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CODICI FIORENTINI

dell' I. R. Biblioteca Laurenziana.

CODICE 134 Gaddiano. Pluteo go superiore. Del secolo XIV. CODICE 135 primo Gaddiano. Pluteo go superiore. Del secolo XV.

CODICE 135 secondo Gaddiano. Pluteo go superiore. Del secolo XV.

CODICE 3 Gaddiano. Pluteo go inferiore. Del secolo XV. Questo codice giunge solamente alla pag. 120 dell'edizione Tartini e Franchi, e termina: veggiamo uomini ch'esser non può, ove la stampa ha: veggiamo molti uomini, ecc.

Tutti questi codici sono illustrati dal Bandini nell'opera : Catalogus Codicum manuscriptorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae, in fol., T. V., col. 404, 405, 406, 412.

CODICI ROMANI.

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CODICE Vaticano Urbinate 686. Questo codice (ci scrive il ch. sig. Salvatore Betti) è di bellissima lettera, tutto in nitida cartapecora, e appartenne già al gran Federico Duca d'Urbino. Stimasi scritto prima della metà del secolo XV., ed in fine ha le Canzoni di Dante.

CODICE Vaticano 4778. È scritto anch'esso verso la metà del secolo XV. È diviso in Trattati ed in Capitoli, cartaceo,

e di bonissima lettera.

CODICE della libreria Barberini. Del secolo XIV.

CODICI MILANESI.

CODICE Trivulziano. Sembra scritto nel secolo XV. È cartaceo, ben conservato, ma di lettera difficilissima a leggersi.

Un altro CODICE, pur cartaceo e del secolo XV., o forse della fine del XIV., è venuto nella libreria Trivulziana dopo che la stampa del testo era già terminata. Il carattere n'è di gran lunga migliore di quello dell'antecedente; ma, pel riscontro che se n'è fatto, si è trovato che la lezione ha presso a poco gli stessi difetti di tutti gli altri manoscritti.

Per le tre Canzoni, oltre i suddetti codici del Convito, si sono consultati sette codici Trivulziani delle Rime di Dante, i quali si citano coi loro numeri.

CONVITO

DI

DANTE ALIGHIERI

TRATTATO PRIMO

CAPITOLO I.

Siccome dice il Filosofo (1) nel principio della prima Filosofia (2), tutti gli uomini naturalmente disiderano di sapere. La ragione di che puote essere (3), che ciascuna cosa da provvidenzia di propria natura impinta (4)

(1) L'opera in lingua romana, intitolata Leys d'Amors, comincia colle stesse parole del Convito. Segon que dis lo philosophs tut li home del mon desiron aver sciensa de la qual nais sabers.

(2) prima Filosofia chiama l'Autore la Metafisica, di cui dice più chiaramente nel Tratt. II. c. 14.: la prima scienza che si chiama Metafisica. Infatti Aristotile così incomincia il primo libro della sua Metafisica: Omnes homines natura scire desiderant. È poi inutile il dire che coll' antonomastica appellazione di Filosofo è sempre indicato Aristotile.

(3) Così il codice Gaddiano 135 secondo. La lezione è più spedita e più chiara della comune: La ragione di che puote essere sie, che ciascuna ecc.; ove innanzi a sie è d' uopo sottintendere che, taciuto per vezzo di lingua, ma con danno della chiarezza. Il Gadd. 134 ha: La ragione di che può essere è, che ecc. La stampa dello Zoppino (Venezia 1529): La ragione di che può essere si è ecc. Lezioni da posporsi ancor esse a quella da noi adottata.

(4) Il Tasso nell'esemplare, di cui si è parlato nella Prefazione, ha qui interlineate le parole impinta inclinabile ---perfezione.

Vol. I.

I

2

è inclinabile alla sua perfezione; onde, acciocchè (1) la scienza è l'ultima perfezione della nostra anima, nella quale sta la nostra ultima felicità, tutti naturalmente al suo desiderio siamo suggetti. Veramente (2) da (3) questa nobilissima perfezione molti sono privati (4) per diverse cagioni che dentro dall' (5) uomo, e di fuori da esso, lui rimuovono dall'abito di scienzia. Dentro dall'uomo possono essere (6) due difetti: è impedito l'uno dalla parte del corpo; l'altro dalla parte dell'anima. Dalla parte del corpo è quando le parti sono indebitamente disposte, sicchè nulla ricevere può; siccome sono sordi e muti, e loro simili. Dalla parte dell'anima è quando la malizia vince in essa, sicchè si fa seguitatrice di viziose dilettazioni, nelle quali riceve tanto inganno, che per quelle ogni cosa tiene a vile. Di fuori dall'uomo possono essere similmente due cagioni intese, l'una delle quali è induttrice di necessità, l'altra di pigrizia. La prima è la cura famigliare e civile, la quale convenevolmente a sè tiene degli uomini il maggior numero, sicchè in ozio di speculazione essere non possono. L'altra è il difetto (7) del luogo

(1) acciocchè in vece di perciocchè. Modo antico, di cui l'Autore fa uso spessissimo in questo libro.

(2) Veramente per Nulladimeno, Tuttavia, Contuttociò, lat. Verumtamen; come nell' Inf. 33. 10: Io non so chi tu sie, per che modo Venuto se' quaggiù: ma Fiorentino Mi sembri veramente quand' io t'odo. E più chiaramente nel Purg. 6. 43: Veramente a così alto sospetto Non ti fermar, se quella nol ti dice ecc. V. PROPOSTA, alla voce Veramente.

(3) da per di. Così in questo medesimo Capitolo più sotto: sarà da ogni studio non solamente privato.

(4) Privato in senso di Privo, Mancante non è nel Vocabolario. E pur era da porsi innanzi a tutti gli altri significati col presente esempio, e coll' altro dello stesso Dante (Purg. 16.): Bujo d'Inferno, e di notte privata D'ogni pianeta.

(5) La pr. ediz. (1490, Firenze pel Bonaccorsi): all'uomo. (6) Altri: due difetti o impedimenti: l'uno ecc. BISCIONI. (7) difetto usato per vizio, non per mancanza.

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