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Membrando di Madonna, a cui son tanto

Lontan di veder lei;

O dolenti occhi miei,

Non morite di doglia?

Si, per nostro voler, purché Amor voglia. »

Chi confrontasse le rime del Guinicelli, del Cavalcanti e di Cino con quelle di Guittone d' Arezzo, di Dante da Maiano, e di altri poeti de' tempi loro, in cui sono aspre voci e modi plebei, "edrebbe avervi la lingua acquistato molta vaghezza, ed essersi in alcune parti nobilitata l'arte del verseggiare. Dal che potremo inferire l'amore del bello essere già sorto in Italia; e perchè, quando esso comincia a manifestarsi, tutte informa, e di se colora le facoltà della mente, avvenne, che mentre il volgare eloquio tra noi assumeva qualità di poetico e di gentile, anche le arti del disegno, deposta la tetra rozzezza della barbarie, si mostrassero conformi al loro principio, il quale è nell' intelletto, ed in lui da Dio. Ne toccherò brevemente, essendochè se la poesia è una pittura parlante, le arti gentili si potriano chiamare poesia muta: muta però per l'orecchio, ma non pel cuore, non per la mente, questa e quello intendendo il loro linguaggio, e facendo esse il medesimo ufficio che fanno gli armoniosi vocaboli, e le animate immagini del poeta. Volendo io dunque mostrare in queste lezioni quale sia l' indole, quale la veste e la perfezione ch' ebbe in Italia il bello ideale per opera degli eccellenti scrittori, parmi non sia alieno dal mio soggetto trattare alquanto di lui in ordine alle nobili arti: conciossiachè l'artista e il poeta traggono dalla stessa sorgente i loro pensieri, e se ad essi danno

rappresentanza con modi e con istrumenti diversi tendono però tutti ugualmente allo stesso fine.

Caduto l'impero d' occidente, furono guaste dalla ignoranza lettere ed arti. Spenta la poesia, muta l'eloquenza, venuta meno la civiltà, non si vide ne' dipinti e nelle sculture alcun segno della semplicità greca, o della grandezza romana. L'architettura diventò bizantina, e poscia tedesca, e se il carattere da lei preso con la santità della religione cristiana si concordava, l'eccesso dell' ornamento alterovvi il bello, e l'unità del concetto, e la maestà insieme con essa mancò agli edifici, per essere troppo sminuzzate le parti loro. Considerando poi, siccome gli artisti del medio evo goffamente trattassero la scultura, niuno può rimanersi dal lamentare gli effetti della barbarie. Quell'arte, che aveva potuto già dare al marmo morbidezza quasi di carne delicatissima, anzi più veramente spirito e senso, sicchè il Giove di Fidia mettea divino terrore in chi lo guardava, era allora tornata alla grossolana rusticità de' primordi suoi: nè mai gli scultori egizi, comecchè fossero affatto imperiti nel maneggio dello scalpello, fecero opere più rozze, o peggio condotte di quelle che si facevano per l'Italia. Che dirò della pittura, corrotta anch'essa dalla ignoranza, e quindi da cieca superstizione? Imperocchè temendo non la bellezza espressa ne'volti della Vergine, del Salvatore, de' santi, divertisse gli animi de' cristiani dai religiosi pensieri, i Bizantini mutarono le sue norme: e posto ogni loro studio a ritrarre il brutto, dettero alle loro figure un aspetto fiero, ed un' aria truce, trascurando con la bontà del disegno la vaghezza del colorito.

Al risorgere della libertà sorse nei nostri popoli il desiderio di nobilitare con pubblici e con privati edifizi la patria loro. Però, dopo avere provvisto alla utilità dell' universale, scavando canali, facendo ponti, e conducendo dalle vicine montagne entro la cerchia delle città acque salubri, per dare segno a Dio della loro venerazione inalzarono in varie parti d'Italia tempii bellissimi. In Pisa, prima che in altri luoghi, l'architettura ricuperò il perduto splendore. E quasi ch'ivi gli uomini fossero più che altrove disposti a sentire e a ritrarre il bello, o perchè lo vedevano espresso in certe urne antiche, assai finamente intagliate da greca mano, che ancora in quella città si veggono ai nostri giorni, Niccola Pisano, Giovanni, Nino, ed Andrea nello spazio di non molti anni condussero le arti dello edificare e dello scolpire a grande eccellenza. Firenze seguì l'esempio di Pisa, come si scorge nelle chiese di santa Maria del Fiore e di santa Croce, ricordo della sapienza di Arnolfo. Quasi nel medesimo tempo Assisi, Padova, Siena, Napoli, Roma si abbellivano d'altri tempii, i quali ci fanno fede dell'amore portato dagli avi nostri alle nobili arti, e alle città loro. Certo, guardando i monumenti di quella età, e ponendoli a paragone con quelli eretti da noi, io non so se dobbiamo più vergognarci o del nostro cattivo gusto, o della piccolezza degli animi, nostri, in essi palese. Taccio che per mancarci la fede noi facciamo le chiese nel modo stesso, col quale si farebbe un teatro; e che non sappiamo dare ai vari edifizi il carattere loro proprio: ma non posso tacere, che in fatto di architettura diamo indizio di povera mente, e di

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basso cuore. Che diranno di noi, generazione dubitante, e infiacchita, i nostri nipoti, quando vedranno a fronte de' tempii, de' palagi, degli archi del medio evo le nostre misere fabbrichette, pigmei dinanzi a giganti, o deboli canne e piccoli arbusti accanto ad annose quercie? Ah riviva, riviva nel nostro petto la morta fede: ritorni il pensiero dov'è il suo centro; lascisi la cupidigia dell'oro, e s'ami la gloria: nè di questa avremo mai noi Italiani inutile desiderio; essendo così temprato l'ingegno, ch'esso va contro la sua natura quando non siegue il vero, o dispregia il bello.

Niccola Pisano, come si è detto, restaurò la scoltura, facendo soavemente espressive di cari e pietosi affetti le figure da lui scolpite. Lo stesso è a dire di Cimabue in ordine alla pittura. Questi sdegnò la goffa maniera de' Bizantini, animò i volti ne' suoi dipinti, e per il primo tratteggiò grandi storie. Il suo discepolo Giotto si spinse di lui più innanzi. Cominciò a piegare i panni con qualche cura: ebbe insolita splendidezza e delicatezza di colorito; e se non seppe dare movenza alle sue figure, diè loro espressione di fede, di amore, di compassione, di verecondia. Qui è da tornare in memoria che in quel secolo di fede operosa e forte, le arti s'informarono tutte dal cristianesimo. Conciossiache mentre i Greci ritraevano la corporale bellezza, e le passioni accese dal senso, gli artisti cristiani si studiarono di ritrarre que' sentimenti, che rampollano dalla mente e dal cuore per virtù della religione, quasi acqua viva dal seno di alpestre monte. Però l'arte moderna fu diversa dall' arte antica, siccome era diverso il principio d'inspirazione nell'animo dell'arti

sta. Il cristianesimo adunque avendo, con l'abolire la schiavitù, restituita la dignità primitiva al genere umano, resi più saldi i legami delle famiglie per le indissolubili nozze santificate da lui, rinnovato gli ordini degli Stati col ben definire i doveri di chi comanda e di chi ubbidisce, pose nuovi principii all'arte, affinchè in tutte le cose la sua virtù ed efficacia fosse palese. Vedremo poi come questa nella poesia si manifestasse, e come ad essa debba l'Italia il maggiore de' suoi poeti.

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