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come alcuno scrisse, ma di un anonimo, certo toscano e forse fiorentino, che dovette compierla pochi anni dopo la morte dell'autore: per l'eccellenza della lingua, il Bembo credette che il volgarizzatore fosse il Villani; ma è ipotesi senza fondamento. Certo è bella scrittura, e importante per copia di vocaboli attenenti a cose villerecce. La prima edizione è di Firenze, 1478: il Sansovino ne diede una ristampa corretta nel 1561 a Venezia, e meglio Bastiano dei Rossi in Firenze nel 1605 presso il Giunta. Noi seguiamo l'edizione del p. B. SORIO, Verona, Franchini, 1851, in tre vol., a cui è premessa la biografia dell' autore.

Delle diverse maniere delle viti. Le maniere delle viti son trovate molte, e di quelle in molti diversi nomi in diverse provincie e città sono appellate. Ma imperocchè di quelle alcune sono migliori e alcune men buone, prima le migliori e di loro le buone condizioni acconciamente scriverò e porrò i lor nomi, e poi brevemente dirò dell'altre men buone: acciocchè, avuta la conoscenza di ciascune, sappiano quelli che vogliono piantare ovvero innestar le vigne, eleggere le migliori. Dirò dunque imprima, ch'egli è una maniera d'uva che si chiama schiava, che assai tardi pullula: ed è una uva bianca avente il granello quasi ritondo, e fa mezzanamente grandi e spessi grappoli, e la foglia mezzanamente intercisa, ed in ciascun sermento,2 anche nel vecchio nati, due ovver tre ovver quattro e talora cinque racimoli3 produce: e tanta è la durezza del legno suo, che i sermenti non agevolmente si piegano in quelle in giù per lo peso delle uve: onde oltre modo i rami empie, e I'uva sua è molto vinosa e lucida, e tosto maturezza riceve. Il vino suo è molto sottile e chiaro, e convenevolmente potente e da serbare e maturo; e magra o mezzolana * terra desidera e montuosa, ed in quella meglio che in alcuna altra terra fruttifica, se strettamente si poti, imperocchè lunghi tralci con l'uve nutrir non può: e questo appo Brescia e nelle parti montane di Mantova massimamente s'usa; ed in ispezialità, oltre a tutte l'altre, in più degnità la tengono. E un' altra maniera che si chiama albana, la quale tardissimamente pullula; ed è uva bianca, un poco lungo abbiente il granello, e fa assai grandi grappoli e spessi e lunghi, e mezzolanamente fruttifica, e fa le foglie mezzolanamente intercise, e i suoi sermenti per forza del peso giù non si piegano, tanta è la durezza del suo legno, e le sue granella molto son colorate dal sole, e molto

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tosto la sua maturità si compie, ed è assai dolce in sapore, ma la corteccia ha aspra ed alquanto amara; ed imperò meglio è che 'l vino se ne priema, che lasciarlo lungamente bollir ne' tini co' suoi fiòcini e raspi.' Il vino suo è molto potente e di nobil sapore, ben serbevole e mezzanamente sottile; e se un poco avaccio si faccia la sua vendemmia, meglio si serba il vin suo: e questa maniera d'uve è anche miglior di tutte l'altre a Furli e in tutta Romagna, dove strettissimamente si pota; imperocchè con lunghi capi fa il vin di poco valore. Ed è un' altra maniera d' uve, la quale trebbiana è detta; ed è bianca col granello ritondo, piccolo, e molti grappoli avente nella gioventù è sterile, e procedendo in tempo diventa feconda, facente nobile vino e ben serbatojo e questa maniera per tutta la Marca spezialmente si commenda. Ed è un' altra maniera, che gragnolata è detta, che un osso solamente ha nel suo granello, ed è chiarissimo. Il suo granello è alquanto lungo, e fa il vino molto chiaro e potente e durevole, e di nobil sapore e odore: e questo appresso Cortona, ovvero in quelle parti, massimamente è commendevole. Ed è un'altra maniera, che da alcuni malixia e da altri sarcula è chiamata; la quale ha il granello bianco e ritondo e torbido, con sottil corteccia, che in maraviglioso modo pesa, e in terra assai magra si difende. Il vino fa di mezzana potenzia e bontà, e non molto sottile, nè molto serbabile; e questo è molto commendato a Bologna. Ed è un'altra maniera che garganega è detta; la quale è bianca e ritonda, e mirabilmente dolce, chiara ovvero lucida e di color d'oro e con grossa corteccia, serbabile oltr'a tutte l'altre. La femmina è molto fruttifera, e la masculina niente vale: i cui granelli son lunghi e di color molto d'oro, ma sterile è al postutto: el suo vino è molto sottile e splendiente, di piccola potenza e assai serbatojo; e questo è molto lodato a Padova e a Bologna; ma da alcuni è schifata, perocchè con graude importunità è desiderata da' ladroni. Ed è un'altra maniera che è detta albinazza; che è bianca, non lucente ma di macchie piena, e maravigliosamente dolce: ed è ritonda e l vino fa dolcissimo, ed in alcuni anni è fertile, e spesso sterile e spezialmente se strettamente si pota: ma assai è fertile se con lunghi capi si lasci: questa in alcune contrade di Bologna, e massimamente al Borgo Panicale, è tenuta buona. Ed è un'altra maniera che si chiama buranese; che è uva bianca molto dolce e bella, ed in arbori ben frutti

1 Colle bucce dell' acino e coi grappoli spogliati del granello.

2 Serbevole, e più oltre serbabile, serbatojo e conservevole, vale quanto: atto ad essere conservato.

3 Sollecitamente, per tempo.

messa.

Mozziconi di sermento lasciati dal potatore, perchè facciano nuova

Alligna, prova quanto meglio gli riesce.

fica. Ed ènne una, che è detta affricogna, che non è dilettevole a manicare, e mirabilmente abbonda in su gli arbori, e imperò massimamente si conviene dove gli uomini tolgon l'uve: e queste due maniere tra l'altre da' Pistolesi sono amate. Sono ancora altre maniere d' uve assai buone, siccome la lividella, la quale fa buon vino e serbabile, che appo il Pisano massimamente si pianta: e verdiga, la quale fa piccoli tralci e fa molto vino: e la verdecia, la quale fa granelli verdi e piccoli, e fa molte uve. E queste due spezie di uve, e quelle che seguono, che son tenute men buone nell'antiche vigne e in alcune delle novelle, son trovate nel contado di Bologna.

Sono altre spezie d'uve bianche, delle quali alcune, avvegnachè appo alcuni in grande onore s'abbiano, appo noi per diverse ragioni ovver per pochezza di frutto loro, ovver che troppo il melume 1e i molti pericoli temono, men buone per esperienza si truovano: e queste sono moscadelle e lugliâtiche, le quali ottime son da mangiare, ed in arbori: ma in vigne spesse e appresso la terra non rispondono alla volontà: e la greca e la vernaccia, che, avvegnachè appo noi vin buono facciano, fannone molto poco: e birbigoni e cocerina e grapposa e fusolana e bansa, che buon vino fanno: e in alcuni anni sono molto feconde e grandi grappoli abbienti, ma quasi ciascun anno di frutto se ne vanno in fiore, non sofferenti in alcun modo il melume. E simigliantemente molte sono spezie d'uve nere e di rosse, e alcune sono molto buone e alcune poco; e buone sono grilla e zisiga, le quali in altro nome sono dette margigrana e rubiola, le quali son quasi d'una condizione, e son poco nere, fruttevoli molto ogn'anno; e hanno granelli lunghi, e la corteccia loro sottile, e fanno vin bello, dilettevole e assai conservevole ma i loro granelli crepano per troppa piova; e ne' monti ben provengono e ne' campi piani, e hanno differenza imperocchè la zisiga fa più nobil vino e meno, imperocchè fa pochi grappoli e rari, ma fa molti e piccoli granelli: ma la grilla fa l'opposito di tutte queste. E questa spezie è trovata a Bologna abbondevolmente, e in molti altri luoghi. Ed è un'altra spezie d'uva nera, la quale è detta nubiola, la quale è dilettevole a manicare, ed è meravigliosamente vinosa, ed ha il granello un poco lungo, e vuol terra grassa e molto letaminata, e teme l'ombre, e tosto pullula, e fa vino ottimo e da serbare e potente molto, e non da stare ne' graspi oltre a un di o due. E questa è molto lodata nella città d'Asti e in quelle parti. E un'altra spezie, la quale è detta majolo, ed è uva molto nera, la quale si matura avaccio, e fa i grappoli belli, lunghi e spessi,

1 Ruggine, così a Bologna si chiama, dice l'autore altrove una piccola piova, velenosa e adusta, che alidisce le viti, e il loro frutto al niente riduce.>

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ed è in sapor dolcissima e fa vin duro e assai conservabile, quasi nero, ed è assai fruttifera, ma teme alquanto il melume e proviene nel piano e ne' monti; e questa è avuta a Bologna in luoghi infiniti. Ed è d'un' altra spezie, la quale è detta duracla, la quale è molto nera ed ha i granelli lunghi, e fa vino molto nero e buono nelle terre umide e acquose, ma ne' monti e nei luoghi secchi non si rallegra: e questa sopra tutte l'altre spezie è eletta a Ferrara. Ed è un'altra spezie, la quale è detta gmaresta, e non è molto nera ed ha il granello lungo, e perde anzi la maturità tutte le foglie, e in sapore è agra e acetosa, mezzanamente fruttifera, e fa i grappoli rari e vino ottimo e ben servabile. E questa uva non è manicata nè dagli uccelli, në da'cani, nè dagli uomini volentieri: e di questa è trovata molta nelle parti de' monti di Bologna. Ed è un'altra spezie, la quale è detta ginnaremo, quasi simigliante alla predetta in sapore e durabilità di vino, e in forma: ma fa molto maggiori grappoli e granelli più grossi e più abbondevolmente vino e un poco meno nobile, e vuole luogo più grasso e questa è trovata in più parti a Bologna. Ed è un'altra maniera d'uva nera, ch'è detta paterniga, che grossi e spessi grappoli fa, che molte uve produce e vin grosso per lo verno dilettevole, ma la state non dura; e questo per infinite vigne è trovato nel contado di Bologna. Sono altre molte maniere d' uve nere, che per varie maniere ovvero condizioni meno ree s'appruovano; siccome pignuolo, che molto è amato appo Milano sopra arbucelli,1 ma appo noi non bene fruttifica e sono albatichi, che molto il melume temono, co' quali si tingono altri vini e che sieno di mirabil dolcezza e buoni, ma impertanto son quasi sterili e fanno il vino troppo austero. E vajano e dentina e portina, le quali avvegnachè sieno di gran dolcezza e facciano buon vino, son quasi senza frutto, e troppo temono il melume. E la valmunica e tusca, che molto nere sono, e melegono, che innanzi a tutte altre maniere dinera, e canajuola, la quale è bellissima uva e da serbare, le quali tutte ad anni interposti fruttificano. Ed è una spezie d'uva si come cinabro rossa, molto dolce e servabile, ma poco feconda e alcune maniere d' uve salvatiche, che lambrusche si chiamano, delle quali alcune sono bianche, alcune son nere, e molte fanno piccole granella e piccoli grappoli, e sopra arbori e sopra pruni verdi per suo natural movimento vengono, e non si potano: ma se si potassero, e per coltivatura si dimesticassero, i grappoli sarebbon maggiori e i granelli più grossi: e queste che nere sono, tingono i vini e chiariscono: ma intere o con raspi, stropicciate si pongono ne' vasi e non viziano il sapor del vino: e quelle

1 Arboscelli.

2 Annerisce, imbruna,

che bianche sono, purificano e chiarificano i vin bianchi. Sono alcune maniere d'uve grosse e dure, che si chiaman pergole ovvero brumeste, delle quali alcune sono bianche, alcune son nere, alcune son rosse: alcune hanno i granelli ritondi, alcune lunghi molto, e alcune mezzolanamente, le quali speciali nomi non hanno; e di quelle alcune si maturano tosto e alcune tardi. Di queste, da eleggere sono quelle che più piacciono a mangiare; imperocchè per altro non si piantaño, conciossiacosachè di quelle vino non si faccia, ma molto si convengono a farne agresto, quando sono acerbe. (Dal lib. IV, cap. 4.)

ANONIMO FIORENTINO. Togliamo questa descrizione dall'opuscolo I due sontuosissimi conviti fatti a papa Clemente V nel MCCCVIII, ec., pubblicato da G. MILANESI, Firenze, Successori Le Monnier, 1868, per le nozze Bongi-Ranalli. È scrittura di un testimonio di veduta, che fu certo uno de' tanti Fiorentini, che nel secolo XIV dimorava in Avignone, divenuta sede papale, per ragione di traffici.

Convito del cardinal Pelagrù a Papa Clemente V (1308).

Come il cardinale senti che il Papa era presso, entrò ne la sua cappella, la quale era parata di finissimi drappi d'oro e di seta, di capoletti di lana, di tappeti per terra: insomma, in niuna parte de la chiesa, ned in terra ned intorno ned in alto, si vedeva se no' drappi d'oro, velluti, tappeti per terra e capoletti a maraviglia. Ed in costa de l'altare, una sedia papale parata d'uno drappo che propriamente pareva una massa d'oro in forma di sedia. L'altare ornato di croci, di reiiquie, d'imagini d'oro, di pietre, di paramenti, di dossali, di tante cose e di si maravigliose bellezze, che sarebbe impossibile a credere a chi non le vide.

Com'egli sentì ch'egli s'appresava, si fece parare, come a tanto segnore s'appartiene, tanto riccamente, quanto più si potesse dire: e quivi con lui si pararono da venti cappelani, gli ornamenti dei quali fu nobilissima cosa. Quivi co' la croce, co' la processione usci fuori de la chiesa; e credendo che nostro Signore venisse per la mastra porta del suo casamento, andossene diritto inverso quella. Fu gridato dietro Messere, e' viene di verso la porta de l'orto. Volsesi, ed entra per l'orto. Il romore era grande: e' viene di qua: e' va di là. Finalmente nostro Signore entrò per una piccola porticciuola da lato de l'orto. Il cardinale è la sua processione gli fu incontro; e così ne vennono per l'orto ne le case ed entrò ne la capella, e fece l'orazione a l'altare.

1 Parati posti sul muro a capo del letto.

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