E qual soffrisse di starla a vedere, Come esser può si adorna e così pura? Che fieron gli occhi a qual che allor la guati, A donne assai, quando t' avrò avanzata: § XX. E perchè la canzone parlava d'Amore, vien pregato a spiegare che sia ciò ch'egli fa in un sonetto. Appresso che questa canzone fu alquanto divolgata fra le genti, conciofossecosachè alcuno amico l'udisse, La Vita nuova. 3 volontà lo mosse a pregare me che io gli dovessi dire che è Amore; avendo forse per le udite parole speranza di me oltrechè degna. Ond'io pensando che, appresso di cotal trattato, bello era trattare alcuna cosa d'Amore, e pensando che l'amico era da servire, proposi di dire parole nelle quali trattassi d'Amore, e dissi allora questo sonetto: Amore e cor gentil sono una cosa, Si com 'I Saggio in suo dittato pone; Amor per sire e 'l cor per sua magione, Che piace agli occhi, sì che dentro al core E tanto dura talora in costui, Che fa svegliar lo spirito d'Amore; E simil face in donna uomo valente. § XXI. Aggiunge che Beatrice desta Amore anche dove non sarebbe in potenza di chi da lei è veduto; e lo dichiara in un altro sonetto. Poichè trattai d'Amore nella sopradetta rima, vennemi volontà di dire anche in lode di questa gentilissima parole per le quali io mostrassi come per lei si sveglia quest'amore; e come non solamente si sveglia là ove egli dorme, ma la ove non è in potenza; ella mirabilmente operando lo fa venire: e dissi allora questo sonetto : Negli occhi porta la mia donna Amore, Per che si fa gentil ciò ch'ella mira: Si che bassando il viso tutto smore, Quel ch'ella par quando un poco sorride, § XXII. Muore il padre di Beatrice, e in due sonetti esprime il dolore di lei, quello delle amiche sue, ed il proprio. Appresso questo non molti di passati, siccome piacque a quel glorioso Sire, il quale non negò la morte a sè, colui ch'era stato genitore di tanta maraviglia, quanto si vedeva ch'era quella nobilissima Beatrice, di questa vita uscendo se ne gio alla gloria eternale veracemente. Onde, conciossiachè cotal partire sia doloroso a coloro che rimangono, e sono stati amici di colui che se ne va; e nulla sia così intima amistà come quella di buon padre a buon figliuolo, e di buon figliuolo a buon padre: e questa donna fosse in altissimo grado di bontà, e lo suo padre (siccome da molti si crede, e vero è) fosse buono in alto grado; manifesto è che questa donna fu massimamente piena di dolore. E conciossiachè, secondo l'usanza della sopradetta cittade, donne con donne, ed uomini con uomini si adunino a cotale tristizia, molte donne s'adunaro colà ove questa Beatrice piangea pietosamente; ond'io veggendo ritornare alquante donne da lei, udii lor dire parole di questa gentilissima, com'ella si lamentava. Tra le quali parole udii come dicevano. Certo ella piange sì, che qual la mirasse dovrebbe morire di pietade. » Allora trapassarono queste donne, ed io rimasi in tanta tristizia, che alcuna lagrima bagnava talora la mia faccia, ond' io mi ricopria con pormi spesse volte le mani agli occhi. E se non fosse ch'io intendea anche udire di lei (perocchè io era in luogo onde ne gíano la maggior parte delle donne che da lei si partiano), io men sarei nascoso incontanente che le lagrime m'avevano assalito. E però dimorando ancora nel medesimo luogo, donne anche passaro presso di me, le quali andavano ragionando tra loro queste parole: « Chi dee mai esser lieta di noi, che avemo udito parlare questa donna così pietosamente?» Appresso costoro passarono altre che veniano dicendo: « Questi che quivi è, piange nè più nè meno come se l'avesse veduta come noi l'avemo. Altre poi diceano di me: « Vedi questo che non pare desso, cotale è divenuto! » E cosi passando queste donne, udii parole di lei e di me in questo modo che detto è. Ond'io poi pensando proposi di dire parole, acciocchè degnamente avea cagione di dire, nelle quali io conchiudessi tutto ciò che udito avea da quêste donne. E perciocchè volontieri le avrei domandate, se non mi fosse stata riprensione, presi materia di dire come se io le avessi domandate, ed elle m'avessero risposto, e feci due sonetti: che nel primo domando in quel modo che voglia mi giunse di domandare: nell'altro dico la loro risposta, pigliando ciò ch'io udii da loro, siccome lo m'avessero detto rispondendo. E cominciai il primo: Voi che portate; il secondo; Se' tu colui. Voi che portate la sembianza umile, E se venite da tanta pietate, Piacciavi di restar qui meco alquanto, E checchè sia di lei, nol mi celate. Ch'io veggio gli occhi vostri ch'hanno pianto, Che 'l cor mi trema di vederne tanto. Se' tu colui ch' hai trattato sovente perchè piagni tu si coralmente, § XXIII. Dante cade ammalato per nove giorni, e nell'ultimo è preso da forte immaginazione, che gli rappresenta morta Beatrice Scosso da quel delirio e risanato, ne fa soggetto d'una canzone. Appresso ciò pochi dì, avvenne che in alcuna parte della mia persona mi giunse una dolorosa infermità; ond'io continovamente soffersi per nove di amarissima pena, la quale mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come coloro li quali non si possono movere. Io dico che nel nono giorno sentendomi dolere quasi intollerabile, giunsemi un pensiero, il quale era della mia donna. E quando ebbi pensato alquanto di lei, ed io ritornai pensando alla mia debilitata vita; e veggendo come leggero era il suo durare, ancora che sana fosse, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria; onde, sospirando forte, fra me mede |