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I.

Nove1 fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo della luce quasi a uno medesimo punto, quanto alla sua propria girazione, quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia

1. È cosa degna d'essere notata che la prima parola del racconto è nove. Questo numéro ha simbolicamente importanza grande in tutta la Vita Nuova e nella Divina Commedia; perché all' intelletto di Dante significava l'effetto di Dio Padre, Figliuolo e Spirito Santo, uno, e tre insieme; il qual numero per se medesimo fa nove. E perciò, cosí Beatrice, come tutto ciò che da Dio è voluto e operato direttamente, è nove, cioè miracolo di Dio. Le tre costruzioni architettoniche, le quali Dante ci ha descritte nella sua Divina Commedia (e cosí le costruzioni come la descrizione, nel concetto del poeta, son volute da Dio) si mostrano fondate sul numero nove. Ora questo libretto, meditato e scritto certamente quando si formava già nella mente di Dante il disegno del poema sacro, essendo di questo la introduzione, ha pure il suo fondamento architettonico, siccome appare da ciò che s' è già visto, nel numero nove. Il quale perciò si trova qui come prima parola della narrazione, e si troverà di

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poi solo nella prosa, non mai nelle rime; ché, quando componeva queste, il mistico poeta ancora non aveva fatto di Beatrice una cosa tutta di Dio.

2. lo cielo della luce Il quarto cioè de' nove cieli; dai quali, secondo il sistema tolemaico adottato dalla scolastica, si credeva che fosse circondato il globo nostro. Con esso cielo tenevasi che girasse il sole, carro della luce (Purg. IV, 59). Con tutta la circonlocuzione che dalle parole Nove fiate va fino a propria girazione l'autore ha voluto dire che nove giri del sole erano compiuti omai, cioè erano già trascorsi quasi nove anni dalla sua nascita, quando ecc. - Anche in un sonetto di risposta a Cino da Pistoia Dante accennò al tempo del suo innamoramento cosí : « Io sono stato con Amore insieme Dalla circolazion del sol mia nona» CARDUCCI.

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3. gloriosa Dante chiamò qui gloriosa Beatrice, perché, quando scrisse la Vita Nuova, ella era già in cielo a gloriare sotto l'insegna di Maria. 4. donna La parola serba qui, e in molti altri luoghi, il

mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice, i quali non sapeano che si chiamare 5. Ella era già in questa vita stata tanto, che nel suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente delle dodici parti l'una d'un grado; sí che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi dalla fine del mio nono. Apparvemi vestita di nobilissimo colore umile ed onesto sanguigno, cinta e

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suo valore antico etimologico di signora.

5. non sapeano che si chiamare lo spiego non sapeano quello che si chiamassero, cioè non intendevano il significato di quel nome Beatrice. Questa maniera di proposizione infinitiva, invece della soggiuntiva che si userebbe oggi, dopo non sapere, ha parecchi esempi nella lingua del trecento. Nella Leggenda di Santo Stefano (v. Leggende del secolo XIV, Firenze, Barbèra, vol. II, pag. 13) leggo: « Cristo... per coloro che il crocifiggevano disse: Padre, perdona loro, ché non sanno che e' si fare », ch'è traduzione del Vangelo di Luca (xxIII, 34) non enim sciunt quid faciunt. Altri due esempi ne trovo in Sacchetti, Sermoni Evangelici: nel XXXVIII (Ediz. Le Monn., 1857, a pag. 127: « Non seppe che si dire Caifas, e profetò la verità »; cioè Caifas, pronunciando quelle parole expedit ut unus moriatur pro populo, ne tota gens pereat, non seppe qual cosa grande dicesse. E nel Sermone XLVI (ediz. cit., pag. 157): << San Giovanni Evangelista allora

disse: Voi non sapete che vi dire »; dove pure s' ha da intendere non sapete o non comprendete il significato o il valore delle cose che dite.

6. L'incontro di Dante con Beatrice avvenne, stando alla narrazione del Boccaccio, nel primo giorno di maggio dell'anno 1274. Ora, considerando che il muoversi del cielo stellato d'un grado verso oriente si fa (v. Conv., 11, 6) in cento anni, e che un dodicesimo di secolo sono appunto anni otto e mesi quattro, si conclude che Beatrice doveva essere nata o nei primi di gennaio del 1266 o negli ultimi giorni del 1265.

7. umile ed onesto - Sono aggettivi, non avverbi, come il Casini ha creduto; e significano, il primo non punto vistoso, forse perché tutto uguale e poco vivace, il secondo decoroso, cioè conveniente alla nobiltà della giovinetta Beatrice.

8. sanguigno - Perché qui, e cosí pure al cap. III, e anche al XL, l'autore ha detto sanguigno e non vermiglio o rosso? Questa parola, usata ogni volta che si tratta delle vesti di Bea

ornata alla guisa che alla sua giovanissima etade si convenia. In quel punto dico veracemente che lo spirito della vita 10, lo quale dimora nella segretissima camera del cuore, cominciò a tremare sí fortemente, che apparia nelli menomi polsi orribilmente; e tremando disse queste parole: Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur mihi. In quel punto lo spirito animale,

trice e solamente nella prosa, è notevole. Bisogna pensare che Dante, quando scriveva la prosa della Vita Nuova, già identificava nella sua mente Beatrice con la fede religiosa, quella fede religiosa che sorse dal sangue di Cristo e si murò di segni e di martíri. Ciò spiega forse la ragione della preferenza data costantemente all' aggettivo sanguigno.

9. cinta e ornata ecc. - Vuol dire che portava la cintura e aveva altri ornamenti, ma tutte cose modeste è convenientissime all'età. Le giovinette piú grandi allora già cominciavano a cercare d' attirarsi gli sguardi dei giovani con la catenella, con la corona e le contigie, soprattutto con sí ricca cintura che fosse a veder piú che la persona (Par., xv, 100-102). E queste cose a Dante, gran lodatore del buon tempo antico di Firenze, urtavano assai ne' nervi.

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si van man mano svolgendo l'una sopra dell'altra: e queste tre operazioni o potenze sono infra sé di guisa che l'una è fondamento dell' altra, la vegetativa della sensitiva, e questa della intellettiva (vedi Convito, III, 2; Purg., IV, 1-2): e veggasi anche Ruth (Studi sopra Dante Allighieri, III, 2). CARDUCCI. Lo spirito della vita, lo quale dimora nella segretissima camera del cuore è certamente lo spirito vitale o sensitivo, il quale ha la sua sede in quella parte del cuore ch'è, secondo l'espressione del Boccaccio, ricettacolo d'ogni nostra passione. 11. Ecce deus fortior ecc. Il codice trivulziano B (v. La Vita Nuova per cura di Michele Barbi, Intr., pag. XLII e XLV in f.) dà questa traduzione: Ecco iddio più forte di me, che mi viene a signoreggiare. Amore è divina cosa, è potenza superiore che signoreggia l'anima gentile e per effetto del quale ogni virtú può fare in essa anima prova mirabile (v. Purg, xxx, 115 e segg.). Secondo il pensiero di questi rimatori del dolce stil nuovo la potenza divina d'amore è una special grazia che Dio concede solo ad anime gentili; le quali, tostoché esso comincia a farsi sentire, sono

il quale dimora nell'alta camera, nella quale tutti li spiriti sensitivi portano le loro percezioni, si cominciò a maravigliare molto; e, parlando spezialmente alli spiriti del viso 12, disse queste parole: Apparuit iam beatitudo vestra. In quel punto lo spirito naturale 13, il quale dimora in quella parte ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò a piangere; e, piangendo, disse queste parole: Heu miser!, quia frequenter impeditus ero deinceps.

D'allora innanzi dico che Amore signoreggiò l'anima mia, la quale fu sí tosto a lui disponsata; e cominciò a prendere sopra me tanta sicurtade e tanta signoria 1*, per la virtú che gli dava la mia imaginazione, che mi convenia fare tutti i suoi piaceri compiutamente. Egli mi comandava molte volte che io cercassi per vedere quest'angiola giovanissima 15, ond' io nella mia puerizia molte volte l'andai cercando; e vedeala di sí nobili e laudabili portamenti, che certo di lei si potea dire quella parola 16

subito unite a lui e formano come una cosa sola con lui. Il che fa bene intendere Dante in piú luoghi, e principalmente nelle parole che seguono qui appresso, dove dice: D'allora innanzi dico che Amore signoreggiò l'anima mia, la quale fu si tosto a lui disponsata ecc. Piú innanzi, nel son. x, dirà: Amore e cor gentil sono una

cosa.

12. alli spiriti del viso - Con tale espressione è indicata la facoltà visiva. Viso per vista è molto comune e nel Convito e nella Divina Commedia.

13. lo spirito naturale - « la piú pura e distillata porzione del sangue, la quale elaborata nell'epate o fegato, va collo stesso sangue per le vene ad eccitare la concozione» (Ari

stotile, Della generaz. anim.). E perciò il Giuliani vorrebbe spiegare ministra per lavora, o risolve, o concuoce o alcun che di simile. CARDUCCI.

14. tanta sicurtade e tanta signoria C'è endiadi, a significare tanto sicura signoria.

15. che io cercassi per vedere quest' angiola ecc. - I due verbi cercassi e vedere hanno il medesimo oggetto quest' angiola ecc. In sintassi odierna si direbbe che io cercassi quest' angiola ecc. per vederla. E in verità poco appresso Dante dice molte volte l'andai cercando, e vedeala ecc.

16. quella parola - Nell' antica lingua parola significò séguito di parole formanti un senso intero.

del poeta Omero: Ella non parea figliuola d'uom mortale, ma di Dio 17. E avvegna che la sua imagine, la quale continuamente meco stava, fosse baldanza d'Amore a signoreggiarmi 18, tuttavia era di sí nobile virtú, che nulla volta sofferse che Amore mi reggesse senza il fedele consiglio della ragione in quelle cose là dove cotal consiglio fosse utile a udire.

E però che soprastare alle passioni ed atti di tanta gioventudine pare alcuno parlare fabuloso, mi partirò da esse; e, trapassando molte cose le quali si potrebbero trarre dall'esemplo 19 onde nascono queste, verrò a quelle parole le quali sono scritte nella mia memoria sotto maggiori paragrafi.

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17. Ella non parea figliuola ecc. Dante ha tratto questo luogo d' Omero da una traduzione latina dell' Etica di Aristotile, ove è citato questo passo del lib. XXIV dell'Iliade: Non apparebat mortalis viri filius, sed Dei, ch'è detto di Ettore. Dante ha posto qui la citazione applicandola a Beatrice, quando ha scritto la prosa della Vita Nuova, cioè nel tempo ch' egli ideava già la sua Commedia, quando Beatrice era per lui non piú solamente donna mortale, ma gloriosa in cielo ed idealizzała siccome diretta emanazione divina. Era già la Fede; che poi incielata sarebbe divenuta la Scienza sacra, la

Sapienza che all' intelletto umano fa vedere Iddio. Perciò la citazione detta dev' essere tradotta, nel suo senso vero, cosí: Ella mostrava in sé di essere non opera d'uomo, si bene effetto di Dio.

18. baldanza d'Amore a signoreggiarmi Baldanza è certo vigore per cui talvolta l'uomo sente d'essere superiore ad altri. Onde qui tutto il passo vuol significare questo: avvegnaché la sua imagine fosse in me potenza amorosa superiore, vittrice, che mi dominava tutto.

19. dall' esemplo Esemplo è il libro della memoria, siccome già disse l'autore nel proemio.

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