2 muto, credendoti a ogni tempo rimanere signore, ove prendesti l'arme? ove è il seguito tuo? ove sono li cavalli coverti? Lasciastiti sottomettere a coloro, che di niente erano temuti appresso a te!1O voi popolani, che disideravate gli ufficj e succiavate gli onori e occupavate i palagi de' rettori, ove fu la vostra difesa? nelle menzogne, simulando e dissimulando, biasimando gli amici e lodando i nimici, solamente per campare. Adunque piangete sopra voi e la vostra città. Morte di Corso Donati. Messer Corso, infermo per le gotti, fuggia verso la badia di San Salvi, dove già molti mali avea fatti e fatti fare. Gli sgarigli il presono e riconobberlo e volendolne menare, si difendeva con belle parole sì come savio cavaliere. Intanto sopravvenne uno giovane cognato del mariscalco. Stimolato da altri d'ucciderlo, nol volle fare; e ritornandosi indietro, vi fu rimandato: il quale la seconda volta li diè d'una lancia catelanesca nella gola, e uno altro colpo nel fianco, e cadde in terra. Alcuni monaci nel portorono alla badia, e quivi mori a' di 15 settembre 1307, e fu sepulto. La gente cominciò a riposarsi, e molto si parlò della sua mala morte in varj modi, secondo l'amicizia e inimicizia : ma, parlando il vero, la sua vita fu pericolosa, e la morte reprensibile. Fu cavaliere di grande animo e nome, gentile di sangue e di costumi, di corpo bellissimo fino alla sua vecchiezza, di bella forma con dilicate fattezze, di pelo bianco; piacevole, savio e ornato parlatore, e a gran cose sempre attendea; pratico e dimestico di gran signori e di nobili uomini, e di grande amistà, e famoso per tutta Italia. Nimico fu de' popoli e de' popolani, amato da' masnadieri, pieno di maliziosi pensieri, reo e astuto. Morto fu da uno straniero soldato così vilmente: e ben seppono i consorti chi l'uccise, chè di subito da' suoi fu mandato via. Coloro, che uccidere lo feciono, furono messer Rosso della Tosa e messer Pazzino de' Pazzi, che volgarmente per tutti si dicea: e tali li benediceano, e tali il contrario. Molti credettono 1 Che appetto a te non eran temibili. 2 Gustavate con ingordigia. 3 La gotta. 5 Aderenze. 6 Nome di soldati (o scherani) catalani. che i due detti cavalieri l'avesson morto: e io, volendo ricercare il vero, diligentemente cercai e trovai così es ser vero. Giustizia di Dio contro i Neri. — La giustizia di Dio quanto fa laudare la sua maestà, quando per nuovi miracoli dimostra a'minuti popoli,1 che Iddio le loro ingiurie non dimentica! molta pace dà a coloro dell'animo, che l'ingiurie da' potenti ricevono, quando veggiono che Iddio se ne ricorda. E come si conoscono aperte le vendette di Dio, quando egli ha molto indugiato e sofferto! Ma quando lo indugia, è per maggiore punizione: e molti credono che di mente uscito gli sia..... Messer Betto Brunelleschi e la sua casa erono di progenie ghibellina. Fu ricco di molte possessioni e d'avere: fu in grande infamia del popolo, però che ne' tempi delle carestie serrava il suo grano, dicendo: O àronne tal pregio, o non si venderà mai. Molto trattava male i Bianchi e' Ghibellini sanza niuna pietà, per due cagioni: la prima, per essere meglio creduto da quelli che reggevano; l'altra, perchè non aspettava mai di tal fallo misericordia. Molto era aoperato in ambascerie, perchè era buono oratore; familiare fu assai con papa Bonifazio; con messer Napoleone Orsino cardinale, quando fu legato in Toscana, fu molto dimestico, e tennelo a parole, togliendoli ogni speranza di mettere pace tra i Bianchi e' Neri di Firenze. Questo cavaliere fu in gran parte cagione della morte di messer Corso Donati; e a tanto male s'era dato, che non curava nè Dio nè il mondo, trattando accordo co' Donati, scusando sè e accusando altri. Un giorno giucando a scacchi, due giovani de' Donati con altri loro compagni vennono a lui da casa sua, e fedironlo di molte ferite per lo capo, per modo lo lasciarono per morto; ma uno suo figliuolo fedi un figliuolo di Biccicocco, per modo che pochi di ne visse. Messer Betto alquanti di stette per modo che si credea campasse: ma dopo alquanti di, arrabbiato, sanza penitenzia o soddisfazione a Dio e al mondo, e con gran disgrazia di molti cittadini, miseramente morì. Della cui morte molti se ne rallegrorono, perchè fu pessimo cittadino. 1 Alla povera gente. 20 lo venderò a questo prezzo. Messer Pazzino de' Pazzi, uno de' quattro principali governatori della città, cercò pace co' Donati per sè e per messer Pino, benchè poco fusse colpevole della morte di messer Corso, perchè era stato gran suo amico, e d'altro non si curava. Ma i Cavalcanti, che era potente famiglia e circa sessanta uomini erano da portare arme, aveano molto in odio questi sei cavalieri governatori, i quali aveano stretto Folcieri podestà a tagliare la testa a Masino Cavalcanti, e sanza dimostrazione alcuna il sopportavano. Un giorno sentendo il Paffiera Cavalcanti, giovane di grand' animo, che messer Pazzino era ito sul greto d'Arno da Santa Croce con uno falcone e con un solo famiglio, montò a cavallo con alcuni compagni, e andoronlo a trovare. Il quale, come gli vide, cominciò a fuggire verso Arno; e seguitandolo, con una lancia li passò le reni, e caduto nell'acqua gli segorono le vene, e fuggirono verso Val di Sieve. E così miseramente morì. I Pazzi e' Donati s'armorono, e corsono al palagio: e col gonfalone della giustizia e con parte del popolo corsono in Mercato Nuovo a casa i Cavalcanti, e con stipa misono fuoco in tre loro palagi: e volsonsi verso la casa di messer Brunetto, credendo l'avesse fatto fare. Messer Attaviano Cavalcanti soccorso fu dai figliuoli di messer Pino e da altri suoi amici: e feciono serragli,' e con cavalli e pedoni s'afforzorono, per modo niente feciono: chi dentro al serraglio era messer Gottofredi e messer Simone dalla Tosa, il Testa Tornaquinci e alcuni loro consorti, ed alcuni degli Scali, degli Agli e de' Lucardesi e di più altre famiglie, che francamente li difesono, fin che costretti furono di disarmarsi. Quietato il popolo, i Pazzi accusorono i Cavalvanti, de`quali ne furono condannati quarantotto nell'avere e nella persona. Messer Attaviano si rifuggi in uno spedale, a fidanza de' Rossi: dipoi n'andò a Siena. Di messer Pazzino rimasono più figliuoli, de' quali due ne furono fatti cavalieri dal popolo, e due loro consorti : e dati furono loro fiorini tremila, e quaranta moggia di grano. In quanto poco spazio di terreno sono morti cinque crudeli cittadini, dove la giustizia si fa e punisconsi i malifattori di mala morte! i quali furono messer Corso Donati, messer Niccola de' Cerchi, messer Pazzino de' Pazzi, Gherardo Bordoni, e Simone di messer Corso Donati: e di mala 1 Sbarre, o come ora direbbesi, barricate. morte messer Rosso della Tosa e messer Betto Brunelleschi, e de' loro errori furono puniti. Messer Geri Spini sempre dipoi stette in gran guardia, perchè furono ribanditi i Donati e i loro seguaci e i Bordoni con grand'onore, a cui poco innanzi furono le case disfatte dal popolo con gran vergogna loro e danno. Cosi sta la nostra città tribolata! così stanno i nostri cittadini ostinati a mafare! E ciò che si fa l'uno di, si biasima l'altro. Soleano dire i savi uomini: L'uomo savio non fa cosa che se ne penta. E in quella città e per quelli cittadini non si fa cosa sì laudabile, che in contrario non si reputi e non si biasimi. Gli uomini vi si uccidono: il male per legge non si punisce; ma come il malfattore ha degli amici, e può moneta spendere, così è liberato dal malificio fatto. O iniqui cittadini, che tutto il mondo avete corrotto e viziato di mali costumi e falsi guadagni! Voi siete quelli che nel mondo avete messo ogni malo uso. Ora vi si ricomincia il mondo a rivolgere addosso: 1 lo imperadore con le sue forze vi farà prendere e rubare per mare e per terra. (Dalla Cronica, secondo l'edizione scolastica citata di I. DEL LUNGO.) Innamoramento del poeta in primavera. Al novel tempo e gaio del pascore,2 3 Che per lo gran dolzor del tempo gaio 1 A voltar contro. 2 Pasqua; cfr. E. LITTRÉ, Hist. de la lang, franç. Paris, 1863, II, 336 e seg. 3 Rallegrarsi. Diminutivo di garza; uccello bianco della specie degli aironi. 5 Paraggio, grado. Cantan d'amor novelle e canzonette; E fanno dolzi danze i sonadori, Ed io stando presso a una fiumana Sentia l'aire soave e tramontana; Discese nel mio cor siccome manna Nè sanza lui non vo' che mio cor gauda. 3 E non pote mai nessuno mai amare CINO DA PISTOIA. Cino (Guittoncino) de'Sinibuldi (o Sinibaldi o Sigisbuldi), famiglia magnatizia pistoiese nacque in Pistoia di Francesco e di Diamante di Bonaventura, innanzi il 1270, come sembra. Suo maestro fu il grammatico Francesco da Colle; andò poi a studiare giurispru 1 Gli voglio. 2 Convenientemente. 3 Se amore non fa questi (alcuni) suoi serventi. |