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Che pur disservo a cui servir non fino.
Per ineo servir non veio

Che gio' mi se n'accresca ;
Anzi mi si rinfresca

Pena e dogliosa morte

Ciascun giorno più forte;

Ond' eo perir sento lo meo sanare.1
Ecco pena dogliosa

Che ne lo cor m'abbonda,

E spande per li membri,

Si che a ciascun ne ven soverchia parte.
Giorno non ho di posa,

Come nel mare l'onda:

Core, che non ti smembri ?

Esci di pene, e dal corpo ti parte :
Ch' assai val meglio un'ora
Morir, che ognor penare,
Dacchè non può campare
Uomo che vive in pene,
Nė gaudio nullo invene,

Ne pensamento ha che di ben s'apprenda.
Tutti quei pensamenti,

Ch' e' miei spirti divisa,

Sono pene e dolore,

Senz' allegrar, che non li s'accompagna;
Ed in tanti tormenti

Abbondo in mala guisa,

Chel natural colore

Tutto perdo, si l cor si sbatte e lagna.

Or si può dir da manti:

Che è ciò che non si muore

Poi ch'è sagnato il core?

Risponde: chi lo sagna,

In quel momento istagna:

Non per mio ben, ma prova sua virtute."

La virtute, chi l'àve

D'uccidermi e guarire,

A lingua dir non l'oso,

Per gran temenza ch' aggio non la sdegni.

Ond' io prego soave

Pietà, che mova a gire

E faccia in lei riposo,

1 ventura, fortuna; disservo, contrario di servire: do incomodo, noja; non fino, non cesso, non intermetto; veio, veggio; gio', gioja; sanare, salute, bene stare.

invene, trova; che di ben s'apprenda, che si appigli al bene.

3 divisa, concepiscono; non li s'accompagna, non si accompagna a quelli; manti, molti; sagnato, ferito; istagna, fa stagnare la ferita; ma prova sua virtute, ma per provare il suo valore.

E Mercè umilemente se li alligni,
Si che sie pietosa

Di me, chè non m'è noja
Morir, s'ella n'ha gioja;
Chè sol viver mi piace
Per lei servir verace,

E non per altro gioco che m'avvegna.1

PIER DELLA VIGNA. Nato di oscuro lignaggio, divenne cancelliere di Federigo II, dopo aver studiato legge nell' Università di Bologna; e per l'arte sua di scrittore e di oratore consegui la intera fiducia del suo principe, sicchè Dante potè fargli dire, senza bisogno di manifestare il suo nome: I' son colui che tenni ambo le chiavi Del cor di Federigo, e che le volsi Serrando e disserrando, sì soavi, Che dal secreto suo quasi ogni uom tolsi. Accusato dagli invidi d'aver tradito Federigo, fu da lui privato d'ogni ufficio, ed accecato. Dante mostra credere alla sua innocenza, facendogli dire: Fede portai al glorioso uffizio Tanto ch'i' ne perdei lo vene e i polsi. La meretrice, che mai dall'ospizio Di Cesare non torse gli occhi putti, Morte comune e delle corti vizio, Infiammò contra me gli animi tutti; E gli infiammati infiammâr sì Augusto, Che i lieti onor tornaro in tristi lutti. L'animo mio per disdegnoso gusto, Credendo col morir fuggir disdegno, Ingiusto fece me contra me giusto. Per le nuove radici d' esto legno Vi giuro, che giammai non ruppi fede Al mio signor, che fu d'onor si degno. E se di voi alcun nel mondo riede, Conforti la memoria mia, che giace Ancor del colpo che invidia le diede. Dopo un anno di miseranda vita, nel 1249, Pier della Vigna si uccise dando della testa in un muro, chi dice in Pisa e chi in San Miniato. (V. su di lui G. DE BLASIIS, Della vita e delle opere di P. d. V., Napoli, Àncora, 1860, C HUILLARD-BRÉHOLLES, Vie et correspondance de P. d. l. V., Paris, Plon, 1865; e per la morte, G. RONDONI, La rocca di s. Miniato e la morte di P. d. V., in Riv. Storica. Ital., 1888.)

Desideri d'amore.

Amore, in cui i' vivo, ed ho fidanza,
Di voi, bella, m'ha dato guiderdone.
Guardomi infin che venga la speranza,
Pur aspettando buon tempo e stagione,

1 chi l'àve ec., non oso dir colla lingua chi è che ha questa prerogativa ec.; non la sdegni, di non isdegnarla; soave, soavemente; faccia... riposo, si fermi presso a lei; se li alligni, si unisca con lei; noja, dispia cere; gioco, cosa piacevole.

Com' uom ch'è in mare, ed ha speme di gire,
E quando vede 'l tempo, ed ello spanna,
E giammai la speranza non lo 'nganna:
Così farà, madonna, il mio venire.1

O potess' io venire a vo', amorosa,
Come ladrone ascoso, e non paresse!
Ben mi terria in gioia avventurosa,
Se l'Amor tanto bene mi facesse.
Si ben parlante, donna, con voi fora,
E direi come v'amai lungamente
Più che Piramo Tisbe dolcemente,
Ed ameraggio, in sin ch'i' vivo, ancora."
Vostro amore mi tiene in tal disire,
E donami speranza con gran gioi',
Che non curo s'io doglio od ho martire,
Membrando l'ora ch'io vegna a voi.
Chè s'io troppo dimoro, aulente cera,
Sarà ch' io pera, e voi mi perderete.
Adunque, bella, se ben mi volete,
Guardate ch'io non mora in vostra spera.3
In vostra spera vivo, donna mia,
E lo mio core adesso voi dimanda:
Già l'ora tarda mi pare che sia

Che fino Amore a vostro cor mi manda.
I' guardo tempo vi sia 'n piacimento,
E spanda le mie vele in ver voi, rosa,
E prenda porto là, u si riposa
Lo mio core a lo vostro insegnamento.*

Mia canzonetta, porta esti compianti
A quella, che in balia ha lo mio core:
Tu le mie pene contale davanti,
E dille comio moro per su' amore:
E mandimi per suo niessaggio a dire
Com' io conforti l'amor che le porto.
E s'io ver lei feci alcuno torto,
Donimi penitenzia al suo volire.5

GUIDO DELLE COLONNE. Secondo una notizia che a questo poeta consacrò il DE LA PORTE DU THEIL (Notices et Extr. des mss, du Roi, III, 231), esso avrebbe scritto l'Historia Trojana

1fidanza, fiducia; guiderdone, ricompensa; tempo, il tempo opportuno; ed ello spanna, ed egli spiega le vele.

2 ladrone, ladro, involatore; non paresse, non si vedesse; ameraggio,

amerò.

3 gioi, gioia; aulente cera, odoroso volto; Sarà ch' io pera, significherà ch' io sia morto; in vostra spera, sperando di voi.

fino Amore, compiuto, perfetto amore; a lo vostro insegnamento, sotto la tutela del vostro senno.

5 volire, a voler suo.

ad istanza di Matteo della Porta, che fu arcivescovo di Palermo dal 1263 al 1272; interrottala per essersi recato in Inghilterra col re Eduardo I, e al suo ritorno in patria fatto, nel 1276, giudice di Messina, l'avrebbe terminata nel 1287. Secondo un cronista inglese sarebbe stato ancora vivo ai tempi del pontificato di Niccolò IV (1288-92). Ora, tutte queste notizie sono qual più qual meno poste in dubbio. Il GASPARY (Scuola poet. sicil. ec., pag. 17) dubitò dell'identità del poeta con lo scrittore della Historia, congetturando che quest'ultimo possa essere stato figlio del rimatore; ma non convinse E. GORRA (Testi ined. di Storia Trojana, Torino, Loescher 1887, pag. 106), il quale crede ammissibile che « un Guido delle Colonne sia fiorito sotto Manfredi, e che in età avanzata abbia composta la Historia Troiana. » Il prof. MONACI ha recentemente ripreso a discorrere di Guido della Colonna trovatore e della sua patria (Rendic. Accad. Lincei, Sc. Morali e Politiche, serie V, vol. I, 190), sostenendo, contro l'asserzione di DANTE (Vulg. El., I, 12), che Guido non fu siciliano nè messinese, ma soltanto Giudice a Messina dal 1272 all' 80: judex Messana, come portano alcuni documenti siciliani, e che appunto l'esser ivi stato Giudice dimostra, a norma di ciò che allora costumavasi, ch'ei non era nativo di cotesta città. Escludendo poi ch'ei possa esser del Capo delle Colonne, o di altra terra di Sicilia, il Monaci lo fa romano e di un ramo de' Colonnesi di Roma, anzi nelle stesse poesie sue trova tracce di romanesco. La canzone che di lui rechiamo fu con lode ricordata da DANTE, loc. cit., come bell'esempio di alto stile poetico.

Forza e virtù d' Amore.

Amor, che longiamente m'hai menato
A freno stretto senza riposanza,
Allarga le tue redini in pietanza,

Che soverchianza - m'ha vinto e stancato:
Ch' ho più durato- ch'io non ho possanza,
Per voi, Madonna, a cui porto lianza,
Più che non fa Assassino in suo cuitato,
Che si lascia morir per sua credanza.
Ben éste affanno dilettoso, amare
E dolce pena ben si può chiamare.
Ma voi, Madonna, della mia travaglia,
Che si mi squaglia, - prendavi mercide,
Chè bene è dolce il mal se non m' ancide.'

1 longiamente, a lungo; in pietanza, per pietà; soverchianza, l'eccesso: lianza, lealtà: Assassino, uno dei seguaci del Vecchio della montagna, i quali, per la gran credanza o fede che avevano in lui, non temevano di darsi la morte; cuitato, pensiero, da cogitare lat.; éste, è; travaglia, travaglio, affanno; mi squaglia, mi strugge; mercide, mercè; ancide, uccide.

O dolce cera con sguardo soave,
Più bella d'altra che sia 'n vostra terra,
Traete lo mio core ormai di guerra,

Che per voi erra-e gran travaglio n'ave.
Ché se gran trave-poco ferro serra,
E poca pioggia grande vento atterra,
Però, Madonna, non v'incresca e grave
Se Amor mi vince, che ogni cosa inferra.
Chè certo non è troppo disonore

Quand' uomo è vinto da uno suo migliore,
E tanto più da Amor, che vince tutto.
Perciò non dutto - ch' Amor non vi smova:
Saggio guerriero vince guerra e prova.1

Non dico ch'a la vostra gran bellezza
Orgoglio non convegna, e stiale bene;
Che a bella donna orgoglio ben convene,
Che la mantene in pregio ed in grandezza.
Troppa alterezza - è quella che sconvene;
Di grande orgoglio mai ben non avvene.
Dunque, Madonna, la vostra durezza
Convertasi in pietanza, e si raffrene:
Non si distenda tanto ch'io mi pera.
Lo Sol sta alto, e si face lumera
E tanto più quanto 'n altura pare.
Vostro orgogliare - dunque e vostre altezze
Faccianmi pro' e torninmi in dolcezze.*

l'allumo dentro, e sforzo far sembianza
Di non mostrare ciò che 'l mio cor sente.
Ahi quanto è dura pena al cor dolente
Istar tacente e non far dimostranza!
Chè la pesanza alla cera consente,
E fanno vista di lor portamente,
Così son volentieri in accordanza
La cera con lo core insembremente.
Forza di senno è quella che soverchia
Ardir di core, e asconde ed incoverchia :
Ben ha gran senno, chi lo puote fare,
Saper celare, - ed essere signore

De lo suo core, - quand' este in errore.3
Amor fa disviare li più saggi,

E chi più ama, meno ha in sè misura;
Più folle è quello che più s'innamura.
Amor non cura - di far suoi dannaggi,
Chè li coraggi mette in tal calura,

-

1 cera, volto; S poco .... poca, soggetto; inferra, soggioga; dutto, dubito.

2

avvene, consegue.

3 allumo, ardo; dimostranza, seguo esterno; Chè la pesanza ec., perchè il peso, l'affanno interno corrisponde al viso, e ambedue manifestano il loro stato; incoverchia, cuopre.

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