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E qual soffrisse di starla a vedere,
Diverria nobil cosa, o si morría.
E quando trova alcun che degno sia
Di veder lei, quei prova sua virtute;
Chè gli addivien ciò che gli dà salute,
E si l'umilia, che ogni offesa oblia.
Ancor le ha Dio per maggior grazia dato.
Che non può mal finir chi le ha parlato.
Dice di lei Amor: cosa mortale

Come esser può si adorna e così pura?
Poi la riguarda, e fra sè stesso giura,
Che Dio ne intende di far cosa nova.
Color di perla quasi informa, quale
Conviene a donna aver, non fuor misura:
Ella è quanto di ben può far natura;
Per esempio di lei beltà si prova :
Degli occhi suoi, come ch'ella gli muova,
Escono spirti d'amore infiammati,

Che fieron gli occhi a qual che allor la guati,
E passan si, che 'l cor ciascun ritrova:
Voi le vedete Amor pinto nel viso,
Ove non puote alcun mirarla fiso.
Canzone, io so che tu girài parlando

A donne assai, quando t' avrò avanzata:
Or t'ammonisco, perch' io t'ho allevata
Per figliuola d' Amor giovine e piana,
Che dove giungi, tu dichi pregando;
Insegnatemi gir, ch' io son mandata
A quella, di cui loda io sono ornata :
E se non vogli andar, siccome vana,
Non ristare ove sia gente villana :
Ingégnati, se puoi, d'esser palese
Solo con donna, o con uomo cortese,
Che ti merranno per la via tostana.
Tu troverai Amor con esso lei;
Raccomandami a lor come tu dei.

§ XX.

E perchè la canzone parlava d'Amore, vien pregato a spiegare che sia ciò ch'egli fa in un sonetto.

Appresso che questa canzone fu alquanto divolgata fra le genti, conciofossecosachè alcuno amico l'udisse,

La Vita nuova.

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volontà lo mosse a pregare me che io gli dovessi dire che è Amore; avendo forse per le udite parole speranza di me oltrechè degna. Ond'io pensando che, appresso di cotal trattato, bello era trattare alcuna cosa d'Amore, e pensando che l'amico era da servire, proposi di dire parole nelle quali trattassi d'Amore, e dissi allora questo sonetto:

Amore e cor gentil sono una cosa,

Si com 'I Saggio in suo dittato pone;
E così senza l'un l'altro esser osa,
Com'alma razional senza ragione.
Fagli natura, quando è amorosa,

Amor per sire e 'l cor per sua magione,
Dentro alla qual dormendo si riposa
Talvolta brieve e tal lunga stagione.
Beltate appare in saggia donna pui,

Che piace agli occhi, sì che dentro al core
Nasce un desio della cosa piacente,

E tanto dura talora in costui,

Che fa svegliar lo spirito d'Amore;

E simil face in donna uomo valente.

§ XXI.

Aggiunge che Beatrice desta Amore anche dove non sarebbe in potenza di chi da lei è veduto; e lo dichiara in un altro

sonetto.

Poichè trattai d'Amore nella sopradetta rima, vennemi volontà di dire anche in lode di questa gentilissima parole per le quali io mostrassi come per lei si sveglia quest'amore; e come non solamente si sveglia là ove egli dorme, ma la ove non è in potenza; ella mirabilmente operando lo fa venire: e dissi allora questo sonetto :

Negli occhi porta la mia donna Amore,

Per che si fa gentil ciò ch'ella mira:
Ov' ella passa, ogni uom ver lei si gira,
E cui saluta fa tremar lo core.

Si che bassando il viso tutto smore,
E d'ogni suo difetto allor sospira;
Fugge davanti a lei superbia ed ira:
Aiutatemi, donne, a farle onore.
Ogni dolcezza, ogni pensiero umile
Nasce nel core a chi parlar la sente,
Ond'è beato chi prima la vide.

Quel ch'ella par quando un poco sorride,
Non si può dicer nè tenere a mente:
Si è nuovo miracolo e gentile.

§ XXII.

Muore il padre di Beatrice, e in due sonetti esprime il dolore di lei, quello delle amiche sue, ed il proprio.

Appresso questo non molti di passati, siccome piacque a quel glorioso Sire, il quale non negò la morte a sè, colui ch'era stato genitore di tanta maraviglia, quanto si vedeva ch'era quella nobilissima Beatrice, di questa vita uscendo se ne gio alla gloria eternale veracemente. Onde, conciossiachè cotal partire sia doloroso a coloro che rimangono, e sono stati amici di colui che se ne va; e nulla sia così intima amistà come quella di buon padre a buon figliuolo, e di buon figliuolo a buon padre: e questa donna fosse in altissimo grado di bontà, e lo suo padre (siccome da molti si crede, e vero è) fosse buono in alto grado; manifesto è che questa donna fu massimamente piena di dolore. E conciossiachè, secondo l'usanza della sopradetta cittade, donne con donne, ed uomini con uomini si adunino a cotale tristizia, molte donne s'adunaro colà ove questa Beatrice piangea pietosamente; ond'io veggendo ritornare alquante donne da lei, udii lor dire parole di questa gentilissima, com'ella si lamentava. Tra le quali parole udii come dicevano. Certo ella piange sì, che qual la mirasse dovrebbe morire di pietade. » Allora trapassarono queste donne,

ed io rimasi in tanta tristizia, che alcuna lagrima bagnava talora la mia faccia, ond' io mi ricopria con pormi spesse volte le mani agli occhi. E se non fosse ch'io intendea anche udire di lei (perocchè io era in luogo onde ne gíano la maggior parte delle donne che da lei si partiano), io men sarei nascoso incontanente che le lagrime m'avevano assalito. E però dimorando ancora nel medesimo luogo, donne anche passaro presso di me, le quali andavano ragionando tra loro queste parole: « Chi dee mai esser lieta di noi, che avemo udito parlare questa donna così pietosamente?» Appresso costoro passarono altre che veniano dicendo: « Questi che quivi è, piange nè più nè meno come se l'avesse veduta come noi l'avemo. Altre poi diceano di me: « Vedi questo che non pare desso, cotale è divenuto! » E cosi passando queste donne, udii parole di lei e di me in questo modo che detto è. Ond'io poi pensando proposi di dire parole, acciocchè degnamente avea cagione di dire, nelle quali io conchiudessi tutto ciò che udito avea da quêste donne. E perciocchè volontieri le avrei domandate, se non mi fosse stata riprensione, presi materia di dire come se io le avessi domandate, ed elle m'avessero risposto, e feci due sonetti: che nel primo domando in quel modo che voglia mi giunse di domandare: nell'altro dico la loro risposta, pigliando ciò ch'io udii da loro, siccome lo m'avessero detto rispondendo. E cominciai il primo: Voi che portate; il secondo; Se' tu colui.

Voi che portate la sembianza umile,
Con gli occhi bassi mostrando dolore,
Onde venite, chè 'l vostro colore
Par divenuto di pietà simile?
Vedeste voi nostra donna gentile
Bagnata il viso di pietà d'Amore ?
Ditelmi, donne, chè 'l mi dice il core,
Perch'io vi veggio andar senz'alto vile.

E se venite da tanta pietate,

Piacciavi di restar qui meco alquanto,

E checchè sia di lei, nol mi celate.

Ch'io veggio gli occhi vostri ch'hanno pianto,
E veggiovi tornar si sfigurate,

Che 'l cor mi trema di vederne tanto.

Se' tu colui ch' hai trattato sovente
Di nostra donna, sol parlando a nui?
Tu rassomigli alla voce ben lui;
Ma la figura ne par d'altra gente.
Deh

perchè piagni tu si coralmente,
Che fai di te pietà venire altrui ?
Vedestù pianger lei, chè tu non pui
Punto celar la dolorosa mente?'
Lascia piangere a noi, e triste andare;
(E' fa peccato chi mai ne conforta)
Che nel suo pianto l'udimmo parlare.
Ella ha nel viso la pietà si scorta,
Che qual l'avesse voluta mirare,
Saria dinanzi a lei piangendo morta.

§ XXIII.

Dante cade ammalato per nove giorni, e nell'ultimo è preso da forte immaginazione, che gli rappresenta morta Beatrice Scosso da quel delirio e risanato, ne fa soggetto d'una

canzone.

Appresso ciò pochi dì, avvenne che in alcuna parte della mia persona mi giunse una dolorosa infermità; ond'io continovamente soffersi per nove di amarissima pena, la quale mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come coloro li quali non si possono movere. Io dico che nel nono giorno sentendomi dolere quasi intollerabile, giunsemi un pensiero, il quale era della mia donna. E quando ebbi pensato alquanto di lei, ed io ritornai pensando alla mia debilitata vita; e veggendo come leggero era il suo durare, ancora che sana fosse, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria; onde, sospirando forte, fra me mede

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