratitudine mi congiugne a questa Patria del mio desiderio, del mio amore. Nè niuna consolazione poteva io aspettarmi maggiore, niuna gloria potrebbe più lusingarmi, nè impormi debito più gravoso a un tempo e più caro, che di spendere le mie fatiche intorno al Poema ove l'Italia riconosce e ammira sè stessa. Ed esulto di poter qui condurre i restanti miei giorni, qui dove ferve il cuore d'Italia, e qui finirli, dove nacque Dante e riposano le ossa di Vittorio Alfieri. Consentitemi or dunque ancora di misurar in breve e quasi raccorciare col tempo la via

trascorsa.

Essendo che Dante è il primo e massimo Autore della nostra letteratura e il solenne Maestro del mondo civile, ben richiedevasi che in questi tempi della rinnovata virtù italica si richiamasse l'antico esempio e fosse stabilita una cattedra specialmente intesa alla Esposizione della Divina Commedia, monumento di sapienza e d'arte universale. Ma e come non isbigottire di vedersi obbligato a cotanto ufficio ? Come sdebitarsene in men disconvenevole maniera ? Per me io non seppi meglio, che ricorrere a Dante; e fuori di quanto appena avrei osato sperare, ne ottenni ad ogni uopo soccorso e una guida pronta a liberarmi dagli ostacoli e rendermi spedito il cammino. Bensì, a fine di schiudermi più agevole l'adito a un Poema che segna il principio, il progredire e il compimento di una civiltà nuova, dovetti nel primo anno del mio insegnamento discorrere come fra la diversa formazione delle moderne lingue europee avesse cominciamento la letteratura italiana. Indicate le cagioni che la promossero, provvidi a definire il carattere onde si diparte dalla letteratura biblica, greca e latina e da ogni altra propria delle nazioni che oggidì si dan vanto di più civili. Poscia entrai a toccare delle vicende cui essa soggiacque fino a tutto il secolo decimoterzo, e così mi venne

innanzi maestosa e principale la figura di Dante, parte maggiore, lucente specchio e gloria del suo tempo. Di qui è, che m'indussi a trattare alquanto diffusamente del medio-evo, la Religione e la Politica che vi dominavano, il Pontificato e l'Impero, i Guelfi ei Ghibellini, i Neri ei Bianchi, onde fra le italiche terre Firenze principalmente era lacerata e travolta a desolazione. Sopra ciò, nell'investigare qual si fosse allora la condizione delle lettere e delle scienze, mi vidi condotto a ragionare sulla origine e singolare natura della Divina Commedia, e intorno al metodo osservato dagl' interpreti nel commentarla. I pregi de' quali e i difetti m'ingegnai di ridurre a severo e modesto esame, pigliando a giudice e consigliatore Dante istesso, cha nella Vita Nuova, nel Convito e segnatamente nella sua Epistola a Cangrande additò le norme per chiunque si fosse accinto a svolgere il sacrato Volume. Ma poichè da cotale freno vennero tal talor sottraendosi le indocili fantasie e gl' ingegni ambiziosi della propria arte e scienza, ne procedette la infinita discordia de' giudizi sul Poema cui posero mano e terra e cielo. Or perchè mai uno strazio sì disonesto e pregiudizievole tanto? Non è forse una la verità? Non è forse l'errore che, simile al Proteo della favola, in mille sembianze idoleggiato si trasforma? E tra que' litigi e le interminabili questioni sopra l'una o l'altra parola, si fugge in vanità il nostro tempo, e quella feconda semenza che ben coltivata potrebbe generare larghi frutti, s' annulla. A che brigarci tanto d'un bisticcio di parole, d'una rima dissonante, di qualche vieto vocabolo o di un sognato anagramma? A che sì misero affanno, quando il vitale nutrimento della dottrina deve fortificare i nostri intelletti? quando è sentita la necessità di rilevare e innobilire le nostre arti? quando l'Italia, una e libera, aspira a rifarsi maestra di civile sapienza alle altre genti?

Qualvolta io mi dipingo al pensiero il nostro eccelso Poeta, mi apparisce simile a quell'altissima Pianta, ch'ei vide campeggiare nel Paradiso terrestre. La quale gitta giù giù le sue radici e alto solleva la chioma che di grado in grado va dilatandosi; da terra e dal cielo prende sua vita, e sembra creata a fruttar sempre, senza perdere foglia nè fiore giammai. Indi è che la più parte de'commentatori di Dante mi si rappresentano alla mente come tali che, secondo il vario desiderio e potere, si tormentano intorno al felice albero della nuova scienza e della vita. Gli uni l'ammirano perchè tanto s' invola dall'umana veduta, gli altri perchè si sublima in guisa del tutto fuori dell' uso del nostro mondo. Questi lasciandosi vincere alla soavità di mille odori, ne rimangono inebriati; e quelli pur si deliziano delle vivaci frondi e de' fiori d' una freschezza perenne.

V'ha chi s'affatica di penetrar fino al midollo della
pianta vagheggiata, dove altri si fermano alla vi-
stosa buccia, maravigliati a tanto prodigio di natu-
ra. Ma il pomo, cibo dei forti, sta in su quell'ardua
vetta; e a chi darebbe l'animo d'arrivarlo? E il
succo vigoroso che scorre per ogni ramo arcanamente
e lento lento ne distilla, chi lo raccoglie per tra-
smutarselo in sangue e sostanziale alimento? O io
m' inganno, ma fra quelle fronde s'ode una voce che
pur dice: «Se bramate gustare del salutevole frutto,
accostatevi a me ». È Dante, che a sè ne invita, per
disvelarci la sua mente: ascoltiamolo adunque con
umile riverenza, non dimenticando però mai coloro
che ebbero tanta parte a nutrire quell' Ingegno che
valse a educar la nostra nazione, e può ravvivarne
e crescerne l'antica virtù e migliorarla. A quanti
poi se ne fecero interpreti e discepoli, manterremo
fede e vie maggiore, come più ne parrà che essi l'ab-gliati e disdegnosi del freno dell'arte.
biano serbata verso il comune ed onorabile Maestro.

provenzali, che dai primi autori della nostra lingua
dal popolo toscano, che di questa lingua è il più
sincero custode e il costante maestro. Le Scienze
che il sovrano Poeta si acquistò con grande studio
e lungo amore, la Storia, quale ei conobbe e volle
a noi tramandata, gli scritti diversi in che la sua
mente si diffuse e risplende, le tradizioni del Pa-
ganesimo, gl' insigni lavori dell'arte, ogni cosa pro-
curai di metter in opera affine che ne prendessero
sicuro valore le interpretazioni, e la maggiore uti-
lità e chiarezza ne venisse alla esposizione del mi-
stico Poema. Nel quale sfavillano poi tante e sh
pellegrine e svariate bellezze di lingua, di stile,
d'eloquenza e di poesia, che volentieri il mio animo
se ne lasciava attrarre, e indi ognor più si accese
a raccomandare uno studio potente a riconfortar la
nostra letteratura, e correggere gl' impeti sconsi-

Con ciò presi animo a ricominciare e proseguir per tre anni le mie lezioni sulla Divina Commedia; e mi fu avviso che il recare Dante a spiegare sè stesso, bastasse a porgere qualche autorità alla mia fedele parola. Che se altri avrebbe agevolmente potuto produrre più sottili invenzioni, e con più varia dottrina e valore d'ingegno accreditarle, niuno avrà da biasimarmi, che in me sia mancato l'ossequio all'Autore di che m'era debito esporre gl' intendimenti. Quello che massimamente m' importava di fermare nelle vostre menti e di ridurvelo ognora a memoria e come ad uso continuo, si è che la Visione impetrata dall'Allighieri per ispeciale privilegio e mercè di Beatrice, vuol essere ben distinta nel fine e nell'allegoria dalla Commedia in cui egli s' indusse e descrivere la stessa Visione, quasi per volgere in comune il beneficio ch'egli afferma d'averne sentito. Al che non fecero avvertenza molti dei commentatori, e però mal seppero accertare il vero dell'Allegoria che precipuamente domina nel maraviglioso Poema, nè valsero a riconoscere in questo la precisa e generale intenzione di chi dedicò l'arte e l'ingegno a comporlo. Senza che, mi bisognò aucora provare come Dante non abbia nelle sue Cantiche congegnato fuorchè una sola Allegoria, che di continuo s'alterna col senso letterale e ne dipende. Laddove l'anagogia e la moralità, che sottostanno all'allegoria siccome specie al genere, quivi s'incontrano pur qua e là in parte determinata.

Pertanto io mi conobbi astretto di spiegarne in prima la Lettera, dacchè se questa rimane mal ferma o male compresa, sarebbe opera gittata travagliarsi intorno l'Allegoria che sovressa ha suo primo fondamento. Al quale effetto mi sono studiato di attingere gli opportuni aiuti non meno dai Trovatori

Questa noi, fidi seguaci degli eccelsi e perpetui maestri del bello, abbiamo stabilito nella imitazione di ciò che la natura mostra di più eletto e si conforma all'idea che intera lampeggia alle menti rinvigorite dalla bontà della dottrina e dall'inspirazione del cuore. Ma poichè più dei precetti, vale l'eccellenza degli esempi, mi è sembrato utile consiglio di riporre in chiara luce come le arti, che si vendicano quasi in privilegio la bellezza e dalla bellezza prendono il nome, debbano ravvisar in Dante il più perfetto e imitabile esemplare. Non però indugiai si a lungo in cotal esercizio, da rimovere il pensiero di là dove massimamente si conveniva intenderlo. Ed anzi, a vie meglio recarlo in atto, ho procacciato di ricercare perchè e come il sacrato Poema, oltre ad essere un lavoro di maestrevole arte; debba puranche considerarsi quale un'opera di dottrina morale e civile. Di che man mano venni dichiarandolo nelle singole parti onde risulta, trattenendomi specialmente su quelle che più si rannodano al disegno del Poema, ne disvelano lo stupendo artificio e l'unità, e provveggono un tempo ai più vivi bisogni e ai più nobili desiderj della presente italica generazione. Dall'altezza del monte che la riguarda, ci si dispiegò agli occhi bramosi una incantevole Città, intorno intorno afforzata d'alte mura, con splendida magnificenza di templi e palagi, le vie amplissime e frequenti di popolo, e promettitrice d'un lieto vivere e d'improvviso bene a chi vi soggiorna. Poc'oltre alla soglia progrediti, più riposte bellezze ci allettarono e n'occuparon dilettosamente: ma l'irrequieto desiderio ci sospinse a penetrare nell'intimo de'congegnati edifizi, mentre la Mente architettrice nel discovrircene l'intrigato magistero, ne consentiva eziandio di volgere in nostra ricchezza i dischiusi tesori.

[ocr errors]

Ma percorrendo la cantica del Paradiso, quasi stanchi, prima che saziati del trapassare d'una in altra maraviglia, e sospesi fra la gioia e lo stupore, fummo costretti di riconoscerne al tutto divina la mano dell'Artefice. Veramente: Meruit Deus esse videri. E chi, se non Dio, potè dare virtù a sì degnamente figurare la gloria del regno di Dio? Certo, maggior miracolo dell' ingegno umano non credo s'avverasse mai nè sia per rinnovarsi; giacchè in quell' Opera intelletto e fantasia, dottrina e potenza di affetto, virtù di sentimenti e di parole, natura ed arte, non che s'impediscano, si corrispondono di vicendevole aiuto per concorrere e accordarsi tutte nell' unità di perfezione. Vi ha nella Divina Commedia di cotali bellezze che per intenderle, conviene in prima sentirle; ma troppe altre vi si racchiudono, le quali, ad essere sentite, fa d'uopo innanzi tutto che siano bene intese. Queste soprabbondano nell' ultima Cantica, dove le più sublimi verità dimostransi nel loro pieno splendore, e l'Artista nell'adunare gli sparsi raggi della scienza, sembra che, a guisa di lucido cristallo, gli franga, trasmutandoli in colori di mirabile bellezza e armonia. Onde parve talora, che i nostri intelletti si ricreassero nel Paradiso di Dante, quasi ne fosse anticipata la delizia delle ineffabili salmodie del vero Paradiso. Quivi di fatto, meglio assai che altrove, ci riuscì di contem-. plare Dante che, ispirato dai Profeti e dall' Evangelio, inspirò i grandiosi poemi e fecondò la civiltà delle nazioni cristiane. E l'arte di Omero e di Virgilio ravvisammo per lui raccostata all'arte di Dio in Geremia, in Isaia, in Ezechiello, nella Teodia di Davidde e nel gran libro della natura.

Solenni fatti, incredibili a chi non li vide, si svolsero in poco tempo fra noi e il mondo ancora ne stupisce, pure aspettando e presentendo cose maggiori. Il risorgere e rinnovarsi e costituirsi della nostra nazione, i prodigiosi trovati dell'umano ingegno, l'affratellarsi dei popoli daranno insolita grandezza ai nostri pensieri. Si ridesterà l'animo a sentimenti più generosi, e la fantasia, aiutata e congiunta coll'intelletto sicuro della sua scienza, piglierà vigore e impeto per salire a quell' altezza, ove Dante sta collocato a diffondere la sua luce benefattrice della civiltà universale. Dante guidò l'Italia a libertà ed a rendersi una d'animo e di forze; e larghissimo sempre ne' suoi doni, le presterà soccorso a divenire di più in più rispettabile e grande. Così prendo fiducia d' attendervi un altr' anno, dacchè, se il cielo a tanto ne assiste, potrem vedere com' egli, il sommo Poeta, mandato quaggiù ad avvivare dello spirito evangelico la moderna letteratura, compendiò in sè tutto quanto il suo secolo, e si fece a noi coscienza del presente e opera fecondatrice dell' avvenire.

Niuna nazione può vantarsi d'aver cominciata sua vita e ripreso il diritto all' ossequio delle genti civili, siccome da Dante l'Italia. La quale, deh! che almanco nel 1865, tutte in uno raccolte le sue belle provincie, sorga pronta e orgogliosa di consacrar a Dante il degno monumento, ad augurare la felice e sospirata libertà delle nazioni. Le commosse acque dell'Adige e del Tebro conviene che si tranquillino, se ha da aver pace il mondo.

In questa ferma e benauguratrice speranza, or mi risolvo di conchiudere le mie lezioni sulla Divina Commedia, dove la nostra letteratura s'affissa e si compiace come nel suo bellissimo e specchiato sembiante. Ma non prima, o Signori, a ciò saprei indurmi, se il mio cuore non vi si manifesta ancora una volta nel sentimento che mi obbligherà sempre al cortese animo vostro: Non è l'affezion mia tanto profonda, Che basti a render voi grazia per grazia, Ma Quei che vede e puote, a ciò risponda. Ed abbiatevi, quasi in pegno di soave gratitudine, questo libro, che gioverà ad assiduo conforto della vostra vita e a blandire efficacemente i vostri spiriti, pronti sempre a commoversi ed esaltarsi ad ogni cosa bella. Siavi raccomandato questo Tesoro della nostra nazioue, e ciascuno se ne avvantaggi per il suo meglio. S'inspiri a quella maraviglia d'arte il pittore e lo scultore, per renderci sempre amabili le tante immagini di virtù e odievoli le sì diverse facce in che il vizio si trasfigura e mentisce sè stesso. Gli scienziati vi studino come la dottrina può ammantarsi de' più schietti e vivi splendori dell'eloquenza, e vi apprendano i poeti a dar verità, bellezza ed evidenza ai propri concetti e vestirli d'un colore conforme. Ogni altro scrittore ivi attinga il magistero di formare preciso il discorso e rappresentar le idee con visibile e italiana parola. Voi, donne gentili, che vi educaste a rendervi degne della patria, perchè degne educatrici delle vostre famiglie, ben avrete Icaro di ricordarvi del Padre e Maestro dell' italica gentilezza. Ricorriamo tutti a quella vivace fonte per derivarne i sentimenti dell' italica nobiltà; e congiunti in un desiderio solo, in un solo volere, procacciamo di essere e mostrarci quasi un' anima sola nelle virtù di cui Dante ne diede ammaestramento ed esempio.

Ed ora, come per corrispondergli nell'antico desiderio, rivolgiamoci almeno per un istante alla sua Beatrice che ei volle accompagnata al proprio nome, e ammiriamola nel trionfo in che gli apparve per avvalorarlo ad ascendere infino al più sublime dei cieli. Ella, ornata d' un candido velo e sotto verde manto, gli si appresenta vestita di color di fiamma viva contemplateli e vi siano cari; quelli son i colori che adombrano le sante virtù, quelli sono i colori

« ÖncekiDevam »