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mente, intende diterminare d'essa nobiltà secondo la verità: e partesi questa parte in due; chè nella prima s'intende mostrare che è questa nobiltà; e nella seconda come conoscere si può colui dov'ella è: e comincia questa parte seconda: L'anima, cui adorna esta bontate. La prima parte ha due parti ancora (1); chè nella prima si cercano certe cose che sono mestiere a vedere la difinizione di nobiltà; nella seconda si cerca (2) la sua difinizione: e comincia questa seconda parte: È gentilezza dovunque virtute. A perfettamente entrare per lo trattato è prima da vedere due cose. L'una che per (3) questo vocabolo Nobiltà s'intende, solo semplicemente considerato; l'altra è per che via sia da camminare a cercare la prenominata difinizione. Dico adunque che se volemo riguardo avere alla comune (4) consuetudine di parlare, per questo vocabolo Nobiltà s'intende perfezione di propia natura in ciascuna cosa; onde non pur dell' uomo è predicata, ma eziandio di tutte cose; chè l'uomo chiama nobile pietra, nobile pianta, nobile cavallo, nobile falcone, qualunque in sua natura si vede essere perfetto (5). E però dice Salomone nell' Ecclesiaste (6): « Beata la

(1) Così la pr. ediz. Quella del Biscioni: ha due parti, ancorachè nella prima ecc.

(2) Il Biscioni cogli altri testi legge: si cerca della sua difinizione. Ci è però sembrata migliore la lezione del cod. Vat. Urb. Dante dice alcune parole addietro: nella prima si cer

cano certe cose ecc.

(3) Questo per, mancante in tutte le stampe, s'aggiunge col cod. Barb., col secondo Marc., e col Gadd. 135 secondo.

(4) Tutte le stampe e il più de' mss. leggono dalla comune: il cod. Barb. ha della comune. Ma la ragione gramaticale suggerisce l'emendazione: alla comune.

(5) Tutti i mss. e le stampe hanno perfetta.

(6) L'ediz. del Biscioni e il più de' mss. leggono Ecclesiastico. Ma l'Ecclesiastico non è di Salomone, bensì di Gesù figlio di Sirach; e la sentenza, Beata terra cujus rex nobilis

>> terra, lo cui Re è nobile; » che non è altro a dire, se non lo cui Re è perfetto, secondo la perfezione dell'anima e del corpo; e così manifesta per quello che dice dinanzi, quando dice: « Guai a te, terra, lo » cui Re è pargolo, » cioè non perfetto uomo: e non è pargolo uomo pur per etade (1), ma per costumi disordinati e per difetto di vita, siccome n'ammaestra il Filosofo nel primo dell'Etica. Ben sono alquanti folli che credono che per questo vocabolo Nobile s'intenda essere da molti nominato e conosciuto; e dicono che vien da uno verbo che sta per Conoscere, cioè Nosco: e questo è falsissimo (2); chè se ciò fosse, quelle cose

est, leggesi nel cap. 10. v. 17. dell' Ecclesiaste. Il cod. Gadd. 135 secondo legge correttamente Ecclesiastes.

(1) Così il cod. secondo Marc., il Gadd. 134, il Vat. Urb., il Barb., e le pr. ediz., meglio del Biscioni che porta d'etade. (2) Anzi verissimo, con pace di un tant' uomo. Chè le cose, le quali in loro natura sono perfette, più sono e più meritano di essere conosciute, che l'altre: non già, com'egli intende e ragiona ex adverso, che per ciò solo che sia una cosa più nota, essa debba dirsi perfetta. E si avverta che nobile, quando è detto di prosapia, sempre vien preso in buona parte; e che, quando vien applicato ad altri soggetti, i Latini lo intendono tanto in bene, che in male. Così leggiamo in Cicerone (per riportare un qualche esempio tra gli infiniti), De Inv. lib. 2. c. 2.: Magnus et nobilis rhetor Isocrates; ed in Orazio, lib. 1. Od. 12.: Puerosque Ledæ, Hunc equis, illum superare pugnis Nobilem; e leggiamo ancora in Tito Livio, lib. 39. c. 8.: Scortum nobile libertina Hispala Fecenia; ed in Ovidio, Amor. lib. 2. el. 18.: Et Paris est illic, et adultera, nobile crimen. -Del resto sembra che Dante confutar voglia Uguccione, il quale nel suo Liber Derivationum, sotto il verbo Nosco, scrive: «< Item a Noto, as, Notorius, a, um, quod debet notari, » vel reprehendi, et Notabilis, le, Notabiliter: et a Notabilis » per sincopem hic et hoc Nobilis, le, et hic et hæc Notabilis, » lis, quasi Notabilis, quia facile notatur; scilicet cum nomen >> et genus cognoscitur: quod autem dicitur Nobilis, quasi non » vilis, etheria est. » Noi dobbiamo questo passo all'erudizione del già lodato ch. sig. ab. Mazzucchelli, Prefetto dell'Ambrosiana.

Vol. I.

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290 che più fossero nominate e conosciute in loro genere (1), più sarebbono in loro genere nobili: e così la guglia di San Pietro sarebbe la più nobile pietra del mondo; e Asdente (2), il calzolajo di Parma, sarebbe più nobile, che alcuno suo cittadino; e Albuino della Scala sarebbe più nobile, che Guido da Castello (3) di Reggio; che ciascuna di queste cose è falsissima: e però è falsissimo che nobile vegna da conoscere, ma viene da non vile; onde nobile è quasi non vile. Questa perfezione intende il Filosofo nel settimo della Fisica, quando dice: «< Ciascuna cosa (4) è massimamente per>> fetta, quando tocca e aggiugne la sua virtù propria: » e allora (5) è massimamente perfetta, secondo sua na» tura. Onde allora lo circolo si può dicere perfetto, >> quando veramente è circolo, cioè quando aggiugne >> la sua propria vertù; e allora è in tutta sua natura; » e allora si può dire nobile circolo. » E questo è quando in esso è un punto, il quale egualmente sia distante

(1) Il Biscioni tutte e due le volte legge genero. Il cod. Gaddiano 134 ha la nobile lezione genere.

(2) Fu questi un ciabattino che al tempo di Federigo II. fece molto parlare di sè col pretendere di predire il futuro. Perciò l'Autore nel Poema (Inf. C. 20. v. 118) lo mette nell'Inferno, e dice:

(3)

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.. vedi Asdente,

>> Ch'avere atteso al cuojo ed allo spago

» Ora vorrebbe; ma tardi si pente.

» E Guido da Castel, che me' si noma
>> Francescamente il semplice Lombardo.
Purg. C. 16. v. 125.

(4) La parola cosa manca in tutte le stampe antiche e moderne, e viene supplita col cod. Barb., col secondo Marciano, e co' Gaddiani 134 e 135 secondo.

(5) e altra è massimamente perfetta, secondo sua natura, leggono tutti i testi; ma altra è manifesta corruzione di allora, e basta il notare che Dante ripiglia subito: Onde allora lo circolo si può dicere perfetto, ecc.

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dalla circonferenza: se (1) sua vertù parte per lo circolo che ha figura d'uovo non è nobile, nè (2) quello che ha figura di presso che piena luna, perocchè non è in quello sua natura perfetta. E così manifestamente veder si può che generalmente questo vocabolo, cioè Nobiltà, dice in tutte cose perfezione di loro natura: e questo è quello che primamente si cerca, per meglio entrare nel trattato della parte che sporre s'intende. Secondamente è da vedere come è da camminare (3) a trovare la definizione dell'umana nobiltade, alla quale intende il presente processo. Dico adunque che, conciossiacosachè in quelle cose che sono d'una spezie, siccome sono tutti gli uomini, non si può per li principii essenziali la loro ottima perfezione difinire, conviensi quella difinire e conoscere per li loro effetti; e però si legge nel Vangelio di S. Matteo, quando dice Cristo: «Guardatevi da' falsi Profeti: alli frutti >> loro conoscerete quelli. » E per lo cammino diritto è da vedere questa difinizione, che cercando si va, e per li frutti, che sono vertù morali e intellettuali, delle quali essa nostra nobiltade è seme, siccome nella sua difinizione sarà pienamente manifesto. E queste sono quelle due cose che vedere si convenía, prima che ad altre si procedesse, siccome in questo Capitolo di sopra si dice.

(1) Tutti i testi hanno laguna della condizionale se.

(2) e quello che ha figura, così la vulgata lezione. Noi correggiamo nè quello ecc. col cod. Vat. 4778, perchè senza di questa emendazione, e dell' altra qui sopra, il discorso è scompigliato e privo di senso.

(3) chiamare, e a trovare, leggono tutti i testi malamente, perchè l'Autore ha di già detto chiaramente di sopra: l'altra (cosa) è per che via sia da camminare a cercare la prenominata difinizione. V. Dionisi, Anedd. V. pag. 157.

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CAPITOLO XVII.

Appresso che vedute sono quelle due cose che parevano utili a vedere prima che sopra il testo si il testo si procedesse, ad esso sporre è da procedere: e dice e comincia adunque: Dico ch'ogni virtù principalmente Vien da una radice: Virtude intendo che fa l'uom felice In sua operazione: e soggiungo: Quest' è, secondochè l'Etica dice, Un abito eligente; ponendo tulla la difinizione della morale vertù, secondochè nel secondo dell' Etica è per lo Filosofo difinito: in che due cose principalmente s'intende : l'una è, che ogni vertù vegna da uno principio; l'altra si è, che queste ogni virtù sieno le vertù morali, di cui si parla: e ciò si manifesta quando dice: Quest' è, secondochè l'Etica dice. Dov'è da sapere che propiissimi nostri frutti sono le morali vertù; perocchè da ogni canto sono in nostra podestà, e queste diversamente da diversi Filosofi sono distinte e numerate. Ma, perocchè in quella parte, dove aperse la bocca la divina sentenzia d'Aristotile, da lasciare mi pare ogni altrui sentenzia, volendo dire quali queste sono, brievemente, secondo la sua sentenzia, trapasserò di quelle ragionando. Queste sono undici vertù dal detto Filosofo nomate. La prima si chiama Fortezza, la quale è arme e freno a moderare l'audacia e la timidità nostra nelle cose che sono correzione (1) della nostra vita. La seconda è Temperanza, ch'è regola e freno della nostra golosità e della nostra soperchievole astinenza nelle cose che conser

(1) Il Dionisi (Anedd. II. pag. 99) vorrebbe che in luogo di correzione si ponesse corruzione. Chi ama di tener buona la sua emendazione può farle appoggio del cod. secondo Marc. il quale ha che sono choructione ecc.

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