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ridurli, salvo casi speciali avvertiti in nota, alla forma più comune e meglio intesa.

Ci pare così di aver reso ampia ragione del lavoro. Vogliamo tuttavia esporre un nostro concetto circa l'utilità maggiore che, ci sembra, potrebbe nelle scuole ricavarsi dal Manuale, come da ogni altro libro consimile. Secondo i presenti programmi, nell' insegnamento dell'italiano, la lettura di Dante si distribuisce ne' tre anni di corso liceale; e ciò non possiamo non lodare, perchè i giovani italiani debbono uscir dalle scuole avendo piena conoscenza del nostro maggior monumento di poesia: salvo che approveremmo che i maestri raccogliessero in sunto ed esponessero in racconto alcune parti della Divina Commedia o molto astruse e superiori alla comune. intelligenza de' giovani, o troppo disformi dalla scienza moderna. Fu anche prescritto che lo studio de' nostri scrittori procedesse per ordine cronologico: nel primo anno, dal secolo XIII al XIV; nel secondo, dal secolo XV al XVII; nel terzo, dal XVIII al XIX.

Noi sottoponiamo all' onorevole Ministro, così competente in materia di Lettere, e agli insegnanti d'italiano di tutte le scuole secondarie, un dubbio che fortemente ci agita: se cioè, non sarebbe meglio capovolgere quest'ordinamento, e cominciare dai moderni per risalire ai più antichi.

Un tal metodo fu più volte proposto, ben lo sappiamo, per l'insegnamento della storia civile; ma è evidente che si sarebbe cangiato in una specie di tela di Penelope, per necessità continua di risalire dagli effetti alle cause, talvolta assai remote. Non ci sembra che simili difficoltà si avrebbero per l'insegnamento letterario, fondato essenzialmente sulla conoscenza e la lettura degli scrittori. Una breve introduzione al principio del corso,

fatta abilmente dal maestro, inostrerebbe le attinenze letterarie di un secolo con quello che lo precede, e basterebbe all'uopo.

La proposta nostra avrebbe intanto il vantaggio di meglio coordinare e collegare gli studj liceali coi ginnasiali, facendoli cominciare dagli scrittori, che più si confanno col pensiero e coll' uso moderno. Ognun sa quanta sazietà ed insofferenza mostrino gli alunni del primo corso liceale mettendosi allo studio de' trecentisti, e trovando in essi, nel senso de' vocaboli, nella struttura del periodo, e fin anche nel modo di concepire le idee e giudicare i fatti, tanta diversità dalla maniera del tempo nostro. Ne avviene confusione di criterj, e dispregio di que' buoni vecchi scrittori, che pure, studiati a modo e verso, potrebbero essere tanto utili. Colla nostra proposta, i giovani arriverebbero allo studio degli scrittori antichi con maggior apertura di mente e saldezza di giudizio, e nel momento in che meglio potrebbero conoscere ed apprezzare il vario atteggiarsi dello stile e della lingua nel corso de' secoli, secondo necessità storiche. Non sarebbero fastiditi da certe forme larghe e pompose de' cinquecentisti: nè si burlerebbero della ingenuità de' trecentisti, di certi strani atteggiamenti del costrutto e della diversa configurazione de' vocaboli, che occorrono nelle loro scritture. Ben inteso tuttavia che l'aggruppamento de' secoli resterebbe qual è: il dugento e il trecento nel terzo corso; il quattrocento e i due successivi nel secondo; il settecento e il secol nostro, ormai al tramonto, nel primo.

Abbiamo accennato a una idea, che crediamo degna. di ponderazione; e saremmo ben lieti se la vedessimo pacatamente ma a fondo discussa dagli insegnanti italiani, non dei soli Licei ma di tutte quelle Scuole alle quali

l'innovazione che proponiamo, potrebbe, ne' limiti e modi degli speciali programmi, opportunamente adattarsi. Rimarrebbe ora che rendessimo, com'è dover nostro, pubbliche grazie a tutti coloro, e non son pochi, ai quali ricorremmo per aiuti e consigli: sia perchè ci fornissero notizie di autori, sia perchè ci soccorressero nello scegliere di quelli il brano più opportuno, sia per dilucidare qualche forma oscura o controversa. Ma poichè questa lista, già lunga, dovrà necessariamente ampliarsi, allorchè pubblicheremo l'ultima parte del presente Manuale, la rimettiamo ad altro tempo. Intanto pei volumi che ora vengono in luce, vogliamo pur scrivere una special parola di riconoscenza pel prof. Pio Rajna, che a nostra istanza compose il cenno sulle Origini della lingua, e pel prof. Angelo Solerti, il quale, compendiando ciò che dirà più ampiamente in un lavoro al quale attende, compilò per noi la biografia di Torquato Tasso.

ALESSANDRO D'ANCONA.
ORAZIO BACCI.

MANUALE

DELLA

LETTERATURA ITALIANA.

SECOLO DECIMOTERZO.

NOTIZIE STORICHE.

Sul finire del secolo XII i comuni lombardi, fattisi liberi e pressochè indipendenti dall'impero colla Pace di Costanza del 25 giugno 1183, avevano già cominciato a combattersi gli uni contro gli altri.

Nella Toscana l'imperatore Enrico VI, figlio e successore dello svevo Federigo I Barbarossa, contendeva ai papi il possesso delle terre ch'essi dicevano lasciate dalla contessa Matilde alla Chiesa nel 1115.

In Roma fino dal 1143, sotto il nome di restaurazione del Senato, erasi stabilita una specie di governo repubblicano indipendente dalla Chiesa, nè i papi avevan potuto ripigliare e mantenere quella piena autorità alla quale da lungo tempo agognavano.

Nel regno di Napoli e di Sicilia l'eredità dei Normanni era passata alla Casa di Svevia pel matrimonio (1186) di Enrico VI colla principessa Costanza, figlia postuma di Ruggero II re di Sicilia e di Puglia ed ultima discendente della Casa Altavilla; la qual Costanza, morendo un anno dopo il marito (nel 1198), commise la tutela di suo figlio Federigo al pontefice Innocenzo III.

Dopo la morte di Enrico VI (1197) si contesero l'impero suo fratello Filippo duca di Svevia e Ottone duca di Brunswich. Ma Filippo mori (nel 1208) assassinato per privata inimicizia da un conte di Wittelsbach; e il pontefice nell'autunno dell'anno seguente coronò imperatore Ottone, quarto di cotal nome.

Il sacerdozio e l'imperio non erano stati mai senza guerra dopo i tempi di Enrico IV e di Gregorio VII; però anche Ottone e Innocenzo non tardarono a inimicarsi; negando l'imperatore di

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