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posto delle varie forme; come Dino Compagni che qua e là ha sentore delle narrazioni francesi, specie nell'andamento analitico e nella semplice congiunzione de' periodi, ma che altrove ricorda, nella veemenza dello stile, il latino della volgata, e in particolar modo quello de' Profeti; se anco egli tutto ciò, come a dire, rimpasti di sua mano e vi lasci l'impronta sua propria. Dal francese trasse più tardi gran copia di soggetti alle sue novelle il Boccaccio, ma i soggetti soltanto: perchè, sapendo egli che cosa fosse stile, a tanto si stette, rimutando sostanzialmente quelle tiritere da cantastorie in signorili narrazioni, e gettando su quegli scarni e rozzi fantocci il romano paludamento della sua prosa.

Premesse queste generali considerazioni sull' origine della poesia e della prosa volgare, verremo a dire della scelta de' brani di autori del secolo XIII qui raccolti, e del metodo tenuto nel qui riprodurli.

Noi non dobbiamo fare un libro pei filologi, ma pei giovanetti che attendono agli studj liceali, e perciò dobbiam loro offrire esempi di composizione e di stile, anzichè meri documenti di lingua. Ciò posto, non parrà strano se non abbondiamo nel registrare brani di autori del secolo XIII e se non diamo luogo a nessuna scrittura in dialetto. Ci siamo presi anzi licenza di ritoccare moderatamente questi testi, tanto più che, spesso per le poesie sarebbe difficile affermare qual ne sia la vera lezione, e ne abbiamo tolte alcune peculiarità ortografiche, che troppo discordano dall'uso comune e moderno, ma che, modificate,2 nulla tolgono al carattere speciale di quelle antiche scritture. Non avremmo voluto che queste viete forme disgustassero i giovani, e appunto quelli del primo anno liceale, dallo studio de' nostri buoni vecchi, ai quali resta la schiettezza della lingua e dello stile, quand' anche certe configurazioni de' vocaboli o certe desinenze si mutino. Ma questi ritocchi, lo ripetiamo e confermiamo, abbiam fatto con molta misura, talchè non possa perciò dirsi alterata sostanzialmente l'effigie dello scrittore e del secolo.

Perchè poi in questo tempo non ci aiuta, come ne' secoli successivi, la ragion cronologica, alla quale ci atteniamo nel registrare gli autori, distinti nelle due categorie di maggiori e minori, cominceremo col raccogliere alcuni esempi di poesie dei Siciliani, e poi de' loro imitatori Toscani: passeremo indi a fra Guittone e ai guittoniani, e poi a ser Brunetto. Raccoglieremo successivamente esempj di poesia giocosa: per poi venire ai poeti toscani intermedj fra la maniera provenzaleggiante e lo stil nuovo, recando anche,

1 Vedi CAIX, Le origini della lingua poetica italiana ec., Firenze, Le Monnier, 1880, pag. 38 e passim.

Ad es, invece di ee, fu per fue, mio per meo, dio per deo, egli per el o elli e simili, ogni volta che non cadessero in rima.

con un cantico di Jacopone, esempio della poesia religiosa umbra. Per quel ch'è della nuova forma poetica, la vedremo prima accennata in Guido Guinizelli, poi piena e matura ne' rimatori fiorentini; ma le rime di Dante, che a questa maniera appartengono, saranno riferite a suo luogo colle altre scritture del sommo poeta. Verranno indi le prose, senza però poter neanche per queste regolarci a puntino secondo i dati cronologici, che non sempre possediamo, sì da essere in ogni caso ben sicuri di non aver errato. Certo è che il periodo più fecondo di antiche scritture in prosa va dall'ultimo ventennio del dugento al primo del trecento, sicchè, come ben spesso avviene, il secolo XIII fa quasi a dire una punta nel successivo, serbando ai prodotti di questo il carattere suo proprio. Non senza del resto matura ponderazione ci siamo indotti a qui riferire certe scritture, ed altre riserbarne pel secolo XIV. Così abbiamo collocato Marco Polo fra i trecentisti, perchè se la dettatura francese de' suoi viaggi dovuta a Rusticiano è del 1298, il volgarizzamento italiano deve ragionevolmente esser posteriore. Dino Compagni, sebbene prenda le mosse dai casi del 1280, dovè comporre insieme la sua Cronica fra la caduta de' Bianchi e la catastrofe di Arrigo VII. Diremo a suo luogo perchè fra le scritture del dugento abbiamo compreso la Cronaca di Montaperti, e un brano della Cronica malispiniana. Allo scorcio del secolo appartiene secondo noi il Novellino nella prima sua forma, ma non molto posteriori dovettero essere alcuni racconti che vi si vennero inserendo, e che, ad ogni modo, per identità di materia abbiamo accodato ai primitivi. Ma dello scorcio del dugento ci sembrano anche il Libro dei Sette Savi, i Conti devoti senesi, e il Fior de' filosofi e quello degli imperatori. Anche la Tavola Ritonda ha sentore di dugento, e la data che trovasi in un cod. (Riccard. 1543) e che è il 1313, appartiene più verisimilmente alla trascrizione, che alla composizione del libro. La stessa data del 1313 troviamo nel cod. Riccard. 2418 dei Fatti di Cesare, ma l'altro di n. 1538 fu da taluno aggiudicato al secolo XIII, e l'opera sembra potersi a ragione appropriare al dugento.

Possiamo in qualche caso aver errato, sia nell'ammettere, sia nell'escludere, ma spesso procedevamo nelle tenebre, in un limite incerto di età: e ad ogni modo vogliam sperare che ciò che abbiamo qui raccolto possa servire a dare un'idea abbastanza precisa degli atteggiamenti e delle forme del volgar nostro nel primo secolo del suo svolgimento; e del resto, non dimenticando l'indole essenzialmente didattica della nostra compilazione, abbiamo colle esemplificazioni addotte voluto più che all'arte dello scrivere, giovare alla conoscenza storica delle lettere e della lingua nostra.

[Per questo periodo veggansi, sopra tutti, A. BARTOLI, Storia della letterat. ital., Firenze, Sansoni, vol. I-IV, e I primi due Secoli della letterat. ital., Milano, Vallardi, 1880; A. GASPARY, La Scuola poetica siciliana del sec. XIII, trad. da S. FRIEDMANN,

con aggiunte dell'autore e prefaz. di A. D' ANCONA, Livorno, Vigo, 1882, e la Storia della letterat. ital., vol. I, trad. di N. ZINGARELLI, Torino, Loescher, 1887. Per gli autori, V. NANNUCCI, Manuale della letterat. del primo sec., Firenze, Barbèra e Bianchi, 1856, 2 vol.; A. BARTOLI, Crestomazia della poesia ital. nel periodo delle origini, Torino, Loescher, 1882; I. ULRICH, Altitalienisches · Lesebuch d. XIII Jahrhundert, Halle, Niemeyer, 1886; E. MONACI, Crestomazia ital. dei primi secoli con prospetto delle flessioni grammaticali e glossario, Città di Castello, Lapi, 1889. Per le poesie, più specialmente, Le rime antiche volgari secondo la lezione del codice vaticano 3793 per cura di A. D'ANCONA e D. COMPARETTI, Bologna, Romagnoli, 1875-1888, 5 vol.]

POETI.

FEDERIGO II. Nipote di Federigo Barbarossa, figlio di Enrico VI e di Costanza di Sicilia, e perciò erede dell'impero e del regno fondato nell'Italia meridionale dai Normanni, nacque in Jesi il 26 dec. 1194. La sua vita spetta alla storia del tempo, e noi ricorderemo soltanto la continua ed accanita guerra ch'ei sostenne contro il papato, che presolo giovanetto ed orfano in sua tutela, credette averlo facile strumento ai suoi fini di dominazione non solo spirituale ma temporale. Noi qui dobbiamo dirne alcun che soltanto come fautore degli studj, e in specie di quelli della poesia volgare. Dante, che pur lo pone nell'Inferno fra gli epicurei, nel Convivio lo chiama cherico grande, e la cronaca malispiniana dice di lui che di scritture e di senno naturale fue savissimo, e seppe la lingua nostra latina e 'l nostro volgare, e tedesco e francese e greco e saracino. La sua corte accoglieva dotti e valenti uomini d'ogni razza e d'ogni religione; ed egli prestava egualmente orecchio alle discussioni filosofiche, per le quali indirizzava dimande ai savj musulmani (v. AMARI, Questions philosophiques adressées aux savants musulm, par l'emper. Fréd. II, Paris, 1853), come ai concenti della poesia in varie lingue. La gente che avea bontade, troviam scritto nel Novellino, venia a lui da tutte le parti, perchè l'uomo donava volentieri, e mostrava belli sembianti a chi avesse alcuna speciale bontà. A lui venieno sonatori, trovatori e belli favellatori, uomini d'arti, giostratori, schermitori, d'ogni maniera gente. Gran legislatore, debbonsi a lui molte costituzioni, colle quali ordinò il regno, chiamando i deputati delle città demaniali a far parte del Parlamento, come braccio speciale, mentre ai chierici cercò ritogliere il potere civile da essi usurpato (v. HUILLARD-BRÉHOLLES, Hist. diplomat. Fr. secundi, Paris, 1853). Fondò, con nobilissimo decreto, l'Università di Napoli, e fece tradurre in miglior forma le opere di Aristotile. Dopo una vita irrequieta e piena di avvenimenti, mori nel castello di Fiorentino il 13 dec. 1250.

Lodi della donna amata.

Poi ch'a voi piace, Amore,
Che io deggia trovare,
Faronne mia possanza
Ch'io vegna a compimento.
Dato aggio lo meo core
In voi madonna, amare,'
E tutta mia speranza ·
In vostro piacimento.
E, non mi partiraggio
Da voi, donna valente,
Ch'io v'amo dolcemente,

E piace a voi ch'io aggia intendimento.
Valimento mi date, donna fina,

Che lo mio core adesso a voi s'inchina.1
S'io inchino, ragion aggio

Di si amoroso bene,

Chè spero, e vo sperando
Che ancora deggio avere
Allegro meo coraggio,
E tutta la mia spene
Fu dato in voi amando,
Ed in vostro volere:
E veggio li sembianti
Di voi, chiarita spera,

Che aspetto gioia intera.

Ed ho fidanza che lo mio servere

Aggia a piacere a voi, che siete fiore
Sor' l'altre donne, e avete più valore.*
Valor sor' l'altre avete,

E tutta conoscenza;
Null' uomo non poria
Vostro pregio contare,
Di tanto bella siete.
Secondo mia credenza
Non è donna che sia
Alta, si bella, e pare,
Ne ch'aggia insegnamento
Di voi, donna sovrana.
La vostra cera umana

Mi dà conforto, e facemi allegrare.

1 Faronne, farò; aggio, ho; partiraggio, partirò; intendimento, amore; Valimento, valore.

3 coraggio, cuore; Fui dato in voi amando, fui destinato ad amar voi; chiarita, chiara, risplendente: Che aspetto, sì che aspetto; servere, servire : così nel linguaggio cavalleresco eran chiamate le relazioni fra l'amatore e l'amata; Sor, sopra.

Allegrare mi posso, donna mia:
Più conto me ne tegno tuttavia.1

ENZO RE. Figlio naturale di Federigo II, nacque in Palermo nel 1225, e prese in moglie Adelasia vedova di Ubaldo de' Visconti, erede della giudicatura di Gallura, ond' ebbe il titolo di re di Sardegna. Prese parte con valore a battaglie di terra e di mare contro la Chiesa e i guelfi, e il padre lo fece vicario imperiale in Lombardia; ma nel 1249 fu fatto prigioniero dai Bolognesi alla Fossalta. Federigo non riuscì mai ad ottenerne la libertà, ed egli durò prigioniero de' Bolognesi, in una parte del palazzo del Podestà a lui destinata, per quasi trent'anni. Morì ai 14 marzo del 1272, sopravivendo alla caduta di casa sveva, e fu sepolto in Bologna nella chiesa di San Domenico.

Dolori amorosi.

S'eo trovasse pietanza

In carnata figura,

Mercè le chiedería

Ch'a lo meo male desse alleggiamento.

E ben faccio accordanza

Infra la mente pura,

Che 1 pregar mi varría,

Vedendo lo meo umile gecchimento.

E dico: ahi! lasso, spero

Di ritrovar mercede.

Certo 1 meo cor nol crede:

Ch'io sono isventurato

Più ch' uomo innamorato;

Solo per me Pietà verría crudele."

Crudele e dispietata

Seria per me Pietate,

E contra sua natura,

Secondo ciò che mosso ha meo distino,

E Mercede adirata,
Piena d'impietate.

I'ho cotal ventura

1 conoscenza O canoscenza, sapienza, discernimento: Di tanto, per esser voi tanto ec.; Alta....e pare, che vi superi o vi agguagli; insegnamento, dal provenz., cognizione; Di noi, come voi; conto, adorno, compiuto.

2 eo, meo, io, mio; pietanza, pietà; carnata figura; persona viva, di carne e d'ossa; chiedería, chiederci; alleggiamento, sollievo; faccio accordanza, accordo, cioè fermamente penso; gecchimento, abbassamento, umiltà; verría, diverrebbe.

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