Sayfadaki görseller
PDF
ePub

CRONACHE FIORENTINE.

La cronaca della quale offriamo la narrazione, in parecchi particolari diversa dal comune racconto, della origine delle parti guelfa e ghibellina in Firenze, fu stampata di su un zibaldone di moderna lettera, ove ha il nome di Brunetto Latini, dal professor L. M. REZZI insieme a Tre orazioni di Cicerone, da Brunetto volgarizzate (Milano, Fanfani, 1832). Che queste ricordanze sieno veramente del Latini può dubitarsi: ma più certo è che sieno scrittura assai antica, tale da offrire esempio della primitiva storiografia fiorentina. Vedasi in proposito O. HARTWIG, in Beilage z. Allgm. Zeit., 10 e 11 dec. 1872, e C. PAOLI, in Arch. stor. ital., 3a serie, vol. XVIII, anno 1873.

Origine dei Guelfi e Ghibellini in Firenze. Essendo potestà di Firenze m. Currado Orlandi, nella terra di Campi presso a Firenze a sei miglia si fece cavaliere m. Mazzingo Tegrini de' Mazzinghi, ed invitovvi tutta la buona gente di Firenze. Ed essendo tutti li cavalieri a tavola, un giocolare di corte levò un tagliere fornito dinanzi a m. Uberto Infangati, il quale era in compagnia di m. Buondelmonte Buondelmonti; donde fortemente si crucciò. E m. Oddo Arrighi de' Fifanti, uomo valoroso, villanamente riprese m. Uberto predetto: onde m. Uberto lo smenti per la gola, e m. Oddo Arrighi li gettò nel viso un tagliere di carne fornito; onde tutta la corte ne fu travagliata. Quando furono levate le tavole, e m. Buondelmonte diede d'un coltello a m. Oddo Arrighi, e villanamente il fedi. Tornati ognuno a sua magione, m. Oddo Arrighi fece consiglio di suoi amici e parenti, infra' quali furono Conti di Gangalandi, Uberti, Lamberti e Amidei; e per loro fu consigliato, che di queste cose fosse pace, e m. Buondelmonte togliesse la figlia di m. Lambertuccio di capo di ponte degli Amidei, la quale era figlia della sirocchia di m. Oddo Arrighi. Fatto il trattato e la concordia, l'altro giorno appresso si doveva fare il matrimonio; e madonna Gualdrada, moglie di m. Forese Donati, segretamente mandò per m. Buondelmonte, e disse: Cavaliere vituperato, chi hai preso per moglie per paura degli Uberti e de' Fifanti? Lascia quella che hai preso e prendi questa, e sarai sempre onorato cavaliere. E tantosto egli ebbe assentito a questa opera fare senza alcun consiglio. E quando venne l'altro giorno, la mattina per tempo, a 10 febbraio in giovedi, e la gente dell'una e dell' altra parte fu ragunata, venne m. Buondelmonte, e passò per Por S. Maria, e andò a giu

1 Un piatto colle vivande."

2 La ragunanza festiva.

3 Del ramo degli Amidei che dimorava al capo del Ponte Vecchio.

rare la donna de' Donati, e quella degli Amidei lasciò stare. Sorto questo vituperio, come inteso avete, vedendo m. Oddo Arrighi questa cosa, fu molto crucciato, e fece un consiglio nella chiesa di S. Maria sopra porta di tutti i suoi amici e parenti, e quivi fortemente si lamentò della vergogna che gli era fatta per m. Buondelmonte. Il perchè fu consigliato per certi uomini, che a lui fosse dato d'un bastone; e altri dissero, fosse fedito nella faccia, infra' quali rispose m. Mosca Lamberti, e disse: Se tu il batti o il fedisci, pensa di fare la fossa, ove te ricoveri; e dalli tale, che ti paja: chè cosa fatta capo ha. Avvenne, che tra loro fu deliberato, che la vendetta fosse fatta in quel luogo, ove la gente era ragunata a fare il giuramento del matrimonio. Sicchè la mattina della Pasqua di Resurressi, in capo del ponte vecchio m. Buondelmonte cavalcando a palafreno in giubba di zendado e in mantello con una ghirlanda in testa, m. Stiatta degl' Uberti li corse addosso, e dielli d'una mazza in su la testa, e messelo in terra dal cavallo; e tantosto m. Oddo Arrighi con un coltello li segò le vene, e lasciollo morto. E questo appostamento fu fatto in casa li Amidei. Allora lo rumore fu grande. E' fu messo in una bara, e la moglie stava entro la bara, e teneva il capo in grembo, forte piangendo: e per tutto Firenze in questo modo il portarono. In questo giorno si cominciò la distruzione di Firenze; chè mantenente si levò nuovo vocabolo, cioè parte Guelfa e parte Ghibellina, onde per tutti i cristiani è sparsa questa malattia, e più centinaja d'uomini ne son morti, chè uno piglia una parte, e l'altro l'altra. E durando la guerra lunghissimi tempi, li Buondelmonti e li Uberti fecero pace; e Rinieri Zingano de' Buondelmonti diede per moglie la figlia a m. Neri Piccolino, fratello di m. Farinata (e questo fu l'anno 1239); la qual donna fu molto valente e molto savia e bella. Ora avvenne, che gli Uberti, Lamberti, Caponsacchi, Amidei, Contigangalandi, Bogolesi e Fifanti andarono a Campi in servigio de' Bertaldi, Buondelmonti e lor seguaci Guelfi, e a tradimento furono assaliti, sconfitti e morti, e m. Iacopo dello Schiatta Uberti. Poi dissono i Guelfi: Appellánci parte di Chiesa; ei ghibellini s' appellarono parte d'impero, avvenga Dio che i Ghibellini fossero publicati paterini: 7 per loro fu trovata l' inquisizione della resia per Simone Donati. Quivi fu morto m. Oddo Arrighi de' Fifanti con altri genti

1 A promettersi, a fidanzarsi colla giovane Donati.

2 Pare che voglia dire: le battiture o le ferite saranno a danno tuo: piuttosto colpiscilo, dagli addosso in che modo vorrai.

3 Questa proposizione, che fu, come dice Dante, il mal seme della gente tosca, vuol dire : facciasi una cosa che abbia capo, non una cosa a mezzo: qualche fatto concludente.

Resurrezione.

6 Chiamiamoci.

5 Immantinente.

7 Setta di eretici.

luomini, e a m. Guido de' Galli fu mozzo il naso con tutto il labbro, e fessa la bocca da ciascun lato sino agl'orecchi. Questo trattato fu de Buondelmonti, credendo aver preso m. Farinata e m. Neri Piccolino e m. lo Schiatta Uberti. Ritornati i Ghibellini in Firenze sconfitti, la guerra cittadinesca fu cominciata, e le fortezze di torri di palagi tutto di combattevano di manganelli e di trabocchi, dove molta gente periva. Allora m. Neri Piccolino rimandò al padre la moglie dicendo: Io non voglio generare figli di gente traditora. Tornata a casa la donna de Buondelmonti, m. Rinieri Zingano, suo padre, contro la sua volontade, al conte Pannocchino de' Pannocchieschi la rimaritò. E quando la donna fu a casa del suo marito, la donna, piangendo, li chiese mercede, e disse: Gentiluomo, tu sei ingannato; chè io non posso essere nè sono tua moglie; anzi sono moglie del più savio e miglior cavaliere della provincia d'Italia, cioè m. Neri Piccolino delli Uberti di Firenze. Quando il conte Pannocchino udi questa cosa, come savio e gentile uomo, amorosamente la prese a confortare, e, consigliandola, le fece grandi e nobili donamenti, e si le diede quella compagnia, che a lei si conveniva, e si fece suora rinchiusa nel monasterio di Monticelli. Poi rimase la guerra dei Buondelmonti con li Uberti e con Fifanti con molto travaglio: chè l' una parte è Guelfi traditori, e l'altra sono i Ghibellini paterini.

CRONACHE SANESI.

Il presente testo, e non bene per trasposizione di carte, fu pubblicato nel 1873 dal signor A. CERUTI, nel vol. VI, del Propugnatore, togliendolo da un codice ambrosiano con data del 1445. Altra versione era stata nel 1844 pubblicata da G. PORRI nella Miscellanea Senese, di sur un rifacimento fatto nel 1442 da un Niccolò Ventura. Il Porri, avvedendosi di aver innanzi una ammodernatura, si valse in più luoghi di un manoscritto chigiano, recato a brani dal Gigli, che è men lontano dal nostro e maggiormente da quello del Ventura. Noi consideriamo il presente testo come in massima parte antico e quasi sincrono, e finchè non sia pubblicato il testo chigiano, esso, a parer nostro, rappresenta l'antica narrazione senese della battaglia di Montaperti, con qualche ritocco posteriore. Il fondo è evidentemente antico, con alcuni cangiamenti, e soprattutto con ampliazioni e glosse: ma di sotto al restauro si riconosce senza difficoltà l'effigie primitiva.

La battaglia di Montaperti. - ... Sentendo lo padre spirituale di tutta la città, cioè messer lo vescovo di Siena, lo quale era in quello tempo, la grande fortuna che occor

reva, di subito fece sonare a chericato e fece raunare tutte le religioni e 'l chericato di Siena, cioè preti, monaci e frati e tutti e' religiosi nella chiesa del duomo di Siena; e essendo cosi tutti ragunati, messer lo vescovo fece uno bello e piccolo sermone a quelli cherici e religiosi, e amaestrògli e confortògli, che dovessero pregare Iddio e la sua santissima madre Vergine Maria e tutti e' santi di vita eterna per lo popolo e città di Siena, che Dio per li preghi d'essi santi gloriosi gli piaccia di guardare e difendere di tanta ruina e vergogna e danno e grande pericolo; e come liberò la città di Ninive per lo digiuno e penitenzia loro, così piacesse a Dio di liberare Siena da tanta furia e superbia di questi malvagi uomini fiorentini; e cosi comandò che ognuno si scalzasse e andasse divotamente a procissione per lo duomo, cantando ad alta voce salmi e inni e canti divoti e spirituali, invocando sempre la misericordia d'Iddio.

Essendo misser lo vescovo con tutte le religioni e cherici a procissione, cantando divotamente letanie e divote orazioni, Iddio glorioso e sempre benedetto per li preghi della sua santissima madre sempre Vergine Maria, e de gloriosi santi martiri avvocati di questa città, e per li preghi de buoni religiosi e cherici, che pregavano per questa città e per lo suo popolo, mosso a pietade di subito spirò nella mente a quello sindaco Buonaguida; e esso Buonaguida si levò suso e disse assai forte, sicchè fu udito per tutti quelli cittadini, che erano di fuore in su la piazza di Santo Cristofano: «Signori miei sanesi e cari miei concittadini, noi ci siamo raccomandati a la santa Corona re Manfredi; ora a me pare, che noi ci diamo in verità, in avere e in persona, la città e l contado, a la reina di vita eterna, cioè a la nostra madre Vergine Maria; e per fare questo dono piacciavi a tutti farmi compagnia. » E dette che ebbe queste parole, così subito questo Buonaguida si spogliò in camicia e scalzossi senza niente in capo, e presa la sua correggia, e' missela a la gola a ricorsoio; e intrò innanzi a tutti e' cittadini, e così comincia sua via verso il duomo; e dietro a lui venne tutto quello popolo che era ivi; e chiunque trovavano per via, andavano con loro, e tutti quanti scalzi e senza mantello, e niuno aveva niente in capo, e chi era per via, s'andavano scalzando, e sempre andavano dicendo: « Vergine Maria, aitateci al nostro grande bisogno, e liberateci da le mani di questi lioni e di questi superbissimi uomini, che ci vogliono divorare; » e tutti andavano dicendo: « Madonna Santissima del cielo reina, noi miseri peccatori v`addomandiamo misericordia. » E giugnendo al duomo, come udito avete, messer lo vescovo andava per lo duomo a procissione, ed era a l'altare maggiore dinanzi a la no

2

1 Per adunare i chierici.

In guisa da fare un nodo scorsojo.

stra donna graziosa Vergine Maria, e cominciâro a cantare il Te Deum laudamus ad alta voce; e in questo quello popolo, ch'è detto, come giunsero a la porta del duomo, così incominciaro a gridare ad alta voce: « Misericordia, misericordia, » con molte lagrime. A quelle grida così dolorose e così pietose, messer lo vescovo si volse a tutto il chericato, e venne incontro a Buonaguida; e come furono insieme, così ogni uomo s'inginocchiò, e Buonaguida quasi in terra disteso, messer lo vescovo lo rizzò e diegli la pace; e così tutti quelli cittadini s'andavano l'uno a l'altro baciando in bocca, e questo fu a piè del coro del duomo; e pigliandosi cosi per mano messer lo vescovo e Buonaguida, vennero dinanzi à l'altare della nostra madre Vergine Maria, e ivi s'inginocchiaro con grandi pianti e amare lagrime. E questo venerabile cittadino Buonaguida stava tutto disteso in terra, e cosi tutto il popolo con grandi pianti e molti singhiozzi, e stettero così per ispazio d'una quarta ora; e poi si levò suso Buonaguida in pié dinanzi a la nostra madre sempre Vergine Maria, e disse molte savie e discrete parole, infra le quali disse cosi: « Vergine gloriosa reina del cielo, madre de peccatori, io misero peccatore ti do e dono e concedo questa città e 1 contado di Siena, e voi prego, madre dolcissima, che vi piaccia d'accettarla, bene che la nostra grande fragilità e nostri peccati sieno molti, e non mirate a li nostri errori; supplico a la vostra riverenzia, che la guardiate e difendete e liberate da le mani di quelli perfidi cani Fiorentini, e da chi la volesse oppressare o metterla in supplicio o in ruina. » E dette queste parole, messer lo vescovo salse in sul pergolo,' e disse un bellissimo sermone, amaestrando il popolo di buoni esempj, e pregandolo e' comandò, che tutti si dovesseno ab racciare e perdonare le 'ngiurie l'uno a l'altro, e confess isi e comunicarsi, e che tutti sieno amici insieme, e che o ni uno raccomandi questa città a le buone persone, e d vessero andare con messer lo vescovo tutti religiosi e c' rici a procissione. A la quale procissione innanzi a ogni e sa andava quello crocifisso, che è scolpito in duomo, e poi seguiva tutti e' religiosi, e poi andava la croce del duomo, e da poi andavano molti cherici, e da poi and va uno stendardo tutto rosso, poi era messer lo vescovo, ed era scalzo, e a lato a lui era Buonaguida in camician la correggia a la gola, e poi seguiva tutti i calonaci d 1 duomo tutti scalzi senza niente in capo, e andavano entando salmi e inni molto divotamente; e poi seguivano tutte le donne scalze e parte scapigliate, sempre raccomandandosi a Dio e a la santissima madre Vergine Maria, e dicendo Pater nostri e Ave Marie e altre sante orazioni; e cosi andavano a procissione per la città insino a Santo Cristofano e in sul Campo; e ritor

1 Pergamo.

« ÖncekiDevam »