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FIORE DI FILOSOFI.

Sotto questa denominazione l'età media e poi le nuove letterature ebbero certi compendj di vite e di sentenze d'uomini illustri e scrittori dell'antichità greca e latina, ed il titolo veniva a quelli appunto dall' essere una scelta di fatti e detti maggiormente memorabili. Si può dire che non vi sia manoscritto del Fiore che in tutto rassomigli all'altro, dacchè chi trascriveva ampliava o restringeva a sua posta. Il volgarizzamento italiano fu attribuito a Brunetto Latini, ma non sembra potersi dire opera sua: certo appartiene allo scorcio del sec. XIII.

Della giustizia di Trajano.- Trajano fu imperadore molto giusto, ed essendo uno di salito a cavallo per andare alla battaglia colla cavalleria sua, una femmina venne e preseli un piede, e piangendo molto teneramente domandavalo e richiedevalo che li facesse diritto di coloro, che l'aveano morto uno suo figliuolo, il quale era giustissimo, sanza cagione. E quegli rispuose e disse: Io ti sodisfarò quando io reddirò. E quella disse: E se tu non riedi? E que' rispose: E s'io non reggio, e'ti sodisfarà il successore mio. E quella disse: E io come il so? e pognamo ch' elli lo faccia, a te che fia se quell' altro farà bene? tu mi se debitore, e secondo l'opere tu sarai giudicato: frode è non volere reddere quello che l'uomo dee; l'altrui giustizia non libera te, e ben sarà al successore tuo s'elli liberrà2 sè medesimo. Per queste parole mosso, l'imperadore scese da cavallo e fece la giustizia e consolò la vedova, e poscia sali a cavallo, e andò alla battaglia e sconfisse li nimici.3 Della giustizia di questo imperadore poscia a gran tempo sentendola san Grigorio, vide la statua sua, e fecelo disseppellire, e trovò che tutto era tornato in terra, se non che erano le ossa e la lingua era siccome d'uomo vivo. E in ciò cognobbe san Grigorio la giustizia sua, che sempre l'avea parlata; si che allora pianse di pietà troppo pietosamente, pregando Domeneddio che traesse quest'anima di ninferno, sappiendo ch' era stato pagano. Allora Dio per li suoi prieghi trasse la costui anima di pene, e misela a gloria. E di ciò parlò l'angelo a san Grigorio, e disse che mai non pregasse di si fatto prego, e Dio l'impuose penitenza: o volesse istare due di in purgatorio, o sempre mai malato di febbre e di male di fianco. Santo Grigorio per minore pena disse che volea stare sempre con male di febbre e di fianco.

1 Riedo.
2 Libererà, cioè soddisfarà il debito.
3 Vedi e confronta con DANTE, Purg., X.

Inferno,

(

LEGGENDE SACRE.

Grande fu senza dubbio il numero di sacre leggende che si composero o si volgarizzarono nel sec. XIII, e di esse diamo un saggio con questa, che è tolta da una raccolta di Conti Devoti, tradotti per la più parte dal francese (v. KÖHLER, Zeitschr. f. röm. Philol. I, 365), e scritti o trascritti, a quanto pare nel dugento, da un sanese. Essi furono pubblicati da F. ZAMBRINI, col titolo Dodici conti morali d'anonimo senese, testo ined. del sec. XIII, Bologna, Romagnoli, 1862.

Il peso di una lagrima. Egli ebbe in Egitto uno buono uomo, e aveva grande avere raunato, e grandi rendite teneva e grande possessione: e dispendeva largamente, e menava bella vita per lo grande agio dove egli era; e mise in dimenticanza Dio e il suo nome; e non si confessava, e diceva, che molto erano pazzi chi dicea i peccati suoi ai preti; ed egli già non si confesserebbe, che da loro non sirie gabbato. Lungamente stette in questo folle coraggio, nè per paura di nulla infermitade non si confessò; tanto che uno cavaliere, che la vita di costui sapea, venne a lui un di, la vilia della Santa Croce, e disse: Molto maraviglio di voi, che ogni di vedete lo vostro danno, ed è contra Dio e contra il mondo e non vi confessate! ed ecco la Pasqua che viene, che chi non si confessa ora, Dio non ha parte in lui... La Scrittura dice, che nessuno uomo è, poi ch'egli sia pentuto e confesso, ch'egli non sia salvo: e perciò dovete credere al consiglio per la vostra anima, chè bene è folle chi non ritiene lo consiglio, quando l'uomo lo deve. Voi prego che andiamo a favellare a uno romito, che sta su quella rocca, che è molto buono uomo; si vi consiglierà. Allora si mosse lo buono uomo, e disse che farebbe ciò che li dicesse; ma voglio che veniate con esso meco. Certo volontieri, rispose quelli. Incontenente andâro a lo romito; e videli volontieri. E questo cavaliere prese lo romito, e cominciossi a confessare da lui e diciere i suoi peccati. Lungamente favello con lui, e quando li ebbe detți tutti e' suoi peccati, si li disse: Padre mio, questo sappiate, ch'i'ò volontà di bene fare, ma se voi mi deste troppo grave penitenza, potrebbe essere che lasserei stare ogni cosa e ricadrei in peccato; che io sono uomo che sono vissuto in grande agio, e' sono ricco uomo, e piacemi più il lodo del mondo, che non fà l'altro, per ciò ch'io mi sono dato al mondo: e` dunque conviene che mi diate tale penitenza ch' io la possa portare. Certo, disse lo romito, io la ti darò si piccola, che tu non la dêi già contraddire: ond'è ch'io ti dico: tu andarai colà

1 Sarebbe.

2 Cuore proposito.

3 Vigilia.

a quella acqua, ed empirai questo barletto; e quando io l'averò pieno tralle mie mani, tu sarai quito de tuoi peccati; e poi si ti guarda di peccare. Costui andò a l'acqua, ma tanto non ne potè prendere, ch'egli ve ne potesse mettere punto. Assai se ne provò, ma nol potè empire; onde egli se ne maravigliò duramente; ma tuttavia si pensò che non anderebbe addietro per veruna condizione, se non ne portasse pieno. Inmantenente si pensò e si penti di ciò ch'egli aveva detto, e disse ciò: Lasserò io mogliema 3 e' miei figliuoli e l'altezza ov' io sono? Ora ben veggo che mi mossi come folle quando mi partii da casa per venire a confessare! se male me n'avviene, e' m'è bene impiegato; ma io me n'anderò, e già a pezza non tornerò, nè per confessione, nè per barletto: ben musardo* chi qui mi manda per sue parole. Ma del suo barletto come farò io? che se glielo porto, come dirò? che me li conviene portare! Deh come sono io folle! Voglio io disdire quello che m'à comandato! già non me n'anderò, anzi farò ciò ch' io abbo impromesso, chè già non è pro' l'uomo, che non attiene quello che promette; e per questa ragione glie l'atterrò meglio che potrò. Intanto si parti quindi, e andossi, dottando del suo affare; e disse che Dio non l'amava, perchè non faceva quello onde dovesse essere amato. E misesi in cammino solo ed iscalzo e con povero abito; e andò così due anni e mezzo: e poi ritornò molto magro e iscaduto, piangendo perchè non aveva potuto compire lo voto d'empire lo barletto. Uno di si cominciò molto a lamentare per freddo che avea, e diceva: Lasso! ove sono io messo, che abbo lassato cotanto agio, quanto io aveva, per lasciarmi morire a vituperio! ed ancora s'io potesse compire quello per ch'io venni, non mi parrebbe avere male niuno! Tristo me! cattivo, affamato, ignudo, per lo mio grave coraggio, e fuori d'ogni bene, e messomi ad ogni viltà! Lasso a cui fortuna fa oltraggio! chè m'à messo sotto la rota, chè soleva andare al disopra! poi che così è, si me ne conviene sapere bellamente partire; che tale và al male, che poscia ne riviene. Almeno fo io bene, che ch'io dica, quando per Dio meno questa vita? almeno n'averò io buono guiderdone da Domeneddio, che li peccatori rauna, e che buono fine loro manda, quando li piace, da un di a un altro, come colui che à tutto in sua maño? Certo a buono dritto mi debbo io dolere, perciò ch'io abbo bene disservito quello ch' io abbo: neuno l'usò meglio di me! Onde, andando e contentendosi in tale maniera, si li venne di Dio uno coraggio, che per lo fermo tornerebbe addietro a lo santo romito, e renderebbeli lo suo barletto, e li conterebbe la

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Stupidamente ostinato; dal franc, musard. 6 Ispirazione.

sua vita. Bisogno fa vecchio trottare. Colui che diè1 ritornare, s'affrettò per lo masagio che sofferiva, che d'ogni parte lo gravava: si si mise in cammino, tanto che giunse a casa di questo romito. Lo romito il vide volontieri, tutto nol conoscesse egli, per l'abito ov' elli era, e perch'egli era così magro e cosi disfatto. El cavaliere li disse, egli era cotale persona, a cui egli aveva data cotale penitenza a cotale tempo; e mostrolli lo barletto ch'egli gli aveva dato, e com'egli non l'aveva potuto empire. Quando lo romito udi questo fatto, e cognobbe il barletto, a giunte mani rendè grazie a lesu Cristo, di ciò ch' egli era divenuto sano e salvo. Inmantenente lo fece sedere latesso lui, e feceli bella cera, e dimandollo che vita egli avesse poi menata. E colui gliel contò brevemente, e come non aveva potuto empire lo barletto per niuna condizione del mondo; onde io sono molto ismarrito. Signore mio, voi avete il lodo el pregio guadagnato, disse lo romito, e sète quito di tutti e' vostri peccati, che avete sofferto cotale penitenza; onde voi avete guadagnato vita eterna e la gioia del paradiso; ed avete lasciato l'altezza e onori e le ricchezze del mondo per salvare la vostra anima: e sappiate per certo, che, se voi vi manterrete in questo stato, che voi sarete coronato in cielo ; perciò si prenderete altra penitenza. E quelli disse: Non farò, tanto ch' io averò perfetta questa, e Domeneddio vi metta la sua grazia così veracemente, com' io mi pento del male ch'io abbo fatto. Cosi come egli se ne voleva partire, e lo romito, piangendo con lui insieme, avvenne che nel barletto, ch' era dinnanzi da lui, cadè una de le sue lagrime, come Dio volse, si che el barletto n'empiè; e così accompi colui la sua penitenza, e Dio li fece quella dimostranza per lo suo ripentimento. Quando eglino videro questo miracolo, inmantenente rendero grazie a missere Domeneddio, e cominciaro a fare grande gioia, come coloro che bene lo potevano fare. Quando ciascuno ebbe fatta la sua preghiera, si prese colui commiato dal santo romito, e rendegli pieno lo suo barletto . . . .

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CRONACHE IMPERIALI.

Dedotti e compilati da diverse fonti, abbiamo già nel sec. XIII parecchi libri di storia, antica e contemporanea, scritti con sensi or guelfi or ghibellini. Ricordiamo fra gli altri la Cronica degli Imperadori romani, in dialetto veneto, che fu compiuta nel 1301 (pubbl. da A. CERUTI, Bologna, Romagnoli, 1878, e nell'Arch. Glottologico, III); il Fioretto di Croniche degli Imperadori (pubbl. da

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L. DEL PRETE, Lucca, Rocchi, 1858), che si estende sino alla morte di Arrigo VII, ma nella parte più antica è conforme ad altri testi che non varcano il secolo XIII; il Brano di storia italiana, tratto da un codice del Tesoro volgarizzato (pubbl. da R. DE VISIANI, Padova, Seminario 1859); le Narrazioni del Vespro Siciliano scritte nel buon secolo della lingua (pubbl. da M. AMARI, Milano, Hoepli 1887) ec. Dal Fioretto togliamo ciò che vi si scrive dell' imperatore Federigo II.

Federigo II. Questo imperadore Federigo, figliuolo dello imperadore Arrigo, fu uomo di grande dignitade e di grande onore; e fu grande maniscalco di cavagli 1 e grande e savio uomo di scienza, e sapea quasi tutti i linguaggi, e fu perfetto cavalcadore, e tenne grande amistà per lo suo parlare grande. E di sue pistole lo Soldano di Babilonia lo soldò di di cento palj d'oro e di seta, e di cento archi soriani e cento balestre soriane e molte gemme preziose e uno maraviglioso destriero, lo quale era chiamato Dragone. E Federigo presentò lui incontanente cento stendardi d'oro e cento destrieri di Spagna e cento palafreni da sollazzo. E mandògli un albero tutto pieno d'uccelli, e tutti erano d'argento; e quando traea alcuno vento, tutti cantavano e dirizzavansi e chinavansi, ed erano a vedere una grande maraviglia: e questo albero si commettea tutto insieme. E fu tanta l'amistà fra loro, che quando lo imperadore andava in suoi paesi, tutta la Soria l'ubbidía su le terre del Soldano, chè grande onore li facevano quelle terre che i cristiani vi soleano avere. E lasciò e trasse di prigione lo re Carlo conte di Provenza e lo re di Francia suo fratello, lo quale il Soldano tenea in prigione. Allora giurarono lo re di Francia e Carlo conte di Provenza, lo quale fu poi re, di non essere mai poi incontra a lui nè allo imperio nè a suc rede3 di detto imperio. Questo imperadore Federigo non istette e non attese ad altre cure se non com'egli potesse essere signore del mondo . . . . E bene si credette che per lui e per li suoi figliuoli e per le sue erede fusse ritenuto lo imperio: ma non durò molto, siccome di fortuna incontra, chè di suo lignaggio non si trovó altri. --(Dal Fioretto di Croniche degli Imperadori, ediz. DEL PRETE, p. 30.)

1 Non va inteso nel senso moderno, ma nel significato primitivo, e qui vale come conoscitore: e infatti Federigo di cavalli, non che di falconi, fu espertissimo, e Lorenzo Ruffo per sua ispirazione scrisse lodati libri di mascalcia.

2 Forse in contraccambio di sue amicheroli lettere, gli mandò ec. Ma forse volendo scriver donò, il copista scrisse soldò per la vicinanza di soldano.

3 Eredi, successori.

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