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introdurci nella piena conoscenza di quell'opera, in cui Dante, consecrando la sua poesia colla religione, collegò la dottrina teologica de' tre stati spirituali dell'anima dopo la morte colla scienza morale de' varii stati di questa vita, per modo che quelli fossero tutto insieme significato e significante? (a)

Ma poichè in quel Discorso sono attribuiti al Convito ed alla Commedia due fini diversi, e vuolsi che il primo possa essere stato intrapreso da Dante per certe sue mire private e temporarie, e che l'altra fosse da lui destinata ad uno scopo universale e perpetuo, ne pare innanzi tratto di dover fare una digressione non inopportuna dal nostro soggetto, per dire qualche cosa sull'audacissima opinione di quello scrittore intorno la Divina Commedia. La quale, dove fosse tenuta anche solamente per probabile, spargerebbe di brutte macchie la fama di Dante. E l'opinione ridotta in breve, e raccolta da varii passi sparsi qua e là nel Discorso, si è questa: che Dante non abbia in vita sua pubblicato giammai interamente il Poema, ed anzi ne abbia gelosamente nascosta agli occhi di tutti la terza Cantica, perciocchè intendeva in esso, quando che fosse, «а riordinare per mezzo >> di celesti rivelazioni la religione di Cristo e l'Ita» lia.» (b) - Onde che, costituitosi riformatore non solo della disciplina, ma eziandio del dogma, avrebbe dettato quest'opera per una missione profetica, alla quale di proprio diritto sarebbesi consacrato con rito

(a) Ved. Gravina, Ragion poetica, Lib. 2. §. 1. e §. 13. (b) Disc. cit., pag. 334.

sacerdotale nell' altissimo de' Cieli, assuntovi come san Paolo. L'autore del Discorso raffigura cotesto rito della consacrazione all'apostolico ministero in que' versi sul fine del Canto vigesimoquarto del Paradiso, ove san Pietro benedice cantando il Poeta, e lo cinge tre volte (a): e vede chiaramente indicata l'anzidetta missione da Beatrice nel Canto vigesimoquinto della stessa Cantica con questi versi:

» La Chiesa militante alcun figliuolo

>> Non ha con più speranza, com'è scritto
>> Nel Sol che raggia tutto nostro stuolo;
» Però gli è conceduto, che d'Egitto
>> Vegna in Gerusalemme per vedere,
>> Anzi che 'l militar gli sia prescritto.

E qui al verbo prescrivere anzichè assegnare il senso, che tutti gli danno in cotesto passo, di limitare,

(a)

» Così benedicendomi cantando,

>> Tre volte ciase me, si com'io tacqui,

» L'apostolico lume, al cui comando

» Ip avea detto; si nel dir gli piacqui.

E ciò non significa altro se non che san Pietro (figurato nell'apostolico lume), essendo stato soddisfatto di quello che Dante gli aveva risposto sulla Fede, lo benedice cantando, e gli gira intorno tre volte, per segno di approvazione. Il che dicesi chiaramente nella terzina che precede i versi qui riferiti: » Come 'l signor, ch'ascolta quel che piace, >> Da indi abbraccia il servo, gratulando

» Per la novella, tosto ch'ei si tace, ecc.

e non vi si parla di consacrazione sacerdotale, benchè questo sarebbe stato il luogo; chè i signori non consacrano sacerdoti i loro servi congratulandosi quando portano loro le buone novelle. Pur l'autore del Discorso (pag. 79) trova espresso in

por termine, l'autore del Discorso attribuisce l'altro di ingiungere, comandare: onde in vece di trarre dagli ultimi due versi il senso legittimo di Venga a vedere il Paradiso, in premio della sua grande speranza, prima che sia posto termine al suo militare sulla terra, cioè alla sua mortale carriera, ne trae quest'altro, sul quale stabilisce la sua opinione: Venga, ecc., prima che gli sia comandato di militare, cioè di combattere per la sua missione di riformatore politico e religioso. Se Dante veramente sentisse nell'animo, o solo stimasse di far credere, ch'egli era delegato dagli Apostoli, l' autore del Discorso non lo tiene per definito, ma presume il primo (a). Ed ecco l'Alighieri trasformato per lo meno in un impostore scismatico, che da sè stesso sarebbesi condannato alla brutta pena della nona bolgia del suo Inferno (b), e la Divina Commedia accomunata coll'Alcorano (c). Per buona ventura però contra quanto havvi di sognato e di temerario in questa ipotesi, a cui il suo autore pretende di dare la consistenza del vero (d), risplende con luce di meriggio in tutti gli scritti di Dante quanto ingenua fosse la sua Fede, e quanto egli fosse affezionato al dogma in cui era nato e cresciuto. Nè perchè talvolta (essendo egli d'indole sdegnosissima, e caldo d'ira ghibellina, che lo rendea furiosamente avverso alla confusione dei due reggimenti) insorga in fiera guisa

que' versi, che san Pietro circonda tre volte a Dante la fronte di divino splendore, e vi ravvisa l'imposizione delle mani, ecc.

(a) Disc. cit., pag. 323. (b) C. XXVIII. (c) Disc. cit., pag. 84. (d) Ivi, pag. 381.

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contra tutto ciò che gli sembra disordine, e le parole non timide amiche del vero gli escano impetuose come vento che le più alte cime più percuote (a), non va però oltre quel punto ove la diritta sua coscienza gli grida di arrestarsi. Quindi protesta fin da principio che Roma è il loco santo, u' siede il successor del maggior Piero (b); e ove detesta l'avarizia dei Pastori, rattiene contra Nicolò III. le parole troppo acerbe, per la reverenza delle somme chiavi (c); e s'inginocchia nel Purgatorio nel favellare a papa Adriano, riverendo sua dignitate (d); e in quel suo grande e personale nemico Bonifacio VIII., preso e schernito in Alagna, deplora rinnovellato l'aceto e il fiele, e Cristo prigioniero nel suo Vicario, ed ucciso tra i vivi ladroni (e); e grida stolti coloro che sperano che la nostra ragione possa trascorrere la infinita via che tiene una Sustanzia in tre persone (f); e sono molti i luoghi consimili che si potrebbono raccogliere, ed a cui indarno il più ostinato scetticismo si studierebbe di opporne altri che loro sembrino contraddire. Perciocchè in questi ultimi ei prorompe con libero petto contra gli abusi, che vorrebbe tolti; e cantore della Rettitudine, mira a condurre sul retto sentiero coloro ch'ei crede traviati, porgendo loro vital nutrimento (g): non si però che da questo stesso magnanimo sdegno non si manifesti l'uomo intimamente religioso; ma ne' passi testè allegati, e negli altri che

(a) Par. C. XVII. v. 134. (b) Inf. C. II. v. 23–24. (c) Ivi, C. XIX. v. 101. (d) Purg. C. XIX. v. 127-132. (e) Ivi, C. XX. v. 85-90. (Ivi C. III. v. 34-45. (g) Par. C. XVII. V. 131.

potrebbono allegarsi, si scorge aperto il suo cuore penetrato dalle verità di quella Fede ch'è principio alla via di salvazione (a). Lungi pertanto il pensiero, che un uomo animato da tali sentimenti abbia mai inteso a farsi novatore nella religione, e che debbasi dare interpretazione ereticale ad alcuni passi della Commedia, i quali l'autore del Discorso si studia di torcere a senso inusitato ed erroneo, rinnovando le stravaganze del P. Arduino, che pretendeva essere questo Poema opera di un settario di Wiclefo. Nel che havvi tanto di vero, quanto in quello ove l'Arduino medesimo sognò che l'Eneide di Virgilio fosse lavoro di qualche monaco de' bassi tempi, e che vi si ricoprisse sotto la venuta d'Enea in Italia il viaggio di san Pietro dalla Palestina a Roma.

Ma tornando al Convito, da cui ci siamo un po' dilungati, l'autore del Discorso lo crede composto con sentimenti repressi, e con certi riguardi di non offendere chicchessia (b); collo scopo che, pubblicato

(a) Inf. C. II. v. 3o. (b) Quanto sia mal fondata l'opinione di questo autore, che Dante, cioè, sia stato trattenuto dal pubblicare, mentre vivea, il suo Poema in tutto od in parte per la tema di offendere chi gli avrebbe potuto nuocere, o ch'egli avesse intenzione di tenerlo celato per lo scopo che gli si vorrebbe attribuire, chiaramente apparisce dal Canto XVII. del Paradiso (v. 100, sino alla fine). Ivi immagina il Poeta di chieder consiglio al suo antenato Cacciaguida, se debba manifestare le cose apprese nel suo viaggio pei tre regni; le quali taciute, o narrate altrimenti dal vero, non gli avrebbero procurata vita tra' posteri; e ridette, sarebbero state a molti sapore di forte agrume, ond' ei correva rischio di perdere l'ospitale ricovero che, dopo essergli stata tolta la patria, trovava in altri

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